Intervento al dibattito a Rignano sull'Arno su foibe e revisionismo storico
Chiavacci: non cediamo al tentativo di equiparare le vittime del fascismo con quelle dell'antifascismo
Impegniamoci di più per creare un largo fronte unito antifascista, con l'Anpi in testa, che si mobiliti
Pubblichiamo di seguito l’intervento integrale, pronunciato in sintesi dal compagno Enrico Chiavacci in occasione di un incontro che si è tenuto sabato 23 febbraio a Rignano sul’Arno (Firenze), organizzato dalla sezione Anpi di Rignano-Reggello in collaborazione con l’Istituto Storico Toscano della Resistenza dal titolo “Storia del confine orientale nel ‘900: nazionalismi, regimi totalitari, identità e memoria”.
Relatori all’iniziativa, Eric Gobetti, dottore di Storia dell’Europa Orientale e Filippo Focardi, professore di Storia contemporanea dell’università di Padova.
Chiavacci è intervenuto per conto della sezione Anpi di Rufina della quale è vice presidente, con l’obiettivo di attualizzare le conseguenze direttamente derivanti dall’istituzione della “Giornata del ricordo” del 10 febbraio, un cavallo di troia per la riabilitazione del fascismo del quale si è a lungo parlato negli interventi dei relatori che, con varie sfumature, hanno entrambi sia contestualizzato gli eventi legati alle “foibe” e ridimensionato il fenomeno, sia dettagliato il percorso istituzionale e
bipartisan che ha portato al processo quasi completato, di riabilitazione del fascismo, anche di quello di tipo mussoliniano.
In Italia ogni 10 febbraio si ricordano le foibe e l’esodo degli italiani di Istria e Dalmazia.
Così si esprimeva all’indomani dell’istituzione della “Giornata del ricordo”, Angelo Del Boca, partigiano e primo storico italiano che ebbe il coraggio di denunciare le atrocità compiute dalle truppe italiane nella zona slovena della Jugoslavia e nelle colonie: “Questo 'giorno del ricordo', così come viene celebrato dal 2004, è una sorta di triste compromesso che non ha alcun fondamento storico, dimenticando che le foibe e l'esodo dei giuliano-dalmati costituiscono una diretta eredità del ventennio fascista e dell'occupazione italiana dei Balcani durante la Seconda guerra mondiale”. Ed ancora: “Questa commemorazione è una battaglia strumentale della destra che si pone in contrapposizione alla Giornata della Memoria alla quale anche i partiti di sinistra si sono adeguati per non lasciare il monopolio assoluto all’altra fazione. Il revisionismo (storico, nda) in Italia ha fatto grandi progressi”.
Questa posizione fece gridare quasi allo scandalo, poiché nella sostanza minava alle fondamenta quel progetto di omologazione e di “Memoria Condivisa” che nascondeva.
Parole che come sezione di Rufina abbiamo fatto nostre attraverso alcuni comunicati diffusi agli iscritti e alla stampa negli scorsi anni.
Ecco dunque che per noi approfondire e parlare oggi di foibe, esodo e storia dell’occupazione fascista oltre i confini di Nord Est, vuol dire rendere più attuale la consapevolezza che quelle atrocità, nessuna esclusa dal contesto, non si debbano più ripetere.
È impossibile però avere un quadro chiaro e completo se non si ripercorre la storia del Novecento a partire da quando l'Italia, vincitrice nella Prima guerra mondiale, ingloba nel proprio territorio 327 mila sloveni e 152 mila croati, e anziché scegliere la strada del rispetto per le minoranze, sceglie quella dell'assimilazione forzata e brutale basata sull’annientamento del popolo slavo.
Nessuna punizione ai criminali fascisti
Non uno solo dei generali italiani che hanno operato nei Balcani, tra il 1941 e il 1943, ha pagato per i suoi crimini. Così come nessun generale o gerarca fascista ha pagato per le stragi, le deportazioni, l'uso dei gas in Etiopia e in Libia. Alcuni di costoro, anzi, hanno avuto incarichi ed onori dagli stessi governi della Repubblica, nata dalla Resistenza.
Infatti, chi sperava in una "Norimberga italiana" è rimasto deluso; Roma nel dopo guerra assunse la deprecabile decisione di non consegnare a paesi stranieri i criminali di guerra. Soltanto Belgrado ne aveva richiesti 750.
Gli eventi legati alle foibe si inseriscono dunque in questo quadro dei soprusi perpetrati dall'occupazione fascista e della lotta di Liberazione dal nazifascismo che ne seguì.
È giusto esprimere rispetto per le vittime innocenti causate da tutte le guerre e in misura drammatica dalla Seconda guerra mondiale di esclusiva matrice nazifascista; dobbiamo però sottolineare che tra le scelte per cui ognuno poteva optare in quel periodo estremamente difficile, quella fatta a favore dei regimi nazifascisti, in prima linea o a fianco, era quella sbagliata.
Cosa sta accadendo oggi?
Oggi non ci stupisce l’arringa di Salvini che lo scorso 4 febbraio, in una polemica esplosa a seguito di un convegno a Parma sulle Foibe al quale ha partecipato (come fa da 14 anni) anche la sezione locale dell’Anpi, ha sostenuto che "È necessario rivedere i contributi alle associazioni, come l’Anpi, che negano le stragi fatte dai comunisti nel dopoguerra (…) Mi fa schifo chi nega, ancora oggi, lo sterminio di migliaia di italiani da parte dei comunisti… la Storia non si dimentica, onore ai nostri morti".
Onore a tutti dunque, senza distinzione alcuna.
Una posizione opportunista, scorretta e aggressiva, immediatamente sostenuta da tutta la destra, istituzionale e non.
L’Anpi nazionale, giocando esclusivamente in difesa, ha replicato immediatamente a Salvini, con una posizione a dir poco “leggera”, a mio avviso, e molto discutibile nel merito, sulla quale potremo a lungo discutere su chi essa accrediti nella sostanza; di certo mi trova profondamente discorde ciò che è accaduto l’indomani, il 10 febbraio a Jesolo, dove la sezione locale Anpi ha partecipato in maniera attiva all’inaugurazione di un monumento a tutte (e sottolineo tutte) le vittime delle foibe.
L’11 di febbraio al ministero del Lavoro è addirittura giunta da Fratelli d’Italia una proposta per bloccare l'erogazione delle pensioni ai cittadini dell'ex Jugoslavia, partigiani e accusati di aver “perseguitato” genericamente “gli italiani” in quel periodo.
Stavolta la risposta della presidente dell’Anpi è stata finalmente determinata e condivisibile in pieno: "Questa richiesta è di straordinaria meschinità - ha detto Carla Nespolo - Stiamo assistendo ad un volgare tentativo di rovesciamento della Storia, per far dimenticare l'operato annessionista e razzista del fascismo e di Mussolini, condotto assieme all'alleato nazista, con aggressione della Jugoslavia, che nulla aveva fatto contro l'Italia”.
Compagne e compagni dell’Anpi, amiche ed amici, antifasciste ed antifascisti, giovani.
Attenzione!
Non possiamo accomunarci al qualunquismo che è stato il principale pilastro assieme al revisionismo storico, nel tentativo di far comparire tutti uguali i morti del fascismo e dell’antifascismo, anche da un punto di vista morale oltreché, appunto storico.
Così facendo rischiamo di essere noi stessi complici di questo disegno di riabilitazione a tutto tondo del fascismo. Se non ci sono differenze, allora non c’è giusto o sbagliato e tutte le guerre, siano esse di prevaricazione, di sterminio, di ingerenza, di offesa oppure di Liberazione, diventano uguali.
È adeguandosi nella sostanza che si presta il fianco al tentativo di screditare la Resistenza e l’antifascismo e nel contempo non si contrasta il tentativo ormai quasi completato di riabilitare sia il fascismo mussoliniano, sia il neofascismo di formazioni quali Casapound, Forza Nuova e simili, che vengono così “accreditate” come forze politiche al pari delle altre e con uguali diritti.
Vi sembra normale che dieci giorni fa, per concludere il suo intervento alla foiba di Basovizza, il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani abbia detto: “Viva Trieste, viva l’Istria italiana, viva la Dalmazia italiana, viva gli esuli italiani, viva gli eredi degli esuli italiani, evviva coloro che difendono i valori della nostra Patria”.
Viste le polemiche suscitate, per l’opinione pubblica un fatto del genere non è ancora del tutto “normale”, ma se tacciamo, presto lo sarà.
Ecco dove siamo arrivati. Per attaccare l’antifascismo e cancellarne i baluardi ogni pretesto è buono, anche travisando vigliaccamente posizioni e fatti, come da consueta pratica fascista.
Oggi è interessante essere qui ad informarsi; dovremmo però approfondire ancora, e avere il coraggio di esaminare e verificare nuovi studi e nuove ricerche che gettano più di un’ombra sulla vicenda foibe rispetto a come ci è stata presentata dalle istituzioni e dai media dal 2004 ad oggi, anche se ciò comporta frizioni e attriti.
Non si tratta dunque di negare, ma di contestualizzare, approfondire e rispondere colpo su colpo in maniera chiara da un punto di vista storico ma anche morale.
Anche in questo, impariamo dai partigiani che seppero andare contro al pensiero comune dell’epoca, alla violenza dello Stato ed a tanto altro ancora.
Svolgendo il nostro compito e guardando all’oggi, da quel compromesso istituzionale che fu la “Giornata del ricordo”, le cose sono di gran lunga peggiorate.
Abbiamo visto ogni anno i fascisti sventolare in piazza a Firenze, città Medaglia d’oro della Resistenza, come altrove, bandiere con svastiche e celtiche, inneggiare a gran voce gli aguzzini della Decima Mas e i vigliacchi franchi tiratori repubblichini, il tutto su spinta della destra e con la collaborazione della sinistra istituzionale che non l’ha mai impedito nonostante la XII Disposizione transitoria della Costituzione, e le leggi Mancino e Scelba.
Il razzismo e il fascismo sono ormai sdoganati ovunque e la responsabilità è di tutte le forze che in qualche modo hanno guidato il Paese negli ultimi 20 anni, nessuna esclusa.
E questo va detto senza timore, perché urge invertire la rotta! Non c’è più tempo.
È altrettanto evidente oggi non solo la complicità, ma anche la spinta che questo governo dà a questo tipo di cultura e di morale, dal nostro punto di vista inaccettabile e pericolosa.
Bannon a Collepardo
Oggi, senza risalto sui media, accade che a Collepardo, in provincia di Frosinone, una Fondazione privata si è aggiudicata un bando del ministero dei Beni Culturali per gestire la splendida abbazia medievale di Trisulti, al costo irrisorio (per il valore del bene) di 100.000 euro annui per 19 anni. Fin qui nulla di strano; il problema è che a contratto stipulato, è uscito il nome di colui che guida la fondazione, l’ex politico inglese Benjamin Harnwell, vicino a Bannon (l’ex guru di stampo fascista che ha portato alla vittoria Donald Trump in Usa).
Queste le parole di Harnwell: “Partiamo da qui per allargare le nostre idee a tutto il mondo. Trisulti diventerà la sede per difendere la civiltà giudaico cristiana nel mondo. Insegneremo i fondamenti del populismo e del nazionalismo poiché seguiamo la direzione in cui secondo noi sta andando il mondo”.
Un misto dunque di misticismo, integralismo religioso e di fascismo dello stampo più ortodosso, nel quale è evidente sia il richiamo alla “Guerra Santa” dell’Occidente sia l’epico esoterismo che legava anche i gerarchi nazisti ai luoghi di culto medievale in Germania.
In risposta all’ennesima complicità o incapacità istituzionale, fortunatamente è sorto anche un fronte popolare pronto a lottare contro l’apertura di questa “Accademia” pericolosa ed oscura anche in chi la finanzia.
Grazie a questa mobilitazione l’autorizzazione non pare più così certa, e il 16 di marzo è stata convocata una marcia nazionale per chiedere al ministero la revoca della concessione.
Se schiveremo questa pallottola, il merito sarà delle persone che sono vigili e si mobilitano. O di chi altro?
Le istituzioni contro i Resistenti
Intanto a Roma, un mesetto fa, a pochi giorni dall’aggressione fascista ai giornalisti dell’“Espresso” e alla lettera di minacce a Mentana e tanti altri operatori dell’informazione firmata “Boia chi Molla” accompagnata da una svastica, sono arrivati 27 avvisi di garanzia a militanti antifascisti, rei di aver tentato e alla fine costretto all’annullamento un consiglio comunale straordinario che l’amministrazione capitolina 5 Stelle aveva concesso dopo il blitz di una cinquantina di militanti fascisti in comune per un fatto di cronaca – poi rivelatosi completamente diverso – accaduto nel 2017 al centro di accoglienza Tiburtino III.
Anche in questo caso il paradosso è il seguente: i fascisti premono con violenza, le istituzioni accettano, la polizia scorta i fascisti all’interno dei palazzi istituzionali sbriciolando quel che resta della Costituzione e tuttavia finiscono condannati quanti nella sostanza lottarono per difenderla.
È inutile fare a gara a chi solidarizza prima coi giornalisti, twittando, se poi la pratica è questa!
Naturalmente noi abbracciamo i manifestanti condannati e li sosteniamo con forza.
Sempre a Roma, lo scorso 29 gennaio, l’assemblea comunale con i voti contrari di Lega e Fratelli d’Italia, ha approvato una mozione che intima lo sgombero immediato della sede nazionale di Casapound (un palazzo di proprietà del demanio in zona Esquilino vicino a Termini), occupato dal 2003, con tanto di alloggi di pregio affittati a terzi.
Per chi vuole approfondire questa modalità di occupazione a profitto, c’è una interessante inchiesta dell’“Espresso” che vi fa luce. Una vergogna.
Salvini ha glissato sulla mozione sparando l’ennesimo “Me ne frego”, sostenendo che questo sgombero non ha la priorità, compiacendo Casapound di cui è ufficialmente alleato dal 2015.
Anche a Bari il GIP ha disposto la chiusura della sede di Casapound.
Una sentenza storica poiché esprime contenuti politici circa la violenza dei militanti di questo movimento, e perché ha preso a riferimento la legge Scelba inapplicata da decenni.
Speriamo che si concretizzi, e che sia un punto di partenza.
Creiamo un grande fronte unito antifascista
Ecco, queste sono le conseguenze nell’aver accettato, naturalmente in generale e di buon grado, la sostanziale parificazione fra l’antifascismo, valore essenziale dell’Italia “liberata”, e il crimine fascista, oggi eletto a pensiero e non più a reato qual è anche per il nostro ordinamento giuridico.
Dunque, non facciamo ancora gli stessi errori. Invertiamo questa tendenza. Reagiamo tempestivamente.
Impegniamoci di più per creare un largo fronte unito antifascista, che si mobiliti, con l’Anpi in testa ma senza escludere nessuno considerato troppo “a sinistra” né quei partiti che in questi anni, pur potendo, non hanno fatto nulla ma oggi paiono disposti a far sentire la loro voce; ce lo diranno poi, il perché di questa vigliacca arrendevolezza in passato; glielo chiederemo una volta scampato questo nuovo tentativo di fascistizzazione del nostro Paese nella cultura e nella morale intrisa di intolleranza, di prevaricazione e di individualismo.
Sarebbe un errore frazionare il fronte che invece va unito. Un errore escludere gli uni o gli altri quando l’obiettivo è lo stesso.
Intanto potremmo iniziare dalle elezioni della prossima primavera, impedendo oltre alla propaganda, l’accettazione di liste chiaramente incostituzionali e neofasciste, anche se la prefettura, chissà per quale cavillo legale, le approverà ancora una volta. E noi dobbiamo gridare forte la nostra opposizione poiché altrimenti diventerà tutto normale, e come tale finirà per essere accettato senza fare una piega da tutti. (non da noi naturalmente!).
Disobbedire (forse, qualche sindaco già rivede la sua posizione) a proposito del decreto sicurezza, razzista è una buona cosa. Perché non potremmo respingere i fascisti nello stesso modo?
I provvedimenti di legge non sono “superpartes”, mai. O sono giusti per la maggioranza della popolazione e per la cosiddetta “democrazia” che non sappiamo più cosa nella sostanza voglia dire, o sono sbagliati. A volte sono sbagliati in maniera evidente e minano le fondamenta delle più basilari regole di libertà, di uguaglianza e di giustizia sociale.
I partigiani si opposero a leggi profondamente sbagliate, antidemocratiche e liberticide. Prendiamo esempio da loro.
Buon lavoro a tutti e viva la Resistenza!
6 marzo 2019