Monta e si inasprisce la lotta contro Macron e la sua politica di lacrime e sangue
Battaglia di Parigi dei gilet gialli: 60 feriti e 230 fermi. La destra invoca l'intervento dell'esercito
Misure fasciste di Macron e del governo contro i manifestanti e “i rivoltosi”
Non sarà certo la conta dei circa 30 mila manifestanti in piazza il 16 marzo, certamente meno di quelli presenti all'inizio della lotta contro la politica del governo Macron quattro mesi fa ma di più del sabato precedente, a dare corpo alla possibilità del movimento dei gilet gialli di continuare una battaglia nata senza il sostegno di nessun partito o organizzazione di peso nazionale che di per sé ha già qualche cosa di incredibile: dura dallo scorso 17 novembre, 18 giornate di sabati di protesta consecutivi a Parigi e in molte altre città francesi. Sarà la determinazione del movimento a continuare a stare in piazza, come ha dimostrato la diciottesima manifestazione consecutiva convocata a Parigi che voleva “accerchiare l’Eliseo”, la sede presidenziale e lanciare “l'ultimatum a Macron”, affinché il suo governo modifichi la sua politica di lacrime e sangue, rilanciando una lotta che non disarma, anzi monta e si inasprisce.
Nel pomeriggio del 16 marzo un folto spezzone del corteo riusciva ad aggirare gli schieramenti della polizia nella zona degli Champs Elysees e puntava verso l’Eliseo ma era fermato da cariche con lacrimogeni e idranti sulla Avenue Franklin Roosevelt. Era la prosecuzione della repressione poliziesca e della reazione dei manifestanti che fino dalla mattina aveva contraddistinto la vera e propria battaglia di piazza che si svolgeva nella capitale, che a parte qualche atto di violenza di troppo, inutile, non opportuno e ingiustificato era segnata alla fine da 60 feriti e oltre 230 arrestati.
Solo alcuni giorni dopo la polizia riferirà di aver usato per la prima volta una polvere speciale, un nuovo tipo di sostanza dal potere inabilitante di decine di volte più potente dei normali gas lacrimogeni. Assieme ai famigerati proiettili di gomma, gli Lbd40 che l’azienda produttrice definisce solamente meno letali dei proiettili veri, usati dalla polizia contro i gilet gialli e che avrebbero causato qualche centinaia di feriti gravi, tanto da costringere la gendarmeria di fronte alle proteste e alle prove esibite dai manifestanti ad aprire 174 inchieste interne per uso “abusivo e eccessivo” di armi repressive.
La strada della repressione resta quella scelta da Macron e dal suo governo che a fronte delle richieste della destra di dichiarare lo stato di emergenza e di ricorrere all'esercito hanno varato nella riunione del 18 marzo una serie di misure fasciste contro i manifestanti e “i rivoltosi” che organizzano la guerriglia urbana annunciate dal primo ministro Edouard Philippe.
“Da sabato prossimo, ogni volta che sarà necessario, proibiremo manifestazioni promosse dai Gilet gialli non appena capiremo che sono presenti elementi radicalizzati pronti ad atti di violenza”, annunciava Philippe, spiegando che le misure riguardavano quindi “gli Champs-Élysées di Parigi, Place Pey-Berland a Bordeaux, Place du Capitole a Tolosa”, dove, garantiva, “procederemo alla dispersione immediata di tutti gli assembramenti”.
Il governo silurava il capo della polizia e decideva di istituire un comando unificato dei vari corpi di polizia che agiscono a Parigi e di dare “maggiore autonomia sul terreno” ai reparti che interverranno contro i manifestanti qualora l’ordine di dispersione non fosse “immediatamente rispettato”. Il che unito al via libera all'uso dei lanciatori Lbd conferma l'intento fascista del governo di impedire tutte le manifestazioni che vuole o di schiacciarle qualora si tenessero lo stesso senza permesso; come quasi tutte quelle dei gilet gialli.
La riuscita delle manifestazioni del 16 marzo era importante anche perché la ricorrenza del quarto mese di lotte cadeva subito dopo la chiusura ufficiale dopo due mesi e mezzo di incontri e riunioni del Grande Dibattito nazionale lanciato da Macron per togliere dal centro dell'attenzione delle masse popolari le richieste sociali avanzate dai gilet gialli e proporre soluzioni governative.
I risultati delle discussioni sui 4 temi scelti da Macron (democrazia e cittadinanza, transizione energetica, fisco e spesa pubblica, democrazia e cittadinanza) sono previsti per metà aprile ma intanto il primo ministro Philippe rivelava alcune proposte simbolo, dal ritorno all’indicizzazione delle pensioni rispetto l’inflazione alla riforma dell’amministrazione che dovrebbe colpire la “casta”. Briciole che non saranno certo in grado di neanche di cominciare a risolvere i problemi delle masse popolari all'origine del malessere sociale che ha spinto e alimentato il movimento dei gilet gialli.
20 marzo 2019