Sentenza della Cassazione
“Il saluto fascista è reato”
Il saluto fascista non può essere considerato un fatto di "lieve entità" e chi lo fa commette il reato di apologia del fascismo e non merita sconti di pena.
A ribadirlo sono i giudici della Suprema Corte di Cassazione, che il 15 maggio hanno confermato la condanna a un mese e dieci giorni di reclusione con pena sospesa per Gabriele Leccisi, l'avvocato fascista di Milano, che l'8 maggio 2013 fece il saluto romano a Palazzo Marino, mentre era in corso una seduta pubblica della commissione consiliare per discutere la sistemazione dei nomadi sgomberati alla fine di aprile dal campo di Viale Ungheria.
Il legale di Leccisi, Lamberto Rongo, aveva chiesto la non punibilità del reato, per la “particolare tenuità del fatto” facendo presente che quel giorno si discuteva il “'piano Rom' in una importante seduta consiliare".
Ma per la Cassazione "sono proprio le circostanze di tempo e di luogo" nelle quali è avvenuto il 'saluto fascista' "a non consentire di ritenere sussistenti le condizioni" per applicare l'esimente.
La Suprema corte ha respinto anche il tentativo di sollevare problemi di incostituzionalità riguardo all’indeterminatezza del Dl 122/1993 che rimanda alla legge Mancino (654/1975) che vieta la diffusione di idee fondate sull’odio etnico e ha chiarito che il diritto alla libera manifestazione del pensiero finisce dove inizia l’istigazione al razzismo. E questo non rientra tra le opinioni personali.
Nel negare qualsiasi beneficio in favore di Leccisi, l'Alta Corte ha inoltre rilevato che occorre "ulteriormente evidenziare che la seduta consiliare si svolgeva a margine della manifestazione di protesta organizzato dallo stesso imputato a Milano, in piazza San Babila", storico luogo dei raduni fascisti. Nel verdetto, la Suprema Corte ha ricordato che questo episodio è documentato da un filmato - realizzato da una giornalista - che dimostra che Leccisi "effettuava il 'saluto romano' accompagnandolo dalla frase 'presenti e ne siamo fieri'" e questo comportamento, secondo i giudici, dimostra la sua "precisa volontà" di "rivendicare orgogliosamente il suo credo fascista". Inneggiare al fascismo è vietato dalla legge Mancino, in quanto rievoca una ideologia basata su "valori politici di discriminazione razziale e intolleranza", prosegue la Cassazione - sentenza 21409 depositata oggi e relativa all'udienza dello scorso 27 marzo - aggiungendo che il 'saluto fascista' seguito dalla parola 'presente' è una "espressione gestuale pregiudizievole dell'ordinamento democratico e dei valori che vi sono sottesi". Inoltre, per la Suprema Corte, si tratta di un comportamento "usuale di organizzazioni o gruppi inequivocabilmente diretti a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico".
La sentenza della cassazione rende definitive le due sentenze emesse in primo grado dal Tribunale del capoluogo lombardo il 17 dicembre 2015 e in secondo grado dalla Corte di Appello di Milano il 17 aprile 2018.
Gabriele Leccisi è figlio di Domenico, l'ex deputato missino che nel 1946 trafugò la salma di Benito Mussolini dal cimitero milanese di Maiocco. In seguito venne arrestato dalla polizia insieme ai suoi complici e fiancheggiatori.
29 maggio 2019