Passare dopo 50 anni dalle chiacchiere ai fatti
Aprire i dossier sulla strage di Stato alla Banca dell'Agricoltura di Milano
Il presidente della Repubblica Mattarella denuncia i “depistaggi” ma non dice chi sono i responsabili
Sono passati 50 anni dalla bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana a Milano, che fece 17 morti e 88 feriti e inaugurò la stagione dello stragismo golpista, e ancora nessuno, né gli esecutori né tanto meno i mandanti, ha pagato per quella efferata strage. O meglio, dopo mezzo secolo gli unici due colpevoli accertati in sede giudiziaria sono i neofascisti veneti di Ordine nuovo Freda e Ventura (quest'ultimo deceduto nel 2010 a Buenos Aires), ma giudicati non più perseguibili dalla sentenza della Cassazione che ha messo una pietra tombale sulla verità giudiziaria dopo ben 11 processi-farsa che avevano fatto di tutto per occultarla.
Ma a differenza di quella giudiziaria la verità storica su quella strage del 12 dicembre 1969 è già stata ampiamente accertata: la strage, come la catena di attentati dinamitardi che in quell'anno l'avevano preceduta, fu preparata ed eseguita materialmente dai fascisti delle cellule venete di Ordine nuovo, il movimento neofascista fondato dal missino Pino Rauti, i cui esponenti erano Franco Freda, Giovanni Ventura, Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, con l'aiuto della cellula milanese di Giancarlo Rognoni e del fascista al soldo dei servizi segreti americani del comando Ftase di Verona, nonché armiere della banda e fornitore dell'esplosivo Nato per confezionare le bombe, Carlo Digilio, le cui rivelazioni al giudice milanese Salvini, che negli anni '90 aveva riaperto l'inchiesta, hanno permesso di ricostruire molti aspetti della vicenda. Tutti costoro giudicati assolti o non più perseguibili con l'ultima e definitiva sentenza della Cassazione del 2005.
I mandanti della strage furono invece la corrente golpista della borghesia annidata nella Democrazia cristiana allora al potere e nei partiti suoi alleati, nelle forze armate e di polizia, e i circoli imperialisti degli Usa e della Nato, per impedire che la grande ondata di lotte studentesche e operaie del '68-'69 sfociasse in una rivoluzione socialista o quantomeno in una vittoria elettorale del PCI revisionista e che l'Italia si staccasse dall'Alleanza atlantica. Lo scopo di quel terrificante atto terroristico era di creare una situazione di caos e di emergenza nel Paese per favorire un colpo di Stato sul modello di quello attuato appena due anni prima nella Grecia dei colonnelli con la copertura degli Usa e della Nato.
Una strage di Stato e atlantica
A fare da tramite tra i mandanti politici golpisti e gli esecutori neofascisti, a coprirli e depistare le indagini verso gli anarchici e i movimenti di sinistra, furono i servizi segreti (allora Sid) e il famigerato Ufficio affari riservati del Viminale diretto da Umberto D'Amato; mentre a livello militare a fare da tramite con i terroristi di Ordine nuovo, addestrarli, armarli e procurare loro gli esplosivi furono probabilmente l'organizzazione militare segreta della Nato in Italia, Gladio, e gli stessi agenti dei servizi segreti americani di stanza nelle basi venete. Per questo la strage di Milano fu una strage di Stato e atlantica, e anche se il golpe non fu poi attuato perché l'allora presidente del Consiglio Rumor si tirò indietro e altri leader DC di tendenza integrazionista come Moro e Taviani si opposero, essa inaugurò una stagione stragista, la cosiddetta "strategia della tensione", che portò comunque a fascistizzare le istituzioni e il Paese e a ricacciare indietro i movimenti di lotta studentesco e operaio, aprendo la strada alla seconda repubblica e al regime neofascista attuali.
Anche noi marxisti-leninisti dovemmo affrontare la cupa e pervasiva cappa di caccia alle streghe anticomunista, calata sul Paese dalla borghesia e dai mass media di regime per additare negli anarchici e negli altri movimenti a sinistra del PCI i responsabili della strage; una caccia già preconfezionata dai golpisti e messa in scena fin dai primi momenti dopo la strage, con l'arresto e il "suicidio" dell'anarchico Pinelli da una finestra della questura di Milano. Ne è riprova anche la perquisizione domiciliare poliziesca subita già il 13 dicembre dal nostro Segretario generale, Giovanni Scuderi, nell'ambito delle "indagini" sulla strage, perquisizione estesa anche alla sede di via dell'Orto dell'allora OCBI m-l. Successivamente Scuderi subirà, tra le tante, anche una condanna della magistratura per il documento "La strage di Milano ha fallito il suo scopo'', pubblicato su "Il Bolscevico" che smascherava i veri mandanti e scopi della bomba di Piazza Fontana.
Continua l'omertà di Stato
Eppure, nonostante che la verità storica sulla strage di Milano sia ormai ben nota, lo Stato borghese continua ancora oggi a cercare di nasconderla e a tenere ben chiusi i suoi archivi segreti, impedendo che sia fatta piena luce sui mandanti politici, interni e internazionali, che la idearono e appaltarono ai terroristi fascisti, aiutandoli ad attuarla e depistando le indagini. Nessun governo, né quelli della destra né quelli della "sinistra" borghesi che si sono succeduti in questo mezzo secolo ha mai fatto eccezione su questo ostinato rifiuto di aprire i dossier segreti sulla strage di Milano e sulle altre sanguinose stragi successive: come le stragi di Gioia Tauro (1970), Peteano (1972), Brescia (1974), Italicus (1974), Ustica (1980), Bologna (1980), rapido 904 (1984), fino alle stragi politico-mafiose del '92-'93.
Neanche Mattarella si è sottratto a questo atteggiamento omertoso, pur essendo il primo presidente della Repubblica che da 50 anni sia andato a Milano a commemorare le vittime della strage. Parlando a Palazzo Marino davanti ai familiari delle vittime e alle vedove di Pinelli e di Calabresi, Mattarella ha sì riconosciuto che la bomba alla Banca dell'Agricoltura, come la catena di 145 attentati dinamitardi che in quel 1969 l'aveva preceduta, facevano parte, come anche il tentativo di golpe di Borghese, della "strategia della tensione" contro il movimento studentesco e operaio del '68-'69 ("a quella primavera, all'autunno caldo del rinnovo dei contratti di lavoro, si volle opporre un dicembre di sangue", ha ammesso a un certo punto del discorso); ma si è fermato qui, senza denunciare nemmeno lui quelle forze e quei personaggi del governo di allora, del suo stesso ex partito, dei servizi segreti italiani e americani, dei comandi militari ufficiali e segreti italiani e della Nato, che pianificarono e attuarono quella strategia stragista servendosi dei terroristi neri.
Aprire gli archivi, scoprire i responsabili
Il massimo di denuncia che Mattarella è arrivato a fare è stata quella contro "l’attività depistatoria doppiamente colpevole di una parte di strutture dello Stato", e contro il "cinico disegno, nutrito di collegamenti internazionali a reti eversive, mirante a destabilizzare la giovane democrazia italiana, a vent’anni dall’entrata in vigore della sua Costituzione". Ma anche qui guardandosi bene dal fare i nomi di chi dall'interno dello Stato mise in atto i depistaggi e i nomi di queste "reti eversive internazionali", a quali governi rispondevano e chi ne erano i responsabili in Italia. Eppure è stato anche ministro della Difesa, per cui queste cose non dovrebbero certo avere segreti per lui.
Dopo 50 anni è l'ora che si passi dalle chiacchiere ai fatti. Che cosa si aspetta ancora ad aprire gli archivi segreti in mano al ministero degli Interni, ai servizi segreti, carabinieri, guardia di finanza e corpi speciali dell'esercito, compresi quelli custoditi nell'archivio del Quirinale, che non ha mai risposto alle richieste di visionarli da parte della magistratura? Che cosa si aspetta ancora a mettere al bando tutte le organizzazioni neofasciste e neonaziste, come CasaPound e Forza Nuova, che sono eredi dirette di quei terroristi neri che attuarono la strage di Piazza Fontana e che imperversano nel Paese con lo squadrismo, il razzismo e la xenofobia?
Se Mattarella e il governo del trasformista e liberale Conte non lo faranno si renderanno complici davanti alla storia dei responsabili di quella strage, contribuendo a mantenerli occulti e impuniti come hanno fatto finora tutti i loro predecessori.
24 dicembre 2019