Damasco: “Uno spudorato attacco alla sovranità siriana”
Gli Usa concedono alla Turchia una “zona di sicurezza” in Siria

 
Erdogan informa Trump di aver già avuto il beneplacito di Putin per entrare in Rojava. Le Sdf accettano la “zona di sicurezza”
 
Un agosto di manovre imperialiste quello appena trascorso, in una delle zone più martoriate del mondo, con al centro la Turchia del boia fascista Erdogan sempre più lanciato ad affermare il suo paese come potenza regionale: il tutto calpestando gli interessi dei popoli siriano e curdo, vere vittime dell’escalation imperialista nella Regione. È in questo quadro che va inserita la richiesta della Turchia agli USA dell’inizio di agosto di una “zona di sicurezza” in Siria profonda 30 km e lunga 150, una sorta di provincia siriana nelle mani di Erdogan. L’ennesimo sopruso imperialista in Medioriente volto in questo caso a erodere altro territorio ai curdi, di fatto già privati del cantone di Afrin nel Rojava con la criminale operazione turca “Ramoscello d’Ulivo” che ha provocato la morte di quasi 500 civili e distruzioni.
Del resto Erdogan, forte del ritrovato idillio col nuovo zar Putin da cui è riuscito ad acquistare intere batterie del micidiale sistema di difesa S-400, aveva tuonato che, se gli Stati Uniti non avessero collaborato alla creazione di una “safe zone” nel nord-est della Siria, a oriente del fiume Eufrate, il Rojava curdo, per allontanare i considerati “terroristi” curdi dell’Unità di Protezione Popolare (YPG), avrebbe “provveduto da solo”. Aggiungendo che la sua “pazienza è finita” e informando l’amministrazione Trump di aver già avuto il beneplacito di Putin per entrare in Rojava.
Nonostante le YPG siano ancora alleate col Pentagono nella guerra contro lo Stato islamico in Siria, con gli USA che mantengono in Rojava il proprio contingente di 2mila soldati, dopo tre giorni di trattative tra le delegazioni militari statunitensi e turche è stato raggiunto “un accordo per coordinare la creazione di una zona sicura che diventerà un corridoio di pace (sic!)”, come si legge in una nota diffusa il 7 agosto dall’ambasciata americana di Ankara e dal ministero degli Esteri turco. Il Segretario alla Difesa degli USA, Mark Esper, ha completato il concetto: “Quello che stiamo facendo è cercare di evitare incursioni unilaterali che possano danneggiare, ancora una volta, gli interessi reciproci degli Stati Uniti e delle Sdf (le Forze democratiche siriane di cui i curdi dello YPG sono la spina dorsale, ndr) riguardo alla Siria”.
La protesta siriana è stata affidata ad una dichiarazione del Ministero degli affari esteri e degli espatriati siriani, dove si legge che “La Siria rifiuta categoricamente l’accordo annunciato dall’occupante turco e statunitense sulla cosiddetta zona sicura e ritiene che costituisca un’aggressione contro la sovranità e l’integrità territoriale della Siria e una flagrante violazione dei principi di diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite”. Nel documento si evidenzia altresì che questo accordo ha messo in luce la chiara associazione americano-turca nell’aggressione contro la Siria, che favorisce l’occupante israeliano e le ambizioni espansionistiche della Turchia, rilevando anche inequivocabilmente la disinformazione e l’inganno che governano le politiche del regime fascista turco.
Intanto dal 27 agosto le Sdf, cedendo di fatto anche sulla “zona di sicurezza”, hanno iniziato a ritirarsi dal confine tra Siria e Turchia come previsto dall’accordo tra Ankara e Washington. Passo che non basta allo scalpitante Erdogan che il 5 settembre ha iniziato il ricatto mediatico anche all’Unione europea accusata di stare alla finestra. Se la “safe zone” imperialista non si materializzerà a brevissimo la Turchia è pronta ad “aprire le porte” ai rifugiati siriani consentendo l’accesso di massa in Europa. Le nostre truppe, ha rincarato il duce turco, passeranno “molto presto” l’Eufrate verso Est, verso Kobane, Monbij e il confine con l’Iraq. Tanto che, come confermato dal Ministero della Difesa turco, l’8 settembre le forze armate turche e statunitensi hanno avviato pattuglie congiunte nella “zona di sicurezza”.
 

11 settembre 2019