Ancora nessun accordo sul prezzo del latte.
Continuano le proteste delle pastore e dei pastori sardi
Si dimette il presidente del consorzio di tutela del pecorino romano dop. 48 milioni di aiuti al settore finiscono nelle tasche della grande distribuzione. Alcuni pastori indagati per “blocco stradale”.
Dopo il fallimento del vertice con Salvini, 1.200 pastore e pastori sardi provenienti da tutta la regione, in una assemblea tenutasi a Tramatza in provincia di Oristano, hanno votato alcune loro proposte immediate per continuare la vertenza che li vede al centro delle proteste delle ultime settimane.
Il primo provvedimento deliberato è stata la richiesta di dimissioni “volontarie e irrevocabili” di tutti i membri dei consigli di amministrazione dei Consorzi di tutela del pecorino romano, del pecorino sardo e del Fioresardo, responsabili di non aver vigilato sul meccanismo che dalla produzione di latte arriva a quella dei formaggi, per terminare con la vendita al dettaglio nei supermarket.
Il primo a dimettersi è stato il presidente del consorzio di tutela della Dop del pecorino romano, Salvatore Palitta, che nelle sue dichiarazioni ha scaricato tutta la responsabilità sull’ultimo anello della filiera, la grande distribuzione, accusando quest’ultima del suo “strapotere contrattuale con le aste al ribasso”.
A questo problema, tipico della filiera capitalista, si affianca però un secondo problema evidenziato dai pastori: “Palitta – e gli altri presidenti dei consorzi interessati - non ha impedito, come invece era suo dovere, che caseifici e cooperative di trasformazione superassero le quote assegnate, gettando sul mercato quantità di pecorino oltre ogni limite di ragionevolezza”, andando ad ingolfare il mercato e creando quel meccanismo perverso del deprezzamento del formaggio e del conseguente scarico dei costi sul prezzo del latte.
Così è il capitalismo: i profitti, se ci sono, si accentrano in l’alto, mentre i costi e le perdite quando si verificano, colpiscono in basso, produttori diretti, o lavoratori in generale.
Nell’assemblea di Tramatza i pastori hanno rilanciato una richiesta di aumento da subito di 80 centesimi al litro sul prezzo del latte, (contro i 72 proposti dal tavolo di 15 giorni fa), e una serie di condizioni ben fissate per arrivare a un euro a fine anno, mantenuto dunque come obiettivo finale della lotta, seppur gran parte dei pastori avrebbero voluto tenere la posizione originaria di “un euro subito”. La piattaforma, dopo una discussione molto accesa, è stata votata all’unanimità, dimostrando la compattezza del movimento.
Il categorico rifiuto di Assolatte
Appena rese pubbliche le nuove rivendicazioni dei pastori, Assolatte, l’associazione degli industriali che trasformano il latte, al tavolo di filiera convocato dal Ministro leghista Centinaio, ha nella sostanza respinto tutte le richieste.
Nel vertice, disertato sia da Federdistribuzione (grande distribuzione), sia dai pastori, il presidente di Assolatte ha fissato il prezzo massimo a 72 centesimi, intimando che se i pastori non fermeranno le proteste, i blocchi stradali e gli sversamenti di latte per strada, non ci saranno altre trattative.
Siamo dunque ben lontani dalla “soluzione in 48 ore” proclamata dal borioso ducetto leghista Salvini!
Continuano le proteste scatta la repressione del governo
Intanto, nell’isola si sono verificate altre proteste con blocchi stradali, autocisterne assaltate ed ancora migliaia di litri di latte sversati.
Nel Nuorese, a Torpè, in una struttura comunale generalmente usata come seggio elettorale, è stato rinvenuto un ordigno inesploso accompagnato dalla scritta “No voto per i pastori”.
Il giorno delle elezioni, domenica 24 febbraio, i prefetti sardi hanno rinforzato la vigilanza ai seggi e le operazioni di voto si sono svolte senza particolari tensioni; nonostante ciò le proteste non si sono fermate e al mattino, intorno alle 8.30 nelle vicinanze di Orune sulla strada Statale 389, due individui armati di fucile e a volto coperto hanno preso d'assalto un'autocisterna diretta ad un caseificio costringendo l'autista a versare in strada il latte che trasportava.
Sei allevatori risultano indagati dalla procura di Lanusei (Nuoro) con l’accusa di aver bloccato il porto di Arbatax, in Ogliastra, il 12 febbraio scorso quando la protesta causò quel giorno il rallentamento dell’imbarco sulla nave di linea in partenza per Civitavecchia.
In totale ad oggi si contano oltre dieci allevatori accusati di “blocco stradale”, reintrodotto come reato dal decreto sicurezza del ducetto Salvini, oltre ad altri reati quali violenza privata, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale.
Giovedì 28 febbraio, in una nuova assemblea sempre a Tramatza, i pastori sardi hanno confermato la sospensione della protesta con le modalità dello sversamento del latte in strada; allo stesso tempo non escludono però nuovi modi per farsi sentire e chiedere un prezzo più alto per il prodotto del loro lavoro.
Durante quest’assemblea, molti partecipanti hanno denunciato la “sparizione” di politici ed esponenti del governo nazionale e regionale che prima del voto facevano la fila per manifestare solidarietà e appoggio alla battaglia degli allevatori; gli risponde il Ministro Centinaio che, irritato, sostiene che “Tutta la politica da destra a sinistra sta lavorando per loro indipendentemente dalle elezioni regionali!”.
Contestualmente l’assemblea stessa ha dato pieno mandato a una delegazione per proseguire le trattative nel secondo appuntamento fissato nella prefettura di Sassari il prossimo 7 marzo per trovare un accordo tra allevatori e industriali caseari.
Intanto il due marzo a Pisa, venti pastori di origine sarda, proprietari di allevamenti nel volterranno, nella Val di Cecina e nella Val d’Orcia, insieme ad altri provenienti da Umbria e Lazio, si sono riuniti in presidio per esprimere solidarietà ai pastori isolani ed hanno versato latte in piazza Vittorio Emanuele I, dichiarando che “Quella dei pastori sardi non deve essere una lotta isolata”, dimostrando che molti allevatori in tutta Italia stanno attraversando da tempo una situazione particolarmente difficile per le stesse cause.
Il vero nemico è il capitalismo e il governo che lo sostiene
Una protesta che rimane comunque destinata a riaccendersi poiché nella sostanza, nessuna delle richieste dei pastori è stata soddisfatta; anzi, ad oggi l’unico dato certo è che i 48 milioni di euro stanziati dalle istituzioni per acquistare le eccedenze di formaggi, finiranno per ingrossare le tasche già gonfie della grande distribuzione.
Il resto, su tutto il rialzo dei prezzi del formaggio e conseguentemente del latte fino all’euro richiesto, è del tutto ipotetico; lontane sono anche le aperture di altri mercati paralleli che si faticano ad individuare.
Per quanto riguarda poi l’obiettivo della stabilità del mercato con il prezzo del latte livellato verso l’alto, ben difficilmente ciò si potrà realizzare in un sistema economico e con un mercato di tipo capitalistico.
Il liberismo favorisce prevalentemente i profitti dei grandi commercianti e della borghesia in generale, e non tiene contro dell’origine della filiera, cioè di coloro che producono le materie prime, in questo caso gli allevatori, schiacciandoli di fatto, anche se essi producono effettivamente l’unico bene indispensabile col quale si arricchisce la borghesia, in questo caso i trasformatori del latte e, soprattutto, le grandi catene di distribuzione.
Per risolvere le loro problematiche in modo definitivo, i pastori, così come tutta la classe operaia, devono unire la loro lotta specifica alla più generale battaglia per il socialismo, poiché perdurando il capitalismo essi potranno solo mettere delle parziali “toppe” in un continuo peggioramento delle proprie condizioni, senza però riuscire a mettere fine ai loro problemi sociali ed economici.
6 marzo 2019