La polizia di Salvini si schiera con i fascisti
Guerriglia a Genova contro il comizio di CasaPound
Manganellato anche un giornalista di “Repubblica”. La manifestazione antifascista convocata da Anpi, Cgil, Arci e comunità cattolica San Benedetto
Gli antifascisti genovesi non possono tollerare i fascisti come nel 1960
30 giugno 1960-23 maggio 2019: 59 anni dopo la grande rivolta antifascista e anticapitalista dei giovani dalle magliette a strisce contro il governo clerico-fascista di Fernando Tambroni che provocatoriamente aveva acconsentito ai fascisti di Michelini e Almirante di celebrare il VI congresso nazionale del MSI a Genova (città Medaglia d'oro per la Resistenza che per prima costrinse alla resa le truppe nazifasciste), le masse genovesi antifasciste sono scese di nuovo in piazza il 23 maggio
contro il comizio di CasaPound che il governo nero fascista e razzista dei ducetti Salvini e Di Maio e le autorità di governo locali hanno prima autorizzato e poi blindato in Piazza Marsala. Il comizio conclusivo della campagna elettorale del candidato in camicia nera Marco Mori era difeso da centinaia di agenti in assetto antisommossa, grate e furgoni della polizia.
Migliaia di manifestanti hanno risposto all'appello antifascista lanciato da Cgil, Anpi, Comunità di San Benedetto, Arci, Aut Aut e altre associazioni e sono scesi in piazza dietro un grande striscione con su scritto "Genova antifascista" portato in corteo fin sotto le finestre della prefettura e poi in Piazza Corvetto, al canto di “Bella ciao”, urlando "Via i fascisti dalla città" e per ribadire che “Genova è solo antifascista”.
Gli oltre 5mila manifestanti “sono rimasti in piazza fino a quando i militanti di Casapound sono andati via, nascosti in alcune macchine – racconta Lucio, del centro sociale Aut Aut – A volte quando ci sono tensioni c’è chi critica e se ne va. Stavolta non si è mosso nessuno. Era una piazza molto bella perché composita e intergenerazionale. C’erano tanti giovani e poi bambini nel passeggino affianco ad anziani ultra settantenni. Questi ultimi hanno mantenuto il loro posto anche mentre venivano sparati i lacrimogeni”.
Non appena il corteo ha provato ad avvicinarsi al cordone di polizia e carabinieri schierati a difesa dei fascisti, sono partite le prime violentissime cariche a suon di manganellate e lacrimogeni che si sono abbattute sui manifestanti fino a tarda serata.
Cariche e scontri fra polizia e manifestanti si sono verificati anche in via Santi Giacomo e Filippo e poi altre cariche a Corvetto. In piazza Marsala i manifestanti hanno cercato coraggiosamente di difendersi dalle brutali cariche e dalla pioggia di lacrimogeni con una guerriglia che ha visto il lancio di oggetti e biglie con le fionde contro la celere. Alcuni manifestanti hanno staccato dei paletti stradali e li hanno lanciati contro gli alari della polizia in via Roma.
Il bilancio degli scontri è pesantissimo: due manifestanti, un operaio portuale 50enne e un 31enne, vengono arrestati, processati per direttissima con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale e rinviati a giudizio nel processo che inizierà il prossimo 19 luglio; altri 4 rimangono feriti. Fra questi anche un inviato di “Repubblica”, Stefano Origone, brutalmente aggredito nonostante avesse detto di essere un giornalista in servizio: scaraventato a terra e pestato a calci e manganellate da diversi poliziotti fino a riportare fratture multiple alle dita delle mani e alle costole, un trauma cranico, e varie ecchimosi e ferite in tutto il corpo.
Il Comitato di redazione di “Repubblica” in una nota “condanna fermamente il violento pestaggio da parte della polizia di cui è stato vittima il collega della redazione di Genova” e accusa: “Stefano non è stato vittima di un colpo sfuggito per sbaglio, è stato preso deliberatamente e ripetutamente a manganellate mentre stava svolgendo il suo lavoro di cronista al seguito della manifestazione... Ed è stato soccorso solo grazie all’intervento di un ispettore della Questura, che lo conosceva personalmente”.
Mentre la Federazione Nazionale Stampa Italiana, Associazione Ligure dei giornalisti, Ordine dei giornalisti e Gruppo Cronisti Liguria parlano di “atto violento inqualificabile” e nell'esprimere solidarietà al collega ferito denunciano che, ancora una volta: “Una piazza è stata concessa ai neofascisti di Casa Pound e decine di poliziotti in tenuta antisommossa comandati a rendere impermeabile una 'zona nera' nel cuore di Genova, città Medaglia d’oro della Resistenza. E come già accaduto nelle tragiche giornate del G8 la gestione dell’ordine pubblico sfugge di mano. Origone - come lui stesso ha raccontato - è stato ripetutamente colpito con manganellate e calci anche quando era a terra e ha urlato 'sono un giornalista'”.
Solidarietà agli arrestati e ai feriti anche da parte dei promotori della mobilitazione antifascista che in una nota ribadiscono: “Come avevamo chiesto nei giorni scorsi alle istituzioni la manifestazione di CasaPound non era da autorizzare. Genova, per la sua tradizione, non può tollerare chi si richiama esplicitamente all'ideologia fascista. La richiesta alle Istituzioni non cambia: basta con le provocazioni da parte di associazioni e movimenti politici che non rientrano nell'alveo della nostra democrazia”.
Anche Genova antifascista si schiera al fianco del giornalista pestato “ma ci teniamo altresì a ricordare come questo trattamento venga puntualmente riservato agli antifascisti, sui quali però vengono fatte ricadere sistematicamente tutte le responsabilità, anche dalla stessa stampa di regime che ci definisce 'antagonisti' anziché antifascisti, enfatizzando l’accezione più malsana del termine”.
Ma non si è trattato di un caso isolato. Nello stesso video che documenta il pestaggio di Origone si vede ad esempio una ragazza inseguita e colpita ripetutamente da un celerino. Un quindicenne ha riportato ferite alla testa e una giovane alla coscia colpiti dai candelotti di lacrimogeni sparati indiscriminatamente ad altezza d'uomo. Un candelotto ha sfondato anche l’insegna dello storico Bar Mangini, in piazza Corvetto, situato sul lato opposto al presidio: avrebbe potuto colpire qualsiasi passante.
In risposta alla brutale repressione poliziesca gli antifascisti hanno resistito senza mollare la piazza. Hanno serrato le file e in corteo sfilato fin sotto la finestre della questura per chiedere l'immediato rilascio dei fermati durante gli scontri.
Invece di mettere fuorilegge i fascisti, la procura ha aperto un fascicolo a carico dei manifestanti accusati di resistenza, danneggiamenti e lancio di oggetti pericolosi contro le “forze dell’ordine”.
Un secondo fascicolo di indagini è stato aperto anche nei confronti degli agenti della celere che hanno picchiato il giornalista di “Repubblica”.
Entrambi i procedimenti, per ora, sono a carico di ignoti ma le sentenze sono già precostituite, con i picchiatori in divisa nel ruolo di vittime e gli antifascisti nel ruolo di “violenti facinorosi” da perseguire e reprimere come del resto ha già anticipato il questore Vincenzo Ciarambino secondo cui: “E' stato garantito il diritto della democrazia. Ci hanno tirato di tutto, abbiamo atteso e poi abbiamo effettuato cariche di alleggerimento per permettere manifestazioni della parte pacifica che aveva diritto a manifestare... Piazza Marsala era tra i siti elettorali. Per noi era una piazza difendibile. Non si vietano comizi in campagna elettorale” specie se li convocano i fascisti, in barba ai divieti sanciti espressamente dalla Costituzione e dalle leggi Scelba e Mancino.
Perfino la brutale repressione di chiaro stampo mussoliniano del cronista di “Repubblica” viene liquidata dal questore come un inevitabile effetto collaterale della caccia agli antifascisti scatenata su tutto il territorio nazionale dal ducetto Salvini e dal suo omonimo Di Maio.
“Origone era vicino a una persona fermata che stavamo portando via - si è giustificato Ciarambino fingendosi dispiaciuto per quanto successo - c'è stato un tentativo da parte dei manifestanti di sottrarlo alla polizia ed è partita una carica, Origone non si è accorto in tempo della carica, è caduto e ha preso qualche colpo”. In ogni caso, ha avvertito ancora il questore, bisogna capire che “Il clima è cambiato”.
Evidentemente Ciarambino sembra sia stato mandato a Genova, dove ha preso servizio poche settimane fa, proprio per garantire, difendere e legittimare lo svolgimento del comizio dei fascisti di Casapound e manganellare gli antifascisti e chiunque osi opporsi al governo nero, fascista e razzista Salvini-Di Maio.
Non a caso il ducetto Salvini ha colto subito la palla al balzo per annunciare ulteriori misure repressive contro chi osa contestarlo. “Ogni volta che sono in piazza succede il caos - ha detto il boss fascioleghista - studieremo qualcosa per evitarlo” magari abolendo la libertà di manifestare proprio come fece Mussolini negli anni Venti.
Mentre Il sindaco del capoluogo ligure Marco Bucci, eletto con una coalizione di “centro-destra”, ha difeso la scelta di concedere l’autorizzazione a CasaPound perché: “se c’è un partito legale, non gli si può negare di fare un comizio”.
Gli antifascisti genovesi evidentemente non la pensano così e ieri come oggi hanno ribadito: fuori i fascisti da Genova e dall'Italia!
29 maggio 2019