Alla faccia dello slogan elettorale M5S-Lega sulla lotta alla corruzione
Il governo Conte si prepara a cancellare i controlli sugli appalti
Verso la “privatizzazione degli appalti” e il ritorno al modello Berlusconi
Altro che lotta alla corruzione! Altro che “onestà, onestà e trasparenza”!
Col pretesto di “sbloccare gli appalti pubblici e liberarli dalle pastoie burocratiche”, il governo Conte si prepara a cancellare il Codice degli appalti e insieme ridimensionare drasticamente il ruolo di controllo svolto dall'Anac, l'Autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone.
La priorità di questo esecutivo dunque non è più la lotta alla corruzione; ma il ripristino della famigerata "Legge Obiettivo" di berlusconiana memoria che dava mano libera ai privati ed è stata poi archiviata proprio per la degenerazione che aveva prodotto con opere sempre in ritardo e tangenti à gogo.
A dir poco incredibili le motivazioni addotte da Palazzo Chigi per picconare il Codice degli appalti che, a detta di Conte, Salvini e Di Maio, si basa su norme troppo complicate e tese a tutelare oltremodo la moralità dei lavori tanto da aver bloccato la pubblicazione dei bandi di gara e arrestato l’aggiudicazione.
Per questo il governo conta di arrivare rapidamente alla effettiva revisione dei controlli sugli appalti entro quest’anno e di approvare il provvedimento insieme alla Legge di Bilancio 2019.
Con questo fine è stato già istituito presso il ministero delle Infrastrutture un tavolo incaricato di studiare rapidamente tutti i possibili cambiamenti. Di questo organismo fanno parte, oltre al dicastero guidato dal pentastellato Toninelli, il ministero dell’Economia, la Presidenza del consiglio, la Ragioneria generale dello Stato, l’Ance (l’associazione dei costruttori) e, appunto, l’Anac.
Il primo obiettivo del governo è la drastica riduzione dell'azione di vigilanza preventiva svolta dall'Anac sottraendo ad esempio all'organismo di controllo guidato da Cantone la possibilità di impugnare i bandi di gara e di stabilire le regole di appalto. Molto ridimensionato sarà anche il controllo svolto dall'Anac sugli equi compensi e l’accreditamento delle imprese e le verifiche sulle stazioni appaltanti.
L'obiettivo finale è la “privatizzazione” degli appalti in quanto la nuova normativa in cantiere prevede di sottrarre al pubblico tutti i controlli attinenti ai processi di affidamento e realizzazione delle grandi opere per affidarli agli stessi privati a cominciare dalle funzioni connesse alla direzione dei lavori e alla certificazione di qualità dei progetti.
Praticamente ritorna il cosiddetto “general contractor” di berlusconiana memoria, con lo Stato che dà in “concessione” ai privati il lavoro e la gestione dell’esecuzione è completamente, o quasi, esternalizzata. La condizione ideale per dare inizio a un nuovo magna magna targato Lega-Cinquestelle. Non a caso la nuova normativa prevede anche il ritorno alla trattativa privata, seppur all’interno di liste preselezionate di fornitori, e l’ipotesi di dare più spazio alla scelta in base all’offerta minima, che spesso poi viene rimpinguata con costose varianti in corso d’opera. Ossia i meccanismi che più spesso hanno alimentato il verminaio delle tangenti.
Saranno cancellati anche i vincoli sui subappalti dove la corruzione, le tangenti e i ritardi nella consegna dei lavori la fanno da padrone. Basti pensare che al momento l’attuale normativa prevede un tetto massimo del 30 per cento del totale dei lavori che possono essere affidati in subappalti. Mentre la nuova normativa, speculando sul fatto che la direttiva europea non prevede alcun tetto – punta all'elevazione di tale percentuale se non addirittura cancellarla del tutto.
Altro che “terza repubblica dei cittadini” come ciancia Di Maio.
Questa è la riesumazione di Tangentopoli e della repubblica delle tangenti!
19 dicembre 2018