Vertice di Londra
Trump impone alla Nato di aumentare le spese in armi
Il capofila dell'imperialismo americano loda il “lavoro fantastico” di Conte e questi esalta la “grande amicizia” col dittatore fascista
“Sfida globale con la Cina”

 
“Oggi ci incontriamo a Londra, dove la NATO ha stabilito il suo primo quartier generale (nel 1950, ndr), per celebrare il 70° anniversario dell'alleanza più forte e di maggior successo della storia”, è l'incipit della Dichiarazione di Londra rilasciata dai Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza Atlantica al termine del loro vertice del 3 e 4 dicembre. Termini pomposi per un anniversario imperialista da celebrare pur guardando soprattutto al futuro, per dirla con le parole del segretario generale Jens Stoltenberg, “mentre il mondo cambia, la NATO continuerà a cambiare”. Anche se ben in testa alla dichiarazione restava la riaffermazione che i cardini dell'alleanza sono il legame transatlantico “di lunga durata tra Europa e Nord America” e “il nostro solenne impegno, sancito dall'articolo 5 del Trattato di Washington, che un attacco contro un alleato è considerato un attacco a tutti noi”. Quell'articolo è un pericoloso meccanismo automatico che potrebbe trascinare i 29 alleati imperialisti in una guerra, non è affatto il quasi innocuo motto letterario “uno per tutti e tutti per uno” richiamato da Stoltenberg. Un richiamo all'unità che tra l'altro non soddisfa appieno l'imperialismo francese, col presidente francese Emmanuel Macron impegnato a Londra a distinguersi da Trump nel ruolo di capofila dei paesi imperialisti europei anche nella Nato.
Il vertice di Londra si è aperto ufficialmente il 3 dicembre con il ricevimento reale offerto a Buckingham Palace dalla regina Elisabetta II e si è chiuso nella vicina e blindata Watford, senza la consueta conferenza stampa finale del presidente americano Donald Trump, con una dichiarazione che riaffermava l'impegno dei partners a aumentare ancora le spese militari, a tenere un atteggiamento forte di confronto, ma anche di “dialogo”, con la Russia e infine definiva la Cina “sfidante globale”. Trump doveva incassare sul secondo e terzo punto della dichiarazione le obiezioni di Macron, che aveva acceso per tempo le polveri affermando che la Nato era a livello di “morte cerebrale”, e poteva consolarsi con le rinnovate e reciproche lodi col presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte. “Sta facendo un fantastico lavoro, è diventato molto popolare in Italia”, dichiarava il capofila dell'imperialismo americanoTrump lodando Conte che rispondeva con “stiamo facendo un grande lavoro insieme, come alleati e amici”, esaltando la “grande amicizia” col dittatore fascista.
Nei commenti sui lavori del vertice Trump aveva anzitutto sottolineato i “grandi progressi” fatti dalla Nato negli ultimi tre anni con un aumento complessivo delle spese militari di 130 miliardi di dollari in più all’anno, che saliranno a ben 400 miliardi entro il 2024. “La Nato sarà più ricca e più forte che mai”, esclamava dopo aver invitato a pranzo i leader di Estonia, Grecia, Lettonia, Polonia, Romania, Lituania, Bulgaria e Regno Unito, ossia dei paesi che hanno già rispettato l'impegno chiesto dalla Nato di investire il 2% del Pil in spese militari entro il 2024. La decisione risale al vertice Nato di Newport, in Galles, del 4 e 5 settembre 2014, quando era presidente Barack Obama, e Trump si prendeva il merito di aver imposto un'accelerazione al raggiungimento di un obiettivo che è ancora lontano.
Gli Stati Uniti spendono circa il 3,4% del Pil; nel 2014 solo Grecia e Gran Bretagna erano già sopra il 2% dove sono arrivate Estonia, Romania, Polonia, con la Lituania all'1,98%; seguono la Turchia all'1,89% e la Francia all'1,84%. L’Italia spende l’1,2% del Pil, la Germania l’1,3%. Belgio, Spagna e Lussemburgo sono in fondo alla classifica, sotto l’1%. Tutti comunque hanno aumentato le spese negli ultimi tre anni, salvo Croazia e Albania.
Seguendo la traccia dell'ordine del giorno dei lavori, la dichiarazione finale indicava fra le minacce alla sicurezza euro-atlantica, le azioni aggressive della Russia e il terrorismo, sosteneva che il riarmo era necessario per garantire una efficace “combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica” e plaudiva al prossimo ingresso nell'alleanza della Macedonia del Nord. L'alleanza inoltre dichiarava lo spazio come il quinto dominio operativo dopo terra, aria, mare e cyber, nella sfida militare con le potenze imperialiste concorrenti. Prima dei saluti finali e dell'annuncio del prossimo vertice nel 2021 compariva la questione della Cina: “siamo consapevoli che la crescente influenza e le politiche internazionali della Cina presentano sia opportunità che sfide, alle quali dobbiamo rispondere insieme come Alleanza”, sfide che comprendono anche “le implicazioni per la nostra sicurezza” evidenziava Stoltenberg nella conferenza stampa finale, dove parlava di “sfida globale con la Cina”, dato che “la Cina si riarma, ha un nuovo missile balistico intercontinentale in grado di raggiungere l'Europa e il Nord America, ha missili ipersonici, alianti e centinaia di missili a raggio intermedio”. Per la prima volta “abbiamo affrontato l'ascesa della Cina e per la prima volta nella storia della NATO “ci sono truppe pronte per il combattimento schierate nella parte orientale dell'Alleanza”, nei paesi baltici e in Polonia, sottolineava Stoltenberg a dimostrazione della vitalità di una alleanza che si aggiorna alle sfide attuali.
Stoltenberg presentava l'alleanza militare imperialista come aggiornata, unita e compatta ma era costretto ad arrampicarsi sugli specchi quando doveva rispondere alla domanda sulla situazione creatasi nella Siria del nord dove la Turchia, il secondo partner militare della Nato, aveva attaccato i terroristi curdi alleati del primo paese Nato, gli Usa, nella guerra all'IS. Si era rifugiato in un “abbiamo punti di vista diversi” e sul “siamo tutti d'accordo sull'importanza di non mettere a repentaglio i vantaggi che abbiamo ottenuto nella lotta al terrorismo”.
Risposte che non sono certo bastate, tra gli altri, al presidente francese Emmanuel Macron secondo il quale il disimpegno dalla Siria del presidente americano Donald Trump e l'offensiva del leader turco Recep Tayyip Erdogan avevano definitivamente messo in luce le contraddizioni dell'Alleanza atlantica. Il presidente francese, in una lunga intervista al settimanale Economist, ai primi di novembre aveva affondato un colpo preparato da tempo contro la politica imperialista americana. “Quello che stiamo vivendo è la morte cerebrale della Nato”, aveva dichiarato, il galletto imperialista francese che chiedeva di “chiarire le finalità strategiche” dell'Alleanza, accusando gli Usa di agire per conto proprio, senza “alcun coordinamento strategico con i partner” e mentre un altro paese membro della NATO, la Turchia, conduceva “una aggressione in una zona “dove i nostri interessi sono in gioco”. E aggiungeva che l'Europa “sparirà” se non inizierà a far valere le sue esigenze di potenza mondiale, schiacciata tra le concorrenti Usa e Cina.
Macron accusava Trump di porre “la questione della Nato come un progetto commerciale, un progetto in cui gli Stati Uniti assicurano una sorta di ombrello geostrategico ma come contropartita pretende un'esclusiva commerciale: bisogna comprare americano. La Francia non ha firmato per questo”. E aggiungeva che proprio per sviluppare un’autonomia nel settore della Difesa, la Francia aveva convinto la Germania a lanciare insieme ad altri paesi la “European Intervention Initiative”, cui nel settembre scorso ha aderito l'Italia con uno dei primi provvedimenti del nuovo governo Conte.
Macron, che il 3 dicembre aveva avuto l'incontro bilaterale con Trump, al termine del vertice spiegava che aveva voluto dare una scossa alle discussioni perché non voleva per la terza volta parlare solo dei contributi di bilancio ma porre le questioni sugli obiettivi strategici dell'Alleanza, dal ritiro degli Usa dall'Europa alle scelte della Turchia “sulla definizione di terrorismo e sull'acquisizione di nuovi sistemi d'arma come l'S400” che sollevano “una questione di coerenza”. L'Europa, ripeteva Macron, deve pensare alla sua sicurezza e costituire il secondo pilastro della Nato, a fianco e a pari titolo di quello americano; deve lavorare per “l'instaurazione di un dialogo forte ed esigente con la Russia”, un paese vicino geograficamente che non può essere considerato solo il primo nemico militare della Nato. Annunciava a tal proposito il vertice del 9 dicembre a Parigi tra Russia, Ucraina, Germania e Francia per rilanciare il processo di pace nella crisi ucraina. Sosteneva che l'atteggiamento di contrapposizione scelto dalla NATO con la Russia non andava bene neanche con la Cina, come volevano gli Usa, “non credo che la Cina possa diventare l'oggetto designato della nostra difesa collettiva”; come dire non ci riguarda il confronto militare che gli Usa hanno avviato con Pechino a partire dal Mar Cinese meridionale, l'imperialismo europeo vuol giocare per conto proprio. Quello francese intanto vuole restare in prima fila nella guerra allo Stato islamico, che per Macron si è spostato nella regione africana del Sahel dove opera il contingente militare francese. Una presenza che era l'oggetto del vertice convocato a Parigi il 16 dicembre dei 5 Capi di Stato africani coinvolti nel G5 Sahel.

18 dicembre 2019