Accusato di peculato e falso, è stato interdetto dai pubblici uffici e gli sono stati confiscati 56.807 euro
Condannato a 3 anni e 5 mesi il sottosegretario Rixi (Lega)
Si era fatto rimborsare 30 mila euro per ostriche, gratta e vinci e viaggi
Il ducetto Salvini e il premier Conte lo “ringraziano per il buon lavoro svolto”
Il 30 maggio la II sezione penale del Tribunale di Genova ha condannato a 3 anni e 5 mesi per peculato e falso ideologico Edoardo Rixi, il viceministro leghista “fratello, e amico vero” del ducetto Matteo Salvini, imputato nel processo per le “spese pazze” in Regione Liguria negli anni 2010-2015 governata dal “centrosinistra”.
Il procuratore aggiunto (Pa) Francesco Pinto aveva chiesto per il sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, finito nei guai per il suo vecchio ruolo di capogruppo regionale della Lega, 3 anni e 4 mesi.
Secondo i giudici Rixi ha tra l'altro approvato i rendiconti delle spese senza verificare se fossero attinenti al ruolo di consigliere. Per questo motivo per il viceministro leghista è stata disposta anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il collegio giudicante, presieduto da Giuseppe Dagnino, ha disposto anche la confisca nei confronti di Rixi di 56.807 euro frutto del peculato.
Secondo l’accusa non trovano giustificazione i 97mila euro sperperati tra il 2010 e il 2012 dal gruppo di eletti dei fascio-leghisti e rimborsati come spese istituzionali.
Nel capo di imputazione sono menzionate tra le varie ruberie viaggi in montagna, gite fuoriporta nei weekend, cene a base di ostriche e champagne al Cafè de Turin di Nizza, gite al luna park, birre, gratta e vinci, fiori, biscottini e persino 600 euro spesi in un’armeria spacciati come spese istituzionali e rimborsati – come tutto il resto – con fondi pubblici; ivi compreso i viaggi a Pontida nei giorni del raduno leghista.
In alcuni casi addirittura venivano messe a rimborso ricevute che erano state dimenticate da ignari clienti nei negozi. In altri venivano modificati gli importi a mano e le pezze giustificative, molto spesso, si riferivano a periodi festivi: Natale, Capodanno, Pasqua e Pasquetta, 25 aprile e primo Maggio. Giorni a dir poco “sospetti” per svolgere attività istituzionale.
Infine, per ironia della sorte, tra gli scontrini messi all'incasso vi erano alcuni inerenti acquisti di fiori e cioccolata in un negozio dal nome che oggi risulta a dir poco beffardo: “Un mazzo così”.
“Si faceva il gioco delle tre carte – aveva detto il Pa Pinto nella sua requisitoria – per esempio facendo rimborsare i viaggi dei collaboratori spacciandoli per propri. In questo modo si risparmiava non assumendo i collaboratori, ma si arrivava a usare fondi pubblici per retribuzioni”.
Oltre a Rixi, nel processo sono imputati altri 21 boss politici appartenenti a tutti i partiti che hanno preso parte alla mangiatoia ligure. Per 19 di loro le condanne arrivano a 51 anni di carcere complessivi e sono state superiori a quelle chieste dal Pm. Per otto di loro c'è anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e in 11 casi l'interdizione è uguale alla durata della pena. Tre sono stati invece assolti così come aveva chiesto la stessa pubblica accusa.
Su tutti spicca Francesco Bruzzone, già presidente del Consiglio regionale e attuale senatore leghista, condannato a 2 anni e 10 mesi. Ma non mancano gli esponenti PD quali: Michele Boffa (3 anni), ex presidente del Consiglio regionale e Antonino Miceli (3 anni), ex consigliere. Molti non sono più in carica. Ma sei occupano ancora posizioni di rilievo in Liguria: il consigliere regionale e capogruppo di FdI Matteo Rosso (3 anni, 2 mesi e 15 giorni); i sindaci di Zoagli Franco Rocca (FI, 2 anni e 1 mese), di Cogorno Gino Garibaldi (FI 2 anni e 10 mesi), di Alassio Marco Melgrati (FI 2 anni, 11 mesi e 15 giorni), di Cicagna Marco Limoncini (ex Udc, tre anni), e l’assessore di Arenzano Matteo Rossi (ex Sel 2 anni, 2 mesi e 15 giorni).
Appena appresa la notizia Rixi si è dovuto dimettere dalla carica di viceministro e ha rassegnato le sue dimissioni non nelle mani del premier ma in quelle del segretario leghista Salvini il quale addirittura lo ha ringraziato "per l'incredibile lavoro svolto fino ad ora. Da tempo ho nelle mani le sue dimissioni, che accetto unicamente per tutelare lui e l'attività del governo da attacchi e polemiche senza senso" e provocatoriamente ha aggiunto: "Oggi stesso lo nomino responsabile nazionale trasporti e infrastrutture della Lega, riconoscendogli capacità e onestà assolute... Io rispetto le sentenze e conto su una assoluzione a fine processo, ma trovo incredibile che ci siano spacciatori a piede libero, e sindaci, amministratori e parlamentari accusati o condannati senza uno straccio di prova".
Mentre il premier, Giuseppe Conte, completamente scavalcato e messo da parte da Salvini, si è vergognosamente accodato ai ringraziamenti per Rixi e senza battere ciglio lo ha ringraziato: "per la sensibilità istituzionale manifestata e per il proficuo contributo fin qui fornito alle attività di governo. Desidero inoltre esprimere a lui e alla sua famiglia la mia personale vicinanza, con l'auspicio che le sue ragioni possano prevalere nei successivi gradi di giudizio".
In realtà Rixi per salvarsi la faccia è stato costretto a seguire uno dei punti previsti dal cosiddetto “Codice etico dei membri del Governo”, contenuto nel contratto siglato tra i ducetti Salvini e Di Maio alla vigilia della nascita dell’esecutivo. A pagina 8 del contratto infatti c’è scritto che “non possono entrare a far parte del governo soggetti che abbiano riportato condanne penali, anche non definitive, per i reati dolosi di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235 (legge “Severino”), nonché per i reati di riciclaggio, auto-riciclaggio e falso in bilancio”. Tra i reati previsti dalla legge Severino c’è anche quello disciplinato dall’articolo 314 del codice penale: il peculato. Lo stesso di cui deve rispondere Rixi.
A parte le condanne inflitte, i magistrati hanno stabilito anche che i reati addebitati a Rixi e tutti gli altri coimputati non sono stati commessi il giorno in cui sono state effettuate le spese, ma al momento della certificazione da parte dei capigruppo. Quindi non nel 2011, ma nel 2013.
Si tratta di un punto molto importante per il prosieguo del processo nei successivi gradi di giudizio con almeno due conseguenze molto importanti. La prima è che la prescrizione decorre da una data successiva. La seconda è che nel gennaio 2013 era già entrata in vigore la Severino nella sua ultima formulazione con pene più severe per il peculato.
Ecco perché nei mesi scorsi Salvini con benestare dei Cinquestelle ha introdotto nella cosiddetta “Legge Spazzacorrotti” un comma ad personam definito appunro “Salva Rixi” che di fatto derubrica il peculato a percezione indebita di fondi pubblici. Con pene ridotte e conseguente rischio di prescrizione di tutti i reati.
5 giugno 2019