I No Tav ancora in marcia contro l'alta velocità
“C'eravamo, ci siamo e ci saremo” il motto dei manifestanti. Scontri e 25 denunce al cantiere di Venaus. Importante asse No Tav coi giovani scioperanti per il clima.
Si è tradotta in un serpentone di quasi diecimila persone, lungo circa due chilometri, la manifestazione dei No Tav del 7 dicembre che ha raggiunto in un paio di ore il cantiere TAV di Venaus, per celebrare lo smantellamento del cantiere stesso avvenuto l'8 dicembre di 14 anni fa quando una folla oceanica invase i prati, sradicò le reti e costrinse alla ritirata i presidi delle forze dell’ordine.
In testa, appena dietro allo striscione che apriva il corteo con una scritta significativa “C'eravamo, ci siamo e ci saremo”, erano presenti i giovani militanti No Tav pronti a prendere le redini della protesta, ai quali seguivano i sindaci dei comuni che hanno detto NO al supertreno, e via via tante altre persone, organizzate o meno, provenienti principalmente dalla val Susa.
Al termine del corteo si sono avvicendati alcuni interventi, fra i quali quello dello storico leader del movimento, Alberto Perino, che oltre a sottolineare che il fronte è vivo e vegeto nonostante i ripetuti tradimenti (in ultimo quello dei cinquestelle), ha sottolineato l'impatto ambientale dell'opera:” Il Tav è un ecocidio. Uccideranno l’ambiente. Dicevano che siamo morti, ci hanno messi in galera per farci tacere. Ma noi invece siamo ancora qui. Per dire no alla Tav, per salvare il pianeta e per le casse esauste del nostro povero Paese. Siamo qui per quei ragazzi che sono in prima linea e che non c’erano 14 anni fa ma che hanno capito l’importanza della nostra lotta”.
Una volontà, quella di mettere in primo piano la questione climatica, che è stata rafforzata anche pochi giorni fa quando i No Tav, assieme al Fridays for Future Val Susa e Val Sangone ed il Festival Alta Felicità del Comitato Giovani No Tav, hanno consegnato una lettera ed un dossier alla giovane Greta Thunberg, simbolo della lotta dei giovani per il clima, nella quale hanno rilanciato lo slogan “pensare globale ed agire locale”, evidenziando che solo l'inizio del lavori ha già causato l'emissione di milioni di tonnellate di anidride carbonica, oltre all'abbattimento di circa 5.500 alberi e la messa a rischio estinzione di alcune specie animali autoctone.
Oltre alla denuncia dell'ulteriore cementificazione, del rischio deviazione di falde acquifere e della diffusioni di amianto e polveri dannose nell'aria, la lettera chiudeva sostenendo che “I miliardi che quest’opera richiederebbe dovrebbero essere spesi nella diffusione di energie rinnovabili, nel trasporto pubblico e nella messa in sicurezza del territorio e per opere locali “.
Altri interventi hanno espresso la necessità di continuare a gridare di quanto quest'opera sia solo un grande spreco di risorse e di denaro pubblico; altri hanno ribadito che la strada per costruire questo inutile collegamento tra Torino e Lione sarà comunque molto lunga “per loro e per noi”, rifiutandosi dunque di accettare che la TAV sia ormai considerata “cosa fatta”.
Sicuramente il comune denominatore di tutte gli interventi, oltre alla ferma volontà di proseguire la lotta, è stata la pesante critica ai 5 Stelle, in particolar modo quest'anno quando nessun esponente della politica nazionale è stato presente, dimostrando di fatto che essi si schierano dall'altra parte, cioè quella dei costruttori, dei corrotti e dei corruttori, e delle multinazionali.
Il clima di grande combattività è stato confermato anche nella tarda serata del sabato 7 dicembre, quando un centinaio di manifestanti hanno lanciato una cinquantina di bombe carta e altri petardi nei pressi del cantiere di Venaus ora fermo, contro le forze dell’ordine che hanno risposto con il lancio di lacrimogeni e l’uso di idranti. Alla fine dell'ora di guerriglia, la Digos ha denunciato 25 persone vicine al centro sociale Askatasuna mentre un'altra decina sarebbe già stata identificata.
Continua dunque la lotta No Tav in uno scenario inedito che vede la quasi totalità delle forze parlamentari borghesi appoggiare il progetto; a maggior ragione dunque, ora che il movimento ha tutte le caratteristiche per tornare ad essere eterogeneo ed indipendente, è necessario che la Valsusa si mobiliti sempre di più, in maniera ampia ed unitaria come ha sempre fatto. Inoltre è un ottimo segnale l'asse e l'appoggio reciproco del movimento con i giovani del Fridays for Future, che auspichiamo si cementifichi in aiuto e sostegno reciproco.
Insomma, non c'è altra soluzione; ormai è chiaro a tutti che lo stop al TAV può avvenire solo rafforzando la lotta di classe contro la speculazione capitalistica delle grandi opere, contro le multinazionali alle quali nulla importa delle popolazioni residenti, dell'ambiente e del clima, e contro i partiti borghesi che gli reggono il sacco.
18 dicembre 2019