A Roma su invito di Non Una di Meno
In 100 mila contro la violenza di genere
Nel combattivo corteo associazioni, centri antiviolenza, movimenti, donne e uomini, molti giovani. Tra i temi centrali il razzismo e il clima. Diffusi i volantini del PMLI contro la violenza sulle donne e contro il governo Conte
Basta femminicidi
Sabato 23 novembre su invito del movimento Non Una di Meno si è svolta la quarta manifestazione nazionale contro la violenza di genere. Ogni anno da quattro anni è diventato l'appuntamento di lotta di Non Una di Meno in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne e di genere che ricade il 25 novembre. Oltre 100 mila donne, ragazze, giovani e giovanissime provenienti da tutta Italia, arrivate coi tanti pullman organizzati da NUDM delle varie città dove il movimento è presente, hanno dato vita a un combattivo corteo partito da piazza Repubblica e conclusosi in piazza San Giovanni. E insieme alle tantissime donne c'erano molti uomini, giovani e giovanissimi appartenenti alle varie associazioni, movimenti e Centri sociali che appoggiano il movimento NUDM.
Una manifestazione colorata, rumorosa ma che ha saputo anche calarsi in un silenzio assordante quando dal carro delle attiviste è stato lanciato il minuto di silenzio per tutte le vittime di femminicidio, 71 dall'inizio dell'anno, l'ultima a poche ore dalla partenza del corteo, Ana Maria Lacrimoara Di Piazza uccisa a Palermo per mano del suo amante, un minuto di silenzio interrotto dallo slogan "Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce". Durante il corteo è riecheggiato quasi all'unisono "siamo marea che non si fermerà vogliamo diritti e libertà".
Molte ragazze indossavano i nasi da clown “omaggiando” Daniela Carrasco, “El Mimo” l'attivista cilena presa dai Carabineros il 19 ottobre 2019 e trovata impiccata il giorno successivo dopo essere stata stuprata e percossa dagli agenti fino alla morte.
Aprivano la manifestazione con lo striscione "Contro la vostra violenza siamo rivolta" le donne dei centri antiviolenza con le maschere delle luchadoras (lottatrici messicane). Oggi i centri antiviolenza sono messi in serio pericolo dai tagli dei finanziamenti statali e dagli innumerevoli sfratti nonostante che i dati Istat recenti denuncino 88 casi di violenza al giorno, uno ogni quarto d'ora, difronte a questa emergenza i centri antiviolenza risultano pochi e messi in serie difficoltà, perché non solo non ricevono fondi adeguati, ma non ricevono neanche quelli già stanziati - stanno aspettando ancora quelli stanziati dal governo Renzi nel biennio 2016/2017 – tanto che il rapporto tra fondi disponibili e quantità di donne che si rivolgono ai centri antiviolenza è pari a 0,76 centesimi per ogni donna. Alla luce di questo ci sembra strumentale e ipocrita la partecipazione con la maschera da luchadoras della ex presidente della camera e attuale deputata del PD Laura Boldrini, visto che il suo partito non sta facendo assolutamente niente per contrastare tutto questo. Alcuni dei storici centri antiviolenza come la Casa delle donne e il Lucha y Siesta di Roma a causa degli sfratti rischiano di chiudere. La sindaca grillina di Roma è stata sonoramente contestata dalle attiviste di Lucha y Siesta al grido: “Raggi tu cadrai se i luoghi delle donne non difenderai” perché non sta muovendo un dito per annullare lo sfratto di Lucha y Siesta nonostante gli appelli lanciati dal centro antiviolenza.
Ma le donne in piazza hanno manifestato anche in difesa dei servizi sociali per la salute delle donne conquistati con dure lotte di piazza come i consultori: nella mattina alcune attiviste del Coordinamento delle assemblee delle donne dei consultori hanno installato uno striscione in piazza Repubblica contro la chiusura dei consultori definendola “violenza di Stato”, a Roma negli ultimi anni sono stati soppressi 22 consultori.
Tra i temi principali della manifestazione la difesa del diritto d'aborto e contro il ddl Pillon, che nonostante il cambio di governo sta seguendo il suo corso per essere approvato.
Forti l'antirazzismo e l'anticolonialismo e la lotta contro le leggi sulla sicurezza di Salvini e rivendicando a gran voce lo Ius soli
per i migranti che vivono e lavorano in Italia e per i loro figli. Igiaba Scego un'attivista delle donne migranti prende il microfono davanti al monumento ai caduti di Dogali: “questa stele si chiama stele di Dogali in memoria di una battaglia coloniale fatta in Africa dove sono morti eritrei e italiani. Il colonialismo fa parte della storia che l’Italia si porta addosso ... Il colonialismo non è mai finito anzi viene perpetrato ancora oggi sul corpo dei migranti e di chi vuole avere libertà di movimento”.
E sabato 23 novembre vi erano anche tantissime giovani insieme ai propri coetanei, gli stessi protagonisti delle manifestazioni per i Friday for future a sottolineare che le donne sono le più colpite dai cambiamenti climatici: “le donne oggi rappresentano l'80 per cento dei rifugiati climatici. La causa è un sistema che ha nel proprio dna lo sfruttamento dei territori” dice Linda di 24 anni.
Le attiviste di NUDM all’altezza del Viminale hanno esposto uno striscione raffigurante una banconota di euro con sotto scritto “La nostra sicurezza è l'autonomia economica”. Con ciò denunciano la strumentalizzazione da parte delle istituzioni della violenza sulle donne come pretesto per militarizzare le città e instaurare un clima di paura. E purtroppo rivendicano il reddito di autodeterminazione e non un lavoro stabile a salario pieno.
Quanti non hanno potuto recarsi a Roma hanno partecipato a manifestazioni nelle proprie città come a Palermo e Messina. Fra l'altro a Messina NUDM ha subito un atto intimidatorio da parte della Digos che ha cercato di ostacolare il corteo messinese che grazie alla combattività delle attiviste si è svolto lo stesso.
Il PMLI era presente alla manifestazione coi bravi compagni delle Istanze di Roma e di Civitavecchia, che con corpetti contenenti la riproduzione del manifesto del PMLI contro la violenza sulle donne e di genere e tenendo alta la bandiera del Partito hanno diffuso centinaia di copie, oltre che del volantino contro il governo trasformista liberale Conte, del volantino riportante la significativa parola d'ordine: “Contro la violenza sulle donne e di genere, sulle soggettività Lgbtqia+, sui corpi, i territori e gli animali; respingere il ddl Pillon su separazioni e affido, e il decreto fascista e razzista su sicurezza e migranti; per aborto libero, sicuro e gratuito; contro il capitalismo che genera il maschilismo, la famiglia borghese e patriarcale, il femminicidio, gli stupri, la violenza sulle donne e di genere, sulle soggettività Lgbtqia+, sui corpi, i territori e gli animali; sciogliere i gruppi neofascisti e neonazisti; uniamoci contro il governo trasformista liberale Conte al servizio del regime capitalista neofascista; per conquistare il socialismo e il potere politico”. Rimandiamo al servizio pubblicato a pagina 3 per i particolari.
Una bella giornata di lotta dove le masse femminili del nostro Paese hanno gridato: basta femminicidi, basta alla violenza sulle donne, basta alla disuguaglianza sociale, lavorativa e politica delle donne!
Ora si tratta di capire fino in fondo che le radici della violenza sulle donne e di genere si possono estirpare solo conquistando una reale eguaglianza economica, sociale, culturale, morale, familiare e maritale con l'uomo e questo potrà risultare stabile e definitivo solo nel socialismo.
Già da ora però le donne possono iniziare questo cammino che le porterà alla completa parità fra i sessi, lottando contro la concezoine antifemminile che sta dietro lo slogan di origini mussoliniane “Dio, patria e famiglia” e contro i governi del regime capitalista neofascista responsabili di alimentare quella cultura che le vuole relegate al ruolo di angeli del focolare, vittime sempre più di femminicidio e di violenza dentro le mura domestiche. Questa lotta oggi va indirizzata contro il governo trasformista, liberale Conte che come una locomotiva sta proseguendo nell'approvazione di leggi e ddl concepiti dal governo nero Salvini-Di Maio come il ddl Pillon e il “codice rosso” e mettendo in serio pericolo diritti fondamentali delle masse femminili.
27 novembre 2019