Guerra aperta ai migranti e alle Ong
Salvini schiera la marina militare a difesa dei porti
Confiscato il veliero Alex
Il papa: “I migranti sono persone umane”
Non contento dei provvedimenti fascisti introdotti col cosiddetto decreto sicurezza bis che prevede porti chiusi, divieto di ingresso, transito e sosta delle navi Ong nelle acque territoriali italiane, multe salatissime, sequestro delle navi e arresto immediato del comandante, capomissione e armatore; il 7 luglio, nel corso di una riunione del Comitato nazionale ordine e sicurezza convocato d’urgenza, l'aspirante duce d'Italia Matteo Salvini ha di fatto dichiarato guerra totale ai migranti e alle Ong annunciando una nuova serie di “provvedimenti per fermare l'invasione di stranieri nel nostro Paese”.
La misura di maggior impatto è lo schieramento delle navi della Marina Militare e della Guardia di Finanza in difesa del "confine" delle acque territoriali. Praticamente le stesse navi che fino a pochi mesi fa erano impegnate nel trasbordo e nel salvataggio dei naufraghi, ora verranno usate per impedire fisicamente il passaggio e l’aggiramento della Sea Watch o della Mediterranea di turno.
Il piano prevede che la competenza sulle acque nazionali spetti ai mezzi della Guardia di Finanza, mentre la Marina Militare ha il compito di vigilare in acque internazionali.
Si tratta di un vero e proprio blocco navale contro migranti e Ong che fra l'altro prevede anche l’impiego massiccio di radar, droni e monitoraggio con mezzi aerei e navali sulle coste africane per intercettare le partenze e segnalarle alle autorità libiche in modo da accelerare, rispetto a quanto accade oggi, l’intervento della cosiddetta Guardia costiera libica che sarà fornita di altre dieci motovedette regalate da Salvini al governo di Tripoli per fare il lavoro sporco che i militari italiani non possono fare, ossia: riportare i profughi nelle prigioni e nei lager libici.
“A me non serve un’operazione di trasporto di immigrati in giro per il Mediterraneo – ha tuonato il duce fascio-leghista al termine della riunione - A me serve un’operazione di protezione e tutela e oggi gli esponenti della Difesa hanno dato suggerimenti utili non per distribuire i problemi in giro per l’Europa ma per bloccarli alla radice”.
Ma non basta. Perché tra le misure invocate da Salvini c'è anche l’incremento delle multe per le navi violano il divieto (oggi il massimo ammonta a 50 mila euro) che va da un minimo di 500 mila fino a 1 milione di euro più l’arresto immediato del comandante della nave.
Provvedimenti di chiaro stampo fascista, xenofobo e razzista condivisi in pieno dal M5S e dal ducetto Di Maio che addirittura ha suggerito a Salvini di accelerare l'iter per la confisca della nave che viola il divieto, affinché venga fatta scattare subito e non dopo la reiterazione del reato.
A farne le spese sono stati il comandante Tommaso Stella e l'armatore del veliero Alex Beppe Caccia multati per oltre 66mila più la richiesta di confisca dell'imbarcazione.
Il 6 luglio il veliero Alex ha forzato il blocco imposto dal Viminale ed è entrato nel porto di Lampedusa. La Guardia di finanza ha subito notificato il sequestro preventivo della nave. Il 7 luglio la procura di Agrigento ha convertito il sequestro in probatorio e ha inoltrato l’avviso di garanzia al comandante Tommaso Stella e al capomissione, il parlamentare di Sinistra italiana Erasmo Palazzotto, per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nonché resistenza e disobbedienza agli ordini di nave da guerra. Le stesse accuse mosse alla capitana di Sea Watch 3, Carola Rackete, e poi smontate dalla gip di Agrigento Alessandra Vella.
Mediterranea ha reagito coraggiosamente e via social ha denunciato che: “La Gdf ci ha contestato un ingresso accidentale dell’Alex nelle acque territoriali che sarebbe avvenuto venerdì mattina. Si tratta di un pretesto del tutto illegittimo, ma le conseguenze sono una seconda sanzione e il sequestro amministrativo del veliero. Se pensano di fermarci si illudono: stiamo già preparando i ricorsi e con il sostegno di tutti voi torneremo presto in mare”.
Tutto ciò mentre i trafficanti di esseri umani, armi e droga e i contrabbandieri di petrolio continuano a farla da padrone nel Mediterraneo.
I numeri diffusi dallo stesso ministro dell’Interno confermano che non c'è nessuna “invasione di migranti in atto” e meno di un migrante su dieci arriva in Italia con le Ong. Nel 2019, con sei sbarchi, le navi umanitarie hanno portato a terra solo 297 persone sulle 3.082 approdate in Italia nei primi sei mesi dell’anno, meno del 10 per cento.
Salvini sa benissimo che i trafficanti libici e tunisini hanno cambiato strategia e che ora spediscono i migranti o su barchini spesso agevolati da navi madri o su pescherecci solidi che partono dalle spiagge di confine tra Libia e Tunisia e non hanno difficoltà ad entrare indisturbati in acque italiane. Anche qui i numeri dei primi sei mesi del 2019 non lasciano spazio ad interpretazioni. Sono ben più di due terzi, esattamente 2.486 dei 3.082, i migranti arrivati in Italia così, quasi tutti migranti economici. Ed è un numero per difetto perché, ovviamente, una parte delle persone arrivate con i cosiddetti sbarchi fantasma riesce a dileguarsi a terra senza essere intercettata dalle forze dell’ordine. E se c’è qualche imbarcazione da definire «non inoffensiva per la sicurezza nazionale», come recita la formula che sta alla base del divieto di ingresso in acque italiane per le navi che trasportano migranti, sono proprio queste.
Lo ha detto chiaramente anche il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio davanti alle commissioni Affari costituzionali e giustizia della Camera: “È con gli sbarchi fantasma che arrivano le persone più pericolose, quasi sempre pregiudicati, latitanti e in contatto con organizzazioni terroristiche. Dalla Tunisia alla Sicilia ci sono regolari collegamenti navali due volte la settimana. È evidente che chi sceglie di arrivare su uno di quei barchini spera di non essere identificato”.
I tunisini sono la prima nazionalità tra i migranti sbarcati, uno su cinque. Poi vengono i pakistani, quelli che arrivano sui velieri che partono dalla Turchia e dalla Grecia e che, con cadenza almeno bisettimanale, sbarcano sulle coste della Calabria e del Salento: pakistani, iracheni, iraniani e bengalesi. Ne sono arrivati già 900 dall'inizio dell'anno "traghettati" dagli scafisti russi e ucraini che incassano tra i 5 e i 6.000 euro a migrante (contro i 1.000 che si pagano oggi per le partenza da Libia e Tunisia). Un traffico lucrosissimo, mediamente 400.000 euro a viaggio) che non sembra minimamente interessare Salvini.
Scorrendo la mappa delle nazionalità dei migranti approdati in Italia nel 2019, si scopre che dei tanto temuti africani, la cui presunta invasione continua ad essere sbandierata da Salvini insieme al rischio di sostituzione etnica, ne sono arrivati ben pochi. I nigeriani, addirittura, sono totalmente scomparsi: neanche uno. Dai lager libici dove sono rinchiusi in massima parte i migranti partiti dai Paesi dell’Africa subsahariana, sono riusciti a sfuggire solo 314 ivoriani, 80 sudanesi, 80 guineani, non si arriva a contarne neanche 500. Appena pochi di più degli algerini e dei marocchini che scelgono la strada più dritta verso la Sardegna, anche lì senza incontrare nessun controllo.
Non a caso, sei anni dopo il suo primo viaggio a Lampedusa, il papa ha ricordato che “In questo sesto anniversario della visita a Lampedusa, il mio pensiero va agli ultimi che chiedono di essere liberati dai mali che li affliggono... ingannati e abbandonati a morire nel deserto... torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione... che sfidano le onde di un mare impietoso” e che vengono rinchiusi “in campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea... Non si tratta solo di migranti – ha concluso sono prima di tutto persone umane, e che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”.
17 luglio 2019