Appoggiate da Francia, Russia e Egitto
Tripoli assediata dalle truppe di Haftar
Ignorata la tregua Onu
I governi imperialisti manovrano per favorire le fazioni libiche in guerra loro alleate
Il 4 aprile le truppe dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) guidato dal maresciallo Khalifa Haftar muovevano dalle zone controllate dal parlamento di Tobruk nell'est e nel sud del paese verso la capitale della Libia, Tripoli, dove ha sede il governo di accordo nazionale guidato da Fayez al Serraj, messo in piedi dopo l'accordo siglato nella località marocchina di Skhirat nel dicembre 2015, riconosciuto dall’Italia, dagli Usa e dalle Nazioni Unite e che per conto di Roma ha il compito di fare il lavoro sporco di “guardia costiera” contro i migranti. Nell'annunciare l'attacco Haftar invitava i suoi soldati a iniziare la “grande conquista di Tripoli” e a cacciare i terroristi dalla capitale e dal paese. L'offensiva otteneva come risultato quello di ridicolizzare e far scappare a gambe levate il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres e l’inviato speciale dell'Onu Ghassan Salamé, in giro fra Tripoli e Bengasi alla vigilia della conferenza tra le parti libiche in programma per il 14 aprile a Ghadames nel sud-ovest del paese. La conferenza sotto l'egida dell'Onu che avrebbe dovuto preparare l'unificazione tra i due governi dell’Est e dell’Ovest, le elezioni entro la fine dell’anno e la convocazione del referendum costituzionale.
Dopo mesi di incontri, false strette di mano e foto sorridenti - dai vertici organizzati a Parigi dal presidente francese Emmanuel Macron che cerca spazio e petrolio in Libia a scapito della già presente Italia a quelli convocati dal primo ministro Giuseppe Conte che difende gli spazi dell'imperialismo italiano - l'ultimo incontro tra Haftar e Serraj dello scorso febbraio portava l'Onu a convocare la conferenza di Ghadames, ma Haftar faceva scattare l'attacco su Tripoli per renderla inutile, e l'Onu la rinviava a data da destinarsi.
L'attacco si fermava alle porte della capitale, messa sotto assedio, per la resistenza delle milizie fedeli al governo Serraj. La spallata al governo di Serraj si presentava più difficile una volta che Haftar non era riuscito a completare gli accordi preparatori con vari gruppi, fazioni e milizie con quelle forti quanto il suo LNA, se non di più, di Misurata e di Zintan, protagoniste dalla caduta del regime del dittatore Muammar Gheddafi nel 2011 e di otto anni di guerre che hanno ridotto la Libia a uno spezzatino. Tramite accordi e colpi di mano il generale della Cirenaica ha esteso il controllo del governo di Tobruk in zone ricche di petrolio sulla costa e nel Fezzan all'interno. Ci ha provato lo stesso, forte del sostegno di Egitto, Francia e Russia, anche se formalmente Parigi e Mosca hanno appoggiato la richiesta di tregua dell'Onu, bellamente ignorata a Tobruk.
Haftar, l'ex generale che era stato con Gheddafi fin dagli inizi nel 1969, caduto in disgrazia dopo la sconfitta nella guerra con il Ciad del 1980, finito in un lungo esilio di 20 anni negli Usa tanto da aver la doppia cittadinanza e ricomparso nel 2011 alla guida delle milizie del governo di Tobruk in Cirenaica, pur non riconosciuto internazionalmente è corteggiato da amici e supposti nemici, compreso il governo italiano, perché da lui passa la garanzia dell'accesso sicuro ai terminali petroliferi della Cirenaica e ai giacimenti di gas e petrolio del Fezzan. Haftar si è coperto le spalle con Egitto e Russia, ha mantenuto i contatti con gli Usa, che sembrerebbero assenti dallo scenario libico ma operano nel paese coi militari diretti da Africom. Ha incassato dopo gli Emirati arabi il sostegno aperto dell'Arabia saudita per diventare loro paladino contro quella parte delle milizie appoggiate dai concorrenti egemoni locali Turchia e Qatar; Ankara e Doha sono state ben presenti fin dall'inizio nella guerra libica finanziando gruppi armati nella Tripolitania che appoggiavano il precedente governo regionale di Tripoli. Non manca quasi nessuno dei principali governi imperialisti che che dopo aver fatto fuori il regime di Gheddafi rimestano nella guerra interna della Libia e manovrano per favorire le fazioni loro alleate, che sono tante quante le numerose tribù delle varie parti della Libia tornate a fronteggiarsi con la fine del regime unitario di Gheddafi. Non si tira certo indietro l'imperialismo italiano che si guarda bene dal ritirare il contingente militare da Misurata e la nave appoggio Capri dal porto di Tripoli.
L'ultimo a entrare formalmente nel gioco libico è stato il regime reazionario saudita. Il 2 aprile da Riad, dove aveva incontrato l'erede al trono Mohammad bin Salman, Haftar dichiarava in un’intervista a Al Arabyia
che la creazione di un solo governo per tutta la Libia era dietro l’angolo. A quanto pare non si riferiva, come sembrava, alla conferenza di Ghadames ma al suo progetto che scattava due giorni dopo.
10 aprile 2019