Lo certifica il rapporto Oxfam 2018 sulle disuguaglianze sociali
Poveri sempre più poveri, ricchi sempre più ricchi
Tre miliardi e mezzo di persone “vivono” con poco più di 5 dollari al giorno. L'1% delle persone detiene quasi il 50% della ricchezza del mondo. Bezos, fondatore e capo di Amazon, è il più ricco del pianeta, possiede 112 miliardi di dollari. Segue Gates con 90 miliardi
In Italia il 20% dei più ricchi possiede il 72% della ricchezza nazionale
Il Rapporto Oxfam 2018 sulle disuguaglianze sociali mondiali conferma le terribili condizioni di vita della quasi totalità degli abitanti del pianeta prodotte dall'imperialismo.
Il Rapporto, intitolato ''Bene Pubblico o ricchezza privata?'', analizza l'incremento delle disuguaglianze sociali negli ultimi anni, in particolare nell'ultimo, sia a livello mondiale che in Italia.
Nel mondo oggi appena l'1% della popolazione possiede una ricchezza pari a quella di circa il 50% degli abitanti della terra.
La crescita della ricchezza dei capitalisti a scapito dell'aumento della povertà e della miseria è cresciuta solo nell'ultimo anno di 900 miliardi di dollari, mentre il reddito di 3 miliardi e 800 milioni di persone più povere è diminuito dell'11%, fermandosi ad appena 5 dollari al giorno.
Una miseria, la quale non corrisponde alle previsioni di chi cianciava di ''miracoli della globalizzazione'' dovuti alla crescita della ricchezza nominale dei poveri assoluti passata da 1,5 dollari al giorno a 5 dollari in circa 10 anni, intanto perché 5 dollari sono davvero troppo pochi per sopravvivere e va poi tenuta presente la ''tassa occulta'' per eccellenza del capitalismo: l'inflazione.
Se venisse considerata, anche in questo tipo di analisi, ci si renderebbe conto che 'la riduzione della povertà' era allora e rimane oggi soltanto un infame specchietto per le allodole, per il semplice fatto che 5 dollari di oggi valgono davvero poco più del singolo dollaro di 10 anni fa e non quattro volte il valore di allora, non solo, ma se anche fosse cambierebbe davvero poco.
Naturalmente l'inflazione esiste anche per i ricchi, ma non è la stessa cosa, essa è un fenomeno prodotto dal capitalismo strumentale anche al rafforzamento sul mercato delle posizioni concorrenziali della grande borghesia. (vedi ''Inflazione, Capitale, Lavoro'' pubblicato dalla stampa sovietica nel 1954 e da ''Il Bolscevico'' http://www.pmli.it/stampasovieticacarattereinflazione.htm)
In ogni caso poi anche questa ''uscita'' dalla fascia della povertà assoluta sembra essersi fermata per almeno il 40% degli abitanti del pianeta più poveri.
Jeff Bezos, capo della multinazionale Amazon (della quale sono tristemente note le condizioni lavorative imposte ai dipendenti), possiede un patrimonio di ben 112 miliardi di dollari che ne fanno l'uomo più ricco del mondo, seguito dal boss di Microsoft Bill Gates.
Il numero dei miliardari è cresciuto nel 2018, oggi sono oltre 2.000 (i più ricchi tra loro passano da 43 a 26) uno nuovo ogni due giorni, i loro profitti non solo valgono quanto il reddito del 50% dei più poveri, ma crescono esponenzialmente di ben 2,5 miliardi di dollari al giorno.
A fronte dell'incremento della loro ricchezza diminuisce la pressione fiscale sui loro patrimoni, in parte per effetto delle politiche di alcuni Stati (gli Usa del fascista Trump in testa), ma soprattutto perché tendono ad evadere il fisco, tant'è vero che solo nel 2018 almeno 7,5 miliardi di dollari sono stati nascosti nei paradisi fiscali (il dato ci pare sottostimato), scaricando così la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti e i pensionati e inducendo gli Stati a tagliare i servizi e privatizzarli.
Nel corso dei decenni la tassazione per i più ricchi è diminuita drasticamente a livello globale, solo nei Paesi più ricchi si è passati dal 62% della tassazione del patrimonio del 1970 al 38% del 2013.
Le 90 più grandi multinazionali dal 2000 ad oggi hanno visto la tassazione ridursi dal 34% al 24%.
Le donne sono più povere degli uomini e, specie nei Paesi più poveri, tendono a vivere mediamente di meno rispetto agli uomini (in India la differenza arriva anche intorno ai 15 anni).
Oggi nel mondo le donne guadagnano il 23% in media meno degli uomini e gli uomini possiedono il 50% in più della ricchezza detenuta dalle donne, cosa particolarmente infame se si pensa che la donna è nello stesso tempo schiava sul lavoro e tra le mura domestiche, tutti segni della subalternità della donna rispetto all'uomo prodotta dal capitalismo e che potrà essere risolta definitivamente solo nel socialismo.
Devastanti gli effetti della povertà e del suo incremento anche sui minori, spesso privati della possibilità di curarsi e di mangiare, cosa che riduce le aspettative di vita dei nuovi nati poveri in alcuni casi anche di 25 anni rispetto ai coetanei più ricchi, magari dello stesso paese o città.
Per esempio in Nepal un bambino povero ha il triplo delle possibilità di morire rispetto a quelle di un coetaneo più abbiente, a San Paolo in Brasile l'aspettativa di vita nelle zone più ricche è di 79 anni, in quelle più povere di soli 54.
I servizi pubblici dei vari Paesi del mondo sono sottofinanziati o privatizzati, non possono quindi essere utilizzati dai più poveri, la mancanza di servizi igienico-sanitari provoca la morte ben 10mila persone al giorno, la mancanza di quelli relativi all'istruzione produce ben 262 milioni di bambini senza possibilità di istruirsi solo nell'ultimo anno.
Le disuguaglianze in Italia
Il Rapporto si sofferma poi sui dati riguardanti il nostro Paese: a metà del 2018 la ricchezza prodotta in Italia è stata di circa 8.760 miliardi di dollari (quindi è escluso quel terzo del PIL che è in nero?), appena il 20% della popolazione ne detiene però ben il 72%, mentre il 60% degli italiani ne detiene appena il 12,4%.
In termini patrimoniali il 10% più ricco degli italiani possiede oggi ben 7 volte e mezzo la ricchezza della metà più povera del popolo italiano, salendo in cima alla piramide sociale si scopre che il 5% dei più ricchi sono titolari del 43,7% dell'intera ricchezza nazionale, pari alla ricchezza detenuta dal 90% più povero degli italiani.
Appena l'1% dei più ricchi possiede il 24,3% della ricchezza nazionale, pari a 20 volte quella del 20% dei nostri concittadini più poveri, la ricchezza di questa sparuta minoranza della popolazione è in continua crescita negli ultimi anni, di pari passo con l'impoverimento della parte più povera del Paese, infatti, la quota di ricchezza detenuta della metà più povera è scesa in appena 5 anni dal 13,1% ad appena il 7,8% nel 2018.
Il Rapporto Oxfam ignora la vera causa delle disuguaglianze
I dati forniti dal Rapporto Oxfam certificano quindi le tremende e crescenti disuguaglianze prodotte dall'imperialismo e dalle sue crisi, non è accettabile il fatto che Oxfam proponga solo di ridurle senza considerare minimamente il fatto di cancellarle e quindi di eliminare la povertà, l'oppressione femminile e la divisione per classi.
Oxfam propone un sistema di tassazione che colpendo i più ricchi potrebbe redistribuire la ricchezza in termini di servizi pubblici, nella sanità e nella scuola, specie a vantaggio delle donne.
Questo obiettivo è condivisibile solo nel quadro della lotta più generale per la liquidazione del capitalismo e dell'imperialismo dalla faccia della terra, ma non può diventare un obiettivo strategico in quanto non tiene conto del fatto che gli Stati sono sovrastrutture e organismi nelle mani delle classi dominanti borghesi e non delle entità ''al di sopra delle classi'' in grado di ''aggiustare'' la sperequazione della ricchezza prodotta dal capitalismo.
Nei Paesi imperialisti poi gli Stati sono dentro i monopoli e totalmente al loro servizio, non il contrario, non dice nulla a chi ha scritto il Rapporto il dato dell'evasione fiscale? Non esiste insomma un ''capitalismo dal volto umano'' da raggiungere per via fiscale.
Il Rapporto rimastica le solite trite e ritrite ricette socialdemocratiche e riformiste anche di natura fiscale che non escono dal terreno del capitalismo e dell'imperialismo, anzi li presuppongono, non viene compreso quindi che l'origine delle disuguaglianze sociali ed il loro aggravarsi è una conseguenza del modo di produzione capitalistico e della legge fondamentale del capitalismo arrivato al suo stadio ultimo e finale, ossia l'imperialismo: la legge del massimo profitto.
La quale è quindi in ultima analisi la causa inesorabile di tutto questo, tanto che non è possibile nemmeno per i capitalisti sottrarsi a questa legge, anche a costo di andare incontro a crisi cicliche di sovrapproduzione, scaricate poi sulle masse, anche a costo di sanguinosi conflitti, anche mondiali, per difendere le proprie aree di influenza e sottrarle ai paesi imperialisti concorrenti.
Insomma l'imperialismo non può mutare se stesso, è pure utopia.
Anche le conquiste interne a quest'ordine sociale ed in regime di dittatura borghese nei vari Paesi possono essere ottenute solo dalla lotta di classe e delle masse, le quali conquiste vengono poi ratificate dagli Stati borghesi, in attesa di essere ridimensionate o cancellate del tutto, appena le condizioni politiche e sociali sono più favorevoli.
Ma il conflitto fra il capitale ed il lavoro su cui si fonda il capitalismo, la contraddizione tra le forze produttive e i rapporti di produzione, le guerre imperialiste, la crescente miseria, le migrazioni, il razzismo ed il fascismo, le discriminazioni sessuali e di genere, l'inquinamento e tutte le ''delizie'' generate dal capitalismo stesso, non possono essere cancellate dalla classe dominante borghese o ''ridotte'' dai riformisti al suo servizio e porteranno alla morte l'ordine sociale esistente e lo stato di cose presente, per effetto dell'azione del proletariato, la classe più rivoluzionaria della storia, sotto la direzione dei suoi Partiti nei vari Paesi del mondo e delle guerre di liberazione nazionali prodotte dalle aggressioni imperialiste.
Ecco spiegata la ragione profonda dello slogan fondamentale dei comunisti dell'epoca dell'imperialismo: “Proletari e nazioni oppresse unitevi!”. In Italia, come ha detto il compagno Giovanni Scuderi, bisogna “perseverare con fiducia nel risveglio del proletariato alla lotta rivoluzionaria per il socialismo”. (Si veda il fondamentale discorso del compagno Erne Guidi a nome del CC del PMLI all'ultima Commemorazione di Mao: “Mao, l'imperialismo e la lotta per il socialismo”).
La lotta del PMLI contro le disuguaglianze
Per quanto riguarda in particolare la situazione italiana, il PMLI, lotta per migliorare, per quanto possibile nel capitalismo, le condizioni di vita, lavoro, studio e salute delle masse, attraverso un'ampia politica di fronte unito, impugnando con forza la sua linea generale e di massa, ed il ''Nuovo Programma d'azione'' ispirandosi al principio della democrazia diretta delle masse, contrapposta alla democrazia indiretta dello Stato borghese italiano che ha oggi la forma del regime neofascista, è parte integrante della Ue imperialista (la quale non si può riformare e va distrutta, cominciando a tirarne fuori l'Italia) ed è gestito dal nero governo fascista e razzista Salvini-Di Maio.
I marxisti-leninisti lottano da sempre per una tassazione più equa e progressiva, basata sulla progressività, sulle imposte dirette (quelle indirette vanno gradualmente soppresse), fondata sul principio ''più si ha, più si paga” che significa meno tasse per i lavoratori dipendenti e i pensionati e nessuna tassa per i più poveri, più tasse ai padroni e ai borghesi.
Nel capitalismo il reddito si ripartisce in profitti, rendite e salari, più crescono i primi più diminuiscono i salari (e viceversa), ecco perché lottiamo per: “La completa abolizione di tutte le imposte indirette e la loro sostituzione con un'imposta progressiva sul reddito, vera e non fittizia (...) Questo provvedimento,
senza intaccare le basi del capitalismo, procurerà subito un enorme sollievo ai nove decimi della popolazione"
(Lenin).
Occorre inoltre una lotta vera, intransigente ed efficace alla grande evasione fiscale e all'elusione. Si veda la Piattaforma aggiornata del Programma d'azione del PMLI sul fisco (dal punto 181 al punto 195).
Noi marxisti-leninisti siamo i primi a lottare per l'emancipazione della donna e per i servizi pubblici universali e gratuiti gestiti dalle masse attraverso la democrazia diretta, come detto.
Ma tutto questo per noi si inserisce nel quadro più generale della lotta contro il capitalismo e per il socialismo, per cambiare veramente l'Italia e il mondo la questione dirimente è quella della conquista del potere politico da parte del proletariato e l'edificazione del socialismo, cosa che può avvenire soltanto seguendo la via maestra per la conquista del potere politico da parte della classe operaia rappresentata dalla Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre del 1917, impedendo poi la restaurazione del capitalismo (nel socialismo esistono ancora le classi e la lotta di classe) come avvenuto nell'Urss di Lenin e Stalin nel 1956 e nella Repubblica Popolare Cinese dopo la morte di Mao, prendendo a modello la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria cinese ideata e diretta da Mao.
Il socialismo ha già dimostrato di essere superiore al capitalismo nel soddisfacimento dei bisogni materiali e intellettuali della masse e non esiste un'altra alternativa al capitalismo.
Il passaggio al capitalismo e all'imperialismo dei Paesi già socialisti rappresenta il fallimento storico dei rinnegati revisionisti ed in ultima analisi conferma e non smentisce la via dell'Ottobre. (Vedi il Documento del CC del PMLI sul Centenario dell'Ottobre)
Quando si saranno estinte le classi il socialismo e la dittatura del proletariato avranno esaurito la loro funzione e si passerà al comunismo, con il quale sarà finita la preistoria dell'umanità e la società sarà basata sul principio ''Da ciascuno secondo le proprie capacità, ad ognuno secondo i propri bisogni
''. L'umanità passerà finalmente allora dal regno della necessità a quello della libertà.
30 gennaio 2019