I governanti imperialisti sostenitori delle due fazioni in guerra non riescono a trovare un accordo per stabilizzare la Libia
Salvini tratta in proprio e conferma che i porti italiani rimarranno chiusi

 
Le forze dell'Esercito nazionale libico di Khalifa Haftar non stanno dando la caccia ai terroristi, come dichiarato dal generale del governo di Tobruk, ma stanno attuando un colpo di stato, denunciava il 14 aprile l’inviato dell'Onu Ghassan Salamé che chiedeva una tregua e ribadiva il sostegno al governo di accordo nazionale guidato da Fayez al Serraj, internazionalmente riconosciuto. Haftar respingeva la richiesta di tregua ma le sue truppe a una decina di giorni dall'inizio dell'attacco su Tripoli erano ferme a una certa distanza dalla capitale, bloccate dalla resistenza delle formazioni libiche che si sono schierate con Serraj.
Intanto registriamo il bilancio dei primi dieci giorni di guerra che contabilizza quasi 150 morti e oltre 600 feriti, quasi 20 mila sfollati e migliaia di libici e di migranti rinchiusi nei centri di detenzione vicini alla capitale bloccati dagli scontri a fuoco e dai bombardamenti aerei. Proprio sbandierando la possibilità della fuga dalla guerra di 800 mila migranti e libici verso le sponde europee il premier Serraj ha chiesto l'intervento delle comunità internazionale contro l'avversario di Tobruk e ha spedito il suo vicepremier Ahmed Maitig a Roma per chiedere aiuto all'Italia e agli Stati Uniti.
L'imperialismo italiano lo appoggia per difendere il proprio ruolo da protagonista nel Mediterraneo centrale e nella crisi libica, un ruolo riconosciutogli da Trump, e nel controllo di parte delle sue fonti energetiche contese dal rivale galletto imperialista francese. Conte sottolineava durante la sua informativa alla Camera sulla Libia dell'11 aprile che “oggettivamente siamo tra i pochi paesi che possiamo credibilmente interloquire con tutti i principali attori della scena libica”. A dire il vero il patentino di credibilità glielo ha dato e riconosciuto solo l'imperialismo americano ma tanto bastava a Conte per prendere di petto la questione e dare il via al giro di incontri a Roma dal vice di Serraj ai rappresentanti di paesi che lo riconoscono, a partire dal vicepremier del Qatar, ma anche con inviati di Haftar e dei paesi che lo appoggiano, dall'Arabia saudita all'Egitto. Il primo obiettivo dichiarato da Conte per iniziare a disinnescare la mina libica è la paura di una nuova ondata di profughi verso l'Italia e l'Europa, alimentati dalle bombe e dalle trame dei paesi imperialisti europei, protagonisti non secondari della guerra civile libica.
In parallelo al capo del governo anche il vice Matteo Salvini, che oramai veste i panni del ducetto in capo, ha lavorato in proprio. Incontrava il vicepresidente libico Maitig, dichiarava che “il blitz di Haftar è fallito e noi siamo al lavoro perché si fermino i missili” e teneva fermo il suo cavallo di battaglia fascista, razzista e xenofobo: porti chiusi ai migranti, anche quelli in fuga dalla guerra, e acque territoriali chiuse per le navi delle ong.
Lo scorso 28 febbraio a Abu Dhabi, negli Emirati arabi, Serraj e Haftar avevano definito l'accordo per le elezioni entro la fine dell'anno ma mentre il capo del governo di Tripoli si recava in visita dai suoi protettori, il 10 marzo a Doha in Qatar dall’Emiro al-Thani e il 20 ad Ankara dal presidente turco Erdogan, il generale di Tobruk iniziava il 27 marzo, con la visita a Riad da re Salman, a passare in rassegna i suoi per avere il via libera all'atttacco. Che arrivava da Parigi e con i carri armati già in azione anche dal Cairo dal golpista egiziano al Sisi che il 14 aprile dichiarava a Haftar “il sostegno dell'Egitto negli sforzi per combattere il terrorismo e le milizie estremiste per raggiungere la sicurezza e la stabilità per i cittadini libici in tutto il paese”. Le stesse ragioni per le quali in passato lo ha finanziato e gli ha fornito mezzi militari
Se l'imperialismo americano stava formalmente alla finestra, quello russo si limitava a bloccare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che intimava ad Haftar di fermare la sua avanzata. La stessa risoluzione preparata dalla Ue era bloccata il 10 aprile dalla Francia. Conte girava a vuoto negli incontri romani. I governanti imperialisti sostenitori delle due fazioni in guerra non riescono ancora a trovare un accordo per stabilizzare la Libia e la guerra attorno a Tripoli continua.

17 aprile 2019