Per combattere il fascismo del XXI secolo
Le Sardine non sono la soluzione giusta
Le Sardine finiranno per essere mangiate tranquillamente dalla destra e dalla “sinistra” borghesi
Dopo il successo della prima manifestazione del 14 novembre a Bologna, con 12 mila persone riunite in Piazza Maggiore per manifestare contro Salvini che al Paladozza apriva la campagna elettorale per le regionali dell'Emilia-Romagna, come una fiammata il movimento delle Sardine si è rapidamente esteso nei giorni successivi a molte altre città del Paese, portando nelle piazze altre migliaia e decine di migliaia di persone, in gran parte giovani ma non solo, riunite da un comune bisogno di testimonianza antifascista e di ribellione al clima di odio razzista fomentato dalla becera propaganda salviniana. Modena, Sorrento, Palermo, Reggio Emilia, Perugia, Rimini, Fiorenzuola, Parma, Genova, Napoli, Taranto, Ferrara, sono state alcune tra le decine di città che nell'arco di appena due settimane hanno visto ripetere in un crescendo di mobilitazione l'esempio di Bologna, fino a culminare nella manifestazione di 40 mila persone a Firenze e quella di Milano che ha riempito piazza Duomo. Mentre si prepara una manifestazione nazionale per il 14 dicembre a Roma.
Per parte nostra ammiriamo e condividiamo l'istintivo sentimento antifascista e di rivolta contro la propaganda razzista e fascista di Salvini che anima le Sardine, testimoniato anche dal canto partigiano di Bella Ciao adottato spontaneamente nelle loro manifestazioni, ma non possiamo non vedere anche i limiti e gli errori che segnano questo movimento fin dalla sua nascita e che rischiano di condurlo in un vicolo cieco. È stato detto che questo movimento ricorda quello dei Girotondi dei primi anni 2000 che si opponeva a Berlusconi e alle sue leggi vergogna, e in effetti i due movimenti hanno alcuni elementi in comune, come i metodi di lotta rigidamente ancorati al legalitarismo e al pacifismo e l'orizzonte ideale della difesa della Costituzione.
Ma in realtà rispetto ai Girotondi il movimento delle Sardine è ancora più arretrato, perché se non altro quelli, oltre a contrapporsi a Berlusconi e a tutto ciò che rappresentava, contestavano anche l'allora partito dei DS, antesignano dell'attuale PD liberale, accusando i suoi dirigenti di una deriva opportunista e di destra. Mentre le Sardine nascono durante una campagna elettorale in contrapposizione al tentativo di Salvini di strappare il governo dell'Emilia-Romagna al PD. Si propongono oggettivamente cioè di recuperare gli astensionisti e di difendere il vertice del PD in quella regione, e in particolare del governatore uscente Bonaccini, il quale non a caso cerca di metterci sopra il cappello e sfrutta elettoralmente la risonanza della manifestazione di Piazza Maggiore indicendovi un suo comizio per il 7 dicembre. Quello stesso Bonaccini che nella sua campagna elettorale insegue a destra Salvini, rivendicando l'autonomia differenziata per la sua regione al pari dei governatori della Lega, respingendo inorridito lo Jus soli
per i migranti, e che perfino negli atteggiamenti machisti si sforza di assomigliare al duce dei fascisti del XXI secolo. Addirittura ha adottato il verde di costui nei suoi manifesti elettorali.
Invito agli astensionisti a tornare alle urne
Da parte loro le Sardine si dichiarano "apartitiche, anche se non apolitiche". Ma uno dei loro principali promotori e portavoce, Mattia Santori, tra l'altro niente affatto estraneo alla politica perché collabora con la rivista Energia
fondata da Alberto Clò e Romano Prodi, ha fatto alla manifestazione in Piazza Maggiore un neanche troppo mascherato appello a votare PD che ha lasciato sconcertata la piazza, dicendo: "Se lo vogliamo la politica tornerà ad essere una cosa seria. E a questo proposito ci sentiamo di fare un appello. Non lasciate soli i nostri politici. Perché hanno bisogno di noi. Si fanno una vita di inferno per difendere il nostro territorio e per far vivere una vita migliore ai nostri figli, sono loro in prima linea. Ringraziamoli invece che accusarli costantemente".
E non è stato solo un intervento maldestro, perché nello stesso Manifesto del movimento redatto nei giorni seguenti, si legge: "Crediamo ancora nella politica e nei politici con la P maiuscola. In quelli che pur sbagliando ci provano, che pensano al proprio interesse personale solo dopo aver pensato a quello di tutti gli altri. Sono rimasti in pochi, ma ci sono. E torneremo a dargli coraggio, dicendogli grazie". Trasparente l'appello agli astensionisti di sinistra a turarsi il naso e tornare a votare per i partiti della "sinistra" borghese. Non a caso Zingaretti, proprio da Bologna ha raccolto l'appoggio esortando il PD a mettersi "con umiltà al servizio di quella gente".
Ma non solo lui e Bonaccini: tutti i vecchi marpioni della "sinistra" borghese a caccia disperata di voti cercano di mettere il cappello sulle Sardine approfittando della loro ambiguità di posizioni. Come ha fatto il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e come ha fatto il sindaco di Napoli De Magistris, che con la consueta demagogia ha inviato alle Sardine napoletane scese in piazza questo messaggio: "Io ci sto, invisibile, con la forza di chi cerca di fare, da sindaco, la rivoluzione, governando". Uno dei primi organizzatori delle Sardine di Firenze, Bernard Dika, è un ex componente della Direzione PD (i codiddetti "millennials di Renzi") ed è collaboratore in Consiglio regionale dell'ex craxiano Eugenio Giani, aspirante candidato governatore del PD per la Toscana: "Non siamo contro nessuno ma per qualcosa. Per la Toscana, per la difesa della Costituzione", ha spiegato Dika prima di essere costretto a tirarsi indietro in seguito alle polemiche sul suo curriculum politico.
Rischio di contrapporsi all'antifascismo militante
D'altra parte, oltre a rischiare di fare semplicemente da supporto alla battaglia elettorale del PD per tenersi l'Emilia-Romagna e le altre regioni in gioco, quali altri contenuti politici esprimono le Sardine? Nel loro Manifesto non si fa neanche cenno all'antifascismo, e nemmeno all'antirazzismo. Perfino Salvini non viene nominato, ma si parla solo genericamente di "populisti", in ossequio evidentemente all'ossessivo timore di non essere etichettati solo come un movimento "contro Salvini". C'è al contrario l'esaltazione della "non violenza (verbale e fisica), la creatività, l'ascolto".
Si finisce così per contrapporsi oggettivamente all'antifascismo e all'antirazzismo militante, facendo il gioco della classe dominante borghese del governo del trasformista liberale Conte e dei fascisti, vecchi e nuovi, che hanno tutto l'interesse a dividere gli antifascisti e ad isolare e mettere al bando come "violenti" e "facinorosi" chi scende in piazza (con lotte di massa e non con azioni avventuristiche di piccolo gruppo) per sbarrare la strada al fascismo del XXI secolo e al suo duce Salvini: "Abbiamo dimostrato che siamo più numerosi e forti di Salvini, abbiamo smontato il rito degli scontri coi centri sociali oscurando entrambi", ha dichiarato infatti a La Repubblica
uno dei quattro promotori della manifestazione di Piazza Maggiore, attaccando così di fatto gli antifascisti che erano andati in corteo a contestare Salvini al Paladozza e bloccati con idranti e bombe lacrimogene dalla polizia.
Non per nulla lo stesso Salvini si mostra poco più che infastidito dalle Sardine e le tratta con sufficienza e sarcasmo: "Mi piacciono questi ragazzi - ha detto - danno valore e importanza a ogni mia presenza. Alle prossime occasioni mi propongo di andare a salutarli e a ringraziarli... sono un valore aggiunto. Andrò piazza per piazza a stringergli la mano". Per non parlare degli elogi tanto sperticati quanto sospetti di noti rinnegati e anticomunisti. Come Giuliano Ferrara, che ha dedicato loro un editoriale entusiastico ("Applausi alle gloriose sardine") perché la loro "insopportazione" non è tanto "per Salvini com'è, politicamente parlando", quanto "per il senatore come parla, come comunica, e per quello che dice nel vuoto dei significati"; e come Francesco Merlo, che su La Repubblica
contrappone le piazze "tranquille" delle Sardine alla "piazza dello scontro, la piazza-tribunale del popolo, la piazza-plotone della demagogia".
Una risposta non all'altezza dei tempi
Alla fine, quel che resta allora del "programma" delle Sardine, non è nemmeno la lotta a Salvini, ma solo al linguaggio e ai metodi usati da Salvini nella sua perenne campagna elettorale, per cui le piazze diventano sì sempre più numerose, ma anche sempre più mute e prive di connotazione politica antifascista e di classe: al punto che si è arrivati a cacciare dalla manifestazione chi sventola una bandiera rossa com'è successo a Firenze. Resta anche la difesa della Costituzione, ma questo non è un punto di forza, bensì un limite, prima di tutto perché è già stata affossata di fatto dal regime neofascista imperante e non esiste ormai più, ed inoltre perché in più di 70 anni non ha mai rappresentato un argine al fascismo, né quello vecchio né tanto meno quello nuovo dei fascisti del XXI secolo, oggi guidati dall'aspirante duce d'Italia Salvini. Tanto è vero che anch'egli si rifà alla Costituzione per sostenere la sua politica fascista e razzista.
Dal tempo dei Girotondi, che pure rappresentavano una risposta già insufficiente, il regime neofascista è andato ulteriormente avanti, grazie anche ai partiti e ai governi della "sinistra" borghese - Prodi 2, Letta, Renzi, Gentiloni, e oggi Conte 2 - che gli hanno spianato la strada, specie sul piano dell'aumento delle disuguaglianze di classe all'interno e dell'interventismo all'esterno. Salvini ha riesumato e galvanizzato il vecchio fascismo e il neofascismo berlusconiano-leghista aggiungendogli nuovi temi come il razzismo, il nazionalismo, la xenofobia, il secessionismo mascherato da autonomia differenziata, i decreti sicurezza, la "legittima difesa" ecc., e ora mira a ottenere i "pieni poteri" come Mussolini.
In questa situazione come possono le Sardine, un movimento arretrato già rispetto ai vecchi Girotondi, rappresentare un valido argine antifascista al regime neofascista che avanza e a Salvini? Possono solo finire per indebolire l'astensionismo di sinistra e rafforzare l'elettoralismo, che è funzionale al rafforzamento del regime capitalista neofascista, e poi essere tranquillamente mangiate dai partiti della destra e della "sinistra" borghesi, una volta esaurito il loro compito circoscritto alla battaglia elettorale. Per evitare di cadere in questa trappola occorrerebbe che si dessero un forte e adeguato carattere antifascista e una decisa svolta anticapitalista e antielettoralista. Speriamo che ne siano capaci.
4 dicembre 2019