Davanti a Montecitorio sotto la pioggia
Proteste dei terremotati del Centro Italia
Non sono state mantenute le promesse dopo quasi 3 anni
Il 17 maggio alcune centinaia di persone mobilitate dal Coordinamento dei comitati dei terremotati per il sisma che colpì le regioni del centro Italia nell'agosto 2016 hanno dato vita, prima a Piazza del Popolo a Roma e poi davanti a Montecitorio, a una manifestazione di protesta per “ricordare che, quasi tre anni dopo il sisma che ha distrutto tutto, c’è una parte del paese ancora in ginocchio tra macerie ancora per terra e una ricostruzione che non è mai partita davvero”.
Sotto una pioggia battente i manifestanti sono entrati in Piazza Montecitorio armati di tamburi, fischietti e megafoni per ribadire che “Non ci sono governi amici”. Per chiedere "subito la ricostruzione" e denunciare che "non ci rappresentate" rivolto ai parlamentari accusati di "assenteismo" dopo le promesse fatte subito dopo il terremoto. Hanno ripetutamente denunciato la mancanza di un decreto ad hoc per le zone terremotate. "C'è una parte dell'Italia dove il tempo si è fermato. Nel cuore dell'Appenino la ferita del sisma è ancora aperta" spiegano gli organizzatori. "Il decreto per il centro Italia dove sta?" hnno urlato a più riprese i manifestanti che hanno esposto anche numerosi striscioni e cartelli con su scritto "banche assenti, linee di credito fantasma" e "più personale negli uffici sisma e enti locali".
La lotta è rivolta soprattutto contro quella che ormai viene unanimemente definita la “strategia dell’abbandono”, inaugurata da Renzi e Gentiloni e proseguita anche dall'attuale governo nero, fascista e razzista dei ducetti Salvini e Di Maio. Ossia quell’insieme di false promesse, pastoie burocratiche e provvedimenti di dubbia efficacia ai fini della ricostruzione che sta portando il territorio dei centoquaranta comuni del cratere a cavallo tra il Lazio, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo allo spopolamento e all’impossibilità di rinascere davvero.
“Non è con le chiacchiere che si tirano su i muri delle case – denunciano gli attivisti del Coordinamento -. È con gli atti formali, con il lavoro 'pancia a terrà, con la conoscenza dei territori, la semplificazione della burocrazia, la fatica del confronto e dell’ascolto che si mettono i presupposti per una ricostruzione veloce, sicura e rispettosa delle leggi. Invece siamo ancora in altissimo mare. Migliaia di domande giacciono negli uffici in attesa di essere valutate. Siamo ancora in una fase preliminare, lontani persino dall’affidamento degli appalti per le ristrutturazioni. Figuriamoci, di questo passo, quanti decenni occorreranno per rientrare a casa”.
Per questo i terremotati in protesta chiedono al governo misure urgenti di sostegno al lavoro, al reddito e alla dignità degli abitanti del cratere, con una gestione dei fondi pubblici equa e trasparente.
“Lo Stato continua un’opera di non ascolto – spiegano gli avvocati di Alterego-Fabbrica dei diritti, tra i promotori della mobilitazione - nonostante le nostre proposte volte a istituire un reddito di cratere per chi ha perso il lavoro a causa del sisma, una divisione in zone differenziate a seconda dei danni, degli aiuti fiscali alle imprese delle zone del cratere meno colpite che decidono di investire nelle aree più colpite. Proposte di facile applicazione, tutte volte a far ripartire un tessuto socio-economico al momento devastato. L’unico strumento di sostegno al reddito esistente oggi è il Cas (contributo per l’autonoma sistemazione) che viene riconosciuto a chiunque senza nessuna differenza in base alle reali necessità. Ne avrebbe diritto Montezemolo allo stesso modo in cui ne ha diritto una famiglia di quattro persone tutte senza reddito, in egual misura”.
Altro che “prima gli italiani”, altro che “governo dei cittadini” Lega e M5s continuano a prendere in giro i terremotati: sedotti durante le elezioni e poi letteralmente abbandonati a se stessi.
29 maggio 2019