A Milano “contro le condizioni insostenibili”
Scioperano i driver Amazon
Il 26 febbraio in Lombardia è stata una giornata di lotta per i Driver di Amazon, gli autisti che consegnano i pacchi a domicilio per conto del colosso americano del commercio digitale. Uno sciopero territoriale che ha però coinvolto una fetta molto ampia di lavoratori visto che Milano e il resto della regione valgono il 60% del mercato dell'azienda di Jeff Bezos, capo di Amazon considerato l'uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 170 miliardi di dollari.
Una fortuna fatta anche spremendo i lavoratori che consegnano i pacchi per la sua rete di distribuzione e che non sono più disposti a subire condizioni di lavoro insostenibili. Amazon ha replicato che “le consegne vengono fatte attraverso piccole e medie imprese specializzate, che devono rispettare il Codice di condotta e garantire compensi adeguati”, una risposta che vorrebbe lasciar intendere che la responsabilità è dei corrieri che prendono la merce in subappalto e che comunque vengono rispettati salari e diritti.
I lavoratori ribattono: “anche se lavoriamo per aziende diverse, le nostre giornate sono condizionate dalle linee di condotta imposte da Amazon e dalle applicazioni che ci vengono date in dotazione: uguali per tutto il mondo e che in certe situazioni si rivelano inadatte”. Poi di conseguenza, denunciano i sindacati, le società della logistica "per accaparrarsi qualche rotta in più spremono i dipendenti per consegnare tutto ciò che gli è stato assegnato anche quando il furgone è colmo di pacchi".
Lo sciopero è stato indetto da Fit-Cgil, Fit-Cisl e UILtrasporti che in mattinata assieme ai lavoratori hanno organizzato dei presidi fuori dai magazzini di Origgio, Burago, Buccinasco e Milano, le quattro sedi logistiche lombarde di Amazon. Più tardi la protesta si è spostata nel centro del capoluogo sotto gli uffici della multinazionale americana, dov'era presente anche il nuovo segretario della Cgil, Maurizio Landini.
I lavoratori hanno denunciato le condizioni che sono costretti a sostenere. “La mattina abbiamo 7-10 minuti per caricare tutti i pacchi nel furgone. Le consegne, poi, devono seguire il percorso stabilito dal dispositivo elettronico fornito da Amazon che impone certi ritmi. All’incirca 300 confezioni per 170 fermate. Queste ultime aumentano se al momento della consegna il cliente non è in casa o in ufficio e allora dobbiamo ripassare”. La paga si aggira sui 1.400/1.500 euro mensili per nove ore giornaliere per un numero di consegne doppio rispetto alla media del resto della logistica.
I Driver devono inoltre considerare altre variabili come ad esempio il traffico, che ne rallentano l'operatività e poi li costringe a ignorare il codice della strada che Amazon dice di far rispettare alle ditte a cui dà in appalto la consegna della merce. Non a caso gli incidenti che li coinvolgono sono in continuo aumento. I lavoratori denunciano innanzitutto la flessibilità esasperata imposta per contratto e il superamento del sistema delle franchigie: “lo sa che se facciamo un graffio al furgone ci trattengono 200 euro?”, denuncia un autista.
Sono condizioni e ritmi insostenibili. Landini ha dichiarato di voler “contrattare l’algoritmo, le applicazioni della tecnologia devono tenere conto delle persone”. I lavoratori chiedono anche nuove assunzioni in un settore dove Amazon amplia il suo raggio d'azione utilizzando il solito numero di driver; recentemente ha ottenuto l'autorizzazione a entrare nel mercato degli operatori postali per fare le consegne in proprio senza affidarsi ad altri corrieri.
“Secondo noi solo in Lombardia serve un piano da 500 ingressi nel giro di un anno - dice Luca Stanzione, segretario generale della Filt Cgil della Lombardia -. Amazon ha una capitalizzazione che equivale al Pil di due Stati messi assieme. È giusto che le persone possano lavorare senza mettere a rischio la loro sicurezza per tenere il passo dell’algoritmo".
6 marzo 2019