Golpe bianco istituzionale promosso dal M5S con l'avallo del PD e di LeU
Il taglio dei parlamentari è un taglio alla democrazia e all'elettoralismo borghesi
Voto unanime tra destra e “sinistra” borghesi. Colpita la rappresentanza parlamentare
Come sotto la dittatura fascista di Mussolini
L'8 ottobre la Camera ha approvato in quarta e ultima lettura il disegno di legge costituzionale promosso dal M5S che taglia 345 parlamentari. Il provvedimento è stato approvato praticamente all'unanimità, con 553 sì, 14 no e 2 astenuti. Dei partiti presenti in parlamento solo +Europa ha votato contro, insieme a qualche isolato deputato dissenziente tra le file della maggioranza e dell'opposizione. Nelle tre precedenti votazioni solo M5S, Lega e FdI avevano votato sempre a favore, il che la dice lunga sulla matrice marcatamente fascista di questa legge. FI aveva votato a favore nelle prime due e contro nella terza, ma solo perché rivendicava anche l'elezione diretta del presidente della Repubblica, mentre PD e LeU, che avevano votato sempre contro, hanno fatto una virata di 180 gradi in nome della sopravvivenza del governo trasformista e liberale Conte di cui adesso fanno parte.
Mascherata dietro il pretesto demagogico della "lotta alla casta", del risparmio di soldi pubblici e della maggiore efficienza del parlamento, questa controriforma costituzionale è in realtà un vero e proprio golpe bianco istituzionale, promosso dal M5S, sostenuto da tutta la destra parlamentare fascio-leghista, berlusconiana e renziana e avallato dal PD e da LeU. Esso infatti riduce il numero dei parlamentari dagli attuali 945 a 600. I deputati scendono da 630 a 400, di cui quelli eletti nelle circoscrizioni estero scendono da 12 a 8. I senatori scendono da 315 a 200, di cui quelli eletti all'estero calano da 6 a 4. Il taglio per ogni camera è dunque di quasi il 37%, più di un terzo dei deputati e senatori.
Un precedente solo nel ventennio fascista
In tutta la storia d'Italia non ci sono simili precedenti di una tale mutilazione del parlamento, ad eccezione di due legislature durante il ventennio fascista, quando deputati e senatori furono ridotti esattamente allo stesso numero. Non per nulla il senatore Adolfo Urso (FdI), presidente della fondazione Fare futuro, ha commentato trionfante: "L’obiettivo di portare a 400 il numero dei deputati in questo Paese riuscì soltanto negli anni Venti, quando il presidente del Consiglio era Benito Mussolini […] esattamente il numero cui verranno ridotti con questa riforma parlamentare".
Ricordiamo anche che il taglio dei parlamentari, insieme all'abolizione del bicameralismo perfetto, era tra le misure indicate nel “Piano di rinascita democratica” della P2, addirittura in proporzioni leggermente inferiori a queste, laddove alla voce "Ordinamento del parlamento", al primo punto si leggeva: "Nuove leggi elettorali, per la Camera, di tipo misto (uninominale e proporzionale secondo il modello tedesco) riducendo il numero dei deputati a 450 e, per il Senato, di rappresentanza di secondo grado, regionale, degli interessi economici, sociali e culturali, diminuendo a 250 il numero dei senatori".
Non per nulla cominciarono proprio 40 anni fa i tentativi di controriformare da destra la Costituzione, dalla commissione Bozzi a quella De Mita-Iotti, dalla Bicamerale golpista di D'Alema alla controriforma Calderoli del 2005 (guarda caso relatore anche della odierna legge), che tutti comprendevano un drastico taglio dei parlamentari. Come lo comprendeva del resto la controriforma del Senato Renzi-Boschi del 2016. Tentativi tutti andati a vuoto fino al golpe bianco attuale, che realizza dunque uno dei capisaldi del piano golpista di Gelli.
Lungi dal diminuire i "costi della politica" (Di Maio parla di 100 milioni l'anno, ma la gran parte delle stime parlano invece di circa la metà, 50 milioni, pari allo 0,007% della spesa pubblica), e lungi dall'assicurare una maggiore efficienza del parlamento (si prospettano anzi gravi problemi di funzionamento degli organi parlamentari, specie le commissioni, con allungamento dei tempi dei lavori a causa dei minori componenti), il taglio dei parlamentari rappresenta infatti anche un taglio netto alla rappresentanza democratica e all'elettoralismo borghesi. Un'operazione del tutto simile, ma ben più devastante per la rappresentanza borghese, della cancellazione delle Province, motivata demagogicamente anch'essa col taglio dei "costi della politica". Del resto, se fosse stato davvero questo il vero obiettivo della controriforma, perché deputati e senatori non si sono semplicemente tagliati gli stipendi principeschi di cui ancora godono?
Colpo demolitore alla rappresentanza borghese
La composizione attuale di 630 deputati e 315 senatori risale alle modifiche costituzionali del 1963, quando la popolazione italiana era di 51 milioni. Allora il rapporto era quindi di 1 a 81 mila per i deputati e 1 a 162 mila per i senatori. Oggi, essendo la popolazione aumentata a circa 60,5 milioni, questo rapporto è sceso rispettivamente a 1 su 96 mila e 1 su 192 mila abitanti. Con la nuova legge, che entrerà in vigore nella prossima legislatura, a meno che non venga bocciata in un eventuale referendum confermativo che può essere chiesto entro i prossimi tre mesi, il rapporto scenderà drasticamente a 1 su 151mila abitanti per ogni deputato e 1 su 302 mila abitanti per ogni senatore!
Ed è del tutto falso, come sostengono i fautori della controriforma, che questa serva a riallineare il nostro parlamento con gli altri parlamenti europei. Facendo un confronto tra la nostra camera e le camere basse degli altri paesi europei si può facilmente constatare l'infondatezza della motivazione che il nostro parlamento sarebbe ai primi posti per numero di rappresentanti: ciò è vero infatti solo in senso assoluto, ma in rapporto alla popolazione la nostra Camera dei deputati è del tutto allineata con la Camera dei comuni inglese, di poco superiore alle rispettive camere di Francia e Germania (1/116 mila) e molto inferiore per esempio alle camere di Grecia e Irlanda. Per non parlare di altri paesi come Lettonia e Lituania, dove ci sono 5 deputati ogni 100 mila abitanti contro 1 solo deputato dell'Italia. Solo la Spagna si distacca in maniera un po' più netta, con solo 0,75 deputati ogni 100 mila abitanti. Ma con la controriforma appena approvata il nostro Paese si collocherà all'ultimo posto in Europa, scendendo anche sotto la Spagna, da 1 deputato ogni 96 mila a 1 su 151 mila abitanti, e da 1 a 0,66 deputati ogni 100 mila abitanti.
Ma non solo. Se questa legge entrasse in vigore stante l'attuale legge elettorale rosatellum - per esempio in caso di fine anticipata della legislatura - che è parzialmente uninominale, è su base regionale al Senato, ed ha soglie di sbarramento nel proporzionale, per effetto dell'ingrandimento dei collegi elettorali che il taglio dei parlamentari comporta, alcune regioni medio-piccole e meno popolose sarebbero fortemente penalizzate, soprattutto al Senato, come Friuli, Liguria, Marche, Abruzzo, Umbria, Basilicata, Calabria e Sardegna. Molte di esse rischierebbero di avere non più di 3 o 4 senatori, col risultato che solo i primi tre o quattro partiti principali avranno rappresentanti in parlamento. Per queste regioni si avrebbe praticamente un dimezzamento dei rappresentanti (con tagli dal 42 al 57% degli eletti, è stato calcolato), e finirebbero per avere meno rappresentanti del Trentino-Alto Adige, che ha diritto a 6 rappresentanti, un'evidente disparità di trattamento. Questa controriforma favorisce perciò le disparità geografiche del Paese e aumenta il pericolo del secessionismo, e non a caso Salvini l'ha sostenuta dall'inizio alla fine e ha promosso un referendum per l'uninominale secco per esasperarne gli effetti maggioritari e divisivi per il Paese.
Più potere al governo e ai leader dei partiti parlamentari
Ma anche alla Camera ci sarebbero forti effetti distorsivi, come un taglio dagli attuali 25 a 15 deputati per la circoscrizione Sicilia 1, da 20 a 12 per quella Lazio 2 e da 23 a 14 per Lombardia 3. Saranno penalizzate anche le minoranze linguistiche, come ha denunciato la letterata Tatjana Rojc del PD riguardo alla minoranza slovena; come saranno anche penalizzati gli italiani residenti all'estero, che pure sono ormai arrivati a contare 5,5 milioni di iscritti all'Aire, quasi il 10% della popolazione. Anche nelle commissioni parlamentari si passerebbe dagli attuali 20 componenti a 12 o 13, col risultato che i gruppi maggiori potrebbero averne 2 o 3 ciascuno, mentre quelli medi e piccoli solo 1 a testa.
Per effetto di questa controriforma è stato calcolato che si creerebbero delle soglie di sbarramento di fatto dal 10% in su. Il senatore di LeU, Vasco Errani, denunciando "un'oggettiva riduzione del pluralismo politico", ha calcolato che "con questa legge elettorale, avremo soglie di sbarramento (di fatto, ndr) del 10, 12 o 16 per cento". Resta da capire allora perché LeU non abbia votato contro come ha fatto +Europa (anche se paradossalmente è per l'uninominale secco all'inglese, come vorrebbe Salvini), osservando che “una forza politica nazionale con poco più del 30% dei voti potrà raggiungere agevolmente la maggioranza assoluta dei seggi del Senato”.
Come ha denunciato il Documento dell'Ufficio politico del PMLI del 9 settembre 2019, il governo trasformista liberale Conte "procede verso il taglio dei parlamentari che faceva parte della controriforma costituzionale di Renzi e del “Piano di rinascita democratica” e dello “Schema R” della P2 di Gelli. Questa infame misura golpista, già adottata sotto la dittatura fascista di Mussolini, restringe la democrazia e la rappresentanza parlamentare borghesi, allontana ancor più l'eletto dall'elettore, il quale perde ogni possibile controllo sul parlamentare eletto, e dà più potere al governo rispetto al parlamento e ai segretari dei partiti parlamentari sulla scelta dei candidati".
In un comunicato la presidenza del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha scritto: "Si conferma così che l’obiettivo è un parlamento obbediente ai capi. La centralità del parlamento, se la Camera il 7/8 ottobre deciderà il taglio dei parlamentari, è seriamente a rischio e potrebbe essere l’inizio di una deriva centralizzatrice e autoritaria, di cui è coronamento il presidenzialismo". Anche per il costituzionalista Massimo Villone questo provvedimento "colpisce la rappresentatività, elemento cruciale per il ruolo dell'istituzione parlamento in un sistema democratico" e "si collega al disegno di smantellare la democrazia rappresentativa e di sostituirla con il miraggio della democrazia diretta. Preoccupa che a seguire il taglio dei parlamentari Di Maio evochi il vincolo di mandato".
Nessuna discontinuità col governo Salvini-Di Maio
Il ducetto Di Maio, prima di andare in piazza a festeggiare con un manipolo di suoi fedelissimi il passaggio di questa misura-bandiera del M5S (già da tempo Casaleggio aveva auspicato "la scomparsa del parlamento in futuro", da sostituirre con la "democrazia diretta" fondata sul voto online, come sulla sua piattaforma Rousseau), l'ha salutato come "una grandissima vittoria del popolo". Gli ha fatto eco il premier Conte, definendolo "un passaggio storico, che darà efficienza ai lavori". L'ha rivendicato anche il duce dei fascisti del XXI secolo, Salvini (che già l'aveva offerto come moneta di scambio a Di Maio per rifare il governo Lega-M5S), dichiarando che "la Lega non tradisce e mantiene la parola data". Per non parlare della ducetta dei fascisti storici, Giorgia Meloni, secondo la quale la legge "è passata grazie a noi, ne sono fiera". Il segretario nazionale del PD liberale, Zingaretti, ha cercato di giustificarsi dicendo "abbiamo votato sì perché sono state inserite le garanzie costituzionali da noi richieste".
Il leader del PD si riferiva al patto siglato il giorno prima tra M5S, PD, Italia viva di Renzi, LeU e gruppo per le autonomie per dare il via libera all'approvazione della legge. Che prevede una serie di "correttivi" per mitigarne gli "effetti distorsivi", tra cui l'abolizione della base regionale per l'elezione dei senatori, la modifica dei regolamenti parlamentari e una nuova legge elettorale, presumibilmente proporzionale con soglie di sbarramento più alte delle attuali. Ma si tratta solo di promesse tutte da verificare, da parte del M5S, e certe ipotesi avanzate, come il "voto a data certa" per i provvedimenti del governo, già previsto dalla controriforma costituzionale di Renzi, e probabilmente anche la "sfiducia costruttiva", per cui un governo può cadere solo se il parlamento ha già pronto un nuovo presidente del Consiglio e una nuova maggioranza, vanno comunque nella stessa direzione del taglio dei parlamentari: cioè a destra, verso la demolizione della democrazia borghese e il rafforzamento del regime capitalista neofascista.
La vergognosa unanimità tra la destra e la "sinistra" borghesi su questo golpe istituzionale è la dimostrazione più lampante che viviamo in un regime che ha tutte le caratteristiche del regime fascista mussoliniano, pur conservando ancora l'involucro esteriore (del resto sempre più tarlato) della democrazia parlamentare borghese. E l'avallo dato da PD e LeU a questo golpe bianco perché "era nei patti di governo" dimostra, in maniera altrettanto lampante, che non c'è realmente discontinuità tra il governo trasformista e liberale Conte e quello dei fascisti del XXI secolo Salvini-Di Maio, e che quindi va combattuto con altrettanta determinazione per farlo cadere al più presto da sinistra.
16 ottobre 2019