A dieci anni dal disastroso terremoto
In 10 mila manifestano a L'Aquila per ricordare le 309 vittime e la mancata ricostruzione
I convenevoli di Conte e la passerella dei politicanti non rispondono alle richieste della popolazione
Il 6 aprile di quest'anno è una data dolorosa da ricordare per tutta l'Italia ma, in particolar modo, per gli aquilani: infatti, proprio dieci anni fa in questa data avvenne il terribile terremoto che distrusse la città e causò la morte di 309 persone.
Per ricordarle sabato 6 aprile a L'Aquila si è svolta la tanto attesa e annunciata fiaccolata e i partecipanti con cartelli e striscioni sono stati stimati in 10 mila. Per loro è stata una vera nottata di commozione e lacrime e questo, a riprova di quanto gli aquilani, pur tra mille difficoltà (tra queste i criminali ritardi nella ricostruzione specialmente del centro storico), siano legatissimi alla loro terra e alla loro amata città.
Ma questa ricorrenza è anche importante da un punto di vista giudiziario per due motivi: il primo perché segna la fine della maxi inchiesta portata avanti dal pm Fabio Picuti: ben 202 fascicoli aperti, uno per ogni edificio crollato, in cui c'erano stati morti o feriti, 19 dei quali deferiti con una richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo. Quattro sentenze si sono concluse con una condanna precisamente per la casa dello studente, processo Commissione grandi rischi, Convitto nazionale e Facoltà di ingegneria. Inoltre, fatto importante, non è stata dichiarata la prescrizione nemmeno per Guido Bertolaso, all'epoca dei fatti sottosegretario capo della Protezione Civile.
Il secondo perché c'è stata una sentenza storica: la Regione Abruzzo e l'Adsu (Azienda per il diritto allo studio) sono state condannate al pagamento di 1 milione e 200mila euro ai familiari di Hamade Hussein, uno degli otto ragazzi che persero la vita alla Casa dello studente. Per il resto la situazione del centro storico è paralizzata: il duomo (la cattedrale di S. Massimo) è ancora fermo al 2009 perché nulla è stato fatto, i primi lavori dovrebbero partire addirittura nel 2020. Così è anche per Palazzo Margherita, il municipio e il Pala Japan, che avrebbe dovuto essere il simbolo della cooperazione tra l'Italia e i paesi esteri, vede il suo cantiere chiuso perché mancano 2 milioni di fondi.
Fra le presenze “eccellenti” ala fiaccolata figuravano il presidente del Consiglio, Conte e il neo eletto presidente della regione Abruzzo, Marsilio e il sindaco della città Biondi. Conte, come da copione, ha elogiato i partecipanti al corteo per poi spargere i soliti convenevoli ed elogiare se stesso dicendo di “essere sempre pronto, insieme al governo, a dare una speranza alla comunità”, aggiungendo di “essere sempre proteso al rilancio di questo territorio”. Il sindaco Biondi, da parte sua, gli ha fatto da sponda rimarcando come, in questa fiaccolata, ci fossero tutti i pezzi dello Stato pronti ad intervenire per la rinascita della città. Verrebbe da dire a questi politicanti: “le solite parole” visto che, a dieci anni esatti da quella tragedia, la tragedia non è mai finita ma continua, giorno dopo giorno, nei tanti procedimenti giudiziari che si sono svolti o che si svolgeranno nelle cosiddette “new town” dove la vita è, spesso, difficile, nelle tantissime opere pubbliche lasciate a metà, o dove i lavori non sono mai iniziati, nella speranze di chi, come il signor Vittorini (presidente della Fondazione 6 Aprile per la vita), chiede, finalmente, di fare luce sulle stragi impunite italiane.
È in questa triste situazione che gli aquilani hanno passato il decennale: a lottare contro una spaventosa burocrazia, ignorati dal governo e con tante incertezze sul loro futuro.
Massimiliano - L'Aquila
10 aprile 2019