Pensionate e pensionati in piazza contro il blocco della rivalutazione delle pensioni
Presidi e sit-in in tante città. I sindacati: “A rimetterci non saranno le pensioni d'oro”
“È una decisione scellerata e insopportabile perché ancora una volta si mettono le mani nelle tasche di chi ha lavorato duramente per una vita facendogli pagare il conto della manovra economica". Con questa più che valida motivazione i sindacati dei pensionati Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil hanno portato in piazza i propri iscritti per protestare contro la riduzione della rivalutazione per 3 anni delle pensioni sopra i 1.522 euro lordi al mese prevista dalla manovra finanziaria del governo.
Una mobilitazione nazionale che ha visto nella stragrande maggioranza delle province italiane presìdi, sit-in e altre forme di protesta davanti alle Prefetture appena varata la manovra. Molte le pensionate e i pensionati che hanno risposto all'appello, più delle aspettative sindacali; con bandiere e fischietti si sono presentati alle mobilitazioni fortemente indignati dalla nuova fregatura servita dal governo “del popolo” e del “cambiamento” che, nonostante l'imbonimento mediatico sul taglio delle pensioni d'oro, non è riuscito a ingannarli, servendo loro la nuova penalizzazione. La mobilitazione è partita il 27 e 28 dicembre in tutte le province venete e lombarde, Valle d'Aosta e Friuli, in quelle emiliane (Ravenna Rimini e Piacenza il 4), Liguria e Toscana (Grosseto e Lucca il 3 e 4), in tutte le province marchigiane, umbre e abruzzesi, nel Molise, quelle del Lazio e Basilicata, in Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia (Agrigento e Caltanissetta il 3 e 4 gennaio). Il 4 e 5 gennaio è proseguita in tutte quelle piemontesi. Altre ancora si sono mobilitate il 7 e l'8 gennaio
Il meccanismo della rivalutazione delle pensioni in vigore dal 1° gennaio 2019 come descritto dalla Legge di Bilancio 2019 del nero governo Salvini-Di Maio per il recupero del potere d'acquisto prevede la perequazione piena (un misero +1,1% per il 2019) solamente per gli assegni con importo non superiore a 3 volte il trattamento minimo, cioè a chi riscuote meno di 1.539,03 euro lordi. Per gli assegni superiori, invece, e qui la fregatura, la perequazione non sarà più 1,1% ma avrà un tasso ridotto secondo le aliquote previste in base all’importo dell’assegno. Si va da più 1,067% su pensioni pari a 1.700 euro lordi (che andrà a 1.718 euro) a più 0,44% a pensioni di 5.000 lordi (5.022 euro). ( vedi tabella)
“Tre volte il minimo – spiega il segretario generale dello Spi Ivan Pedretti – significa 1.500 euro lordi al mese, ovvero 1.200 euro netti. Fino a 5 volte significa 3.000 euro lordi, ovvero un assegno di 2.400-2.500 netti al mese. Non parliamo di pensioni d'oro: parliamo di pensioni medie, di persone che già sono state impoverite, e lo saranno ancora di più: il blocco della rivalutazione fu introdotto nel 2011 da Monti, e oggi viene ribadito dal governo Lega-Cinque Stelle. Un pensionato perde oggi a causa del blocco della rivalutazione, ma perde anche per il futuro, perché considerando l'aspettativa di vita e l'inflazione vede ridursi il potere d'acquisto della sua pensione”.
Questo nuovo taglio non porterà al recupero del potere d'acquisto ma, anzi, può causare una perdita da 65 a 325 euro lordi all’anno, a partire dal 2019 e per il resto della vita del pensionato. Mentre i due ducetti continuano a elargire doni e condoni ai ricchi, agli evasori e agli speculatori contano di rubare ai poveri e finanziare sulla loro pelle le altre buche di bilancio: i 2,5 miliardi ricavati da questi “risparmi” finanzierebbero le altre misure promesse, come il reddito di cittadinanza.
"Quello che si profila - concludono i Segretari di Spi, Fnp e Uilp - non è altro che l'ennesimo furto alle pensioni medio-basse. Già altri governi in questi anni hanno seguito questa strada. Non vediamo pertanto quel tanto sbandierato cambiamento ma il reiterarsi di decisioni sbagliate e punitive verso una fascia di popolazione che avrebbe piuttosto bisogno di essere aiutata e sostenuta”.
La protesta non si ferma. Nell'immediato i sindacati, visto che questa manovra “è stata varata senza sentire le parti sociali anteponendo le promesse elettorali ai bisogni del Paese", chiedono un tavolo con il governo per il ripristino del meccanismo di rivalutazione e per riaprire il confronto su pensioni e fisco e, se non venisse ritirato il provvedimenti governativo, si sono impegnati ad indire una grande manifestazione nazionale.