La metà dell'elettorato sudafricano diserta le urne
I comunisti revisionisti in testa ma perdono voti. Avanzano i “berretti rossi”
Alle elezioni politiche dell'8 maggio in Sudafrica i comunisti revisionisti del Congresso nazionale africano (ANC) guidati dal presidente miliardario ex sindacalista Cyril Ramaphosa, hanno mantenuto la maggioranza in parlamento, pur perdendo consensi alla loro sinistra verso i Combattenti della Libertà Economica, i cosiddetti “berretti rossi” che indossano i militanti, ma soprattutto verso la diserzione del voto che ha raggiunto livelli record. Più di un quarto dei 35,9 milioni di aventi diritto al voto già non si erano iscritti nelle liste elettorali, oltre un terzo di questi non sono andati a votare per cui hanno disertato le urne circa la metà degli elettori.
I dati ufficiali attestano una affluenza del 65,59% dei 26,7 milioni di elettori iscritti alle liste elettorali; una diminuzione consistente rispetto al 73% delle precedenti elezioni di cinque anni fa e in calo costante dall'86% delle prime elezioni dopo la caduta dell'apartheid nel 1994 vinte sotto la guida di Nelson Mandela.
Nel voto per il rinnovo col sistema proporzionale dei 400 seggi dell'Assemblea nazionale, il principale organo legislativo del Paese, l'ANC ha mantenuto la maggioranza col 57,5% dei voti validi, un vantaggio consistente sulle opposizioni di Alleanza Democratica e dei Combattenti della Libertà Economica. Ramaphosa aveva promesso in campagna elettorale di combattere la corruzione, creare nuovi posti di lavoro e cacciare dal partito i faccendieri amici del vecchio presidente che hanno usato la loro posizione per arricchirsi. Si è guadagnato la maggioranza in parlamento dove l’Alleanza democratica (Da), il partito liberale guidato da Mmusi Maiamane che raccoglie la maggioranza dei voti dei sudafricani bianchi e che nelle amministrative del 2015 aveva strappato all’ANC il governo di Johannesburg e Pretoria, ha mantenuto circa il 21% dei voti validi. Cresceva invece la formazione degli Economic Freedom Fighters (Combattenti per la Libertà Economica), fondata dall'ex leader della Lega giovanile dell'ANC Julius Malema espulso nel 2013, che con una campagna elettorale centrata sulla condanna delle diseguaglianze sociali e economiche e sulla richiesta di una riforma agraria per l'espropriazione delle terre e la loro redistribuzione ai contadini quasi raddoppiava i suoi consensi del 2014 fino a circa l'11% dei voti validi e diventava il terzo partito all'assemblea nazionale.
Il presidente Ramaphosa si è detto soddisfatto del risultato che pure segna una perdita di 4 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2014. Se non altro ha contenuto i danni del lungo mandato presidenziale del suo predecessore Jacob Zuma, del quale ha preso il posto nel febbraio 2018, segnato da scandali e corruzione che hanno accentuato la forbice tra i pochissimi ricchi e la stragrande maggioranza della popolazione povera, tanto che il Sudafrica è ai primi posti della classifica delle disparità sociali. E con una connotazione razziale, dato che la minoranza dei sudafricani bianchi possiede ben il 73% del territorio agricolo nazionale mentre la maggioranza dei sudafricani neri, che sono l'80% della popolazione, vive in povertà e sono soprattutto neri i disoccupati arrivati al 37%.
Non è cambiato molto dalla fine del sistema dell'apartheid che ha posto fine formalmente alla schiavitù ma in favore della schiavitù salariale, a vantaggio della borghesia sudafricana che ha aperto le sue file anche a esponenti della maggioranza nera e mantenuto i suoi privilegi. La caduta di consensi dell'ANC che aveva guidato la lotta di liberazione è andata di pari passo con la caduta delle illusioni di un cambiamento, di quello promesso dallo stesso Nelson Mandela, il 10 maggio 1994 quando appena eletto Presidente della Repubblica, dichiarava che “ora che abbiamo finalmente raggiunto l’emancipazione politica, ci impegniamo ad affrancare il nostro popolo dalla schiavitù ancora in essere della miseria, della privazione, della sofferenza, della discriminazione sessuale e di ogni altro genere”.
Affrancamento che non è completo e stabile se rimane nella cornice del capitalismo e della democrazia borghese.
22 maggio 2019