Elezioni regionali in Calabria
Il re del tonno candidato del PD
Callipo in precedenza aveva appoggiato due candidati fascisti. Sull'aspirante presidente della regione Calabria l'ombra della 'ndrangheta

Dal nostro corrispondente della Calabria
In vista delle regionali del 26 gennaio prossimo in Calabria i partiti e le coalizioni borghesi danno il peggio di sé, come sempre del resto, anche se mai come questa volta si assiste ad uno spettacolo squallido di candidature ventilate e ritirate, veti incrociati, trasformismo a non finire, guerra per bande, il tutto per avere un posto al sole alla regione Calabria per servire al meglio la borghesia calabrese e quindi la 'ndrangheta.
Il ''centro-destra'' che non è in Calabria (non ancora almeno) a trazione leghista, dovrebbe candidare un esponente di FI, per mesi si è parlato del bancarottiere sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, plurinquisito, rinviato a giudizio e responsabile del dissesto finanziario del comune di Cosenza di oltre 350 milioni di euro (sic!) o in alternativa del fratello Roberto Occhiuto, deputato di FI, ma gli uomini (fascistissimi e mafiosissimi) dell'aspirante duce Salvini in Calabria e quelli della Meloni si sono opposti, al momento in cui scriviamo la scelta sembrerebbe ricaduta su Jole Santelli, vecchio arnese di FI, fresca di dimissioni dalla carica di vicesindaco di Cosenza (quindi responsabile del default tanto quanto Occhiuto), deputata dal 2001, per ben tre volte sottosegretaria nei governi Berlusconi e Letta.
Ma gli Occhiuto non mollano e minacciano una lista autonoma, se Roberto è almeno deputato, Mario ha bisogno di poltrone e immunità per evitare (o ritardare) la galera, dove peraltro starebbe benissimo insieme al distruttore contabile del comune di Reggio Calabria, il fascista malripulito ex governatore Scopelliti, oggi alleato di Salvini.
Il caos è totale anche nel ''centro-sinistra'' il governatore uscente, plurinquisito e rinviato a giudizio Mario ''palla-palla'' Oliverio del PD vuole ricandidarsi a tutti i costi, anche perché probabilmente non sarebbe capace di vivere senza una poltrona pubblica pagata dai contribuenti, lui che è nelle istituzioni borghesi fin dal 1985 e d'altra parte anche lui ha bisogno di cariche pubbliche per evitare o ritardare le patrie galere.
Ma lo sfascio totale determinato dalle varie sue giunte regionali borghesi, neofasciste e filomafiose, oltre ai suoi guai giudiziari, hanno portato (dopo mesi di tentennamenti) il segretario Nicola Zingaretti (inquisito anche lui e pessimo governatore del Lazio) a scegliere un candidato ''civico'' alternativo ad Oliverio, ammettendo quindi il fallimento totale del governo regionale del PD, senza fare un briciolo di autocritica e minacciando Oliverio, Adamo, la Bruno Bossio e i loro uomini di espulsione dal PD, commissariando le sezioni provinciali di Cosenza e Crotone schierate con ''palla-palla'' e beccandosi per questo dagli arnesi oliveriani accuse di ''stalinismo''. (ahahaahah ma esiste un limite alla stupidità umana?)
Tutto questo a consiliatura regionale conclusa, come dire quando i buoi sono già scappati, per giunta ricandidando al consiglio regionale molti deputati e assessori che solo in queste ultimi giorni stanno rompendo con Oliverio, dopo averlo sostenuto 5 anni e proprio nel momento in cui il commissario calabrese del PD (inviato da Zingaretti per fare ''pulizia'') e consigliere regionale campano, Stefano Graziano, viene accusato dalla DDA di Napoli di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa.
Il candidato scelto per la presidenza poi è l'imprenditore vibonese Filippo ''Pippo'' Callipo, detto il ''re del tonno'', 73 anni, già candidato alla presidenza della regione nel 2010 con l'IdV di Di Pietro e la lista Pannella-Bonino, quindi sostenitore nel 2014 del ''centro-destra'' e della candidata Wanda Ferro (oggi parlamentare di FdI), battuta da Oliverio.
Negli anni è stato accusato da due ''pentiti'' di essere stato allo stesso tempo vittima e alleato della 'ndrangheta: vittima di estorsione e intimidazione da parte della 'ndrina dei Bonavota, rancorosi verso Callipo perché protetto dalla 'ndrina nemica dei Mancuso, allora egemone nel vibonese.
Il ''pentito'' Andrea Mantella (al servizio dei Bonavota e capo di un gruppo antagonista rispetto ai Mancuso) in una dichiarazione del 27 maggio 2016 ha sostenuto: ''Per quanto io ne sappia, l'imprenditore Filippo (Pippo) Callipo era molto vicino a Luigi Mancuso, questo lo so perché quando avevamo le mani su Pizzo Calabro sapevamo che non lo potevamo toccare perché protetto dai Mancuso; mi riferisco agli anni novanta, poi quando abbiamo fatto la scissione con l'appoggio di Vallelunga Damiano, i Mancuso hanno perso potere e i Bonavota, in accordo con gli Anello, hanno ritenuto possibile fare l'estorsione a Callipo''.
Estorsione che sarebbe consistita in una richiesta di assunzione per uomini della 'ndrina, lo stesso Callipo ha denunciato nel 2004 alcuni tentativi di intimidazione, ma dietro i quali, quindi, non si nasconderebbe affatto la sua tanto sbandierata ''lotta alla 'ndrangheta'', ma una contraddizione intermafiosa tra famiglie criminali in lotta nel vibonese per il dominio del territorio.
La vicinanza di Callipo ai Mancuso non è mai stata provata in sede penale, ma come si spiegano il rancore e le intimidazioni degli ''scissionisti'' verso di lui, se il ''re del tonno'' non fosse stato vicino in qualche modo ai Mancuso e perché allora per anni questi ultimi lo avrebbero lasciato operare e prosperare tranquillamente?
Insomma dietro Callipo da anni si nasconderebbero ombre e trame mafiose (e fasciste) mai del tutto chiarite.
L'imprenditore è stato anche a capo di Confindustria Calabria e nel rapporto con i suoi dipendenti è sempre stato particolarmente feroce e antisindacale: “È sempre stato un padrone che ragionava in termini ottocenteschi, ha sempre firmato gli accordi solo con la Cisl, ci proponeva un 'welfare' aziendale che minava alla radice il contratto collettivo nazionale e l’universalismo dello stato sociale. Insomma, un conservatore, con modalità di relazioni sindacali da padrone delle ferriere”, rivela Delio Di Blasi, della direzione regionale della Cgil.
Un padrone feroce e verace, sostenitore aperto di fascisti vecchi e nuovi, in odor di mafia, viene imposto nella lotta all'ultimo sangue con ''palla-palla'' da Zingaretti come candidato a governatore, in barba fra l'altro al conflitto d'interessi perché ''Pippo'', con il suo ''Callipo Group'', composto da sei aziende e la sua carica conferita da Ciampi di Cavaliere del lavoro, è una specie di Berlusconi calabrese del settore ittico, alimentare e sportivo.
Alla faccia del ''rinnovamento''!
Il M5S sostiene Francesco Aiello, docente di economia all'Unical di Rende, celebre per i suoi post sui social nei quali esprimeva, solo pochi anni fa, vicinanza politica a Renzi e Oliverio (sperando di diventare assessore regionale) e che risulta essere possessore di una villa abusiva ereditata dai genitori.
Aiello, insieme alla sua convivente Graziella Bonanno che è a capo del ''Movimento Presila Unita'' è uno dei principali artefici (con uno studio di fattibilità ritenuto farlocco) dello sciagurato accorpamento dei comuni di Casole Bruzio, Pedace, Serra Pedace, Spezzano Piccolo (nonostante in questo comune al referendum sull'accorpamento abbia vinto il NO!) e Trenta, che dal 2017 costituiscono il comune unico di Casali del Manco, in provincia di Cosenza. Si è venuto così a creare nella Presila il settimo comune calabrese per estensione, restringendo così gli spazi di democrazia borghese e rendendo più difficile il controllo degli eletti da parte delle masse.
La giunta comunale peraltro è oggi composta da elementi che vanno dal PD ai fascisti della Meloni. Nota la vicinanza di Aiello a Domenico Cersosimo, area PD ed ex vicepresidente della regione ai tempi di quel rottame ex Dc, massone, trasformista e in odor di mafia di Agazio Loiero.
Ce n'è abbastanza per far esclamare alla deputata calabrese Dalila Nesci che questa candidatura rappresenta per il M5S un ''suicidio politico'', come del resto pensa gran parte della base pentastellata, ma le squallide ''regionarie'' tenute sulla piattaforma Rousseau lo hanno confermato candidato, sia pur per una manciata di voti.
Ennesimo spaccato del marciume delle forze politiche borghesi di destra e di ''sinistra'', con e senza le stelle nella regione più povera d'Italia, le quali vanno sonoramente bocciate alle regionali del 26 gennaio prossimo con l'astensionismo tattico marxista-leninista, creando le istituzioni rappresentative della masse fautrici del socialismo basate sulla democrazia diretta, la parità di genere e a carattere permanente: le Assemblee popolari e i Comitati popolari.
 
 

18 dicembre 2019