Importante segnale da Genova
Portuali, Cgil e associazioni cattoliche boicottano nave saudita carica di armi
"Porti chiusi alla guerra, porti aperti ai migranti”
“Se l'emancipazione delle classi operaie esige il loro concorso fraterno come potranno compiere tale missione finché una politica estera che persegue disegni criminosi punta sui pregiudizi nazionali e spreca in guerre di razzie il sangue e i tesori del popolo? Non la saggezza della classe dominante ma l'eroica resistenza della classe operaia inglese alla sua follia criminale fu ciò che salvò l'Occidente europeo dal gettarsi in un'infame crociata per propagare la schiavitù sull'altra riva dell'Oceano”
(Carlo Marx, Indirizzo inaugurale dell'Associazione internazionale degli operai, pubblicato in The Bee-Hive Newspaper, 5 novembre 1864).
Con queste parole Marx richiamava la lotta degli operai portuali e tessili inglesi che tra il 1861 e il 1862, nella fase iniziale della guerra civile americana, impedirono sistematicamente lo sbarco del cotone proveniente dagli Stati Confederati d'America schiavisti, nei cui confronti in un primo momento il governo inglese non aveva nascosto le sue simpatie.
Gli operai agirono animati dal principio di solidarietà verso gli sfruttati e gli oppressi, e specificamente nel nome della lotta contro l'abominio della schiavitù, non esitando ad andare contro i loro stessi interessi economici.
Qualcosa di molto simile è accaduto lo scorso 20 maggio nel più importante porto italiano, quello di Genova, quando la nave da carico saudita Bahri Yambu è attraccata al terminal GMT, presso il Ponte Eritrea: la nave trasportava un carico di armi pesanti destinate all'Arabia Saudita per la guerra in Yemen e vendute dal governo francese a quello di Riad, e il sospetto era che potesse caricare materiale bellico anche in Italia.
Per questo nei giorni precedenti lo sbarco i lavoratori portuali di Genova avevano annunciato uno sciopero a oltranza indetto dalla CGIL con l'appoggio di numerose associazioni, soprattutto cattoliche ma anche laiche al fine di impedire che la nave, pur sbarcando, caricasse alcunché dal porto ligure.
Il 20 maggio, prima ancora dell'alba, il collettivo autonomo dei lavoratori portuali ha indetto un presidio al porto con un chiaro striscione dove era scritto “Porti chiusi alla guerra, porti aperti ai migranti”, ed è chiaro il riferimento alla sciagurata politica razzista e xenofoba del governo.
Contemporaneamente anche la Filt CGIL ha indetto uno sciopero e i portuali iscritti al sindacato hanno incrociato le braccia : “Vogliamo segnalare all’opinione pubblica nazionale e non solo – avevano dichiarato la sera del giorno precedente in una nota i segretari Filt Enrico Ascheri ed Enrico Poggi - che, come hanno già fatto altri portuali in Europa, non diventeremo complici di quello che sta succedendo in Yemen”. Infatti alcuni giorni prima i lavoratori portuali francesi di Le Havre avevano boicottato l'imbarco di 8 cannoni Caesar diretti a Gedda e da lì in Yemen.
La battaglia dei lavoratori genovesi e dei sindacati aveva trovato il pieno sostegno di numerose associazioni pacifiste, compresa Amnesty International, perché negli ultimi anni è stato accertato da numerosi osservatori indipendenti l’utilizzo contro la popolazione civile yemenita anche di bombe prodotte dalla RWM Italia con sede a Ghedi, Brescia, e nello stabilimento a Domusnovas in Sardegna.
Antonio Benvenuti, console a capo della Compagnia Unica dei mille lavoratori portuali di Genova ha detto: “È meglio che si sappia: nel porto di Genova non si imbarcano mezzi militari, armi, esplosivi e simili”.
I principi di solidarietà umana internazionalista che hanno indotto quest'anno gli operai di Genova e di Le Havre a boicottare la sanguinosa guerra civile nello Yemen, nel quale l'Arabia Saudita è pesantemente coinvolta, sono gli stessi che un secolo e mezzo fa indussero i loro predecessori inglesi a boicottare il cotone raccolto dai neri ridotti alla schiavitù.
29 maggio 2019