No alla statua del fascista D'Annunzio a Trieste
Contro il monumento raccolte 1500 firme in tre giorni

 
Inaugurata lo scorso 12 luglio e in programma fino al 3 novembre 2019 si svolgerà a Trieste al Salone degli Incanti la mostra intitolata “Disobbedisco. La Rivoluzione di d’Annunzio a Fiume 1919-1920” con la quale l'amministrazione di “centro-destra” del capoluogo del Friuli-Venezia Giulia retta da Roberto Dipiazza - che comprende Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia e che l'ha fortemente voluta e che ha contribuito a organizzare - intende commemorare il centenario dell'impresa di Gabriele D'Annunzio a Fiume.
Nell'ambito di tali celebrazioni è stato annunciato che il prossimo 12 settembre, nella centralissima Piazza della Borsa a Trieste, verrà collocata una statua del politico fascista abruzzese, opera dello scultore Alessandro Verdi, al fine di celebrare l'impresa di Fiume esattamente a un secolo di distanza dalla partenza di 2500 legionari da Ronchi a Fiume.
Il titolo della mostra, il suo contenuto e le iniziative connesse distorcono la storia, in quanto vorrebbero mostrare in modo fraudolento un Gabriele D'Annunzio distante dal fascismo sin dalla nascita di tale movimento (nel 1919, anno dell'impresa di Fiume, nacquero i Fasci di combattimento) e vorrebbero far credere che la reazionaria provocazione capeggiata dal poeta abruzzese a Fiume sia stata addirittura una rivoluzione: al contrario, la verità storica è ben diversa, perché D'Annunzio fu uno dei primi firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925, aderì fino alla sua morte (nel 1938) a tutte le iniziative del regime mussoliniano, dalle imprese coloniali alla legislazione razziale contro gli etiopi e a quella etnica contro gli slavi, e che l'impresa di Fiume, finanziata da Mussolini con una raccolta di fondi di ottocentomila lire dell'epoca, fu compiuta nel nome del nazionalismo più reazionario, che aveva tra gli obiettivi una vera e propria pulizia etnica, ossia la cacciata dal territorio fiumano (nel quale meno della metà della popolazione era di lingua italiana) o l'assimilazione forzata delle etnie di lingua croata, slovena, ungherese e tedesca che vi risiedeva sin dal medioevo.
Del resto, l'operazione di revisionismo filofascista è evidente dalle parole del sindaco Dipiazza, secondo il quale l'impresa di Fiume “merita di ritrovare la giusta collocazione attraverso un racconto corretto, chiaro e libero da fantasmi propagandistici che ne hanno alterato il contenuto e la portata” , e ovviamente le parole dettate per l'impresa vangono, secondo Dipiazza, anche per chi la guidò: D'Annunzio.
Contro tali provocazioni antistoriche si sono mosse le associazioni democratiche e antifasciste locali (Circolo Modotti, Resistenza Storica, Nuova Alabarda) che hanno duramente contestato la mostra e hanno lanciato un appello, firmato anche da noti intellettuali, affinché la statua di D'Annunzio non venga inaugurata: “non discutiamo il valore di Gabriele D’Annunzio come artista, poeta e letterato - ha spiegato in una conferenza stampa alla libreria Knulp di Trieste lo scorso 4 luglio Claudia Cernigoi di Nuova Alabarda - bensì condanniamo la scelta del Comune di dedicargli un monumento per commemorare i cento anni dall’impresa di Fiume: è una manovra politica e non culturale che non celebra il poeta ma l’impresa bellica, quasi a voler rivendicare un diritto di sovranità italiana su una città oggi croata, una cosa inaccettabile che può persino creare polemica e tensione fra due stati confinanti” .
Nell'appello si evidenzia che l'impresa di Fiume, lungi dall'essere stato un momento di libertà e tantomeno un momento rivoluzionario nella storia d'Italia e d'Europa, fu la prova generale della Marcia su Roma, e lo dimostra il sostegno che Mussolini in prima persona fornì all'impresa con aiuti anche materiali, e il sindaco dell'attuale città croata di Rijeka (la vecchia Fiume), Vojko Obersnel, oltre a protestare contro la mostra triestina e l'inaugurazione del monumento a D'Annunzio, ha annunciato passi ufficiali nei confronti delle autorità italiane, scrivendo tra l’altro: “le iniziative che festeggiano l’occupazione delle terre degli altri, sono in opposizione con la politica europea, che, come una delle proprie basi, ha l’antifascismo”.
Gli slavi, del resto, non dimenticano la tracotanza fascista ai loro danni, a iniziare dal 13 luglio 1920, quando gli squadristi in camicia nera assaltarono e distrussero a Trieste l’Hotel Balkan, sede del Narodni Dom, il principale centro culturale slavo della città, che conteneva, tra l'altro, una biblioteca e un teatro, al quale seguì una vera e propria caccia all'uomo contro gli slavi residenti a Trieste, con numerosi morti e feriti.
Nel frattempo è stata indetta nel capoluogo del Friuli-Venezia Giulia una raccolta di firme contro la statua di D'Annunzio in città, che dopo tre giorni erano già 1500 e ormai sono molte migliaia, segno evidente che la Trieste antifascista non ci sta a far passare una simile provocazione revisionista volta, di fatto, a sdoganare una tragica pagina di storia fascista attraverso la figura di un intellettuale del quale, come ha sottolineato la Cernigoi, si condannano le scellerate azioni politiche compiute in nome di una ideologia, quella fascista, che egli di fatto ha contribuito a creare e alla quale ha dato esempio, lessico e ispirazione anche con una impresa come quella di Fiume.

17 luglio 2019