Le grinfie della camorra sul Veneto
Arrestato il sindaco di Eraclea, eletto coi voti dei Casalesi
La Direzione distrettuale antimafia di Venezia ha fatto eseguire, all'alba dello scorso 19 febbraio, 50 misure cautelari (47 in carcere, 3 ai domiciliari), 9 provvedimenti di interdizione (obbligo di dimora e divieto si svolgere la professione di avvocato e di dottore commercialista) e il sequestro di beni per 10 milioni di euro a Venezia, in altre località del Veneto e a Casal di Principe, in provincia di Caserta.
Tra i destinatari dei provvedimenti giurisdizionali 31 sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, 5 di concorso esterno in associazione mafiosa e gli altri arrestati e indagati sono comunque accusati di gravissimi reati, quali voto di scambio politico mafioso, estorsione e usura.
Tra gli arrestati il nome di maggiore spicco è quello del quarantaquattrenne sindaco di Eraclea (Venezia) Mirco Mestre, un noto avvocato eletto nel 2016 con la lista di centrodestra “Eraclea si cambia”, legato politicamente all'ex sindaco della località veneta Graziano Teso, attualmente vicesindaco, che risulta indagato nella stessa inchiesta. Mirco Mestre è accusato del reato di voto di scambio politico mafioso, e di avere quindi attivamente agevolato l'attività della camorra nel territorio del suo comune e nell'area della Città Metropolitana di Venezia.
Tra gli altri arrestati ci sono il poliziotto Moreno Pasqual di San Donà di Piave, che forniva informazioni riservate agli uomini del clan relative a indagini nei loro confronti e garantiva loro protezione e supporto dopo i controlli di altre forze di polizia, e Denis Poles, direttore di banca a Jesolo, che consentiva ai camorristi di operare sui conti societari senza averne titolo, concordando l'impiego di prestanome e omettendo sistematicamente di segnalare le operazioni sospette.
Tra i camorristi arrestati spiccano i nomi di Luciano Donadio e Raffaele Buonanno, campani da tempo residenti in Veneto e considerati i capi del clan camoristico operante in quella regione, e di Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti e Nunzio Confuorto, tutti di Casal di Principe.
È stato arrestato anche l'imprenditore veneto Emanuele Zamuner, proprietario di una concessionaria d’auto che, secondo i magistrati, faceva da intermediario tra il sindaco Mestre e il camorrista Donadio.
Secondo l'inchiesta, Mestre ha curato gratuitamente come avvocato, almeno dal 2006, gli affari societari del clan camorristico insediato a Eraclea e facente capo a Donadio insediato a Eraclea da vent’anni, con la piena consapevolezza della natura criminale dell'organizzazione e degli affari svolti, tanto che Luciano Donadio, in un'intercettazione dell’aprile del 2017, afferma che “quello è il mio avvocato, u compagno mio”
. Una volta diventato sindaco Mestre, sempre dalle intercettazioni, è emerso come figura chiave nell'agevolazione degli affari illeciti dell'organizzazione criminale, che consistevano soprattutto in estorsioni per riscuotere crediti, usura e truffe all’erario, tra cui spicca la gestione delle frodi ai danni della Cassa edile.
Secondo i magistrati l’appoggio fraudolento del clan camorristico alle elezioni amministrative del 2016 puntava al via libera per la realizzazione di un impianto a biogas nel territorio di Eraclea, sulla costruzione del quale naturalmente la camorra allungava i suoi tentacoli.
È emerso dall'inchiesta che a commissionare le estorsioni, per recuperare crediti, erano imprenditori e semplici cittadini, che hanno consentito agli esponenti della camorra, trasferitisi in Veneto, di radicarsi e rafforzare il loro potere, basato su violenza e intimidazione.
Nella sua conferenza stampa subito dopo l'esecuzione degli arresti, il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi ha affermato che l'operazione per la prima volta ha accertato la presenza della criminalità organizzata strutturata nel territorio veneto, profondamente penetrata nei settori economico e bancario: è la conferma - dopo le numerose condanne del processo Aemilia, che hanno confermato la presenza strutturata della 'ndrangheta in Emilia Romagna e l'omicidio, a dicembre di un pentito della 'ndrangheta a Pesaro - che ormai le organizzazioni della criminalità organizzata si muovono liberamente in territori (Marche settentrionali, Emilia Romagna e Veneto) che storicamente non erano fin qui state interessate a fenomeni simili e che tali organizzazioni fanno ormai parte integrante del tessuto economico delle regioni più ricche del Paese.
12 giugno 2019