Di Maio stringe l'alleanza con gli imprenditori
Il leader della Confindustria Boccia: “Un cambio di metodo nell'attenzione dell'esecutivo alla manovra e alla crescita”. Il vicepremier offre un piatto di provvedimenti così ricco da costituire “un'offerta che supera la richiesta”
“Egregio direttore, oggi affido alle pagine del vostro giornale una lettera aperta indirizzata a tutti gli imprenditori”. Inizia così il messaggio inviato dal Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico al quotidiano della Confindustria Il Sole 24 Ore
, che nell'articolo a commento pubblicato il 7 dicembre titolava: “Di Maio, appello agli imprenditori: lavoriamo insieme”.
Nella lettera si legge che si vuole “stabilire un metodo di confronto continuo con i rappresentanti delle associazioni d'impresa” per “risolvere nell'immediato gli annosi problemi delle imprese per permettervi di respirare e di fare gli Imprenditori, non i compilatori di scartoffie”. Di seguito Di Maio parte con l'elenco, assai lungo, delle misure governative in favore dei padroni: abbassamento dell'Ires (imposta sul reddito delle società), raddoppio della deducibilità dell'Imu sui capannoni, rifinanziamento dell'innovazione tecnologica (l'”industria 4.0”), il super ammortamento, tanto per citarne qualcuna.
Non ci aspettavamo certo che il vicepremier del governo nero Salvini-Di Maio prendesse a pesci in faccia i capitalisti. Tutt'altro. Però dobbiamo registrare che i toni usati in campagna elettorale e subito dopo la formazione del governo sono cambiati notevolmente e in brevissimo tempo. Almeno a parole si minacciava gli industriali a rimanere in Italia pena il ritiro degli aiuti governativi, lotta dura al precariato e al lavoro nero, intransigenza contro le fabbriche inquinanti e via di seguito.
Adesso Di Maio si pone come uno zerbino sotto i loro piedi. Promette grandi infrastrutture per la movimentazione delle merci e dei traffici, in linea con la marcia indietro che i 5 Stelle hanno fatto sul Terzo Valico e il TAP e sposa perfino la favoletta del “costo del lavoro” che sarebbe “uno dei principali problemi per gli imprenditori”, e che “il modo migliore di aiutare le imprese, oltre a evitare di strozzarle con la tassazione più alta d'Europa, sia lasciarle in pace” quando invece questa tassazione rientra nella media, senza dimenticare che in Italia i padroni hanno il vantaggio di dover pagare gli stipendi più bassi d'Europa se si escludono Spagna e Grecia.
La lettera si chiudeva con Di Maio che dava l'appuntamento per l'11 dicembre al Ministero del Lavoro (Mise) per un confronto con le piccole e medie aziende “su tutte le esigenze e richieste degli imprenditori”, per lavorare insieme affinché l'Italia, che adesso si ritrova come “una maestosa aquila che si è spezzata le zampe... torni a volare”.
La convocazione al suo ministero era anche una risposta all'altro vicepremier Salvini che il 9 dicembre aveva incontrato varie associazioni, compresa Confindustria, tanto che in un'intervista rispondeva piccato che il capo del Viminale aveva ricevuto 10 sigle padronali, mentre lui ne incontrava 30. Irritato minacciava il caporione leghista a rimanere sul suo terreno di competenza (gli Interni): “ieri hanno fatto le parole, i fatti si fanno al Mise perché è il Mise che si occupa delle imprese”.
Dopo l'incontro dell'11 dicembre Di Maio è uscito dal Ministero con toni trionfalistici: “Oggi è partito un nuovo patto fra governo e imprese per abbattere la burocrazia, abbassare il costo del lavoro, investire in innovazione e accelerare esportazioni“. Nel frattempo sotto al Mise si erano riuniti anche un centinaio di lavoratori dell'ex Irisbus che chiedevano garanzie per il futuro occupazionale. Di Maio li ha lasciati delusi concedendo solo poche battute, raccontando anche la bugia di un interessamento di Ferrovie Italiane, invece il giorno dopo si è saputo che l'azienda era stata acquisita dai Turchi di Karsan con il rischio che sia portato tutto nel paese euroasiatico dove la manodopera costa un terzo che in Italia.
Più che soddisfatte invece le imprese a partire dal leader di Confindustria Vincenzo Boccia, che ha apprezzato l'incontro: "Un cambio di guardia nell'attenzione dell'esecutivo alla manovra e alla crescita". Del resto le promesse fatte da Di Maio sono impegnative, a iniziare dalla revisione delle tariffe Inail. Il ministro ha annunciato un taglio del 30% dei tassi medi, con un risparmio stimato in oltre 1,7 miliardi di euro annui per le aziende.
Alle piccole e medie imprese il vicepremier 5 Stelle ha offerto anche una legge delega per la “riforma” del Codice degli Appalti e il rinvio di sei mesi per le sanzioni sull' obbligo della fattura elettronica, che da mesi scatena polemiche da parte degli imprenditori che giudicano il nuovo strumento “vessatorio” e a cui le aziende non sono ancora preparate tecnologicamente. Un piatto di provvedimenti così ricco da costituire "un'offerta che supera la richiesta", ha fatto notare con imbarazzo il presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti.
Altro che popolo, cittadini, pensionati, precari, lavoratori, di cui spesso i rappresentanti del governo si riempiono la bocca. Di Maio e Salvini fanno invece a gara a chi offre maggiori sgravi e concessioni agli imprenditori.
19 dicembre 2018