Lo denuncia il vice alto commissario Onu
Le restrizioni che impediscono l'aborto sono vere e proprie torture e violenza di genere sulle donne
L'Onu tramite la vice alto commissario per i diritti umani Kate Gilmore ha paragonato le ristrizioni che impediscono l'aborto in molti Stati degli USA come vere e proprie torture e violenza di genere sulle donne.
Secondo la Gilmore questi divieti non fanno altro che alimentare gli aborti clandestini, che purtroppo ancora oggi, sono tra le principali cause di morte tra le donne in tutto il mondo.
L’aborto negli Stati Uniti è regolato dalla sentenza della Corte Suprema Roe v. Wade del 22 gennaio del 1973, con la quale i giudici legalizzarono per la prima volta nella storia americana l’interruzione volontaria di gravidanza. I 50 stati possono però decidere come attuarla ed entro quali limiti.
Con l'avvento di Trump i crociati antiabortisti hanno rialzato la cresta e nel 2019 diversi Stati americani - governati da repubblicani - hanno approvato leggi che limitano molto il diritto all'aborto o in alcuni casi lo cancellano addirittura come per esempio in Louisiana, che sembra intenzionata a ribaltare il verdetto di Roe v. Wade.
Il 16 maggio scorso in Alabama è stata approvata una legge la più restrittiva di tutti gli Stati Uniti d'America che mette fuorilegge l'aborto anche di fronte a stupro o a incesto. Prevede l'interruzione di gravidanza solo nel caso in cui è in pericolo la vita della donna e i medici che violano la legge possono essere condannati a una pena detentiva che va dai 10 ai 99 anni. Così come in Missouri possono abortire solo le donne che rischiano la vita a causa della gravidanza e, in ogni caso, mai dopo le otto settimane di gravidanza (prima erano 22); i medici che non si attengono a queste disposizioni possono essere condannati a 15 anni di carcere.
In Kentucky, Mississipi, Ohio e Georgia, è stata adottato l'aberrante Heartbit Bill
(la legge del battito cardiaco) che impedisce alle donne di abortire quando è possibile rilevare il battito cardiaco del feto. Quindi in base a questo principio per le donne non è possibile interrompere la gravidanza in nessuno caso dopo le sei settimane: un periodo che molti legislatori ed esperti di diritti umani considerano troppo breve, visto che è molto frequente non accorgersi in tempo di essere incinta e alcune analisi fatte troppo presto cioè a inizio gravidanza non sono in grado di riscontrare eventuali malformazioni e problemi al feto.
Il vice alto commissario punta il dito anche sul fattore discritimanatorio di queste leggi: chi ha i soldi per pagare uno specialista, può infatti continuare a sottoporsi a questo tipo di interventi e avere più o meno le stesse garanzie di chi vive in quegli stati dove la pratica è legale; le donne che abitano in contesti più poveri o disagiati, invece, rischiano spesso la vita.
Le affermazioni della Gilmore sono confermate dai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità. In Occidente muoiono 30 donne ogni 100mila che ricorrono a pratiche clandestine di aborto; nei paesi più poveri, le vittime sono sette volte di più (220) e nell’Africa sub sahariana i decessi arrivano addirittura a quota 520 (diciassette volte tanto).
Contro il diritto inalienabile di aborto si sta levando una vera e propria crociata a livello mondiale, è di pochi giorni fa la notizia che il tribunale di Berlino ha deciso che due ginecologhe devono pagare 2mila euro di multa per aver infranto una legge sull’aborto che risale addirittura al periodo nazista.
Da noi in Italia l'aborto è sempre stato sotto attacco fin dalla sua abrogazione, ma mai come ora è in serio pericolo col governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio, un governo che ha dato in mano ministeri come quello per la famiglia e le disabilità a oscurantisti, omofobi e misogeni come il ministro Fontana fra l'altro autore del libro “La culla vuota della civiltà” nel quale spiega che la denatalità è la causa della crisi economica in Italia...
26 giugno 2019