In tutto il mondo sull'esempio di Greta Thunberg
Una marea di giovanissimi per il clima
Un evento storico. Un milione e mezzo nel mondo. All’Italia il primato mondiale delle manifestazioni. 100 mila in piazza a Milano. A Napoli in 50 mila sfondano la barriera della polizia a protezione di Salvini Poi ancora 30 mila a Roma, e Torino, 25 mila a Firenze. 3 mila a Palermo e tanti altri in altrettante città
Grande prova di maturità politica ambientalista delle nuove generazioni che dovrebbe sfociare nella lotta anticapitalista per il socialismo

 
È stata una mobilitazione senza precedenti quella promossa dalle studentesse, dagli studenti e dai giovani di tutto il mondo, organizzati nei comitati Fridays For Future, che venerdì 15 marzo sono scesi in piazza per urlare ai “potenti del mondo” che il tempo per risolvere il problema del riscaldamento globale è finito. Il Global Strike for Climate ha infatti visto la partecipazione di oltre un milione e mezzo di persone in oltre 2.080 città del mondo, in centoventicinque nazioni di tutti i continenti, che hanno dato vita alla più grande azione globale per il clima mai vista finora, ed alla più grande manifestazione studentesca nazionale della storia.
In Germania sono state 200 le manifestazioni, la più grande delle quali a Berlino con 20mila studenti; oltre 200 quelle francesi, con 40mila studenti a Parigi e 12mila a Lione.
Da sottolineare per la sua valenza simbolica, i mille studenti che hanno protestato a Varsavia davanti al Ministero dell’energia, in una Polonia che è uno dei Paesi che estrae e produce più carbone al mondo, detenendo il record tra i più alti livelli di inquinamento d’Europa.
A Bruxelles, capitale europea, sono scesi in piazza 35 mila studenti, che hanno dichiarato che la mobilitazione sarà permanente almeno fino alle prossime elezioni europee del 26 maggio. Anche negli altri continenti sono stati centinaia di migliaia i giovani in piazza: in Australia erano 20 mila a Sidney e 150 mila in tutta la nazione; in Asia hanno spiccato i cortei di Bangkok, Seul, Hong Kong e Nuova Delhi e poi ancora Honolulu, La Paz, Abuja, Mumbai, Montreal.
Tutti i cortei sono stati vivaci e colorati, con cartelli ironici quali “anche i dinosauri credevano di avere tempo” oppure “tutti i film catastrofici iniziano con i politici che ignorano gli scienziati”, ma anche con slogan come “dateci il nostro futuro”, a sottolineare la preoccupazione di tutta una generazione rispetto alle conseguenze del cambiamento climatico.
Il mondo studentesco e gli ambientalisti che hanno dato vita a questa grandiosa mobilitazione chiedono ai governi di tutto il mondo la messa in campo immediata di nuove politiche sociali ed economiche, capaci di arrestare la spaventosa escalation dell’aumento delle temperature per contenerle entro il grado e mezzo considerato alla COP 21 di Parigi il limite massimo oltre al quale si verificherebbero conseguenze irreversibili per il pianeta, in primis la desertificazione di ampi territori, l’aumento di fenomeni metereologici estremi, l’innalzamento degli oceani e tutto ciò che ne consegue, come aumento della povertà e migrazioni di massa.
Ormai è noto che per rimanere entro 1,5°C di aumento globale della temperatura sarebbe necessario portare le emissioni nette di gas a effetto serra a zero entro la metà di questo secolo.
Inoltre, fra le rivendicazioni, vi sono anche una maggiore inclusione sociale ed “un nuovo modello di società” basato sulla cooperazione fra popoli e all’insegna di politiche energetiche ecologicamente compatibili.
Ci aiuta a comprendere la qualità politica del movimento anche un video che è circolato in rete alla vigilia dello sciopero per sostenerne la mobilitazione, dal titolo “Join the movement” (unisciti al movimento) realizzato da #singfortheclimate, che ha per colonna sonora proprio la canzone partigiana e della Resistenza italiana, “Bella Ciao”. Una lotta moderna dunque, molto importante, contro i poteri borghesi che governano il mondo e che, abbagliati dalla ricerca del massimo profitto a tutti i costi, se ne infischiano del rischio che corre oggi il nostro pianeta.
 

Sempre più scienziati e accademici si uniscono alla battaglia
Sulla scia di questa mobilitazione, oltre al cartello degli scienziati tedeschi, svizzeri e austriaci a sostegno degli “attivisti dell’ambiente” (articolo a parte), il “the Guardian” ha pubblicato una importante presa di posizione di 224 accademici inglesi – fra i quali il noto ecologista Attenborough – che hanno sottolineato come “le prove scientifiche del cambiamento climatico siano chiare”.
Nel documento, si ricorda che l’estate del 2018 è stata indicata come la più calda della storia dell’Inghilterra; annata che in tutta Europa ha colpito le colture in particolare di frumento e di patate riducendoli di un quarto e facendone lievitare i prezzi, ed ancora che l'Osservatorio europeo della siccità ha rilevato un alto deficit di umidità del suolo in tutta la Scozia, l'Irlanda e gran parte del nord Europa. Una cosa mai vista in precedenza.
Ciò aumenta il rischio di incendi violenti che, oltre a rappresentare una minaccia diretta per la vita, producono fumo tossico che espone ad un rischio significativo per la salute giovani e anziani. Chiude lo stesso David Attenborough che avverte: "Se non interveniamo, il collasso delle nostre civiltà e l'estinzione di gran parte del mondo naturale è all'orizzonte".
Gli accademici si dicono “ispirati dal fatto che i nostri figli, spronati dalle nobili azioni di Greta Thunberg e di molti altri studenti in tutto il mondo, stanno facendo sentire la loro voce.”.
 

Greta Thunberg
A ispirare lo sciopero per il clima, è stata la sedicenne svedese Greta Thunberg che per protestare contro l’immobilismo del governo scandinavo che stentava ad adottare le misure necessarie per risolvere la questione climatica, dall’agosto dello scorso anno, ogni venerdì mattina, si reca di fronte al Riksdag di Stoccolma, il parlamento svedese, e rimane lì per il suo “Skolstrejk för klimatet”, lo sciopero scolastico per il clima.
All’inizio era da sola, supportata solo dai genitori, poi la sua protesta è stata condivisa da un sempre maggior numero di studenti e da tante altre persone in Svezia e non solo. Un percorso che lo scorso dicembre l’ha portata a parlare dalla tribuna della ventiquattresima conferenza ONU di Katovice, in Polonia, dove pronunciò un discorso ai rappresentanti dei governi che ha fatto il giro del mondo.
A noi poco importano le voci che vedono alle spalle della vicenda una trovata pubblicitaria per sponsorizzare un libro della madre, la celebre cantante Malena Ernman, poiché è un fatto che lo sciopero di Greta, rilanciato dai media, è stato capace di avviare una grandiosa quanto forte e vivace mobilitazione per un tema di fondamentale importanza come quello dei cambiamenti climatici.
In una recente intervista, la ragazza svedese da poco candidata anche al Nobel per la pace, alla domanda su quale fosse il politico che in questi mesi l’avesse fatta arrabbiare di più, ha risposto: “Molti probabilmente risponderebbero Donald Trump. Ma lui è solo un matto pericoloso. Io penso siano più pericolosi quei politici che dicono che stanno facendo abbastanza per il clima, mentre invece stanno solo grattando la superficie”.
 

La mobilitazione in Italia
In Italia alla fine si contano 235 cortei, che fanno del nostro Paese il primo in Europa e forse al mondo. Fra le piazze più importanti citiamo il capoluogo lombardo, Milano, con quasi 100 mila studenti è stato, a livello mondiale, uno dei cortei fra i più partecipati, ma in 50 mila erano anche a Napoli, e dai 30 mila a Roma e Torino ai 25 mila a Firenze. 3 mila a Palermo.
Nella capitale la manifestazione ha accolto 30 mila partecipanti in un fiume di giovani e giovanissimi pieno di cartelli, striscioni e bandiere – anche NO TAV - e di volti dipinti di verde e di azzurro che ha visto avvicendarsi sul palco al microfono ragazze e ragazzi dai 9 ai 24 anni.
Molti i collettivi studenteschi organizzati, gli studenti universitari, e i più piccoli accompagnati dai genitori o dalle maestre delle scuole elementari e medie.
In tutte le piazze erano ben chiari i motivi della mobilitazione e l’urgenza di utilizzare al meglio i circa 11 anni che ci restano dal punto di non ritorno che la razza umana non dovrebbe varcare, e allo stesso modo la protesta era rivolta alle politiche di questo governo, come dei precedenti, poiché molti cartelli contestavano il continuo favorire le lobby dei combustibili fossili e del petrolio a discapito delle rinnovabili e la latitanza nel rispondere coi fatti e non solo con l’apparente condivisione a questo argomento che tutti i politici non perdono occasione di appoggiare.
Nel caso dell’Italia, basta dare uno sguardo al nuovo Piano Energetico Nazionale, per rendersi conto di quanto esso sia parziale ed insufficiente anche solo a sfiorare gli stessi obiettivi stabiliti nel fallimentare accordo di Parigi.
Gli studenti hanno dunque dato un grande segnale; ci auguriamo di cuore che questo sia il preludio ad un’altra grande occasione per continuare la mobilitazione sui temi ambientali, partendo dalla prossima iniziativa che vi sarà a Roma il prossimo 23 marzo, quando sfilerà la “Marcia per il clima e contro le grandi opere”.
 

Fallito il boicottaggio del governo dei ducetti Salvini e Di Maio
Al contrario di molti paesi nei quali i ministri dell’istruzione hanno in qualche modo dato “carta bianca” alle studentesse ed agli studenti che volevano partecipare alla giornata di mobilitazione contro il riscaldamento globale, considerando l’assenza giustificata, il ministro italiano Bussetti (Lega) aveva già annunciato che nel nostro Paese “venerdì si va a scuola”.
Dopo il decreto sicurezza, ecco giungere la seconda ondata di “disobbedienza” alle indicazioni dl governo: quattro dirigenti di altrettanti licei di Torino, in nome dell'autonomia scolastica, hanno emanato circolari in cui considerano venerdì 15 giorno di "assenza giustificata" per chi andrà al "#Fridaysforfuture"; a Roma, solo per fare degli esempi, al liceo Classico Manara, il preside ha invitato i docenti ad affrontare il tema durante la giornata di lezione, mentre al Liceo Russell la partecipazione sarà giustificata, così come al Mamiani non si è trasformata in assenza se studenti e docenti fossero usciti insieme, applicando il regolamento delle gite.
Solo nelle due città le scuole che in un modo o nell’altro non hanno applicato la posizione ministeriale sono oltre una cinquantina. Altrettanto è accaduto in ogni angolo di Italia.
A Napoli, dove hanno manifestato in 50 mila con regolare autorizzazione della prefettura, il corteo è stato stoppato da polizia e carabinieri in assetto antisommossa a un passo da piazza Plebiscito poiché, appena il giorno prima, Salvini in perenne campagna elettorale, aveva deciso di recarsi nella città partenopea a presiedere un comitato per l’odine e la sicurezza nel quale intestarsi la cattura del superlatitante Marco Di Lauro ed altri appartenenti ai clan.
Ad accoglierlo, il suo manipolo di fedeli reduci da Forza Italia, MSI e Casapound, sempre autorizzati a sostare davanti alla prefettura in simili occasioni, che hanno intimato alle forze dell’ordine (borghese) di fermare il corteo degli studenti.
Dopo la tensione iniziale, con gli scudi macchiati del verde delle mani degli studenti che non si sono arresi, non potendosi permettere di caricarli nella giornata dello sciopero per il clima ampiamente sotto i riflettori dei media, i manifestanti sono stati fatti passare e non hanno perso l’occasione per dimostrare tutta la loro opposizione a Salvini, al suo razzismo ed al suo governo nero.
Al ducetto leghista non è rimasto altro che sfogarsi sui social con i suoi soliti beceri luoghi comuni; in realtà di lui si sono fatti beffa le studentesse e gli studenti campani, residenti nei luoghi dove le problematiche ambientali sono più gravi, che hanno maturato una presa di coscienza “ecologica” particolarmente importante.
 

Cinque Stelle e PD tentano maldestramente di cavalcare la protesta
In una intervista, è il presidente della camera, il pentastellato Roberto Fico che tenta di ribaltare quello che i fatti determinati dalla politica dei tradimenti del Movimento 5 Stelle, hanno espresso anche in termini di ambiente.
Sostenendo che il Movimento 5 Stelle è nato su temi ambientali e pertanto essi non possono che rimanere in cima alle priorità, rappresentati dalla “prima stella” come la definisce (sic!), così risponde alla domanda del giornalista che gli ricorda che il Movimento ha tradito i propri elettori su tanti di questi temi: “Sull’Ilva abbiamo ottenuto prescrizioni ambientali molto stringenti. Su Tap era tardi per intervenire e per questo mi sono sentito già in passato di chiedere scusa. Poi è chiaro che per fare a meno del gas serve una transizione energetica, un maggiore investimento nelle rinnovabili. Nelle città bisogna dismettere il parco macchine inquinanti. Il piano energetico nazionale al quale ho lavorato nella scorsa legislatura è fondamentale”.
Peccato che, come abbiamo già accennato, proprio il piano energetico italiano è il primo ostacolo alla “riconversione green” poiché risulta completamente insufficiente in termini di tempi e di riduzioni di inquinanti e di gas serra.
A Fico fa eco il neo eletto segretario del PD, Nicola Zingaretti che in una lettera a “Repubblica” definisce il 15 marzo “un festa mondiale. La festa della Terra.”.
Zingaretti si spinge addirittura a dedicare a Greta Thunberg la sua vittoria alle primarie poiché ella sarebbe portavoce degli stessi obiettivi che si pone il “suo” PD, partendo dall’eliminare in due anni i rifiuti plastici nella pubblica amministrazione per un ciclo completo di economia dei rifiuti, per giungere a incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, efficientamento, riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici, fino ad un programma di intervento contro il dissesto idrogeologico.
Zingaretti non perde occasione per strumentalizzare la protesta globale degli studenti come “un orizzonte della nuova Europa”, senza capire che le maggiori critiche del movimento, coscienti o meno, sono proprio contro quell’Europa alla quale lui stesso si riferisce, una sovrastruttura economica e finanziaria capitalista e imperialista composta dai governi al soldo delle lobby dell’energia, dell’acqua, dei rifiuti, dei farmaci e delle armi, primi responsabili di questa situazione di disuguaglianza sociale, di povertà e di riscaldamento globale.
Forse il giornalista non ha pensato di chiedere all’ex-governatore del Lazio dove fosse egli stesso mentre il suo partito, per mano renziana sdoganava le trivelle, apriva ai trattati di libero scambio con USA e Canada, rafforzava la privatizzazione dell’acqua e si macchiava di incancellabili crimini legislativi contro l’ambiente e la salute pubblica?
Una bella faccia tosta, la stessa del quotidiano, “la Repubblica”, che fino a tre giorni prima dello sciopero apriva il suo foglio celebrando la TAV come l’unica soluzione di rilancio per il nostro Paese, e oggi da tre giorni a questa parte vende copie inneggiando al “Global Strike for Climate” che presenta rivendicazioni diametralmente opposte, sebbene riformiste, a quelle delle grandi opere inutili e dannose che Repubblica sostiene.
 

Occorre un salto di qualità del fronte ambientalista
Nella speranza che questo grande movimento ambientalista cresca, si rafforzi e si consolidi, imparando anche dagli errori che portarono circa una ventina di anni fa un altro movimento in larga parte giovanile quale il Social Forum contro l’allora montante “Globalizzazione” al quale molti punti lo accomunano, rivendicazioni delle studentesse e degli studenti di tutto il mondo hanno un profilo chiaro.
In primis lo stop all’estrazione dei giacimenti di fossili non ancora sfruttati e l’immediata riduzione a zero dei prelievi da quelli operativi, il che significa lo stop anche ai gasdotti Tap ed Eastmed, così come alle nuove trivellazioni ed al rinnovo delle concessioni scadute.
Le ragazze e i ragazzi chiedono la fine immediata dei finanziamenti all’estrazione e alla lavorazione delle energie fossili e la parallela intensificazione di incentivi alla generazione ed all’utilizzo delle fonti rinnovabili.
Di pari passo occorre una nuova mobilità potenziando quella pubblica alimentata da energia pulita (elettrico) per sostenere il trasporto di massa, e un potenziamento delle vie ferroviarie locali e regionali; sullo sfondo rimane come obiettivo da perseguire anche il passaggio all’elettrico delle auto private.
Anche in agricoltura le dinamiche di produzione devono essere obbligatoriamente riviste; oggi la produzione industriale consuma dieci calorie di origine fossile per ogni caloria degli alimenti prodotti; avvelena il suolo e spesso lo riduce a un deserto privo di vita attraverso un utilizzo sempre crescente di fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi, che avvelenano acqua e di conseguenza piante ed animali così nutriti, fino agli esseri umani, senza preoccuparsi di quanto, ad esempio, l’eccesso di produzione di carne provochi danni incalcolabili a salute pubblica ed all’ambiente ambiente per mano di allevamenti intensivi che impiegano enormi quantità di suolo, acqua ed energia.
A latere di questi problemi ma con conseguenze altrettanto negative, vi è la necessità di porre fine al commercio e alla produzione di armi che generano nel nostro mondo falcidiato dall’imperialismo guerre, morte, miseria e profughi, oltre ad enormi quantità di CO2 e di inquinamento chimico ambientale.
Sulle grandi opere inutili contro le quali come detto sopra si manifesterà a Roma il 23 marzo prossimo, le analisi sono presto fatte; spreco di denaro pubblico, speculazione, danni ambientali ed inquinamento che portano logicamente a sostenerne la necessità di uno stop immediato ai cantieri TAV, assieme al Muos, al TAP, alla Pedemontana, al Terzo valico ed agli inceneritori.
Questa piattaforma accomuna sostanzialmente tutto il fronte ambientalista, (salvo alcune eccezioni fra le associazioni più legalitarie che strizzano l’occhio al PD), i giornali più esposti sul tema e la comunità scientifica internazionale, ma quello che poi finisce per essere in discussione sono le modalità con le quali si crede possibile ottenere certi risultati.
I riformisti pensano, o si accontentano di pensare ben conoscendo l’inconsistenza di certe aspettative, che sia sufficiente una grande mobilitazione pacifica che chieda ai governi certe misure per ottenerle. Però nascondono che proprio quei governi sono i primi responsabili delle leggi che hanno portato alla odierna catastrofe, hanno sottovalutato se non deriso i ripetuti allarmi lanciati per oltre un ventennio e si sono dimostrati di essere essi stessi espressione diretta delle multinazionali dell’energia, dei fitofarmaci, dei rifiuti, delle auto e degli ex-beni pubblici, che assieme alle banche d’affari hanno il reale potere decisionale che esercitano per favorirle.
È sufficiente chiedere misure radicali come quelle sopra esposte agli stessi Paesi che hanno firmato l’accordo di Parigi e che non solo stentano ad applicarlo, ma che redigono piani energetici nazionali che non ne sfiorano lontanamente gli obiettivi?
Secondo noi è sufficiente. Per noi è indispensabile legare questa importantissima mobilitazione ad una più ampia battaglia per una nuova società, libera dai vincoli che adesso la opprimono; per noi l’unica via percorribile attraverso la quale i giovani non disperderanno energie, è quella di far convergere le rivendicazioni ambientaliste in una più ampia lotta anticapitalista per il socialismo.
Consapevoli che questa battaglia è fondamentale per il futuro del nostro pianeta e di noi stessi, pieni di gioia rivoluzionaria nel vedere cosa riescono a fare i giovani quando la loro coscienza li mobilita, abbiamo redatto una “lettera aperta alle ambientaliste e agli ambientalisti”, pubblicata a parte, nella quale poniamo proprio quest’ultima quesitione accompagnata da alcune riflessioni che invitiamo loro a fare; leggetela anche voi, discutetela e fateci sapere in tutta sincerità cosa ne pensate.
Viva lo sciopero globale per il clima!
Viva le studentesse e gli studenti in lotta contro il riscaldamento climatico!
Che la loro lotta diventi anche la lotta del movimento sindacale, dei partiti veramente ambientalisti e di tutto i popolo italiano!
Viva Greta Thunberg!

20 marzo 2019