Che fatica i primi numeri de “Il Bolscevico”

di Patrizia Pierattini*
 
Quel 15 Dicembre 1969 in cui la nostra voce, la voce del PMLI, allora OCBI m-l, è risuonata con forza per la prima volta, nel nostro Paese, attraverso le due pagine de “Il Bolscevico” mensile, avevo da poco compiuto 21 anni. Insieme agli altri 3 pionieri del Partito – Giovanni Scuderi, Mino Pasca e Nerina “Lucia” Paoletti – avevo analizzato, criticato e giudicato politicamente inutilizzabili la stampa esistente e le varie formazioni nel campo a parole marxiste-leniniste. Avevamo compreso che occorreva un partito autenticamente rivoluzionario e marxista-leninista e un giornale che fosse la sua propria voce.
Finite le superiori, lavoravo d'estate come maestra di colonia, iscritta all'Università, nel 1969, ero operaia alla Sidol, una fabbrica metalmeccanica di medie dimensioni, in cui come iscritta FIOM ho fatto la mia prima esperienza di lotta operaia e sindacale, importante per la mia maturazione politica. Successivamente, vincendo un concorso, sono entrata all'università come bibliotecaria documentarista. La mia scelta marxista-leninista era fortemente contrastata dalla mia famiglia.
Ricordo quel primo fondamentale numero de “Il Bolscevico”, come la nascita di un bambino o di una bambina, che intanto si spera che vada tutto bene nel parto e che nasca in salute, bello, perfetto nelle sue parti essenziali come noi lo vorremmo.
“Il Bolscevico” è stato ed è il nostro figlio politico, nato e cresciuto marxista-leninista e che va seguito per sempre, finché siamo in vita, lo stesso devono fare le compagne e i compagni più giovani.
Modestamente ero una dei tre compagni che hanno redatto “Il Bolscevico” dalla fondazione ai suoi primi anni di vita. Entusiasmo alle stelle, per ogni numero che usciva. Un miracolo del proletariato rivoluzionario, considerando anche le persecuzioni giudiziarie che colpivano il Direttore politico Giovanni Scuderi e le difficoltà frapposte dalla legge sulla stampa che impone ai giornali di avere un giornalista iscritto all'albo come direttore responsabile, che noi all'inizio non avevamo, e per questo eravamo costretti a variare la testata per non sembrare un periodico. Ogni numero era una entusiasmante conquista. Ma che grandi fatiche e sacrifici abbiamo dovuto passare, forse impensabili oggi. Non avevamo nessuna esperienza giornalistica e la nostra coscienza marxista-leninista era in buona parte da costruire. Ci abbeveravamo alla fonte del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, in particolare studiavamo gli insegnamenti dei Maestri sul giornalismo marxista-leninista, ne discutevamo insieme e imparavamo il lavoro giornalistico facendolo.
Come ha scritto il compagno Scuderi: “Non sapevamo da che parte incominciare ed eravamo sprovvisti di tutto: di esperienza giornalistica, di soldi e mezzi, di giornalisti e intellettuali rivoluzionari. Per pagare il primo numero, uscito il 15 Dicembre 1969, un mensile a due pagine fitte fitte, con una tiratura di diecimila copie, ricorremmo a una colletta per raccogliere le cento mila lire che ci occorrevano. Possedevamo solo una vecchia e antiquata macchina da scrivere, tre vecchi e traballanti tavolinetti, qualche sgangherata sedia e un po' di cancelleria”. (Lettera alla Direzione e alla Redazione centrale de “Il Bolscevico” in occasione del 30° Anniversario della fondazione).
La sede ufficiale della Redazione centrale de “Il Bolscevico”, finché non si è trasferita a fine luglio 1992 in via Gioberti 101 a Firenze, era sita in via dell'Orto 26 nel popolare quartiere antifascista fiorentino di San Frediano. Una catapecchia abbandonata e fatiscente, piena di ragnatele e di ratti. Lavorandoci l'intera estate del 1968, con in prima fila le compagne, sacrificando le ferie, la rendemmo ospitale, per quanto era possibile. Non c'erano riscaldamento, impianto luce e servizi igienici usufruibili. Mancava letteralmente tutto. Non avevamo né una penna, né un foglio di carta, né una sedia e un tavolo. Li abbiamo conquistati un po' per volta, a prezzo di grandi sacrifici collettivi e individuali.
Per il lavoro giornalistico non era utilizzabile perché era sempre piena di compagne e compagni impegnati a stampare volantini al ciclostile, a scrivere i manifesti a grandi caratteri e dipingere con pennarelli e altri strumenti gli striscioni per le manifestazioni, con sacrificio di tempo ed economico. I primi numeri de “Il Bolscevico” sono quindi nati nello studio della casa dei compagni Giovanni Scuderi e “Lucia” Paoletti, che l'hanno messa al cento per cento a disposizione del compagno Mino Pasca e di me. Mentre scrivevamo gli articoli, si discuteva, si studiava, si rifletteva, talvolta per intere giornate e fino a notte inoltrata, la compagna Lucia provvedeva con amore a tutte le nostre necessità, ci consigliava di interrompere il lavoro per riposarci un po', incoraggiandoci e dandoci tanta serenità. Non ci faceva mancare la cena o il pranzo, puntuale la merenda. E ciò nonostante fosse molto impegnata politicamente.
Come scrivevamo gli articoli in quei primi anni? Anzitutto sceglievamo i temi da trattare in base agli avvenimenti internazionali e italiani e alle necessità del Partito, poi elaboravamo i titoli di ogni articolo e quindi passavamo a scriverli frase per frase. Scuderi le proponeva e dopo averle discusse, le scrivevamo. Una procedura piuttosto macchinosa e faticosa, ma volevamo essere assolutamente sicuri, nel contenuto e nella forma, che ogni articolo fosse coerente col marxismo-leninismo-pensiero di Mao, con la linea dell'Organizzazione, embrione del PMLI e con la realtà analizzata.
Per diversi anni gli articoli sono stati un prodotto collettivo, salvo eccezioni, alcuni sono stati scritti e firmati da Scuderi.
Non solo scrivevamo “Il Bolscevico” ma andavamo anche a diffonderlo e affiggerlo. Tra l'altro la mia prima condanna giudiziaria è stata per affissione, nottetempo fui beccata sul fatto.
Le istituzioni repressive borghesi, fin dalla nascita de “Il Bolscevico” hanno tentato di tappargli la bocca con una serie di processi all'allora Direttore Scuderi e di multe salate all'Organizzazione per le affissioni “abusive”. Ma non sono riusciti a fermare il nostro lavoro politico-giornalistico marxista-leninista. Dopo 50 anni “Il Bolscevico” è ancora vivo e vegeto, molto più forte e agguerrito dei primi anni, grazie all'infaticabile e encomiabile lavoro dei successivi redattori, che hanno messo intelligentemente a frutto l'esperienza dei primi tre redattori.
“Il Bolscevico”, con sempre più forza e autorevolezza fronteggia la stampa e la propaganda borghese, risplende rosso e pieno di coraggio nella rete.
Grazie ai quei primi numeri, a quelle prime grandi fatiche, agli attempati pionieri redattori del 1969 e ai loro successori, ormai “Il Bolscevico”, nei contenuti e nella grafica, esprime la migliore immagine del PMLI e costituisce una potente arma di combattimento contro il capitalismo, per il socialismo e il potere politico del proletariato. Sicuramente i nuovi redattori di oggi e di domani lo renderanno ancora più forte, più completo e più bello. Che “Il Bolscevico” sia sempre rosso fiammante!

 

* Direttrice responsabile de “Il Bolscevico” fino all'ultimo numero del 1986

11 dicembre 2019