Intervenendo all'europarlamento sul “Futuro dell'Europa”
Conte invoca una “Europa del popolo”, una “Difesa europea comune” e una maggiore presenza dell'UE “nel Mediterraneo e in Africa”
Il progetto di Conte per il “Futuro dell'Europa” non intacca minimamente la natura capitalista, imperialista e interventista dell'UE. Chiede solo una politica unitaria per impedire ai migranti di entrare in Italia e in Europa

 
Nel suo intervento alla seduta Plenaria al Parlamento europeo del 12 febbraio il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dato ulteriore prova della sua volontà di occupare un ruolo e spazio propri nel governo dei ducetti Salvini e Di Maio e di non essere, o non essere più, un semplice “burattino” dei due. M5S e Lega hanno aperto da tempo la campagna elettorale delle europee, i primi rincorrono finora con poco successo Gilet gialli e altre formazioni alla ricerca disperata di alleati per formare un gruppo parlamentare, la Lega e in particolare Salvini puntano alla leadership europea delle sempre più numerose formazioni fasciste, razziste e xenofobe e a scalzare la maggioranza attuale fondata sull'unione della destra democristiana e della “sinistra” socialdemocratica che si spartiscono le maggiori cariche istituzionali; entrambe sparano alzo zero a destra e a manca, assieme contro la Commissione e la Francia di Macron, a Conte restava il compito di comporre i cocci sul bilancio accettando i diktat europei ma ha anche trovato temi sui quali rifulgere di luce propria, quantomeno in politica estera che alla faccia del governo del cambiamento continua sulla strada dei governi precedenti nel difendere gli interessi dell'imperialismo italiano, in sintonia col presidente Sergio Mattarella.
In merito al tema del “Futuro dell'Europa”, in discussione a Strasburgo, Conte iniziava sottolineando che “il comune edificio europeo sta attraversando una fase particolarmente critica” e “come già in passato altri che ci hanno preceduto in corrispondenza di altrettante fasi critiche, siamo chiamati a operare uno sforzo comune, alimentato da grande senso di responsabilità: abbiamo il compito di rilanciare il progetto europeo, facendogli riacquistare credibilità e coesione, in modo da accrescerne la sostenibilità, l’efficacia, la plausibilità”. Insomma, faceva sul serio e richiamandosi persino ai nobili padri fondatori della Ue sollecitava il ritorno allo slancio “profetico” dei “grandi statisti del secondo dopoguerra”.
Preoccupatissimo per “la potente carica oppositiva che il popolo europeo - nelle sue diverse declinazioni - sta manifestando nei confronti delle élites”, a dire il vero non solo di chi guida la baracca ma a Conte tornava comodo presentarla in questo modo per dire che dobbiamo solo cambiare il manovratore perché “siamo di fronte a un tornante decisivo della storia dell’Europa unita, ci attendono decisioni fondamentali per il nostro futuro”. Se non invertiamo “il processo di progressivo distacco tra governanti e governati che - se ulteriormente alimentato con il silenzio, l’indifferenza o anche solo il tentativo di minimizzarne la portata - può determinare l’implosione del mondo che avevamo conosciuto”, avvertiva, ancora più proccupato che “ribellismo e contestazioni” abbiano “esiti imprevedibili”.
Per proteggere il futuro della potenza imperialista europea Conte chiedeva “un ritorno alle origini, alle ragioni fondative del sogno europeo”, e elencava i punti della rinascita: la Ue che unita deve reclamare un seggio al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per “parlare con una sola voce”, contro la proposta di Macron che chiede un seggio permanente per la Germania, che deve mantenere “il valore strategico delle nostre relazioni” con gli Stati Uniti, che deve tenere da pari a pari quelle con Russia e Cina. Il primo compito è non a caso quello di “proseguire nel percorso di integrazione della Difesa Europea”, complementare alla Nato, per avere un’Europa forte nel mondo e intanto con una maggiore presenza “nel Mediterraneo e in Africa”, utili anche per contenere il fenomeno migrazioni.
Chiedeva ai partner europei di rispettare gli impegni di accogliere migranti affermando che “chi arriva in un Paese di sbarco arriva in Europa”, ma sa che non troverà ascolto. E allora tornava al tema della necessità per la sicurezza europea di intervenire in Libia e altri paesi dell'Africa, nello scacchiere medio-orientale per tentare di bloccare i migranti alla partenza, e elencava puntigliosamente i suoi recentissimi viaggi dall'Iraq ai paesi nordafricani, fino all'ultimo in programma in Marocco. L'imperialismo italiano è presente, sosteneva Conte, “nell’interesse non solo del nostro Paese, ma di tutta l’Europa”.
Insomma, stringi stringi, il progetto di Conte per il “Futuro dell'Europa” non intacca minimamente la natura capitalista, imperialista e interventista dell'UE, altro che “una nuova Europa del popolo, più solidale, più inclusiva, più equa, in definitiva più democratica”, detto poi dal presidente del consiglio di un governo che sulla politica razzista e xenofoba ha raccolto persino i complimenti di Trump. Conte chiede una politica unitaria per impedire ai migranti di entrare in Italia e in Europa. Cianciando di “un’Europa più equa e più solidale” perché “l’Europa dev’essere vicina ai suoi popoli. L’Unione Europea, nel XXI secolo, deve perseguire il suo progetto 'dal popolo' e 'per il popolo'” non punta altro che al recupero di credibilità delle istituzioni imperialiste europee nei confronti dei popoli europei.

20 febbraio 2019