Giochi del parlamentarismo borghese alle spalle del proletariato e delle masse popolari
Dal governo dei fascisti del XXI secolo al governo trasformista liberale Conte al servizio del regime capitalista e neofascista
Il 29 agosto, dopo due rapidissimi giri di consultazioni con i partiti, a seguito della crisi di governo provocata l'8 agosto da Salvini per andare subito al voto, il capo dello Stato ha conferito a Giuseppe Conte l'incarico di formare un nuovo governo con PD e M5S, a cui hanno offerto il loro appoggio anche LeU, Sinistra Italiana e il gruppo Autonomie. Mattarella ha dato a Conte tempo fino a mercoledì 4 settembre per sciogliere la riserva e presentarsi con il programma e la nuova squadra di governo, e se il tentativo non dovesse andare in porto ha già fatto sapere che non concederebbe altri tentativi e scioglierebbe le Camere per andare a nuove elezioni, presumibilmente a novembre.
Se invece Conte andrà al Quirinale a sciogliere positivamente la riserva, allora avremo avuto nel giro di un mese una spettacolare giravolta, dal governo dei fascisti del XXI secolo, Lega-M5S al governo trasformista liberale PD-M5S, guidati entrambi dallo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte, stavolta però con la benedizione dei vertici della UE, di Macron e della Merkel, di Prodi e del Vaticano, e perfino del dittatore fascista americano Trump. Due governi sempre al servizio del regime capitalista e neofascista e nati solo per ingannare il proletariato e le masse popolari: il vecchio con la demagogia apertamente fascista e razzista, e il nuovo con il trasformismo e il liberalismo borghesi.
Ma come si è arrivati a questo capovolgimento di alleanze in così breve tempo?
Come è iniziata la crisi
Giovedì 8 agosto Salvini va da Conte a chiedergli di dimettersi per andare al più presto al voto, perché non si può più andare avanti con il "governo dei no". Il premier gli ribatte che "questo non è il governo dei no, appena lunedì ti abbiamo votato il decreto sicurezza", e lo avverte che se vuole sfiduciarlo dovrà farlo in parlamento.
Quella sera stessa, in un comizio a Pescara, seconda tappa di un forsennato quanto contestato giro di comizi sulle spiagge del Centro-Sud della penisola (già programmato non a caso in precedenza), Salvini stacca pubblicamente la spina al governo, a Camere già chiuse, sfidando arrogantemente i parlamentari già partiti per le ferie ad "alzare il culo" e venire subito in parlamento per discutere la mozione di sfiducia della Lega, che infatti sarà presentata il giorno dopo in Senato. Da parte sua Conte, subito dopo il proclama salviniano, replicherà in diretta video sfidandolo a sfiduciarlo in parlamento e a "spiegare al Paese le ragioni di questa interruzione brusca dell'azione dell'esecutivo", rivelando di essersi sentito dire dal ministro che lo faceva per "capitalizzare il consenso raggiunto dalla Lega".
In pieno delirio di onnipotenza, sicuro di poter comandare a bacchetta il parlamento e il Quirinale e ottenere le elezioni immediate, l'aspirante duce d'Italia chiedeva al popolo di dargli "i pieni poteri per governare", e annunciava già che "il prossimo governo dovrà fare una vera riforma della giustizia, perché non viviamo in una repubblica giudiziaria". Nei suoi piani il parlamento avrebbe dovuto votare sulla sfiducia ancor prima di Ferragosto, con l'obiettivo dichiarato di andare alle elezioni a ottobre e fare un nuovo governo da lui presieduto per varare una manovra all'insegna di "flat-tax, grandi opere, pace fiscale, no all'aumento dell'Iva". Ma il colpaccio non gli è riuscito, perché il 12 agosto PD e M5S, oltre a LeU, SI e Autonomie glielo hanno respinto in aula a maggioranza, calendarizzando le comunicazioni di Conte sulla crisi per il 20 agosto.
Evidentemente il nuovo Mussolini non aveva fatto bene i conti con le regole e i tempi della democrazia parlamentare borghese, e con la poca o punta voglia di una larga parte del parlamento di lasciare le poltrone e andare a casa: soprattutto i parlamentari del M5S, terrorizzati dalla prospettiva di non rientrarci; ma anche dei renziani, attualmente in maggioranza nei due gruppi del PD, ma che Zingaretti non avrebbe certo ricandidato, approfittando delle elezioni per mettere fine al dualismo di poteri con Renzi e riprendersi tutto il partito.
La mossa spregiudicata di Renzi
Soprattutto, quello che Salvini non aveva previsto, come del resto nessuno oltre a lui, era che Renzi, facendo una virata di 180 gradi e gettando spregiudicatamente alle ortiche la politica di ostinata e pregiudiziale chiusura a ogni dialogo coi Cinquestelle ostentata fino a cinque minuti prima, lanciasse improvvisamente la proposta di un "governo istituzionale" con il PD e il M5S e magari anche con Berlusconi. Così da "allontanare e impedire il rischio autoritario" connesso con la certa vittoria di Salvini, il quale oltre a governare praticamente da solo o con la Meloni per tutta la nuova legislatura e anche oltre, avrebbe potuto eleggersi il successore di Mattarella, il Csm e la Corte costituzionale.
Nel frattempo tale "governo istituzionale" avrebbe fatto la legge di Stabilità per evitare l'aumento dell'Iva da gennaio, tagliato i parlamentari come insisteva a chiedere ancora Di Maio (e come lo stesso Renzi chiedeva col referendum del 2016), e fatto una nuova legge elettorale proporzionale per tagliare le unghie a Salvini. E consentire a lui di avere tutto il tempo di riprendersi la leadership. Oppure preparare la sua uscita dal PD col suo nuovo partito, potendo staccare la spina al nuovo governo in qualsiasi momento. Una proposta che trovava subito orecchie molto sensibili nella "sinistra" del M5S facente capo a Fico e a Morra, e nella maggioranza dei gruppi parlamentari pentastellati. E che aveva trovato sponda nel partito di Bersani e D'Alema, LeU, con Pietro Grasso che proponeva di non votare la sfiducia a Conte mettendo in minoranza la Lega, e in altri gruppi come +Europa, le autonomie (Meie) e gli espulsi del M5S.
Contrario, almeno fino a quel momento, Zingaretti, favorevole invece alle elezioni per i motivi che abbiamo già detto. Ma intanto l'ex veltroniano Goffredo Bettini, da lui molto ascoltato, lo esortava ad aprire ad un governo col M5S a patto che non fosse a termine, ma per tutta la legislatura, come dopo il discorso di Conte al Senato effettivamente il segretario del PD si piegherà a fare. Forse Salvini non aveva previsto neanche che Grillo aprisse subito alla proposta di Renzi, con un intervento sul suo blog il 10 agosto, in cui gli tagliava la strada sentenziando: "Mi eleverò per salvare l'Italia dai nuovi barbari. Dobbiamo fare dei cambiamenti? Facciamoli subito, altro che elezioni, salviamo il Paese dal restyling in grigioverde dell'establishment". Dando con ciò il via ufficiale alle trattative col PD
L'intervento di Conte in Senato
Si è così arrivati all'intervento di Conte in Senato il 20 agosto. Leggendo il suo discorso in piedi, con un tono da maestro che impartisce una lezione a un alunno un po' somaro, con Salvini seduto al suo fianco visibilmente a disagio e schiumante di rabbia repressa, che pure arriverà a ritirare in extremis la mozione di sfiducia pur di salvare l'alleanza con "gli amici del M5S", Conte lo ha strapazzato per venti minuti, rinfacciandogli di essere "irresponsabile" e di "inseguire interessi personali" nel provocare la crisi. Bollando come "preoccupante" e foriero di "derive autoritarie" il suo invocare i pieni poteri e la piazza, giudicandolo mancante di "cultura istituzionale e senso di responsabilità", accusandolo di "criticare pubblicamente l'operato di singoli ministri" e di interferenze con gli altri ministeri e col suo stesso operato in sede europea, e così via.
Ma gli schiaffi più cocenti li ha riservati alla fine, quando gli ha rinfacciato di non essere venuto "qui in Senato a riferire sulla vicenda russa, una vicenda che oggettivamente merita di essere chiarita anche per i riflessi sul piano internazionale", e quando lo ha accusato di "incoscienza religiosa" per accostare durante i suoi comizi "agli slogan politici i simboli religiosi". Il presidente della commissione Antimafia, il fichiano Morra, rincarerà poi la dose rinfacciando a Salvini che baciare il rosario in Calabria equivale a lanciare un segnale alla 'ndrangheta.
Quella di Conte è stata tuttavia nient'altro che un'abile sceneggiata ad uso dei banchi dei Cinquestelle e della "sinistra" parlamentare, nonché dei milioni di italiani che assistevano in diretta tv, cogliendo al volo l'occasione per presentarsi come l'alternativa all'avventurismo di Salvini e l'uomo delle istituzioni già pronto per guidare il Paese verso l'uscita dalla pericolosa crisi da lui provocata. Tant'è che con l'ultima parte del suo discorso è parso delineare chiaramente il programma di una nuova maggioranza M5S-PD.
Peccato però che tutta la prima parte dell'intervento l'avesse dedicata all'esaltazione del governo nero fascista e razzista da lui presieduto fino a quel momento: "Un governo - aveva sottolineato orgogliosamente - che procedeva operosamente e che, già nel primo anno, aveva realizzato molti risultati e ancora molti ne stava realizzando". Compresi quindi i due decreti sicurezza fascisti e razzisti contro i migranti, le ong e la libertà di manifestare. E questo la dice lunga sulla spettacolare operazione trasformista operata da Conte nel giro di quaranta minuti in Senato: da "garante" del governo dei fascisti del XXI secolo, a traghettatore verso una nuova maggioranza con il PD al posto della Lega, senza rinnegare neanche un singolo provvedimento da lui sottoscritto. E pensare che appena il 25 luglio, per smentire le voci di una crisi nella maggioranza, aveva dichiarato : "Che io possa andare in parlamento a cercare maggioranze alternative è pura fantasia"!
L'investitura di Conte a Biarritz e il crollo di Zingaretti
Dopo le dimissioni di Conte nelle mani di Mattarella, intorno alla trattativa M5S-PD per dare vita alla nuova maggioranza si è assistito ai più vergognosi giochi del parlamentarismo borghese. Il ducetto Di Maio, praticando la "politica dei due forni" di andreottiana memoria, mentre rialzava continuamente la posta col PD pretendendo per sé la carica di vicepremier e un ministero di peso, proponeva come unico premier possibile lo stesso Conte. Verosimilmente per far fallire la trattativa, visto che Zingaretti, che già aveva dovuto abiurare alla sua posizione contraria ad un'alleanza col M5S e favorevole alle elezioni, aveva posto come condizione che il nuovo governo dovesse essere "di svolta" e di "discontinuità" rispetto a quello Lega-M5S, e perciò senza Conte premier e senza Di Maio vicepremier. Al tempo stesso quest'ultimo continuava a tenere aperto il "forno" di Salvini; che da parte sua, per uscire dall'angolo in cui si è cacciato da sé, continuava a ripetere ad ogni occasione di essere pronto a riprendere l'alleanza col ducetto pentastellato "con una squadra e un programma migliorati", spingendosi fino a promettergli nientemeno che Palazzo Chigi.
Ma dopo che anche Grillo ha lanciato, anzi "elevato" Conte come candidato premier del Movimento, e che quest'ultimo, da Biarritz dove partecipava al G7 super coccolato da tutti i capi di Stato e di governo, investito già come futuro premier da Macron, dalla Merkel e dai rappresentanti della UE ben felici di liberarsi di Salvini, ha chiuso ad ogni possibilità di ritorno con la Lega ("è una stagione politica chiusa, e per quanto mi riguarda non si potrà riaprire più"), auspicando inoltre "un grande progetto riformatore", le pressioni su Zingaretti sono piovute da tutte le parti e talmente forti da costringerlo a calarsi del tutto le brache e rinunciare anche alla pregiudiziale su Conte premier.
L'appoggio della "sinistra radicale" e di Trump
Le pressioni su Zingaretti, ormai rimasto solo a reggere il cerino, non erano solo quelle interne, da Renzi e la Boschi (la cui amicizia con Conte è nota e di lunga data), a Franceschini, a Zanda e a Bettini; ma anche quelle esterne, da Prodi, dal Vaticano, dalla SPD tedesca, e si dice anche dai premier socialdemocratici di Spagna e Portogallo. E poi dal segretario Cgil Landini ("in parlamento ha dimostrato coraggio politico e un profilo istituzionale importante"); da D'Alema ("Conte è una figura assolutamente presentabile"); dal leader di SI Fratoianni ("insensato regalare il Paese alla peggiore destra per un nome"); dal segretario del PRC Acerbo ("il veto su Conte del PD è assurdo perché l'avvocato è comunque più solido di Di Maio e Fico."), e chi più ne ha più ne metta.
E mentre anche i mercati finanziari mostravano di preferire chiaramente un nuovo governo alle elezioni, con un calo clamoroso dello spread ben sotto i 200 punti e un netto rialzo alla Borsa di Milano, da Bruxelles si faceva filtrare che un governo Conte con PD e M5S avrebbe avuto un commissario europeo di peso e un trattamento di riguardo sulla legge di Bilancio. E quando infine è arrivato anche il tweet di Trump per il "molto rispettato Giuseppi Conte" che "si spera rimanga primo ministro!", il quadro è apparso completo per sbloccare i veti incrociati tra PD e M5S e spianare a Conte la strada al Quirinale per ricevere l'incarico da Mattarella.
Con questo endorsement, avendo preso atto del cambio di direzione del vento in Italia e visto tutti i leader europei sponsorizzare Conte all'unanimità, Trump ha voluto sottrarlo a quell'abbraccio soffocante per mantenersi un interlocutore prezioso per la sua politica estera. Infatti, secondo un retroscena della Cnn, solo Conte avrebbe appoggiato con molta decisione la proposta di Trump di riammettere la Russia tra i "grandi" e ripristinare il G8. Può aver pesato in una certa misura anche il discredito internazionale in cui è caduto Salvini per l'affare Russiagate.
Zingaretti si è ormai completamente arreso ai Cinquestelle, facendo cadere ad uno ad uno i suoi "paletti", al punto da raccomandarsi a Conte e Grillo affinché convincessero Di Maio a rinunciare almeno alla pretesa del posto di vicepremier, cosa che alla fine ha ottenuto, però sacrificando anche il suo di vicepremier. E meno male che fino a pochi giorni prima, il 26 luglio, aveva spergiurato: "L'alleanza del PD con il Movimento 5 Stelle non è nelle nostre intenzioni e non è mai stata un nostro obiettivo. Fra l'altro questa discussione inizia ad essere vecchia, superata dalla storia"!
L'esito della crisi nelle mani della Casaleggio associati
Il ducetto Di Maio ha continuato a puntare i piedi e lanciare ultimatum fino alla fine, perché si sente scavalcato da Conte nel nuovo governo e anche come leader del M5S, e avrebbe fatto saltare volentieri l'accordo per tornare con Salvini, anche dopo le elezioni. Ma pur di riavere una poltrona di peso è disposto comunque ad accordarsi con il "partito di Bibbiano" con cui "non voglio averci a che fare", come aveva dichiarato appena il 18 luglio scorso. Per far saltare l'accordo e andare alle elezioni per tornare con la Lega sono anche Casaleggio e Di Battista, oltre a Paragone e tutti i fedelissimi di Di Maio. Grillo invece è per andare avanti con la nuova alleanza col PD ("un'occasione così non ci ricapiterà mai più"), così come Fico e la maggioranza dei gruppi parlamentari.
La decisione è demandata alla votazione del 3 settembre sulla piattaforma Rousseau controllata da Casaleggio; il cui esito non è ancora noto al momento in cui scriviamo. Ma se dovesse essere un via libera al governo "Conte-2", si può già immaginare che sarà invece un "Conte-bis" a parti invertite: cioè con l'uscita della Lega e l'entrata del PD, ma con il M5S egemone sul PD anziché sottomesso alla Lega com'è stato finora.
Il PMLI e “Il Bolscevico” non daranno tregua al governo trasformista liberale Conte, invitando tutte le forze autenticamente di sinistra a unirsi per conquistare il socialismo e il potere politico del proletariato.
3 settembre 2019