Per rinnovare i contratti e servizi pubblici migliori, contro i tagli e la politica economica del governo
Lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego in piazza a Roma
La Digos rimuove uno striscione contro Salvini e Di Maio
Landini non esclude lo sciopero generale
Una settimana dopo i pensionati sono le lavoratrici e i lavoratori del pubblico impiego a riempire le strade e le piazze di Roma. Sabato 8 giugno la manifestazione nazionale indetta da Cgil, Cisl e Uil ha portato nella capitale migliaia di lavoratrici e lavoratori della sanità, delle autonomie locali, dei ministeri, dei servizi sociali, degli enti previdenziali e del terzo settore, vigili del fuoco, polizia locale e penitenziaria.�
Un corteo colorato e rumoroso ha sfilato da Piazza della Repubblica, luogo del concentramento, fino a Piazza del Popolo dove era montato il palco dei comizi conclusivi tenuti dai segretari generali Landini, Furlan e Barbagallo e dai responsabili nazionali delle categorie interessate. Fulcro centrale delle richieste sindacali tre priorità: rinnovare tutti i contratti, un piano straordinario di assunzioni e maggiori risorse. "Ci volete sotto ricatto, non sotto contratto", "il personale manca non perché assente", "non respingo, accolgo", "più digitale meno impronte" si leggeva su alcuni striscioni e cartelli alzati dai lavoratori.
Già durante la conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa i rappresentanti dei sindacati confederali avevano chiesto d'”intervenire con urgenza perché la pubblica amministrazione è al collasso, rischia l'implosione con gravi conseguenze sui lavoratori e sulla tenuta dei servizi per i cittadini”.
Uno dei settori più disastrati è quello della sanità come dimostrano i recenti casi di cronaca. In Veneto per sopperire alla mancanza di organico sono stati richiamati al lavoro i medici in pensione. In Molise, per evitare la chiusura di interi reparti ospedalieri si è dovuto ricorrere ai camici bianchi militari. In Toscana il Governatore Enrico Rossi (rientrato recentemente nel PD) ha denunciato la carenza di centinaia di infermieri, ma non ha detto che la colpa è anche della politica della Giunta regionale da lui presieduta.
La responsabilità della drammatica situazione in cui si trovano i servizi pubblici è indubbiamente dello Stato centrale e delle sue ramificazioni locali, specialmente delle Regioni che hanno la gestione d'importanti settori come la sanità. Anni e anni di privatizzazioni, tagli alle risorse, sostegni e agevolazioni alla sanità privata, welfare aziendale inserito nei contratti di lavoro con il consenso di Cgil, Cisl e Uil compreso, stanno smantellando il servizio sanitario nazionale.
Importanti servizi di emergenza come quello svolto dai Vigili del Fuoco sono lasciati nel più completo abbandono. Si sprecano elogi per i “pompieri eroi” quando con grandi rischi personali salvano delle vite umane ma poi si lasciano con mezzi insufficienti e vecchi e con paghe da fame. Stesso discorso per la Polizia Locale, che nei comuni minori viene taglieggiata e accorpata oppure distolta verso compiti “di sicurezza” che non gli competono.
Ma i dipendenti pubblici sono stanchi di questo trattamento e chiedono anzitutto il rinnovo di tutti i contratti scaduti che non sono stati ancora finanziati. Le retribuzioni sono ferme al 2010, nulla è cambiato nelle buste paga pubbliche per effetto della riduzione di spesa e del blocco dei contratti: I numeri dicono che la media annua lorda è pari a 34.687 euro nel 2010 contro 34.491 nel 2017: vengono stimati oltre 3.000 euro persi solo per il mancato recupero del potere d'acquisto.
I sindacati confederali chiedono inoltre un piano straordinario di assunzioni e maggiori risorse per i servizi. Nel periodo 2008-2017 il numero dei dipendenti pubblici si è ridotto complessivamente di 257.661 unità, pari al 7,5% del totale. In Italia 13 lavoratori su 100 operano nel pubblico, 7 in meno della Francia: per raggiungere la dotazione organica adeguata per il carico di lavoro servirebbe assumere oltre 250 mila persone.
Un situazione che peggiorerà con l’entrata in vigore di “quota 100”. Dai comparti ci si attende l’uscita di mezzo milione di lavoratori: a fronte di questo, la manovra 2019 ha previsto appena 33 mila assunzioni straordinarie, del tutto insufficienti a coprire le uscite dall’impiego. A questo va aggiunto l’avanzare dell’età media, che è passata dai 47,1 anni del 2001 ai 50,6 anni del 2017.
Questi, in sostanza, i numeri ribaditi dai leader dei sindacati che tra le altre cose hanno affermato di voler tutelare la dignità dei lavoratori contro ogni forma di delegittimazione della loro funzione e contro ogni forma di controllo invasivo, dalle impronte alle telecamere.
Rimanendo in tema di controlli, da denunciare un gravissimo atto intimidatorio, l'ennesimo, messo in atto dalla Digos. Durante il corteo la polizia politica ha rimosso uno striscione della Uil che raffigurava Di Maio e Salvini che dialogavano sul comportamento da tenere nei confronti dei sindacati. Uno striscione ironico nemmeno tanto pungente, ma è bastato per far scattare la censura.
La polizia si è maldestramente difesa col pretesto dello striscione gigante che avrebbe “deturpato i monumenti”. Motivazioni inconsistenti avvalorate dal fatto che la Digos ha poi piantonato il gazebo della Uil per evitare che lo striscione fosse srotolato in piazza. L'ennesima prova che non solo non si sbaglia a evocare il fascismo, ma esso è già al governo, seppur sotto nuove forme aggiornate al XXI secolo, e Salvini aspira a diventare il nuovo duce d'Italia.
Di fronte a questo governo Cgil, Cisl e Uil hanno perso già fin troppo tempo, solo adesso sta partendo la mobilitazione, meglio tardi che mai, ma occorre un atteggiamento più deciso. Le rassicurazioni di Conte e Di Maio sul rinnovo dei contratti, che non hanno prodotto niente di concreto, non possono giustificare rinvii degli scioperi come è avvenuto ad esempio per la scuola.
Dal palco di Piazza san Giovanni Landini, in riferimento alla possibilità di uno sciopero generale contro il governo ha affermato: "Non escludiamo nulla. Chiediamo che si cambi la politica economica e sociale di questo paese". Ai giornalisti ha poi ribadito che potrebbe essere indetto in autunno. Va fatto il prima possibile, in ogni caso staremo a vedere, anche se in passato Landini ha spesso minacciato fuoco e fiamme ma poi non ha dato seguito ai suoi annunci.
12 giugno 2019