Secondo il sito Usa BuzzFeed
Trattato dalla Lega un finanziamento della Russia di 65 milioni di dollari
Salvini: “Querelo tutti”
Ricatto di Putin per la svolta pro Usa o siluro dei democratici per far fuori Trump?
La pubblicazione da parte del sito giornalistico americano BuzzFeed
dei file audio che comprovano la trattativa intercorsa il 18 ottobre 2018 all'Hotel Metropol di Mosca, fra tre emissari di Salvini e altrettanti funzionari russi della cerchia di Putin, avente per oggetto la vendita all'Eni di una partita di tre milioni di tonnellate di gasolio, con un ritorno di 65 milioni di dollari per la Lega e una sostanziosa tangente per la controparte russa, è esplosa il 10 luglio come una bomba riportando prepotentemente alla ribalta la vicenda dei finanziamenti occulti della Russia al partito del vicepremier e ministro dell'Interno.
La vicenda era già stata svelata con i particolari essenziali da un'inchiesta de L'Espresso
del febbraio scorso, e successivamente sviluppata nel "Libro nero della Lega" scritto dagli stessi giornalisti Giovanni Tizian e Stefano Vergine, autori dello scoop. E il settimanale non è mai stato querelato dalla Lega per le rivelazioni di quell'inchiesta, che allora era caduta per lo più nel silenzio e nell'indifferenza della politica e dei media borghesi. Aveva però determinato l'apertura di un'indagine giudiziaria della procura di Milano, che forse aveva già in mano le registrazioni di quella seduta al Metropol, ma che in ogni caso, dopo la loro pubblicazione, ha impresso un nuovo impulso all'inchiesta con l'iscrizione nel registro degli indagati per l'ipotesi di corruzione di Gianluca Savoini, presidente dell'associazione Lombardia-Russia e stretto collaboratore di Matteo Salvini in qualità di suo agente di collegamento con la Russia e con il partito di Putin, Russia Unita. È accusato dai pm milanesi Gaetano Ruta e Sergio Spadaro, coordinati dall’aggiunto Fabio De Pasquale, di avere quantomeno promesso una corposa tangente ai tre russi, considerati dei pubblici ufficiali, e tanto vale per configurare il reato di corruzione.
Il viaggio di Salvini a Mosca del 17-18 ottobre 2018
Riepiloghiamo sinteticamente questa sporca storia: il 17 ottobre 2018 il ministro dell'Interno, accompagnato dal fido Savoini e da Claudio D'Amico, il suo "consigliere per le attività strategiche di rilievo internazionale" al soldo del ministero, uomo chiave insieme a Savoini per i rapporti con i russi, insieme al quale possiede un'agenzia d'affari a Mosca, la Orion, vola in Russia per partecipare ad un convegno di Confindustria con imprenditori italiani che operano in quel paese. In quell'occasione, all'Hotel Lotte di Mosca, interviene chiedendo la fine delle sanzioni alla Russia ("sono una follia"), esalta Putin e proclama la sua amicizia per la Russia ("qui mi sento a casa mia, in altri paesi europei no"), e irride a chi parla dei finanziamenti alla Lega. Dopo la conferenza stampa sparisce però per 12 ore e riappare solo il giorno dopo, il 18 ottobre, all'aeroporto dove sta per imbarcarsi per il ritorno in Italia. È in quella stessa mattina che si svolge l'incontro al Metropol tra Savoini e altri due italiani allora non ancora identificati, nominati "Luca" (l'avvocato che tratta gli aspetti tecnici dello scambio) e "Francesco" (chiamato il "nonno", che però in russo significa anche persona importante), con i tre russi per trattare l'affare petrolifero.
Secondo l'Espresso,
in quel lasso di tempo in cui scompare dai radar mediatici, Salvini incontrò in gran segreto il vicepremier Dmitry Kozak, delegato agli affari energetici di Putin, e l'incontro avvenne nello studio dell'avvocato Vladimir Pligin, avvocato moscovita facente parte della stretta cerchia di Putin e influente membro della Duma. Perché mai il ministro dell'Interno italiano sentì il bisogno di parlare con il vicepremier russo che si occupa di petrolio e altre risorse energetiche? Sta di fatto che nelle registrazioni carpite al Metropole e pubblicate da BuzzFeed
si sente chiaramente fare riferimento all'"incontro avvenuto ieri", all'avvocato Pligin (di cui "bisogna aspettare il ritorno" per concludere l'affare), e alle "carte che sono già pronte per essere presentate al vicepremier". Inoltre l'unico dei tre delegati russi identificati, Ylia Yakunin, è un manager notoriamente molto vicino allo stesso Pligin, per cui è molto difficile immaginare, specie se le rivelazioni sull'incontro segreto nello studio di Pligin risultasseroo confermate, che la trattativa di circa un'ora e mezzo al Metropol sia stata solo un'iniziativa personale dei sei partecipanti e avente fini solo commerciali (come sostiene l'avvocato massone Gianluca Meranda, che ora si rivela come il "Luca" della trattativa e che sarà interrogato dai pm milanesi), e senza che Salvini e il governo russo ne sapessero niente.
"Salvini è il nuovo Trump europeo"
D'altra parte il vero movente politico della trattativa emerge in maniera incontestabile dai colloqui registrati, fin dall'intervento introduttivo di Savoini, che mostra chiaramente come lo scopo della transazione fosse quello di procacciare fondi neri alla Lega per sostenere la sua campagna elettorale per le europee del maggio 2019; elezioni che, sottolinea un'altro degli italiani, "sono alle porte", per cui "bisogna concludere presto": "Il prossimo maggio ci saranno le elezioni europee - esordisce infatti Savoini - . Noi vogliamo cambiare l'Europa. Una nuova Europa deve essere vicina alla Russia come prima, perché vogliamo avere la nostra sovranità... Salvini è il primo uomo che vuole cambiare l'Europa, insieme ai nostri alleati come Heinz-Christian Strache in Austria, Alternative für Deutschland in Germania, la signora Le Pen in Francia, Orbán in Ungheria, Sverigedemokraterna in Svezia. Vogliamo iniziare una grande alleanza con questi partiti che sono pro-Russia". E uno dei russi conferma: "Salvini è il Trump europeo... è il capo di tutta l'estrema destra europea".
L'affare che i sei progettano e discutono a tavolino (tra l'altro si fa riferimento ad un incontro precedente a Roma, e anche Meranda ha confermato che la trattativa richiese diversi incontri, anche se poi a suo dire non arrivò a concludersi), consiste nella vendita da parte di una grande azienda petrolifera di Stato russa all'Eni, di un grossa partita di gasolio del valore di 1,5 miliardi di dollari per sei mesi o un anno. La vendita avverrà con la mediazione di una società intermedia e una banca europea (si fa anche il nome di banca Intesa Russia in cui "c'è un nostro uomo, si chiama Mascetti", manager ex missino e amico di Salvini, ndr). E sul prezzo i russi applicheranno uno sconto minimo del 4% da girare alla Lega, che BuzzFeed
calcola perciò in 65 milioni di dollari, mentre l'Eni (che ha smentito di aver a che fare con la vicenda) lo pagherà a prezzo pieno.
Se poi lo sconto sarà maggiore la differenza la intascheranno i mediatori russi, ed è per questo che la procura milanese ipotizza il reato di corruzione, mentre per il reato di finanziamento illecito ai partiti da parte di uno Stato estero occorrerà provare che i soldi siano stati effettivamente incassati dalla Lega: "Questa è una garanzia, loro prendono pure 400... quel cazzo che devono prendere, ma è una garanzia", dice infatti Savoini ai connazionali. E il tutt'ora misterioso "Francesco" tiene a ribadire agli interlocutori russi che lo scopo di tutta la faccenda non è di lucro personale ma squisitamente politico: "Questa è solo una questione politica, vogliamo finanziare la campagna elettorale, e questo è positivo per tutt’e due le parti".
Le ridicole bugie sui rapporti con Savoini
La reazione di Salvini allo scoppio della bomba BuzzFeed
è stata di smarrimento, se non di panico, malamente mascherati dietro la consueta sbruffoneria più che mai ostentata in questa occasione per negare tutto, minacciando querele a destra e a manca e abbondando in battute da bar e rispostacce a giornalisti troppo insistenti, con frasi del tipo: "Mai preso un rublo, un dollaro o un litro di vodka da nessuno"; oppure: "Ma sì, cercate quello che vi pare, i rubli, il metano, i missili e le armi nucleari, buona fortuna". E prendendosela come al solito con la magistratura: "È ridicola questa inchiesta, se c'è un rublo fuori posto sarò il primo ad arrabbiarmi. Sono tranquillissimo. Ho totale fiducia nella magistratura italiana, che è la più veloce, libera, solerte e indipendente al mondo".
È quel tipo di panico che prende chi non riesce a capire da che parte provengano i colpi e soprattutto se al primo ne seguiranno degli altri. Per questo il suo primo impulso è stato anche il più stupido, tentare di negare i suoi stretti legami con Savoini e farlo passare per un millantatore, un "imbucato" senza permesso ai suoi incontri ufficiali, e arrivando persino a mettere in dubbio la sua appartenenza alla Lega. A quanti gli chiedevano che cosa ci facesse allora Savoini alla sua riunione del 16 luglio 2018 a Mosca con il ministro dell'Interno russo Kolokoltsev e i rappresentanti del Consiglio per la sicurezza nazionale, Averyanov e Venediktov, un incontro istituzionale della massima riservatezza, il caporione fascioleghista così sbottava: "Che ne so che ci faceva Savoini seduto a quel tavolo, chiedetelo a lui! Non era invitato dal ministero dell'Interno".
Stessa (non) risposta anche riguardo alla presenza di Savoini alla cena di gala del 4 luglio offerta da Conte a Putin al termine della sua visita ufficiale a Roma. Una linea difensiva palesemente falsa e ipocrita assecondata goffamente anche dallo stesso Savoini, che dichiarava testualmente a La Repubblica
: "Se serve un colpevole allora mi offro, anche se non ho fatto nulla. Salvini in questa vicenda non c'entra niente". Ma siccome le bugie hanno le gambe corte, sui giornali sono apparse valanghe di foto e testimonianze che documentano gli stretti legami di Salvini con Savoini, simpatizzante neonazista, militante della Lega dal 1991, già portavoce di Maroni e dello stesso Salvini, presidente di un'associazione domiciliata nello stesso palazzo milanese sede nazionale della Lega, sempre presente in decine di incontri ufficiali del capo e soprattutto in tutti i suoi viaggi in Russia.
Anche per quanto riguarda la cena con Putin a Roma, un'indagine e un comunicato della Presidenza del Consiglio hanno chiarito che l'invito a Savoini era stato richiesto espressamente da Claudio D'Amico: come dire dallo stesso Salvini. Inoltre Salvini, Savoini e Meranda risulta abbiano partecipato insieme il 7 giugno 2018 alla festa nella residenza dell'ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov. Tra l'altro è emerso anche che esattamente un mese dopo l'incontro moscovita del 18 ottobre, la Lega presentò guarda caso un emendamento, il n. 7.23 al decreto spazzacorrotti, che non passò, per cancellare il divieto di finanziamento ai partiti da parte di uno Stato straniero. E ad aprile 2019 un altro emendamento, stavolta al decreto crescita, che toglie lo stesso divieto "alle fondazioni, associazioni e comitati".
Chi c'è dietro le rivelazioni di BuzzFeed?
Messo con le spalle al muro da tutta questa massa di indizi, Salvini sta cambiando tattica. Ora riconosce la vicinanza a Savoini ma giura che è "una brava persona fino a prova contraria", sperando che in questo modo costui non sia spinto a vuotare il sacco. E infatti alla prima convocazione dei pm il presidente dell'associazione di facciata Lombardia-Russia si è subito avvalso della facoltà di non rispondere. Sembra che ora il ministro stia ammorbidendo anche il suo atteggiamento in un primo tempo strafottente nei confronti del parlamento, o almeno di chi come il PD lo chiama a riferire in aula, ("che ci vado a fare, a parlare di cene?"); chiamata rifiutata dalla presidente del Senato Casellati, per la quale si trattava solo di "pettegolezzi giornalistici". Salvini si era fatto forte della complicità di Conte e Di Maio, che in un primo momento avevano minimizzato pilatescamente la vicenda per salvare il governo (il premier aveva per ben due volte ribadito di avere piena fiducia nel ministro dell'Interno), ma man mano che le innumerevoli prove dei legami tra lui e Savoini emergevano, anche i due alleati sono stati costretti a marcare qualche distanza con dichiarazioni non contrarie a portare la vicenda in parlamento.
C'è da capire da chi e per che cosa sia stata avviata l'operazione BuzzFeed
mirante a Salvini, e se si fermerà qui. In proposito sono emerse sulla stampa varie ipotesi. Una l'attribuisce ai servizi di Putin, come avvertimento al leader della Lega per non aver mantenuto le promesse di chiedere in sede Ue di togliere le sanzioni alla Russia, e per essersi anzi schierato ultimamente e in maniera plateale con gli Usa. Tuttavia non si capirebbe dove starebbero i vantaggi per Putin, a parte una "vendetta" fine a sé stessa, nel bruciare quello che nonostante tutto resta pur sempre il suo principale referente in Italia e in Europa. Altri l'attribuiscono agli americani, e altri ancora ai servizi di qualche paese della Ue, presumibilmente della Francia e/o della Germania.
Un inaffidabile che si vende al potente di turno
Per quanto riguarda gli americani sembra improbabile che l'attacco venga dal governo Trump: per gli stessi motivi di Putin, perché Salvini è il suo più prezioso e convinto alleato in Europa, e perché proprio di recente è stato accolto a braccia aperte a Washington. Lo ha ribadito anche Edward Luttwak in un'intervista a Libero
, escludendo che i legami di Salvini con Putin possano costituire un problema per Trump. Che del resto ha interesse a servirsi di Salvini per scardinare la Ue esattamente come ce l'ha il nuovo zar del Cremlino.
Più verosimile appare l'ipotesi che l'operazione provenga dagli ambienti dei democratici Usa, interessati non da oggi a far fuori Trump, alla vigilia delle elezioni, attraverso la dimostrazione dei suoi traffici occulti con Putin, e a rinsaldare l'Alleanza atlantica con gli alleati europei. Magari potrebbe trattarsi anche di un'operazione congiunta tra gli oppositori di Trump con i governi francese e tedesco. Lo farebbe pensare il fatto che il sito BuzzFeed
è stato creato da un ex collaboratore dell'Huffington Post
e che già in passato aveva pubblicato un dossier di un ex agente britannico che accusava Trump di essere ricattato dai russi per certi suoi maneggi commerciali e per un video che lo ritraeva con prostitute russe.
Quel che è certo è che il duce dei fascisti del XXI secolo ora trema perché non sa cosa hanno ancora in mano gli inquirenti e quali altri colpi gli possano arrivare addosso, temendo di finire azzoppato proprio all'apice della sua fulminante ascesa elettorale e politica. Ascesa che, ora lo sappiamo per certo, è stata anche drogata grazie ai soldi di Putin. Il fatto è che con questa vicenda egli si è confermato essere un politicante spregiudicato pronto a vendersi al potente di turno: prima il nuovo Zar Putin, con cui intrattiene stretti rapporti fin dalla sua ascesa la vertice della Lega, e poi il dittatore fascista americano Trump, con la conversione spettacolare che Salvini fece subito dopo il ritorno da quel convegno confindustriale di Mosca, quando il 24 ottobre fu convocato dall'ambasciatore americano in Italia, Eisemberg, e da allora cominciò a manifestare piena adesione a tutte le posizioni di Trump in politica estera, fino al recente viaggio in Usa a baciargli la pantofola. Col risultato che ora questo bandito risulta inaffidabile per i russi, per gli americani e per la Ue.
Fino a che punto l'aspirante duce d'Italia possa restare azzoppato da questa sporca faccenda è quindi tutto ancora da vedere: dalla sua ha ancora i sondaggi in ascesa e la copertura dei servizievoli Di Maio e Conte, per non parlare di Berlusconi e della Meloni. Ma bisognerà vedere come procederanno le indagini e se ci saranno nuove rivelazioni compromettenti.
Intanto però bisogna continuare a non dargli tregua nelle piazze per buttare giù con la lotta l'aspirante duce d'Italia, insieme al suo governo nero fascista e razzista Lega-M5S.
17 luglio 2019