Sconfitto il nuovo imperatore della Cina Xi
Vittoria dei manifestanti di Hong Kong
Il governo sospende la modifica della legge sull'estradizione in Cina ma la piazza chiede le dimissioni della governatrice Carrie Lam
Due milioni in piazza
Nel pomeriggio del 15 giungo la governatrice di Hong Kong, Cheng Yuet-ngor alias Carrie Lam, si presentava di fronte alla stampa nell'auditorium del palazzo del governo e leggendo un testo scritto annunciava che la modifica della legge sulle estradizioni era “sospesa, senza nessuna data ultima” per l’approvazione. Una vittoria parziale per i manifestanti che l'avevano contestata con l'accusa di limitare l’autonomia dell’ex colonia a favore di una maggiore ingerenza da parte di Pechino. La decisione della governatrice, eletta con la determinante sponsorizzazione dei socialimperialisti cinesi il 26 marzo 2017 e insediata il successivo 1 luglio da Xi Jinping, riceveva solo il sostegno del governo cinese ma non della piazza che alzava il tiro e ne chiedeva le dimissioni. Se il 9 giugno un imponente corteo di un milione di manifestanti aveva sfilato per le vie della città, il 12 giugno migliaia di manifestanti, nonostante le cariche della polizia, avevano assediato e bloccato il parlamento costringendolo a rinviare l’inizio della discussione del provvedimento e creato le condizioni per bloccare l'iter della legge il cui varo era previsto per luglio; la manifestazione del 16 giugno era ancora più forte, con due milioni di manifestanti che chiedevano la cancellazione della modifica e le dimissioni della governatrice. Richieste sostenute di nuovo in piazza il 17 giugno nel corso dello sciopero generale di insegnanti e studenti.
“Le nostre intenzioni erano sincere ed erano di colmare alcune lacune normative”, sosteneva Lam nel difendere l'operato del governo che invece le opposizioni hanno denunciato e ostacolato come un tentativo di Pechino di stringere i tempi per attuare il suo controllo sulla città. La questione della modifica alla legge sulle estradizioni è una questione tecnicamente secondaria ma di importanza politica.
Hong Kong ha leggi sull’estradizione costruite con accordi bilaterali con una ventina di paesi , tra i quali Canada e Stati Uniti ma non con la Cina, Macao e Taipei. La modifica pensata dal governo era scaturita nel febbraio scorso in seguito alla richiesta delle autorità di Taipei di trasferire nell'isola un cittadino di Hong Kong accusato di aver compiuto un omicidio. La richiesta era stata successivamente accantonata dal governo di Taipei ma intanto il governo di Hong Kong aveva iniziato a mettere mano alla legge per rendere possibile l’estradizione per alcuni reati, come l’omicidio, la violenza sessuale o di natura economica. Una questione banale che diventava il grimaldello per avviare la modifica delle leggi esistenti, compresa l'apertura a altre modifiche quali la possibilità di estradizione legale verso la Cina dei dissidenti politici rifugiati a Hong Kong.
La città è governata in base a un protocollo che ne preserva l'autonomia politica, economica e giudiziaria fino al 2047, in base all'intesa negoziata nel 1997 tra la Cina e l'ex potenza coloniale inglese. Fra una trentina di anni Hong Kong cesserà infatti di avere un sistema politico, economico e istituzionale diversi dal resto della Cina ma a Pechino hanno più volte provato a anticipare i tempi della fine dell'autonomia. Come nel 2014 quando tre mesi di proteste popolari bloccarono l'applicazione di una proposta di Pechino di modificare il sistema elettorale che avrebbe consentito al governo cinese di effettuare una preselezione dei candidati al governo di Hong Kong.
Al momento escono sconfitti dalla protesta di piazza la governatrice Lam e il nuovo imperatore della Cina Xi. “Ho comunicato la decisione al governo cinese, che la condivide e la supporta”, sosteneva Lam per sottolineare il sostegno che ancora resterebbe immutato di Pechino al suo governo di cui i manifestanti continuano a chiedere le dimissioni.
Non ha perso l'occasione di pungere il socialimperialismo cinese, il suo principale concorrente, l'imperialismo americano col segretario di Stato Usa Mike Pompeo che inseriva l'argomento delle proteste in corso a Hong Kong fra i temi in discussione, dalla guerra commerciale alla guerra tecnologica del caso Huawei, nell'incontro fra Xi e Trump a margine del G20 di Osaka a fine mese.
19 giugno 2019