Per l'aumento della benzina
Rivolta popolare in Iran
L’annuncio della riduzione dei sussidi per il carburante e il conseguente aumento del prezzo della benzina del 15 novembre ha dato il via a una serie di proteste che nonostante il tentativo governativo di arginarle con la repressione poliziesca e il blocco di Internet si è allargata fino a diventare una rivolta popolare con manifestazioni di piazza e scontri in molte città.
Gli scontri più duri si sarebbero svolti nella capitale Teheran, dove ci sono stati i primi morti tra i manifestanti; Altre manifestazioni, secondo l’agenzia Isna, si svolgevano a Tabriz, Kermanshah, Shiraz e Sanandaj, oltre che nell’università di Teheran. Sono poche le immagini che escono dall'Iran e che pure mostrano strade bloccate, automobili e autobus incendiati, uffici pubblici e banche assaltate dai manifestanti, come contrastanti le notizie dei morti, da 12 a più di 100, delle migliaia di feriti e arrestati per avere un quadro più preciso di una situazione certamente difficile per le masse popolari iraniane, le prime vittime di una situazione economica divenuta critica anche a causa delle ingiuste sanzioni economiche ripristinate dal fascista Trump che fin dal suo insediamento ha posto l'Iran nel mirino imperialista degli Usa.
La pesante crisi economica che investe il paese è segnata dal crollo del valore della moneta, il rial, e da una inflazione arrivata al 40%. Lo sviluppo dei rapporti economici con la Cina e con la cordata imperialista guidata dalla Russia di Putin, cui il governo di Teheran si è associato per partecipare alla spartizione del controllo della regione e per parare i colpi provenienti dall'imperialismo americano, non sono bastati a quanto pare a compensare il buco creato dall'annullamento dei contratti che le imprese straniere avevano già siglato con l’Iran imposto dall'embargo Usa. La condizione di difficoltà delle masse popolari iraniane è precipitata con la decisione del Consiglio Supremo del coordinamento economico, formato dal presidente Rohani, dal capo della magistratura Raisi e dal presidente del parlamento Larijani, di modificare la norma che consentiva di comprare fino a 250 litri di benzina al mese a 11 centesimi di euro al litro con la riduzione della quantità a 60 litri e a un prezzo raddoppiato a 22 centesimi. Una decisione non compensata da quella dell'aumento degli aiuti alle famiglie povere per arginare il peso dell’aumento del costo della benzina e che ha fatto esplodere la rivolta popolare.
La decisione era approvata dalla Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, che condannava la protesta violenta accusandola di essere manipolata da “poteri stranieri”, gli Stati Uniti e Israele. La rivolta ha tutte le sue ragioni mentre sono certamente da respingere le ingerenze dell'imperialismo americano che impoverisce il popolo iraniano con le sanzioni e addebita la colpa esclusivamente al governo di Teheran che sperpererebbe soldi pubblici in Iraq, Libano e per “condurre campagne di assassinio in tutta Europa”, come ha recentemente sostenuto il segretario di Stato americano Michael Pompeo.
27 novembre 2019