Lo dichiara la Commissione tecnica
“Il Tav non conviene”
Salvini punta i piedi e difende a spada tratta il progetto
Ponti: “L'unica decisione razionale è sospendere i lavori e spendere in modo diverso i fondi pubblici”
Comunque la si giri il Tav Torino-Lione è un disastro sotto tutti i punti di vista: un'opera costosissima, inutile e dannosa sia sul piano ambientale che economico.
A denunciarlo non è più solo l'indomito Movimento No Tav che da oltre 20 anni si batte risolutamente contro questa ennesima speculazione capitalistica, ma la stessa Commissione tecnica governativa guidata da Marco Ponti al ministero dei Trasporti la quale nei giorni scorsi ha presentato la tanto attesa analisi costi/benefici da cui emerge che l'opera ha un impatto economico netto negativo tra i 6 e i 7 miliardi, a seconda che si faccia o meno la tratta Avigliana-Orbassano.
Nelle 80 pagine del rapporto, Ponti e i suoi colleghi universitari facenti parte della Commissione (tra l'altro tutti di tendenze liberali), evidenziano come in questi anni il progetto Tav è già costato 1,4 miliardi di cui 740 milioni per la parte italiana, finanziati con 402 milioni di euro statali e 328 della Ue.
“Che si consideri o meno questo costo non recuperabile – sottolineano tra l'altro i tecnici della Commissione - il bilancio dell'intero arco di vita del progetto resta negativo. Anche nell'ipotesi che l'analisi giuridica di eventuali penali, ripristino dei luoghi, restituzione (improbabile) dei fondi europei già spesi preveda un costo tra i 2,8 e i 4 miliardi, l'unica decisione razionale sul destino della linea ad alta velocità tra Piemonte e Francia è sospendere i lavori e spendere in modo diverso i fondi pubblici”.
Dal rapporto emerge chiaramente che il costo complessivo della sezione compresa tra Bussoleno, bassa val Susa, e Saint Jean de Maurienne è pari a 9,6 miliardi di cui il 35%, tre miliardi, in carico all’Italia: nonostante lo sviluppo di tale tratta incida prevalentemente sul territorio francese. Sommando a tale cifra 1,7 miliardi per la nuova tratta Susa–Orbassano, necessari per non rendere il tunnel un enorme imbuto la cui portata massima sarebbe quella della linea storica, si giunge a circa 12 miliardi.
Anche per quanto riguarda i flussi di traffico che dovrebbero sostenere l’opera i cinque tecnici del ministero demoliscono tutte le passate proiezioni e a commento di uno dei tanti grafici che compongono l'analisi dei costi fra l'atro scrivono che: “Lo scostamento (delle previsioni, ndr) al 2017 è di circa il 17% per lo scenario più conservativo e del 36% rispetto per quello più ottimistico... Già nel 2000 si affermava che il progetto Torino-Lione non provoca praticamente nessuno spostamento modale, i 3,2 milioni di tonnellate supplementari in situazione di progetto provengono essenzialmente dagli spostamenti del traffico ferroviario dalla Svizzera verso la Francia”.
In parole povere Ponti e la sua équipe accusano apertamente i fautori della Tav di aver imposto l'inutile opera pur sapendo fin dal principio che sulla ripartizione modale non si sarebbe avuto nessun effetto positivo sia per quanto riguarda il traffico merci che dei passeggeri.
Al momento, sottolinea ancora Ponti, non si vede alcuna possibilità che lo scambio tra Italia e Francia aumenti al punto da rendere necessaria un'altra infrastruttura. E le stime dell'analisi costi-benefici dell'Osservatorio di Palazzo Chigi del 2011 (favorevole al Tav) sono ormai abbastanza vecchie da essersi rivelate completamente sballate, di oltre il cento per cento, rispetto al traffico che si è registrato.
Nel loro studio Ponti e colleghi ipotizzano due scenari: nel primo si basano sulle stime di traffico, merci e passeggeri, stilate a partire dal 2011 dall’Osservatorio sul Tav di Palazzo Chigi, i cui vertici sono favorevoli all’opera; nel secondo le stime, assai ottimistiche, sono riviste alla luce di scenari “più realistici”.
Il risultato è negativo in entrambi i casi e basta leggere i dati per capire che in realtà il Tav è un grande bluff che va ormai avanti da 25 anni contro gli interessi della popolazione e a totale ed esclusivo vantaggio delle grandi ditte e cartelli appaltatrici.
Nella prima ipotesi di costi/benefici la Commissione assume che il traffico merci ferroviario fra Torino e Lione (oggi fermo ai livelli del 2004 e inferiore a 20 anni fa) si moltiplicherebbe di 25 volte, passando dai 2,7 milioni di tonnellate annue del 2017 ai 51,8 del 2059; i passeggeri diurni sui percorsi internazionali passerebbero invece da 0,7 a 4,6 milioni e quelli regionali raddoppierebbero dagli attuali 4,1 a 8 milioni all’anno. Questo “miracolo” dovrebbe avvenire grazie allo “spostamento modale” dalla strada (e dall’aereo per i passeggeri) alla ferrovia e si basa su tre assunti considerati a dir poco “inverosimili” da Ponti e colleghi giacché presupporrebbe in primo luogo un tasso di crescita dei flussi del 2,5% annuo e, in secondo luogo, che la nuova linea ferroviaria acquisisca un flusso pari al 18% di quanto oggi transita via Svizzera (Sempione e Gottardo), il 30% dei flussi stradali che transitano al confine di Ventimiglia – distante 200 chilometri – il 55% di quelli del traforo del Fréjus e almeno il 40% di quelli del Monte Bianco.
Non solo. Anche ammesso e non concesso, che a regime il Tav riesca a raggiungere tali cifre, l’analisi di redditività stimata dei tecnici ministeriali risulterà ancora assai negativa. Perché, sottolinea ancora Ponti, con riferimento ai costi “a finire”, cioè escludendo gli 1,4 miliardi già spesi in studi, scavi geognostici e progetti, il Valore attuale netto economico dell’investimento (Vane) risulta negativo per 7.805 milioni di euro; quello a costo completo arriva a -8.760 milioni. Anche con il taglio della tratta italiana Avigliana-Orbassano, che la Lega ha provato a proporre ai 5Stelle per dare l’ok all’opera (il “mini Tav”), si passerebbe rispettivamente a -7.212 milioni e -8.167. Il motivo è semplice: senza quel raccordo si riducono i costi (1,7 miliardi), ma anche i benefici.
Nel secondo scenario le stime vengono rese più realistiche. Il tasso di crescita dei flussi si riduce all’1,5% annuo, si assume che per le merci lo spostamento da strada a ferrovia non interessi i segmenti di percorso più lontani dal tunnel e che la domanda generata per il segmento di lunga percorrenza sia pari al 50% di quella esistente (invece del 218%) e quella dei passeggeri regionali al 25% (invece del 50%). Il risultato è un Vane negativo di ben 6.995 milioni considerando i costi “a finire” e di ben 7.949 milioni qualora si faccia riferimento al costo intero. Senza la tratta nazionale si passa a -6.138 milioni e -7.093 milioni. Un disastro sotto tutti i fronti.
Ovviamente l’analisi di Ponti e colleghi tiene conto anche dei benefici ambientali (sicurezza, rumore, inquinamento, effetto serra, decongestione stradale etc.) usando gli standard Ue: ogni tonnellata in meno di Co2 immessa nell’atmosfera, per dire, genera un effetto positivo (90 euro) di minori danni ambientali ma al contempo comporta una riduzione delle entrate fiscali di circa 400 euro che hanno un impatto pesante sui conti dello Stato (meno incassi, minori esercizi statali oppure incremento di altre forme di prelievo).
Dunque, concludono i tecnici ministeriali, anche i benefici ambientali appaiono risibili. Nello scenario ottimistico si parla di 7-800mila tonnellate annue di Co2 in meno (500 mila in quello realistico), quando il solo traffico di Roma ne genera 4,5 milioni. Non più dello 0,5% sul totale nazionale dei trasporti.
Nel tunnel autostradale del Frejus transitano attualmente 2.154 mezzi pesanti al giorno, una inezia se si pensa che sulla tangenziale di Torino si arriva ad oltre 80 mila unità. Secondo Ponti la riduzione dei costi di trasporto generata dal Tav, come ipotizzata dall’Osservatorio Tav di Palazzo Chigi guidato da Paolo Foietta (favorevole all’opera) e stimata in 7 euro per tonnellata trasportata e un’ora di tempo risparmiato, “non è sufficiente a spostare rilevantissime quantità di domanda da gomma a ferro. Perché ciò accadesse il beneficio del tunnel dovrebbe essere molto superiore” alle stime. Che si basavano su previsioni poi rivelatesi, per stessa ammissione dell’Osservatorio, “smentite dai fatti”.
“Gli Stati - si legge nell’analisi Ponti - subiscono una perdita netta di accise che supera 1,6 miliardi e i concessionari una riduzione delle entrate da pedaggio, al netto della riduzione dei costi per la minore usura della infrastruttura, che sfiora i 3 miliardi”.
La perdita era però compensata da un sovrastimato beneficio in termini ambientali, valutato economicamente in circa 5 miliardi di euro. Beneficio che praticamente si annulla nello scenario attuale. La voce più rilevante riguarda la qualità dell’aria: “Sulle emissioni di Co2 si osserva come la riduzione attesa con l’acquisizione della ferrovia del 37 per cento dei flussi si attesti intorno alle 500 mila tonnellate. Tale quantità - si legge ancora nel rapporto - rappresenta circa lo 0,5 % delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti in Italia (su dato 2016, ndr), lo 0,05 % delle emissioni del settore dei trasporti in Europa e lo 0,12% del totale delle emissioni in Italia”.
Anche per quanto riguarda i valori di PM10 e NO2 misurate da otto stazioni di osservazione lungo gli assi che conducono ai trafori del Monte Bianco e del Fréjus risulta che: “Tra il 2007 e il 2017 c’è stata una significativa tendenza di riduzione della concentrazione che era pari in media a 23 microgrammi/m3 nel 2007 e si è attesta a 17 microgrammi/m3 nel 2017”. Inoltre, anche immaginando scenari di traffico con un aumento del 2 e del 3 per cento di mezzi pesanti entro il 2030 “le emissioni totali di ossidi di azoto si ridurrebbero nel primo caso dell’80 per cento e nel secondo del 77 per cento rispetto al 2016”, complici i vincoli normativi sulle emissioni automobilistiche e il progressivo rinnovo del parco veicolare. “I flussi veicolari internazionali rappresentano una quota molto modesta del totale dei traffici a livello locale/regionale - dice l’analisi - . Si pensi che a fronte dei circa 5mila veicoli giornalieri al traforo del Fréjus di cui poco più di 2mila mezzi pesanti, sulla ‘tangenziale’di Torino transitano ogni giorno oltre 300mila veicoli, circa il 20 per cento mezzi pesanti”.
In ultimo c'è la questione della congestione e del risparmio di tempo, anche questi considerati irrisori da Ponti che sottolinea come: “I benefici economici dei risparmi di tempo da congestione, che nel loro valore totale annuo superano nell’ultimo anno di analisi i cento milioni di euro, derivano in realtà da risparmi di tempi individuali molto piccoli”. Se per la lunga percorrenza dei passeggeri, sommando anche il potenziamento delle linea storica Torino, Avigliana e Bussoleno, il beneficio sul tempo di viaggio è di un’ora, si stima che in media, nell’arco della giornata, la durata dei viaggi dei mezzi pesanti tra Milano e Parigi si riduca di 2 minuti e 20 secondi, quelli tra Milano e Lione di 1 minuto e 20 secondi mentre il tempo di attraversamento della tangenziale di Torino diminuirebbe di circa 5 secondi.
Cifre e verità che hanno mandato su tutte le furie il ducetto Salvini il quale ha ribadito di essere a favore della realizzazione dell'infrastruttura a prescindere dai costi/benefici.
"Oggi – ha detto Savini - ho passato quasi tutta la giornata occupandomi di pastori", ma "stanotte mi leggo la Tav... Chi l'ha letta mi dice che ci sono dati un po' strani che ci confermano l'idea di andare avanti. Se è contato come un danno il fatto che la gente consuma meno benzina e meno autostrade perché va in treno per me quello è un beneficio", ha aggiunto. "Leggerò tutte le carte perché ho il rispetto del lavoro di tutti" ma "io resto della mia idea".
Anche per il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari “lo stop all'opera non è un'ipotesi percorribile... L'analisi costi-benefici è un'analisi tecnica come ce ne sono molte altre, ma non è il Vangelo. A mio avviso prima di mandare tutto a monte bisogna riflettere bene e soprattutto, nel caso in cui non si trovi un accordo, l'ultima parola deve essere data ai cittadini" con un referendum.
Mentre Salvini non molla e, in collegamento dalla Sardegna con 'Non è l'Arena' su La7, spiega infatti che "nel contratto di governo c'era la ridiscussione del progetto. Può essere risparmiato un miliardo di euro, io rimango convinto che il treno inquina meno di tir e automobili. Sono convinto - aggiunge commentando il netto 'no' alla linea Torino-Lione degli alleati di governo - che con i Cinquestelle un accordo lo troveremo tagliando gli sprechi e mandando avanti un'opera che serve al Paese".
Insomma si pensa a un inciucio in cui Di Maio e i Cinquestelle, in cambio del no all'autorizzazione a procedere contro Salvini sul caso Diciotti, la Lega si potrebbe accontentare del cosiddetto “mini Tav”.
20 febbraio 2019