Lo scrive la Commissione Antimafia siciliana
“Il Sisde depistò le indagini sulla strage di via D'Amelio”
Nel 2007 il Quirinale e il Csm intervennero a favore di Bruno Contrada
I servizi segreti italiani hanno giocato un ruolo di primo piano nel depistaggio dell’inchiesta sulla strage del 16 luglio 1992 in via D'Amelio a Palermo in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque componenti della sua scorta.
Questa è la conclusione principale alla quale è giunta la Commissione Antimafia regionale della Sicilia presieduta da Claudio Fava il quale il 19 dicembre ha presentato la relazione finale sul depistaggio dell'inchiesta di via D’Amelio.
La Commissione mette nero su bianco che: “È certo il ruolo che il SISDE ebbe nell’immediata manomissione del luogo dell’esplosione e nell’altrettanto immediata incursione nelle indagini della Procura di Caltanissetta, procurando le prime note investigative che contribuiranno a orientare le ricerche della verità in una direzione sbagliata”.
Non a caso la Commissione tra l’altro sottolinea “l’attenzione che sulle sorti della detenzione di Bruno Contrada (ex numero due del Sisde già condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e poi revocata dalla Cassazione) manifesteranno, negli anni successivi, altissime cariche dello Stato” a cominciare dall'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal suo consigliere giuridico, Loris D'Ambrosio, dal segretario del Consiglio Superiore della Magistratura, Carlo Visconti fino allo stesso presidente del CSM, Nicola Mancino, che a partire da dicembre 2007 fecero forti pressioni sul giudice Angelica Di Giovanni, allora presidente del Tribunale di Sorveglianza di Santa Maria Capua a Vetere, che si doveva pronunciare sull’istanza di differimento pena presentata dall’allora detenuto Bruno Contrada.
Non solo. Secondo la Commissione il depistaggio fu messo in opera anche grazie a una parte della magistratura dal momento che, si legge ancora nella relazione: “certo è il contributo di reticenza che offrirono a garanzia del depistaggio – consapevolmente o inconsapevolmente – non pochi soggetti tra i ranghi della magistratura, delle forze di polizia e delle istituzioni nelle loro funzioni apicali”. Infine c’è l’individuazione di una mano sola dietro stragi e depistaggi, una mano che non può essere solo mafiosa: “’menti raffinatissime’ (...) si affiancarono alla manovalanza di Cosa Nostra sia nell’organizzazione della strage, sia contribuendo al successivo depistaggio”.
A carico dei magistrati collusi coi servizi segreti, la Commissione cita fra l'altro il mancato deposito dei verbali di tre collaboratori di giustizia che smentivano il falso pentito Vincenzo Scarantino e afferma che: “Se fin dal 1995 le parti avessero potuto disporre di verbali che mostravano palesemente la inattendibilità di Scarantino, la storia processuale su via D’Amelio sarebbe cambiata. E il depistaggio sarebbe stato sventato”.
Uno dei tanti elementi che hanno indotto la Commissione a confermare il depistaggio da parte di servizi segreti e magistratura è la preveggenza a dir poco sospetta dell'allora capo della squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera (deceduto nel 2002) il quale ancor prima della conclusione dei sopralluoghi su Via D'Amelio era a conoscenza di molti elementi investigativi fra cui la provenienza e il tipo di auto utilizzata per l'attentato.
“L’ufficio diretto da La Barbera – scrive infatti la Commissione – dispone un sopralluogo delegato alla Polizia Scientifica di Palermo – presso la carrozzeria di Giuseppe Orofino già alle 11 del lunedì 20 luglio 1992”. Ma allora, si chiede ancora la Commissione “come faceva La Barbera a conoscere il modello di auto prima ancora che in via D’Amelio si recuperasse il blocco motore della 126?”. Forse “qualcuno informò il capo della squadra mobile di Palermo e quegli elementi (l’auto, la targa, il furto…) erano, come dire, già noti per altre vie agli investigatori?”.
A margine della conferenza stampa di presentazione della relazione dell'antimafia siciliana, la figlia di Borsellino, Fiammetta, ha tuonato: “Non è accettabile che magistrati come Ilda Boccassini, Nino Di Matteo e la signora Palma, si siano sottratti alle audizioni della Commissione regionale antimafia. È una vergogna ”.
16 gennaio 2019