Dichiarazioni di Stoltenberg all'incontro della Coalizione globale contro l'IS
Il segretario generale della Nato: “Dobbiamo continuare a combattere lo Stato islamico per sradicarlo ovunque esso sia”
La Nato rimarrà in Afghanistan finché “non sia più un rifugio sicuro per i terroristi internazionali”

 
Alla fine del 2018 il presidente americano Donald Trump aveva annunciato la vittoria nella guerra allo Stato islamico (IS) in Siria e l'avvio del ritiro delle truppe Usa dal paese. Una mossa più propagandistica che reale tanto che i marines sono ancora lì, come i gruppi militari dell'IS ancora attivi nelle zona settentrionale di confine tra Siria e Iraq. Che la liquidazione dell'IS sia ancora ben lontana da quanto auspicato dai paesi imperialisti lo confermava il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in una breve dichiarazione del 27 giugno scorso: l'alleanza militare imperialista partecipa con convinzione allo sforzzo “per prevenire una risurrezione Daesh/ISIS” in Iraq e quindi “dobbiamo continuare a combattere lo Stato islamico per sradicarlo ovunque esso sia”.
Una dichiarazione in linea con quanto discusso nella riunione del 27 giugno a Parigi dei Direttori politici degli 80 paesi della Coalizione Globale anti-Daesh, costituita e guidata dall'imperialismo americano nel 2014, che hanno affermato: “La liberazione finale di tutti i territori un tempo detenuti da Daesh / ISIS in Iraq e Siria è stata annunciata il 23 marzo 2019” ma “la sconfitta territoriale di ISIS non rappresenta lo sradicamento del gruppo dei terroristi o la fine della minaccia terroristica che essi pongono”.
Anzi, sottolineava la dichiarazione dell'incontro di Parigi, l'IS ha dimostrato la sua capacità di resilienza e adattabilità, continuando a condurre attacchi letali sia in Iraq che in Siria dove recentemente sono aumentati. “Il lavoro per assicurare una duratura sconfitta di Daesh/ISIS deve essere ancora fatto”, e la Coalizione si impegnava a rimanere unita e determinata nell'azione militare a sostegno del governo iracheno e dei “nostri partner locali in Siria”, le SDF a guida curda; oltre a “costruire le capacità delle forze di sicurezza irachene, in stretto coordinamento con altri attori internazionali coinvolti come la Nato e l’Unione europea”, presenti sul campo e nel partecipare alla “strategia globale antiterrorismo delle Nazioni Unite” a partire dall'adesione “a tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu che vietano la fornitura di qualsiasi forma di sostegno, diretto o indiretto, che faciliti i movimenti dei militanti dello Stato Islamico”.
La Nato darà il suo contributo, garantiva il socialdemocratico norvegese Stoltenberg, a partire dal prosieguo della missione militare in Afghanistan. Alla riunione del 26 giugno dei ministri della Difesa Nato a Bruxelles sosteneva che “ci sono colloqui tra i Talebani e gli Stati Uniti” e che “siamo più vicini a un accordo di pace ora di quanto non lo siamo mai stati prima” ma siccome continua ancora nel paese la resistenza all'occupazione imperialista “resteremo in Afghanistan per tutto il tempo necessario, per garantire che il paese non ritorni mai più ad essere un rifugio sicuro per i terroristi internazionali”. E mantenere truppe in Iraq e Afghanistan torna comodo all'imperialismo americano anche per tenere sotto pressione il nuovo bersaglio principale nella regione, l'Iran, con la presenza militare nei due paesi confinanti.

31 luglio 2019