New York
3 milioni di persone festeggiano i 50 anni dalla rivolta di Stonewall
Il 30 giugno, in occasione del 50° anniversario della storica rivolta iniziata nel bar newyorchese “Stonewall Inn” nel quartiere di Greenwich Village, oltre 3 milioni di persone provenienti da ogni parte del mondo hanno preso parte a New York alla parata mondiale del gay pride per rilanciare la lotta del movimento gay, lesbiche, bisessuali e trans (lgbt) in difesa dei propri diritti, contro il razzismo e ogni forma di discriminazione sessuale.
La rivolta iniziò nelle prime ore del 28 giugno 1969 quando un gruppo di clienti dell'iconico bar, centro di ritrovo ricreativo e culturale di migliaia di gay, lesbiche, bisessuali e trans newyorchesi cominciarono a reagire alle retate, alla repressione violenta e ai continui blitz della polizia.
Ne seguirono due notti di scontri a cui presero parte anche molti abitanti del quartiere che si schierarono a fianco dei rivoltosi e contro la polizia. Quei moti sono considerati il momento in cui il movimento lgbt+ globale cominciò a rivendicare pubblicamente, con grande coraggio e orgoglio i propri diritti; dando vita, di fatto, al primo pride della storia.
In realtà per tutto il mese di giugno tante altre città degli Stati uniti e nel mondo, fra cui Milano, si sono colorate di arcobaleno e hanno ricordato con manifestazioni, cortei e varie iniziative lo storico evento.
Il 28 giugno sempre a New York si sono svolte altre due manifestazioni: la prima è partita dallo Stonewall e ha percorso Christopher street, la strada gay per antonomasia; la seconda, in contemporanea, si è svolta nell’East village ed è stata organizzata dalla Drag Queen parade, tradizionalmente l'ala più di sinistra del Pride, messa al bando 25 anni fa dall’organizzazione conservatrice per timore che le “regine” scandalizzassero gli sponsor.
Le due parate si sono incontrare a Washington square park, piazza eretica per eccellenza, dove l’arco che giganteggia è stato colorato dalle luci arcobaleno, così come l’Empire, e la Freedom tower.
Il 29 giugno invece a sfilare sono stati l’Harlem Pride e il Pride di Houston. I due cortei sono sfilati dietro una serie di lunghi striscioni per chiedere l’abolizione dell’Ice, i reparti speciali della polizia, il braccio armato di Trump, responsabile della brutale repressione degli immigrati; e la fine della Nra, la lobby delle armi. Mentre tanti altri cartelli e striscioni sono stati rivolti contro Mike Pence, il vice presidente in carica, noto per le proprie posizioni omofobe sin da quando era governatore dell’Indiana che, curiosamente, è lo stesso Stato da cui proviene anche Pete Buttigieg, primo candidato alla Casa Bianca sposato con un uomo.
“Il nemico è uno e comune ed è il capitalismo – ha dichiarato infatti James, 35enne attivista Lgbtq afroamericano – Se sei gay, transgender, donna, immigrato, povero, sei vittima di questo sistema che per sopravvivere ha bisogno delle nostre risorse. Non è più tempo delle single issue, di combattere per un unico problema, perché sono interconnessi. Il capitalismo è omofobo, razzista, patriarcale. Io sono nero e sono gay – ha aggiunto James – Non posso decidere per cosa lottare scegliendo una o l’altra discriminazione, e non è che sia l’unico nero ad essere gay”.
“50 anni fa venivano caricati dalla polizia – ha aggiunto Sam, volontaria della Dyke March, il corteo lesbico – ora non è un problema correre per la presidenza, ed a Chicago hanno appena eletto una sindaca nera e lesbica, Lori Lightfoot. Non è che sia tutto a posto, Trump vuole cacciare i transgender dall’esercito e aveva chiesto alle ambasciate Usa di non esporre la bandiera arcobaleno, ma sai cosa? Nemmeno l’esercito è con lui, e le ambasciate non l’hanno ascoltato”. Del resto, ha aggiunto James: “Anche 50 anni fa gli abitanti del quartiere Greenwich Village erano scesi in piazza per difendere i gay a conferma che le discriminazioni in realtà sono indotte, mentre in natura love is love”.
10 luglio 2019