Le mie riflessioni sul discorso di Scuderi “Mao e le due culture”
di Giovanni - Molise
Cari compagni, vi scrivo in merito al discorso del nostro compagno Segretario generale Scuderi, “Mao e le due culture”. Premetto che nel commentarlo provo un certo imbarazzo: le parole di Mao, i suoi richiami agli altri Maestri della cultura proletaria e le digressioni del nostro Segretario sono assolutamente chiarissime; ovvero, la capacità di ridurre e condensare concetti storici, filosofici, economici e sociali talmente vasti e complessi in poche pagine è di una semplicità disarmante. Cosa si può dire su enunciati espressi già in un modo comprensibile a tutti?
Mi permetto allora di buttare lì solo qualche riflessione, partendo dall’analisi della realtà odierna. Attualmente la cultura borghese è incommensurabilmente superiore alla nostra, stante l’ovvia situazione di dominio dei mezzi di produzione nelle sue mani. Per quanto il contenuto dello scritto di Scuderi, ripeto, si commenta da solo, a noi marxisti-leninisti spetta comunque il compito di confrontarci proprio sui temi in esso trattati nei nostri rapporti quotidiani, soprattutto con gli appartenenti alla nostra classe e con i giovani.
Vorrei soffermarmi in primis su un punto ben preciso. Come disse Mao alla conferenza di Yenan nel ’42, “Noi non possiamo amare i nostri nemici, non possiamo amare i mali della società, il nostro obiettivo è distruggerli
”. Sacrosanto. Questo è un buon punto di partenza dato che il capitale gioca molto nella de-ideologizzazione del proletariato: “siamo tutti uguali”, “fascismo, anarchismo e comunismo fanno parte del passato, la democrazia è il presente e il futuro”, “giusto premiare chi è più bravo”, “nel mondo di oggi chi più vale più avanza ed è pure giusto che sia ricompensato per i suoi meriti” e panzanate del genere. Questi martellanti leit-motiv hanno purtroppo fatto presa su larghi strati del proletariato e delle masse popolari, anche per responsabilità dei revisionisti e dei riformisti che li hanno decomunistizzati. E invece col cavolo che noi marxisti-leninisti dovremmo condividere queste sciocchezze; bisogna lottare punto per punto: pacifismo e “uguaglianza borghese” sono veleno culturale che uccide prima il nostro cervello, poi il nostro animo e quindi ci disarmano nella lotta teorica e pratica.
Al riguardo, riporto lo stesso discorso che faccio spesso con le persone per strada: la borghesia tende sempre ad esaltare Gandhi. Com’è possibile? Proprio lui, acerrimo oppositore degli interessi coloniali inglesi (e quindi borghesi) in India? Proprio l’uomo simbolo della lotta non violenta? Questo esempio è calzante. La borghesia esalta la non violenza e il pacifismo poiché un proletariato che vuole ribellarsi in modi pacati è un proletariato destinato a soccombere, se guidato da certe idee malsane come quelle dell’estimatore di Mussolini (ecco tutti i limiti del filosofo indiano che non riusciva a capire nemmeno le palesi perverse degenerazioni del “socialismo” fascista, il suo carattere elitario, borghese, interclassista e frutto comunque delle spoliazioni inflitte ad altri popoli).
La verità storica del caso-Gandhi è ben altra: quando veniva arrestato centinaia di migliaia di indiani disobbedivano ai suoi dogmi pacifisti dando vita a scontri con la polizia fascista inglese. Puntualmente, a fronte di migliaia e migliaia di morti e feriti le autorità non avevano altra scelta che liberarlo: se l’avessero ucciso o se fosse stato lasciato in galera, ecco tensioni sociali non gestibili, ecco milioni di persone armate e bellicose scendere in piazza e che avrebbero spazzato via gli inglesi, nonostante la loro superiorità bellica e tecnologica, in poco tempo. Ecco quindi perché gli intellettuali al servizio dei capitalisti esaltano Gandhi e la pace sociale, gli scioperi pacati e che non creino troppo problemi all’economia, i motti “vedete, se fate i bravi le cose le ottenete”. Gandhi ha ottenuto quello che ha ottenuto grazie alla violenza dei suoi sostenitori, grazie al loro sangue, grazie al terrore che assaliva i capitalisti inglesi al solo pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se fosse stato eliminato. Con le buone, insomma, non si ottiene la liberazione nazionale e la cancellazione delle disuguaglianze sociali.
Quindi, altro che Gandhi. “Le rivoluzioni sono le locomotive della storia
”, “La rivoluzione non è un pranzo di gala
”, “Il potere nasce dalla canna del fucile
”, “Noi non possiamo amare i nostri nemici, non possiamo amare i mali della società, il nostro obiettivo è distruggerli
”. Ecco l’insegnamento chiave dei Maestri: la borghesia giammai cederà qualcosa di grosso al proletariato; per cambiare il mondo questo deve prendere il potere e dato che i capitalisti non sono affatto buoni o sensibili, non predicano certo nei fatti l’amore e la fratellanza universale, non cederanno mai il potere: il proletariato dovrà prenderlo con la forza poiché vi è costretto da condizioni economiche oggettive. La storia ci dice questo, essa è scontro, non confronto, men che meno pacifico, fra le due ideologie, quella proletaria e quella borghese.
Conseguenza di quanto detto, respingere l’interclassismo, il proletariato deve interiorizzare e far propria una verità incontestabile: il potere è nelle mani o del proletariato o della borghesia, vie di mezzo non esistono. Ecco il perché delle parole di Mao: “Un vero amore per l’umanità sarà possibile soltanto quando le classi saranno state eliminate in tutto il mondo. Le classi hanno diviso la società in gruppi antagonistici, e soltanto dopo l’eliminazione delle classi si avrà l’amore universale, non ora
”.
Altro passo importante di Mao citato da Scuderi: “Dove esiste democrazia per la borghesia non può esservi democrazia per il proletariato e per gli altri lavoratori
”. Qui non è possibile non rincarare la dose: democrazia, democrazia, democrazia, le tristi cantilene dell’ideologia borghese ripetono ed esaltano costantemente questa orripilante parola. Ma che significa? Cosa rappresenta? Un bel due di picche! Ecco cosa! Persino oltre due millenni fa filosofi del calibro di Socrate e Platone mettevano in guardia da questa perniciosa e pericolosa forma di governo (va da sè che si era in tutt’altro contesto economico e quindi socio-politico, ma studiando la Repubblica di Platone non si possono non scorgere elementi di filosofia politica attuali e condivisibili, fermo restando tutti i limiti delle differenti epoche e relativo sviluppo di pensiero). Chi la esalta, invece? Tutti i venduti al liberalismo, rinnegati del comunismo compresi. Compresi? Macchè, in prima fila! Non scordiamo le “lezioni” di Kautzky e Bernstein: per il primo, la democrazia non è poi questo gran male! “Il comunismo si instaurerà da solo” era il suo mantra “è una legge di natura”, aggiungeva scimmiottando Marx. Alla fine arriverà a criticare i bolscevichi per aver fatto la rivoluzione… eh già meglio la democrazia che la dittatura del proletariato! Proprio comunista era Kautzky! Le sue idee, purtroppo, non lo hanno seguito nella tomba: gli intellettuali borghesi son ben utili alla classe dominante borghese che detiene il potere, oggi come ieri, e quindi tutta la sinistra parlamentare (anche se sempre più in via di estinzione visti i magrissimi risultati da 15 anni a questa parte) continua a drogare i giovani con le sue assurde e irricevibili posizioni tipo “no all’azione, no al protagonismo delle masse operaie, no alla violenza. Sì al tempo, sì alla calma e non violenza, sì alla conciliazione, sì a che tutto avvenga naturalmente e concentrarsi su democrazia e via parlamentare, sì a entrare nei parlamenti, contrastare le leggi borghesi e dedicarsi a tirar su politici “comunisti” che quando sarà il momento sapranno guidare le trasformazioni sociali già avviate proprio dalla partecipazione comunista alla democrazia” e boiate capital-fasciste varie.
E del degno compare Bernstein, non vogliamo dirne due? Questo il succo delle sue posizioni: “Marx e Engels sbagliano nel ritenere che il capitalismo crollerà per le sue contraddizioni; la democrazia parlamentare va benissimo, così i lavoratori (tramite i loro rappresentanti politici) potranno difendere e conquistare diritti. In tal modo, contando sempre più nella società, bloccheranno anche le guerre fra le potenze imperialiste e verso lo sfruttamento dei paesi poveri”. E della Luxembourg ne vogliamo parlare? D’accordo che era anticapitalista ma anche lei, stringi stringi, che predicava? Rifiutava la rivoluzione bolscevica, troppo violenta a suo dire (no dico, di grazia cosa avremmo dovuto fare in Russia? Gentili zar, monarchi, parlamentari e fascisti, sapete è il 1917 e ora tocca a noi, ci date il potere? Signora Luxembourg, ripeto, il tuo anticapitalismo lo hai pagato con la vita e quindi un nemico dei nazisti è ipso facto
mio amico, però che razza di posizioni sosteneva?); poi rifiutava il ruolo del partito avanguardia del proletariato fondato sul centralismo democratico tanto caro a Lenin e che si è mostrato vincente. Insomma, anche qui, in sintesi, posizioni da antidittatura del proletariato e quindi, in estrema sintesi, piccolo borghesi e democratiche.
Per chiudere questo secondo elemento che ho voluto approfondire, ricordo che Lenin stesso rigettava la democrazia borghese in quanto serve solo ai liberisti per gestire il potere borghese; essa, questa è la prova incontrovertibile che ci forniscono sia Lenin che la storia, ha posto le basi per la crescita e lo sviluppo dei grandi cartelli, delle grandi aziende che in breve tempo hanno monopolizzano tutti i settori economici diventando ricchissime e capaci di influenzare in toto le scelte dei governi, spingendo, in particolare, verso le imprese di colonizzazione e conquista di interi territori, violentandone le risorse e vessandovi le popolazioni native. La fase suprema del capitalismo, è ancora in corso, le guerre fra aziende (e Stati di appartenenza) non sono affatto calate, le missioni di pace (in realtà di guerre imperialiste e coloniali) continuano a tutt’oggi: ecco dove porta la bandiera della democrazia borghese, spacciata per libertà, pace, fratellanza e amore! Guerra, miseria, sfruttamento e baratro per l’umanità.
Il discorso di Scuderi è ricchissimo di spunti, ma per ragioni di spazio e poiché, ripeto, il suo discorso non necessita proprio di commenti per la sua chiarezza espositiva, la chiudo qui citando solo poche righe del nostro stimato compagno Segretario: “Come dimostra la storia, solo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao fornisce al proletariato gli elementi per combattere la borghesia su tutti i piani, per liberarsi dal giogo del capitalismo e dell’imperialismo, per conoscere e trasformare il mondo. Solo esso è capace di mettere il proletariato in grado di individuare, combattere e vincere gli imbroglioni politici travestiti da comunisti che, all’interno delle sue file, del suo Partito e del suo Stato, sabotano le sue lotte e agiscono per gettarlo fuori strada, consentendo così alla borghesia di mantenere il potere o di riconquistarlo se l’ha perduto
”.
Compagne e compagni, non resta che continuare a tenere rimboccate le maniche!
4 dicembre 2019