I
Stalin (Giugasvili), Giuseppe Vissarionovic è nato il 21 dicembre 1879 nella città di Gori, governatorato di Tiflis. Suo padre Vissarion Ivanovic, di nazionalità georgiana, originario di una famiglia di contadini del villaggio di Didi-Lilo, nel governatorato di Tiflis, fu di mestiere calzolaio e, in seguito, operaio delle fabbriche di calzature Adelkhanov a Tiflis. Sua madre Iekaterina Gheorghievna era figlia di un contadino servo della gleba, Gheladze, del villaggio di Gambareuli.
Nell'autunno del 1888 Stalin entrò nella scuola ecclesiastica di Gori. Nel 1894 la terminò e fu ammesso nel seminario ortodosso di Tiflis.
In Russia in quegli anni, grazie allo sviluppo del capitalismo industriale e all'estendersi del movimento operaio, incominciava a diffondersi largamente il marxismo. L'«Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia», fondata e diretta da Lenin a Pietroburgo, aveva dato un potente impulso allo sviluppo del movimento socialdemocratico in tutto il paese. L'ondata del movimento operaio arrivò fino alla Transcaucasia, dove già era penetrato il capitalismo, e duro era il giogo dell'oppressione nazionale e coloniale. La Transcaucasia era una colonia tipica dello zarismo russo, un paese agrario, economicamente arretrato, con forti residui feudali, un paese popolato da numerose nazionalità che vivevano frammiste, mescolate l'una con l'altra.
Nell'ultimo quarto del secolo XIX aveva incominciato a svilupparsi rapidamente nella Transcaucasia il capitalismo, sottoponendo gli operai e i contadini a uno sfruttamento feroce, aggravando l'oppressione nazionale e coloniale. Particolarmente rapido fu lo sviluppo dell'industria mineraria, dell'estrazione e della lavorazione del petrolio, e in questa industria le posizioni essenziali erano state occupate dal capitale straniero. «Il capitalismo russo - scrisse Lenin - trascinava in questo modo il Caucaso nella circolazione mondiale delle merci, livellava le sue particolarità locali (i resti dell'antico isolamento patriarcale), si creava un mercato
per le sue fabbriche. Il paese, poco popolato subito dopo la riforma (1), o popolato di montanari che si tenevano appartati dall'economia mondiale e appartati persino dalla storia, si andava trasformando in un paese di industriali del petrolio, di negozianti di vino, di produttori di grano e di tabacco... » (2). Coll'apparizione delle ferrovie e delle fabbriche e officine apparve nel Caucaso anche una classe operaia. Particolarmente rapido fu lo sviluppo di Bacu, la città del petrolio, il grande centro industriale e operaio del Caucaso.
Lo sviluppo del capitalismo industriale era accompagnato dallo sviluppo del movimento operaio. Nel decennio 1890-1900, svolgevano un'attività rivoluzionaria nella Transcaucasia i marxisti russi che vi erano stati deportati. Si inizia nella Transcaucasia la propaganda del marxismo. Il seminario ortodosso di Tiflis era allora un focolaio dal quale si irradiavano fra i giovani ogni sorta di idee liberatrici, tanto nazionaliste-populiste quanto internazionaliste-marxiste; vi abbondavano circoli clandestini diversi. Il regime gesuitico che regnava nel seminario provocò in Stalin una violenta ribellione, alimentò e stimolò in lui lo stato d'animo rivoluzionario. A quindici anni, Stalin diventa un rivoluzionario.
«Entrai nel movimento rivoluzionario all'età di 15 anni - dice Stalin - quando presi contatto con gruppi clandestini di marxisti russi che abitavano allora nella Transcaucasia. Questi gruppi esercitarono su di me una forte influenza e mi dettero il gusto degli scritti marxisti clandestini» (3).
Nel 1896-1897, Stalin è alla testa dei circoli marxisti del seminario. Nell'agosto del 1898 entra a far parte dell'organizzazione di Tiflis del Partito operaio socialdemocratico di Russia; diviene membro del gruppo «Messame-dassi», la prima organizzazione socialdemocratica georgiana, che nel periodo 1893-1898 ebbe una certa funzione positiva nella diffusione delle idee del marxismo. Il «Messame-dassi» non era politicamente omogeneo. La sua maggioranza si atteneva alle posizioni del «marxismo legale» e inclinava verso il nazionalismo borghese. Stalin, Ketskhoveli, Tsulukidze formavano il nucleo dirigente della minoranza marxista rivoluzionaria del «Messame-dassi» embrione della futura socialdemocrazia rivoluzionaria della Georgia.
Stalin lavora con assiduità e tenacia ad elevare la propria istruzione. Studia il «Capitale» di Marx, il «Manifesto del Partito Comunista» e le altre opere di Marx e di Engels; viene a conoscenza degli scritti di Lenin contro il populismo, il «marxismo legale» e l'«economismo». Fin d'allora gli scritti di Lenin produssero su di lui una profonda impressione. «Bisogna ch'io lo veda a tutti i costi», disse Stalin dopo aver letto un libro di Tulin (Lenin), - racconta nelle sue memorie uno dei compagni che in quel periodo di tempo conosceva Stalin da vicino (4). Il campo dei problemi teorici che lo interessano è molto vasto: studia la filosofia, l'economia politica, la storia, le scienze naturali; legge i classici della letteratura; Stalin diventa un marxista colto.
In questo periodo Stalin svolge una propaganda intensa nei circoli operai, prende parte a riunioni operaie clandestine, redige manifestini, organizza scioperi. Questa fu la prima scuola pratica d'azione rivoluzionaria fatta da Stalin tra i proletari d'avanguardia di Tiflis.
«Ricordo - diceva Stalin - l'anno 1898, quando mi fu affidato per la prima volta un circolo di operai delle officine ferroviarie... Qui, in mezzo a questi compagni, ricevetti il mio primo battesimo rivoluzionario... I miei primi maestri furono gli operai di Tiflis» (5).
Gli studi dei circoli operai marxisti a Tiflis si svolgevano secondo un programma steso da Stalin.
Nel seminario, dove era stata organizzata una stretta sorveglianza sui «sospetti», si comincia a sospettare l'attività rivoluzionaria clandestina di Stalin. Il 29 maggio 1899 egli viene espulso dal seminario per propaganda del marxismo. Per un certo tempo si guadagna la vita dando lezioni; quindi (nel dicembre 1899) viene assunto all'Osservatorio fisico di Tiflis come osservatore calcolatore, e non cessa neanche un momento di svolgere la sua attività rivoluzionaria.
Già in questo periodo Stalin è uno dei militanti più energici e più in vista dell'organizzazione socialdemocratica di Tiflis. «Nel periodo 1898-1900 sorgeva e si organizzava regolarmente il gruppo socialdemocratico dirigente centrale della organizzazione di Tiflis... Il gruppo socialdemocratico centrale di Tiflis compì un immenso lavoro di propaganda rivoluzionaria e di organizzazione per creare una organizzazione socialdemocratica illegale del partito» (6). Stalin alla testa di questo gruppo. L'«Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia», formata da Lenin, fu il modello seguito costantemente dai socialdemocratici rivoluzionari di Tiflis nel loro lavoro. Il movimento operaio di Tiflis, diretto dalla minoranza rivoluzionaria del «Messame-dassi» (Stalin, Ketskhoveli, Tsulukidze), incomincia in questo momento a uscire dalla cerchia del vecchio lavoro di pura propaganda verso «gli elementi più distinti» tra gli operai. La vita stessa mette al primo piano l'agitazione tra le masse con la diffusione di manifestini sui problemi di attualità, con riunioni improvvisate e manifestazioni politiche contro lo zarismo.
Questa nuova tattica è accolta con una levata di scudi dalla maggioranza opportunista del «Messame-dassi», che tendeva all'«economismo», temeva i metodi rivoluzionari, era avversa alla lotta politica «di strada» contro l'autocrazia. Stalin, la minoranza rivoluzionaria del «Messame-dassi», conducono una lotta accanita e intransigente contro gli opportunisti per l'applicazione di una tattica nuova, quella dell'agitazione politica di massa. Essi trovano un appoggio entusiastico negli operai d'avanguardia di Tiflis.
Una funzione di primo piano nel passaggio dei socialdemocratici di Tiflis a nuovi metodi di lavoro ebbe Vittorio Kurnatovski, colto marxista, seguace fermo e prossimo compagno di lotta di Lenin, propugnatore delle idee di Lenin nella Transcaucasia. Arrivato a Tiflis nell'estate del 1900, Kurnatovski annodò relazioni con Stalin e la minoranza rivoluzionaria del «Messame-dassi», divenne il più intimo amico e compagno di lotta di Stalin.
Quando nel dicembre del 1900 apparve l'«Iskra» [«La scintilla»] di Lenin, Stalin fece sue, completamente, le posizioni del giornale. Egli riconobbe immediatamente in Lenin il creatore di un vero partito marxista, un capo e un educatore.
«La conoscenza dell'attività rivoluzionaria di Lenin negli ultimi anni del secolo scorso, e particolarmente dopo il 1901, dopo la fondazione dell'“Iskra”, - dice Stalin - mi convinse che avevamo in Lenin un uomo straordinario. Egli non era allora ai miei occhi un semplice dirigente del partito, ne era il vero creatore, perché egli solo ne capiva l'intima natura e gli immediati bisogni. Quando lo paragonavo agli altri dirigenti del nostro partito, avevo sempre l'impressione che i suoi compagni di lotta, - Plekhanov, Martov, Akselrod -, e gli altri, fossero inferiori a Lenin di una intiera testa, che Lenin in loro confronto non fosse soltanto uno dei dirigenti, ma un dirigente di tipo superiore, un'aquila di monte che non conosceva paura nella lotta e conduceva arditamente in avanti il partito, sulle vie inesplorate del movimento rivoluzionario russo» (7).
Stalin si accese d'una fede senza limiti nel genio rivoluzionario di Lenin e ne seguì la via. Egli non si staccò mai da questo cammino e dopo la morte di Lenin ne continuò l'opera con ardimento e sicurezza.
Nelle condizioni della crisi economica che era incominciata, sotto l'influenza del movimento operaio in Russia e in seguito all'attività dei socialdemocratici, nel 1900-1901 si sviluppa a Tiflis una ondata di scioperi economici, che abbracciano una fabbrica dopo l'altra. Nell'agosto del 1900 scoppia uno sciopero grandioso tra gli operai delle officine e dei depositi ferroviari. Vi partecipa attivamente M.I. Kalinin, deportato da Pietroburgo nel Caucaso. Il 22 aprile del 1901, nel centro di Tiflis viene organizzata una manifestazione di Primo Maggio. Organizzatore e dirigente di questa manifestazione è Stalin. Essa fu giudicata dall'«Iskra» di Lenin come un avvenimento di grande importanza storica per tutto il Caucaso; essa ebbe una influenza eccezionale su tutto il successivo sviluppo del movimento operaio del Caucaso.
Così in quegli anni, sotto la direzione della minoranza rivoluzionaria del «Messame-dassi», con Stalin alla testa, il movimento operaio della Georgia passava dalla propaganda ristretta fatta nei circoli, all'agitazione politica tra le masse. In questo modo anche nel Caucaso si realizzava la fusione del socialismo col movimento operaio, come era stata realizzata brillantemente alcuni anni prima, per opera della «Unione di lotta» di Pietroburgo, sotto la direzione di Lenin.
Allarmato dallo sviluppo della lotta rivoluzionaria del proletariato della Transcaucasia, il governo zarista intensifica le repressioni, contando di arrestare in tal modo il movimento. Il 21 marzo 1901 la polizia fa una perquisizione nell'Osservatorio fisico dove viveva e lavorava Stalin. La perquisizione e il mandato di cattura dell'Okhrana
, di cui egli viene a conoscenza in seguito, obbligano Stalin a passare alla vita illegale. Da allora fino alla Rivoluzione di Febbraio del 1917 egli vive nell'illegalità la vita intensa, eroica del rivoluzionario professionale della scuola di Lenin.
I satrapi zaristi erano impotenti davanti allo sviluppo del movimento rivoluzionario. Dal settembre del 1901, per iniziativa di Stalin e di Ketskhoveli, incominciò a pubblicarsi il giornale «Brdzola» [«La lotta»], il primo giornale socialdemocratico georgiano illegale che applicò in modo coerente le idee dell'«Iskra» di Lenin. Il giornale «Brdzola» fu dopo l'«Iskra», il migliore giornale marxista di Russia.
L'articolo di fondo del primo numero della «Brdzola» (settembre 1901) sotto il nome «Dalla redazione» fu scritto da Stalin. Definendo i compiti del giornale, Stalin scriveva: «Il giornale socialdemocratico georgiano deve dare una netta risposta a tutte le questioni collegate con il movimento operaio, spiegare i problemi di principio, spiegare teoricamente la funzione della classe operaia nella lotta e illuminare alla luce del socialismo scientifico ogni fenomeno con cui abbia da fare l'operaio» (8).
Stalin indicava nell'articolo di fondo che il giornale deve dirigere il movimento operaio, avvicinarsi il più possibile alle masse operaie, aver la possibilità di influenzarle continuamente e di esserne il centro cosciente e dirigente.
Nel numero seguente della «Brdzola» (novembre-dicembre) fu pubblicato l'importante articolo di Stalin «Il partito operaio socialdemocratico di Russia e i suoi compiti immediati». In questo articolo Stalin sottolineava la necessità di fondere il socialismo scientifico con il movimento operaio spontaneo, indicava la funzione dirigente della classe operaia nel movimento democratico di liberazione e poneva il compito di organizzare un partito politico indipendente del proletariato.
La diffusione di manifestini nelle varie lingue della Transcaucasia plurinazionale prese vaste proporzioni. «Dei manifestini molto ben redatti sono apparsi in lingua russa, georgiana e armena; essi hanno inondato tutti i quartieri di Tiflis», così scriveva l'«Iskra» di Lenin sull'attività dei socialdemocratici di questa città (9). Uno dei più prossimi compagni di lotta di Stalin, Lado Ketskhoveli, crea a Bacu un comitato che segue l'orientazione dell'«Iskra» di Lenin e vi organizza una tipografia illegale. L'11 novembre del 1901 si tiene una conferenza dell'organizzazione socialdemocratica di Tiflis che elegge un comitato di Tiflis del Partito operaio socialdemocratico di Russia. Nel comitato entra Stalin. Ma egli resta a Tiflis ben poco. Alla fine del novembre incaricato dal Comitato di Tiflis, Stalin si reca a Batum, per importanza terzo centro proletario del Caucaso (dopo Bacu e Tiflis), per crearvi un'organizzazione socialdemocratica.
A Batum, Stalin sviluppa una fervida attività rivoluzionaria: egli stringe relazioni cogli operai di avanguardia, crea dei circoli socialdemocratici, di molti dirige personalmente il lavoro, organizza una tipografia illegale, redige manifestini infiammati, li stampa e li diffonde, dirige la lotta degli operai delle officine Rothschild e Mantascev, organizza la propaganda rivoluzionaria nelle campagne. Stalin crea a Batum un'organizzazione socialdemocratica, fonda il Comitato di Batum del Partito operaio socialdemocratico di Russia, dirige gli scioperi nelle officine. Il 9 marzo 1902 egli organizzò la famosa manifestazione politica degli operai di Batum della quale fu il dirigente e nella quale marciò alla testa. In questa occasione venne praticamente realizzata da Stalin l'unione dello sciopero con la manifestazione politica.
In questo modo veniva formandosi e si sviluppava in questo periodo, in una lotta decisa e intransigente contro l'opportunismo, l'organizzazione leninista e iskrista della Transcaucasia. Il suo organizzatore e dirigente più in vista fu Stalin, che gli operai di Batum, già in quel tempo, chiamavano l'educatore degli operai. L'organizzazione leninista e iskrista della Transcaucasia era fondata sui saldi principi dell'internazionalismo proletario, poiché riuniva nelle sue file i proletari d'avanguardia di varie nazionalità, georgiani, armeni, aserbaigiani, russi. Lenin più tardi, citò più volte ad esempio l'organizzazione transcaucasiana del partito, come modello di internazionalismo proletario.
Lo slancio preso dalla lotta degli operai di Batum inquietò fortemente il governo. Gli agenti della polizia ricercavano attivamente i «sobillatori». Il 5 aprile 1902 Stalin fu arrestato. Ma anche nella prigione (prima in quella di Batum, poi, dal 19 aprile del 1903, in quella di Kutais, nota per il suo rigore, e quindi di nuovo in quella di Batum), Stalin non rompe i legami col lavoro rivoluzionario.
All'inizio del marzo del 1903 ha luogo il Primo congresso delle organizzazioni socialdemocratiche caucasiche in cui si costituisce l'Unione del Caucaso del P.O.S.D.R. Stalin, assente perché in prigione, viene eletto a far parte del Comitato dell'Unione del Caucaso del P.O.S.D.R. Mentre è in prigione viene a conoscere dai compagni tornati dal II Congresso del partito le gravi divergenze scoppiate tra bolscevichi e menscevichi. Stalin prende decisamente le parti di Lenin, dei bolscevichi.
Nell'autunno del 1903 Stalin viene deportato per tre anni nella Siberia orientale, nel villaggio di Novaia Uda, distretto di Balagansk, governatorato di Irkutsk. Il 27 novembre 1903 Stalin giunge nel luogo di deportazione. Mentre è in deportazione riceve una lettera da Lenin.
«Conobbi Lenin per la prima volta nel 1903 - dice Stalin -. Senza vederlo, è vero, ma solo per corrispondenza. Tuttavia essa lasciò in me un'impressione incancellabile, che durante tutto il tempo del mio lavoro per il partito non mi ha mai lasciato. Ero allora deportato in Siberia... La lettera di Lenin era relativamente breve, ma conteneva una critica ardita e implacabile della attività pratica del nostro partito e un'esposizione molto chiara e concisa di tutto il piano di lavoro del nostro partito per il prossimo avvenire» (10).
Stalin non rimase molto tempo deportato. Aveva fretta di recuperare la libertà per poter lavorare alla realizzazione del piano di Lenin per la creazione di un partito bolscevico. Il 5 gennaio 1904 Stalin evade. Nel febbraio del 1904 è di nuovo nel Caucaso, prima a Batum e poi a Tiflis.
II
Stalin rimase in prigione e in deportazione quasi due anni. Furono anni di una nuova ascesa rivoluzionaria nel paese. In questo periodo ebbe luogo il II Congresso del Partito operaio socialdemocratico di Russia, congresso che consolida la vittoria del marxismo sull'«economismo». Ma al posto dei vecchi opportunisti, degli «economisti» battuti dal partito, appaiono dei nuovi opportunisti, i menscevichi. Dopo il congresso si accende la lotta accanita di Lenin e dei bolscevichi contro i menscevichi, contro le loro idee opportuniste, contro le loro manovre di scissione e di disorganizzazione. L'inizio della guerra russo-giapponese e la maturazione della rivoluzione inaspriscono ancor più questa lotta. Lenin vede una via d'uscita dalla crisi del partito nella convocazione del III Congresso. La lotta per il congresso diventa il compito centrale di tutti i bolscevichi.
Sicuro appoggio di Lenin in questa lotta nel Caucaso fu Stalin, che si trovava alla testa dei bolscevichi della Transcaucasia. L'attività di Stalin in questo periodo si svolge sotto l'insegna di una lotta accanita contro il menscevismo. Stalin, membro del Comitato dell'Unione del Caucaso del P.O.S.D.R. insieme al compagno Zkhakaia assume la direzione del lavoro di questo comitato. Egli è infaticabile: visita regolarmente le varie regioni di Transcaucaia (Batum, Ciaturi, Kutais, Tiflis, Bacu, le zone contadine della Georgia occidentale); rafforza le vecchie organizzazioni del partito e ne crea delle nuove; prende parte in numerose discussioni alle aspre battaglie contro i menscevichi e gli altri nemici del marxismo, difendendo con energia le posizioni bolsceviche, denunciando gli intrighi politici e l'opportunismo dei menscevichi e dei conciliatori verso di essi.
Sotto la direzione di Stalin e Giaparidze, «nel dicembre del 1904, venne scatenato uno sciopero imponente degli operai di Bacu, che durò dal 13 al 31 dicembre, e terminò con la conclusione di un contratto collettivo con gli industriali del petrolio, il primo nella storia del movimento operaio della Russia.
Lo sciopero di Bacu segnò l'inizio dell'ascesa rivoluzionaria nella Transcaucasia.
Esso "dette il segnale dei gloriosi movimenti del gennaio-febbraio che si svolsero, in tutta la Russia" (Stalin)
(11).
Questo sciopero, - è detto nella «Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. Breve corso» - alla vigilia della grande bufera rivoluzionaria in Russia, fu come il lampo che precede la tempesta.
Stalin applica con perseveranza le direttive di Lenin; sviluppa e difende le idee bolsceviche davanti alle masse; organizza la lotta per il III Congresso del partito. Un contatto stretto e costante era assicurato tra Lenin e il Comitato dell'Unione del Caucaso. Negli anni della prima rivoluzione russa, Stalin fu alla testa di tutta la lotta politica e ideologica dei bolscevichi caucasiani contro i menscevichi, i socialisti-rivoluzionari, i nazionalisti, gli anarchici. L'arma più efficace dei bolscevichi in questa lotta fu la letteratura di partito. Stalin fu l'organizzatore e l'iniziatore di quasi tutte le pubblicazioni bolsceviche nel Caucaso. Egli dette un impulso senza precedenti, date le condizioni della Russia zarista, all'edizione di giornali, libri, opuscoli e manifestini illegali.
Impresa di grande ardimento e modello perfetto di tecnica illegale bolscevica fu la tipografia clandestina di Avlabar, organizzata dalla Unione del Caucaso del P.O.S.D.R. che funzionò a Tiflis dal novembre del 1903 all'aprile del 1906. In essa furono stampati gli scritti di Lenin: «La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini», «Ai contadini poveri»; gli opuscoli di Stalin: «Brevi cenni sulle divergenze nel partito», «Due conflitti», ecc., il programma e lo Statuto del partito, decine di manifestini, una parte considerevole dei quali redatti da Stalin. In essa furono stampati i giornali «Proletariatis Brdzola» [«La lotta del proletariato»] e «Proletariatis Brdzolis Purzeli» [«Il foglio di Lotta del proletariato»]. Libri, opuscoli, giornali e manifestini erano stampati in tre lingue e in parecchie migliaia di copie.
Una funzione decisiva per la difesa delle posizioni del bolscevismo nel Caucaso, per la propaganda e lo sviluppo delle idee di Lenin spetta all'organo dell'Unione del Caucaso del P.O.S.D.R., «Proletariatis Brdzola», giornale pubblicato sotto la redazione di Stalin e degno erede della «Brdzola». La «Proletariatis Brdzola», dopo il «Proletario», organo centrale del partito diretto da Lenin, fu il migliore e il più importante giornale bolscevico. In quasi tutti i numeri del giornale venivano riprodotti gli articoli di Lenin apparsi nel «Proletario». Molti tra i principali articoli erano dovuti a Stalin. In questi articoli Stalin si dimostra un polemista di talento, uno dei più eminenti pubblicisti e teorici del partito, un capo politico del proletariato e un fedele seguace di Lenin. Nei suoi articoli ed opuscoli, egli tratta numerose questioni teoriche e politiche. Egli svela con sicurezza la falsità ideologica delle correnti e frazioni ostili al bolscevismo, il loro opportunismo e il loro tradimento. I colpi ch'egli assestava colpivano in pieno i nemici. Lenin parlava con ammirazione della «Proletariatis Brdzola», della sua fermezza marxista, delle sue eccellenti qualità letterarie.
Stalin, il più fedele e il più coerente discepolo e collaboratore di Lenin, ebbe nel Caucaso una funzione di prim'ordine nella sconfitta ideologica del menscevismo e nella difesa dei principi ideologici, tattici e di organizzazione del partito marxista. Gli scritti di Stalin di questo periodo sono un modello di difesa conseguente delle posizioni del leninismo; essi si distinguono per la loro profondità teorica e per la loro intransigenza verso l'opportunismo.
Nel suo magnifico opuscolo «Brevi cenni sulle divergenze nel partito», in due «Lettere da Kutais» e nel suo articolo «Risposta al "Sozial-demokrat"» Stalin prese risolutamente la difesa dei principi ideologici del partito marxista.
Nelle «Lettere da Kutais» (settembre-ottobre 1904) Stalin sottopone a una critica acerba gli articoli di Plekhanov nella nuova «Iskra» diretti contro l'opera di Lenin «Che fare?». Sostenendo coerentemente la tesi di Lenin sul problema della spontaneità e della coscienza nel movimento operaio il compagno Stalin scrive:
«La conclusione (deduzione pratica), che ne deriva, è la seguente: eleviamo il proletariato alla coscienza dei veri interessi di classe, alla coscienza dell'ideale socialista, ma non scambiando questo ideale per delle piccolezze o adattandolo al movimento spontaneo. Lenin stabilì una base teorica su cui viene appunto fondata questa deduzione pratica. Basterebbe accettare questa premessa teorica e si sarà immuni da qualsiasi forma di opportunismo. In ciò consiste il significato dell'idea leninista. Io la chiamo leninista perché nessuno nella letteratura russa l'ha espressa con tale chiarezza come Lenin» (12).
L'opuscolo «Brevi cenni sulle divergenze nel partito» (scritto all'inizio del 1905, apparve in edizione illegale nel maggio del 1905), appartiene alle opere più insigni del pensiero bolscevico. Esso si colloca accanto alla storica opera di Lenin «Che fare?», e difende risolutamente e sviluppa le idee geniali leniniste.
Sviluppando le idee di V.I. Lenin, il compagno Stalin dimostra che la coscienza socialista ha una grande importanza per il movimento operaio. Nello stesso tempo Stalin mette in guardia contro la valutazione esagerata e unilaterale della funzione delle idee; contro la dimenticanza delle condizioni dello sviluppo economico e della funzione del movimento operaio. Si può forse dire - dice Stalin - che il socialismo è tutto e il movimento operaio è niente? Certamente no! «Così dicono solamente gli idealisti. Fra molto verrà il tempo in cui lo sviluppo economico condurrà inevitabilmente la classe operaia alla rivoluzione sociale e, quindi, la obbligherà a rompere ogni legame con l'ideologia borghese. Ma questo cammino sarà molto lungo e penoso» (13).
Sviluppando nell'opuscolo «Brevi cenni sulle divergenze nel partito» la sua profonda e vasta argomentazione sul problema dei rapporti fra il movimento operaio spontaneo e la coscienza socialista, il compagno Stalin riassume nel modo seguente le vedute dell'ala leninista della socialdemocrazia a questo proposito:
«Che cosa è il socialismo scientifico senza il movimento operaio
? È una bussola che se viene lasciata inoperosa si arrugginisce e allora occorre gettarla via.
Che cosa è il movimento operaio senza il socialismo
? È una nave che anche senza bussola potrebbe raggiungere la riva opposta, ma che se avesse una bussola, la raggiungerebbe molto prima e incorrendo in minori pericoli.
Unite le due cose insieme, e avrete una magnifica nave che si dirigerà direttamente verso l'opposta riva e raggiungerà la banchina incolume.
Fondete il movimento operaio col socialismo e otterrete il movimento socialdemocratico, che per via diretta si avvierà verso la "terra promessa"» (14).
Tutta la storia della lotta della classe operaia in Russia ha confermato brillantemente questa importante deduzione teorica del compagno Stalin. In questo opuscolo Stalin sottopone a una critica demolitrice la teoria opportunista della spontaneità e dà un fondamento teorico alla funzione e alla importanza che hanno per la classe operaia il partito rivoluzionario e la teoria rivoluzionaria.
«Il movimento operaio - scriveva Stalin - deve fondersi col socialismo, l'attività pratica e il pensiero teorico devono fondersi assieme e grazie a ciò dare al movimento operaio spontaneo un senso e una fisionomia socialdemocratica... Noi socialdemocratici abbiamo il compito di impedire al movimento operaio spontaneo di seguire la via trade-unionista e di incanalarlo sulla via socialdemocratica. Dobbiamo portare la coscienza socialista [che hanno elaborato Marx ed Engels, n.d.r.] in questo movimento e raggruppare le forze d'avanguardia della classe operaia in un partito centralizzato. Il nostro compito è di essere sempre alla testa del movimento e di combattere instancabilmente contro tutti coloro, nemici o "amici", che intralceranno la realizzazione di questi compiti» (15).
Lo scritto di Stalin ebbe l'intera approvazione di Lenin. Giudicando l'articolo di Stalin: «Risposta al "Sozial-demokrat"» apparso nella «Proletariatis Brdzola», nell'agosto del 1905, Lenin, nel N. 22 del «Proletario », organo centrale del partito, notò «la eccellente impostazione della questione del famoso "apporto della coscienza dal di fuori"».
In una serie di articoli Stalin dette la giustificazione teorica della linea sostenuta da Lenin al Il Congresso e dopo di esso. Nell'articolo «La classe dei proletari e il partito dei proletari» (pubblicato il 1° gennaio del 1905 nel N. 8 della «Proletariatis Brdzola»), consacrato al paragrafo primo dello Statuto del partito, egli difese i principi di organizzazione del partito, attenendosi interamente alla dottrina di Lenin sul partito, sviluppando e dimostrando la giustezza delle idee di Lenin. Questo articolo difende le idee del bolscevismo sull'organizzazione, esposte da Lenin nel sua celebre libro: «Un passo avanti, due passi indietro».
«Fino ad oggi - scrive Stalin - il nostro partito assomigliava a una famiglia patriarcale ospitale, pronta ad accogliere tutti i simpatizzanti. Ma dopo che il nostro partito è diventato un'organizzazione
centralizzata, esso si è spogliato del suo aspetto patriarcale ed è diventato simile in tutto a una fortezza
, le cui porte non si apriranno che a coloro i quali ne sono degni. E ciò ha per noi una grande importanza. Mentre l'autocrazia si sforza di pervertire la coscienza di classe del proletariato per mezzo del "trade-unionismo", del nazionalismo, del clericalismo, ecc., mentre d'altra parte gli intellettuali liberali si ostinano a voler uccidere l'indipendenza politica del proletariato e a metterlo sotto la loro tutela, dobbiamo essere vigilanti al massimo e non dimenticare che il nostro partito è una fortezza
le cui porte si aprono soltanto ai più provati» (16).
L'articolo intitolato «Come la socialdemocrazia considera la questione nazionale?» (pubblicato nella «Proletariatis Brdzola» N. 7, 1 settembre 1904) è un commento magnifico del programma nazionale del P.O.S.D.R. In questo articolo Stalin dà una giustificazione teorica e spiega la teoria e il programma del partito nella questione nazionale; sottopone a una critica demolitrice il principio opportunista della delimitazione nazionale del proletariato; difende in modo conseguente il tipo internazionalista di costruzione delle organizzazioni proletarie di classe. In questo articolo Stalin si presenta come un grande teorico della questione nazionale, assolutamente padrone del metodo dialettico marxista. L'articolo contiene in germe le idee che Stalin svilupperà più tardi nella sua opera «Il marxismo e la questione nazionale».
Sin dai primi passi della rivoluzione russa Stalin difende risolutamente ed applica la strategia e la tattica di Lenin nella rivoluzione, l'idea leninista della egemonia del proletariato
nella rivoluzione.
Alludendo ai liberali che tendevano non alla rivoluzione ma a conciliarsi con lo zar, Stalin fin dalla vigilia del 9 gennaio 1905 diceva: «Sì signori, sono vani i vostri sforzi! La rivoluzione russa è inevitabile. Essa è altrettanto inevitabile come è inevitabile il sorgere del sole! Potete voi fermare il sole quando sorge? La forza principale di questa rivoluzione è il proletariato urbano e rurale e il suo portabandiera è il partito socialdemocratico operaio,
e non voi signori liberali!» (17).
Non meno risolutamente Stalin sostiene l'idea leninista dell'insurrezione armata come mezzo per abbattere l'autocrazia e conquistare la repubblica. Nei suoi lavori del 1905-1907 si dà una profonda giustificazione dell'idea dell'insurrezione armata. «La salvezza del popolo risiede nell'insurrezione vittoriosa del popolo stesso», dice il compagno Stalin. Egli, come Lenin, attribuiva un'enorme importanza alla preparazione tecnica dell'insurrezione, all'organizzazione delle squadre di combattimento, all'acquisto delle armi, ecc. «Appunto la direzione tecnica e la preparaziofle organizzativa dell'insurrezione in tutta la Russia,
- indicava Stalin - costituiscono quel nuovo compito, che la vita ha posto dinanzi al proletariato» (18). Stalin dirigeva quotidianamente la attività delle organizzazioni bolsceviche della Transcaucasia per preparare l'insurrezione armata.
Stalin giustifica e sviluppa l'idea di Lenin sui governo provvisorio rivoluzionario. La creazione di un governo provvisorio rivoluzionario - indica egli - deve costituire il logico risultato dell'insurrezione armata vittoriosa del popolo. Nella misura in cui il proletariato e i contadini vinceranno l'insurrezione, anche il governo provvisorio rivoluzionario dovrà essere interprete delle loro aspirazioni e dei loro interessi. Questo governo deve essere la dittatura rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. Solo la dittatura di queste classi rivoluzionarie sarà capace di frenare e schiacciare le oscure forze della reazione, di armare il popolo, di realizzare il programma minimo del P.O.S.D.R., di consolidare la vittoria della rivoluzione e di condurla fino in fondo.
«Se capo della rivoluzione - dice Stalin - è il proletariato d'avanguardia e se esso dovrà partecipare attivamente alla organizzazione dell'insurrezione, è chiaro senz'altro che noi non possiamo lavarcene le mani e astenerci dal governo rivoluzionario provvisorio; noi dovremo, insieme ai contadini, conquistare il potere politico e partecipare al governo provvisorio [qui prescindiamo dall'aspetto di principio di questo problema]: chi è alla testa delle lotte rivoluzionane nelle strade e nelle piazze deve anche essere alla testa del governo rivoluzionario» (19).
Lottando contro i numerosi nemici del partito bolscevico e della classe operaia, Stalin sostiene e sviluppa conseguentemente la teoria leninista della rivoluzione, il piano tattico di Lenin. Il grandissimo valore di questo piano consisteva nel fatto che esso rifletteva molto giustamente la realtà russa, sollevava alla lotta vaste masse del popolo, infondeva loro la fiducia nella vittoria e faceva avanzare la rivoluzione.
Il Comitato dell'Unione del Caucaso faceva una propaganda incessante delle decisioni del III Congresso dei partito, chiamava gli operai e i contadini all'insurrezione armata. I manifesti redatti da Stalin nel 1905 sono un modello di propaganda delle idee del bolscevismo tra le masse. Negli articoli «L'insurrezione armata e la nostra tattica», «Il governo provvisorio rivoluzionario e la socialdemocrazia», «La reazione si rafforza» ed altri, Stalin sottomette a una critica demolitrice i capi menscevichi; difende e sostiene con coerenza la necessità dell'insurrezione armata.
Lo sciopero generale dell'ottobre 1905, mostrando la forza, la potenza del movimento proletario, obbligò lo zar, invaso da un terrore mortale, a lanciare il manifesto del 17 ottobre. Questo manifesto, che prometteva al popolo tutte le libertà, non era che una mistificazione delle masse popolari, uno stratagemma dello zar, una sorta di tregua della quale lo zar aveva bisogno nell'intento di addormentare i creduli, guadagnar tempo e raccogliere le forze per colpire in seguito la rivoluzione. I bolscevichi spiegavano alle masse che il manifesto del 17 ottobre non era che un insidia. Il «manifesto dell'ottobre» trovò Stalin a Tiflis nel più vivo della lotta per il piano tattico di Lenin, per le parole d'ordine bolsceviche della rivoluzione. Il giorno stesso egli diceva in un comizio operaio:
«Che cosa ci è necessario per vincere effettivamente? Tre cose: primo, armarci; secondo, armarci; terzo, ancora e sempre armarci» (20).
Difendere l'idea della necessità, per il trionfo della rivoluzione, di una insurrezione armata di tutto il popolo, in un manifestino da lui redatto, «Cittadini!», lanciato nell'ottobre del 1905 dal Comitato di Tiflis dell'Unione del Caucaso del P.0S.D.R., Stalin diceva quanto segue:
«Lo sciopero generale politico che è attualmente in corso, sciopero senza precedenti per la sua grandiosità non solo nella storia della Russia, ma in quella del mondo intiero, può forse finire oggi senza essere sboccato in una insurrezione generale di tutto il popolo; ma ciò unicamente per scuotere di nuovo domani, con maggior forza, tutto il paese e mettere capo a quella grandiosa insurrezione armata che deciderà la lotta secolare del popolo russo contro la autocrazia zarista e schiaccerà la testa a questo mostro ignobile... L'insurrezione armata di tutto il popolo, ecco il grande compito che si pone attualmente al proletariato della Russia e che esige imperiosamente una soluzione» (21).
In questo periodo Stalin svolgeva un'intensa azione rivoluzionaria nella Transcaucasia. Sotto la sua direzione la IV Conferenza bolscevica dell'Unione del Caucaso del P.O.S.D.R. (novembre 1905) decise di intensificare la lotta per la preparazione e l'effettuazione dell'insurrezione armata, per il boicottaggio della Duma zarista, per lo sviluppo e la consolidazione delle organizzazioni rivoluzionarie degli operai e dei contadini, dei Soviet dei deputati operai, dei comitati di sciopero, dei comitati rivoluzionari dei contadini. Stalin denunciava e flagellava i menscevichi come nemici della rivoluzione e dell'insurrezione armata. Egli preparava senza sosta gli operai ad affrontare il combattimento decisivo contro l'autocrazia. La fiamma dell'incendio rivoluzionario si era estesa a tutta la Transcaucasia. Fin dal III Congresso del partito, in una risoluzione presentata da Lenin «A proposito degli avvenimenti del Caucaso», veniva segnalata in modo particolare l'attività svolta dalle organizzazioni bolsceviche della Transcaucasia, indicate, come le «più combattive del nostro partito», e si chiamava tutto il partito ad aiutarle con ogni mezzo.
Nel dicembre del 1905 Stalin si recò, come delegato dei bolscevichi della Transcaucasia, alla I Conferenza bolscevica della Russia, tenutasi a Tammerfors (Finlandia). In questa conferenza Lenin e Stalin si incontrarono per la prima volta. Il compagno Stalin fu nominato membro della Commissione politica incaricata di redigere le risoluzioni della conferenza ed egli vi lavorò insieme a Lenin come uno dei maggiori dirigenti del partito.
Dopo la sconfitta dell'insurrezione di dicembre incominciò la svolta che portò alla ritirata graduale della rivoluzione. Il partito si prepara al IV Congresso del P.O.S.D.R. La lotta tra bolscevichi e menscevichi si riaccende. Entrano in scena gli anarco-sindacalisti, particolarmente rumorosi a Tiflis. Stalin è al centro della lotta contro tutte le correnti antiproletarie nella Transcaucasia.
Egli partecipa attivamente al IV Congresso del P.O.S.D.R. (Stoccolma, aprile 1906) a cui egli a fianco di Lenin difende contro i menscevichi la linea bolscevica della rivoluzione. Rispondendo ai menscevichi, Stalin pone la questione in modo deciso:
«O l'egemonia del proletariato, o l'egemonia della borghesia democratica, ecco come si pone la questione nel partito, ecco su che cosa vertono i nostri dissensi» (22).
Poco dopo il congresso, Stalin scrive un opuscolo intitolato: «Il momento attuale e il Congresso di unificazione del Partito operaio». L'opuscolo analizza gli insegnamenti dell'insurrezione armata di dicembre, dà una giustificazione teorica della linea bolscevica nella rivoluzione e fa il bilancio dei lavori del IV Congresso del P.O.S.D.R.
Dopo il congresso, Stalin è di nuovo nella Transcaucasia, dove conduce una lotta intransigente contro il menscevismo e le altre tendenze antiproletarie. Egli dirige i giornali bolscevichi legali, pubblicati a Tiflis in lingua georgiana: «Akhali Tskhovreba» [«La vita nuova»], «Akhali Droieba» [«Tempi nuovi»], «Tsveni tskhovreba » [«La nostra vita»], «Dro» [«Il tempo»].
A questo periodo risale la serie dei magnifici articoli di Stalin: «Anarchia o socialismo», scritti in relazione con la recrudescenza di attività degli anarchici seguaci di Kropotkin nella Transcaucasia.
Nel momento di riflusso dell'ondata rivoluzionaria e della reazione che ne seguì, la difesa dei principi teorici del bolscevismo si poneva all'ordine del giorno come un compito immediato del partito. Nel 1909 Lenin pubblicava la sua opera geniale: «Materialismo e empiriocriticismo», in cui smascherava a fondo coloro che deformavano la teoria del marxismo e difendeva vittoriosamente i principi teorici del partito bolscevico.
Anche Stalin prende la difesa delle basi teoriche del marxismo. Nei suoi articoli egli difende e sviluppa i principi teorici del partito marxista: il materialismo dialettico e il materialismo storico. Questi articoli di Stalin apparvero nel 1906-1907 nei giornali georgiani bolscevichi. Essi spiegano, in forma accessibile e semplice, che cosa sono il materialismo e la dialettica, che cosa è il materialismo storico. Essi pongono e risolvono con eccezionale profondità le questioni fondamentali della teoria marxista-leninista: il carattere inevitabile e inesorabile della rivoluzione socialista e della dittatura dei proletariato; la necessità di un partito proletario combattivo, partito di tipo nuovo
, distinto dai vecchi partiti riformisti della II Internazionale. Essi espongono i principi della strategia e della tattica del partito. Questi articoli di Stalin fanno parte del tesoro ideologico del nostro partito, sono un serio contributo alla teoria marxista-leninista. Essi sono un modello di esposizione chiara e profonda dei problemi della teoria marxista-leninista, considerati in legame indissolubile con i compiti immediati della lotta rivoluzionaria di classe del proletariato.
Nell'aprile-maggio del 1907 si tenne il V Congresso (di Londra) del P.O.S.D.R., che consolidò la vittoria dei bolscevichi sui menscevichi. Stalin partecipò attivamente al congresso. Al suo ritorno, dopo il congresso, pubblicò un articolo sui suoi lavori intitolato: «Il Congresso del partito operaio socialdemocratico di Russia a Londra (Note di un delegato)». In esso caratterizza le decisioni e i risultati del congresso, difende le posizioni ideologiche e tattiche del bolscevismo, denuncia la linea borghese liberale dei menscevichi nella rivoluzione e le loro tendenze liquidatrici nei riguardi del partito, e mostra la natura di classe del menscevismo, qualificandolo come corrente politica piccolo-borghese.
III
La prima rivoluzione russa terminò con una sconfitta. Tra la fine della prima e l'inizio della seconda rivoluzione passarono dieci anni, durante i quali i bolscevichi, eroici e pieni di abnegazione, costanti e infaticabili, organizzarono le masse, le educarono nello spirito rivoluzionario, orientarono la loro lotta, prepararono la futura vittoria della rivoluzione.
Per Lenin e Stalin furono dieci anni di lotta intransigente per conservare e rafforzare il partito rivoluzionario illegale, per applicare la linea bolscevica nella nuova situazione; anni d'azione intensa per organizzare e educare le masse operaie, anni di lotta particolarmente tenace contro la polizia zarista. Lo zarismo sentiva che in Stalin aveva a che fare con un rivoluzionario di gran valore e faceva di tutto per togliergli la possibilità di svolgere un'azione rivoluzionaria. Arresti, condanne al carcere e alla deportazione si succedettero. Dal 1902 al 1913 Stalin venne arrestato sette volte, sei volte venne deportato e cinque volte evase. Gli sgherri dello zar non facevano a tempo a condurlo a un nuovo luogo di deportazione, che già egli era di nuovo fuggito, e libero si dedicava a temprare l'energia rivoluzionaria delle masse. Soltanto dal suo ultimo luogo di deportazione, Turukhansk, Stalin fu liberato dalla Rivoluzione di Febbraio del 1917.
Dal luglio del 1907 incomincia il periodo di Bacu dell'attività rivoluzionaria di Stalin. Tornato dal V Congresso (di Londra) del P.O.S.D.R., egli lascia Tiflis e per ordine del partito si stabilisce a Bacu, la più importante zona industriale della Transcaucasia e uno dei centri più importanti del movimento operaio in Russia. Ivi egli svolge un lavoro febbrile allo scopo di cementare l'organizzazione di Bacu attorno alle parole d'ordine di Lenin e di conquistare le masse operaie al bolscevismo. Stalin organizza la lotta per strappare ai menscevichi i quartieri operai di Bacu (Balakhani, Bibi-Eibat, Città nera, Città bianca), dirige i giornali bolscevichi illegali e legali (« Il proletario di Bacu», «La sirena», «L'operaio di Bacu»). Stalin dirige la campagna per le elezioni alla III Duma di Stato. Il «Mandato ai deputati socialdemocratici della III Duma di Stato», scritto da Stalin, viene adottato il 22 settembre alla riunione dei delegati della curia operaia a Bacu. Stalin orienta la lotta degli operai di Bacu. Il modo con cui egli diresse la grande campagna in occasione della conferenza fra gli operai e gli industriali del petrolio per la conclusione di un contratto collettivo fu un esempio brillante di applicazione della duttile linea leninista di combinare il lavoro illegale con l'azione legale durante la reazione. Applicando abilmente la tattica leninista della mobilitazione delle masse operaie per la lotta politica contro la monarchia zarista, Stalin assicurò la vittoria dei bolscevichi in questa campagna. Nelle tenebre sinistre della reazione di Stolypin, Bacu proletaria offriva uno spettacolo insolito: la lotta del proletariato si sviluppa; in tutta la Russia echeggia la voce dei giornali bolscevichi legali creati da Stalin. «Gli ultimi Mohicani dello sciopero politico di massa» (23) - così Lenin definisce la lotta eroica degli operai di Bacu nel 1908.
Stalin raggruppa attorno a sé un saldo nucleo di bolscevichi leninisti provati: Fioletov, Saratovez (Efimov), Vazek, Bokov, Malighin, Orgionikidze, Giaparidze, Sciaumian, Spandarian, Khanlar, Memedov, Asisbekov, Kiasi-Mamed ed altri. Finalmente egli assicura la vittoria completa del bolscevismo nelle file dell'organizzazione di Bacu. Bacu diventa una cittadella del bolscevismo. Sotto la direzione di Stalin, il proletariato di Bacu conduce una lotta eroica, nelle prime file del movimento rivoluzionario di tutta la Russia. Il periodo di Bacu ebbe un posto importantissimo nella vita e nell'attività di Stalin. Ecco quello che Stalin stesso dice a proposito di esso:
«Due anni di lavoro rivoluzionario tra gli operai dell'industria del petrolio mi temprarono, fecero di me un combattente nella pratica, uno dei dirigenti nell'azione. In contatto da un lato con degli operai d'avanguardia di Bacu, con Vazek, Saratovez, ecc., impegnato dall'altro lato nella bufera dei conflitti più acuti tra operai e industriali del petrolio, appresi per la prima volta che cosa volesse dire dirigere le grandi masse operaie. Ivi, a Bacu, ricevetti così un secondo battesimo di fuoco rivoluzionario» (24).
Il 25 marzo 1908 Stalin viene arrestato e dopo circa otto mesi di carcere è deportato per due anni nel governatorato di Vologda, a Solvicegodsk. Ma il 24 giugno del 1909 evade e torna a Bacu per riprendervi l'azione illegale. Egli sostiene senza riserve le posizioni di Lenin, e combatte risolutamente i liquidatori e gli otzovisti. La stampa centrale del partito pubblica le storiche «Lettere dal Caucaso» di Stalin, il giornale «Il proletario di Bacu» gli articoli: «La crisi nel partito e i nostri compiti», «Dal partito» ed altri in cui Stalin sottopone a una critica audace lo stato delle organizzazioni del partito e lancia un piano per sormontare la crisi nel partito. Queste opere di Stalin contengono una critica schiacciante dei liquidatori. Servendosi dell'esempio dei menscevichi di Tiflis, queste lettere denunciano il tradimento dei liquidatori sulle questioni di programma e di tattica. Esse condannano recisamente il tradimento degli ausiliari del trotzkismo e formulano i compiti immediati che saranno adottati più tardi dalla Conferenza di Praga del partito: convocazione di una conferenza generale legale del partito e creazione di un centro del lavoro illegale del partito in Russia.
Il 23 marzo 1910 Stalin viene nuovamente arrestato a Bacu. Dopo sei mesi di prigione è ricondotto al precedente luogo di deportazione: Solvicegodsk. Dalla deportazione Stalin si mette in contatto con Lenin, gli scrive alla fine del 1910 una lettera nella quale dà il suo appoggio completo alla tattica di Lenin per la creazione di un blocco di partito che raggruppi i partigiani della conservazione e del consolidamento del partito proletario illegale, sferza la «putrida mancanza di principi» di Trotzki e presenta un piano per organizzare il lavoro del partito in Russia.
A partire dalla seconda metà del 1911 incomincia il periodo dell'attività rivoluzionaria del compagno Stalin a Pietroburgo. Il 6 settembre 1911 Stalin parte illegalmente da Vologda per Pietroburgo. A Pietroburgo egli stabilisce i legami coll'organizzazione del partito di Pietroburgo; orienta ed organizza la lotta contro i liquidatori, menscevichi e trotzkisti, rinsalda e rafforza le organizzazioni bolsceviche di Pietroburgo. Il 9 settembre 1911 il compagno Stalin venne arrestato in questa città e deportato nel governatorato di Vologda, donde riuscì a evadere nel febbraio 1912.
Nel gennaio 1912 si verificò un avvenimento di grande importanza nella vita del partito. La Conferenza del P.O.S.D.R. a Praga cacciò dal partito i menscevichi e fondò un partito di tipo nuovo, il partito leninista, il partito bolscevico.
I bolscevichi avevano preparato la fondazione di questo partito, di un partito di tipo nuovo, fin dal tempo della vecchia «Iskra». L'avevano preparata con costanza, con tenacia, nonostante tutte le difficoltà. Tutta la storia della lotta contro gli «economisti», i menscevichi, i trotzkisti, gli otzovisti, gli idealisti di tutte le tinte, compresi gli empiriocriticisti, era stata la storia della preparazione precisamente d'un siffatto partito. In questo lavoro di preparazione avevano avuto una funzione essenziale, decisiva, gli scritti di Lenin: «Che fare?», «Un passo avanti, due passi indietro», «Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica», «Materialismo e empiriocriticismo». Stalin era stato il fedele compagno d'armi di Lenin in questa lotta contro numerosi nemici, era stato il suo appoggio sicuro nella lotta per la fondazione di un partito marxista rivoluzionario, di un partito bolscevico.
IV
La conferenza di Praga aveva previsto nelle sue risoluzioni l’inevitabilità di una ripresa rivoluzionaria in un futuro non lontano e aveva preso tutte le misure affinché il partito vi fosse pienamente preparato. Essa aveva eletto un Comitato centrale bolscevico, costituito un centro pratico per dirigere l’azione rivoluzionaria in Russia (Ufficio russo del Comitato centrale) e deciso la pubblicazione della «Pravda». Stalin, che già dal 1910 era fiduciario del Comitato centrale del partito («agente del C.C.») era stato in sua assenza eletto dalla conferenza membro del Comitato centrale del partito. Su proposta di Lenin, egli era stato designato alla direzione dell’Ufficio russo del Comitato centrale. Ma Stalin era deportato, bisognava organizzare la sua evasione. Per incarico di Lenin, Sergio Orgionikidze si recò a Vologda, per informarlo delle decisioni della Conferenza di Praga. E il 29 febbraio 1912 Stalin evade ancora una volta. Durante il suo breve periodo di «libertà», egli svolge un’azione energica: su mandato del Comitato centrale, visita le principali regioni della Russia, prepara il Primo Maggio, redige il famoso manifestino del Comitato centrale per il Primo Maggio, dirige a Pietroburgo il settimanale bolscevico «Svesda» (La stella) durante gli scioperi della Lena.
Arma potente nelle mani del partito bolscevico per rafforzare le proprie organizzazioni e conquistare influenza tra le masse fu la «Pravda», quotidiano bolscevico di massa, che si pubblicava a Pietroburgo. Esso fu fondato secondo le indicazioni di Lenin, per iniziativa di Stalin. Sotto la direzione di Stalin fu preparato il primo numero della «Pravda» e fu precisato l’orientamento del giornale.
La nascita della «Pravda» coincise con una nuova ascesa del movimento rivoluzionario. Il 22 aprile (5 maggio nuovo stile) 1912, apparve il primo numero della «Pravda». Per gli operai fu una vera festa. Per commemorare la data di pubblicazione della «Pravda» fu deciso di considerare il 5 maggio giorno di festa della stampa operaia.
«Con la “Pravda” del 1912 venne posta la prima pietra per la vittoria del bolscevismo nel 1917» - scrisse il compagno Stalin nel decimo anniversario della «Pravda» (25). Il 22 aprile 1912, Stalin fu arrestato a Pietroburgo, per istrada, e dopo vari mesi di prigione venne deportato, questa volta più lontano, nel territorio di Narim, per tre anni. Ma il 1° settembre 1912 egli evade nuovamente e torna a Pietroburgo. Qui egli redige il giornale bolscevico «Pravda», e dirige l’attività dei bolscevichi durante la campagna elettorale per la IV Duma di Stato. Ricercato e perseguitato dalla polizia, e nonostante il grande rischio, prende la parola in vari brevi comizi nelle officine. Le organizzazioni operaie e gli operai stessi vegliavano alla sua sicurezza e lo proteggevano contro la polizia.
In questa campagna che terminò con la vittoria del partito, ebbe una grandissima importanza il «Mandato degli operai di Pietroburgo al loro deputato operaio», redatto da Stalin e di cui Lenin diede un apprezzamento altissimo. Inviando questo «Mandato» in tipografia per farlo stampare Lenin scriveva: «Restituirmelo
senza fallo! Non sporcarlo. È estremamente importante
che questo documento sia conservato». E in una lettera alla redazione della «Pravda» scriveva: «Inserite assolutamente bene in vista e in grossi caratteri questo mandato al deputato di Pietroburgo» (26). Il «Mandato» di Stalin ricordava agli operai i compiti del 1905 rimasti inadempiuti, e li chiamava alla lotta rivoluzionaria, alla lotta su due fronti, tanto contro il governo zarista quanto contro la borghesia liberale in cerca di un accordo con lo zarismo. Dopo le elezioni, Stalin diresse la frazione bolscevica del gruppo socialdemocratico della Duma. Insieme a Stalin lavorano a Pietroburgo J. Sverdlov e V. Molotov che presero parte attiva alla direzione della «Pravda », della campagna elettorale e del gruppo della Duma. In questo periodo si stabilirono tra Lenin e Stalin legami ancora più stretti. Lenin, nelle sue lettere, approvava interamente l’attività di Stalin, i suoi discorsi e i suoi articoli. Stalin a sua volta si recò due volte a Cracovia presso Lenin, nel novembre e alla fine di dicembre del 1912, per partecipare alla riunione del Comitato centrale con gli attivisti del partito. Mentre era all’estero, Stalin scrisse la sua opera: «Il marxismo e la questione nazionale», sommamente apprezzata da Lenin. Ecco quello che Lenin ha scritto a proposito di questa opera di Stalin: «Nella letteratura marxista teorica, i principi del programma nazionale della socialdemocrazia sono stati già elucidati in questi ultimi tempi (al primo posto si colloca l’articolo di Stalin (27)». L’opera di Stalin «Il marxismo e la questione nazionale» fu sull’arena internazionale, prima della guerra, l’esposizione più importante dei punti di vista del bolscevismo a proposito del problema nazionale. Essa fu la esposizione teorica e la dichiarazione programmatica del bolscevismo circa la questione nazionale.
Con grande vigore e rilievo vi erano contrapposti due metodi, due programmi, due concezioni della questione nazionale: quelli della II Internazionale e quelli del leninismo. Stalin, insieme con Lenin, batté le posizioni opportuniste e i dogmi della II Internazionale circa il problema nazionale. Da Lenin e da Stalin venne elaborato il programma del marxismo sulla questione nazionale. Nella sua opera Stalin formulò la teoria marxista della nazione; determinò i principi del bolscevismo nell’affrontare la soluzione del problema nazionale (la necessità di esaminare questo problema come una parte del problema generale della rivoluzione e in legame indissolubile con tutta la situazione internazionale dell’epoca dell’imperialismo); dette un fondamento teorico al principio bolscevico della organizzazione internazionale degli operai.
Il 23 febbraio 1913 Stalin, veniva arrestato durante una serata organizzata dal Comitato bolscevico di Pietroburgo nella sala della Borsa Kalascnikov. Questa volta il governo zarista lo deportò nel lontano territorio di Turukhansk per quattro anni. Stalin si stabilì dapprima nel casale di Kostino, ma all’inizio del 1914 i gendarmi dello zar, temendo una nuova evasione, lo trasferirono ancor più a nord, nel casale di Kureica, presso il circolo polare. Ivi passò il 1914, il 1915 e il 1916. Era la più dura deportazione politica che si potesse trovare nel più sperduto angolo della Siberia.
Nell’estate del 1914 scoppiò la guerra imperialista. I partiti della II Internazionale tradirono vergognosamente il proletariato, passarono dalla parte della borghesia imperialista. Soltanto Lenin, i bolscevichi rimasero fedeli alla gloriosa bandiera dell’internazionalismo; soltanto il partito bolscevico, levò, sin dal primo momento e senza esitare, la bandiera di una lotta decisa contro la guerra imperialista. Stalin, tagliato fuori dal resto del mondo, separato da Lenin e dai centri del partito, prese sui problemi della guerra, della pace e della rivoluzione la stessa posizione internazionalista di Lenin. Scrisse lettere a Lenin; prese la parola nel villaggio di Monastirskoe (1915) in riunioni di bolscevichi deportati, in cui bollò la condotta pusillanime e il tradimento di Kamenev nel processo dei cinque bolscevichi deputati della IV Duma di Stato. Nel 1916, salutando insieme a un gruppo di bolscevichi deportati la rivista bolscevica legale «Questioni di Assicurazione», scrisse che questa rivista aveva per compito di fare «tutti gli sforzi per assicurare, anche nel campo ideologico, la classe operaia del nostro paese contro la predicazione profondamente demoralizzatrice, antiproletaria, essenzialmente in contrasto coi principi internazionalisti».
Nel dicembre 1916 Stalin chiamato sotto le armi venne inviato, a tappe, a Krasnoiarsk e poi ad Acinsk. Qui lo raggiunge la notizia della Rivoluzione di Febbraio. L’8 marzo 1917 Stalin parte da Acinsk e in viaggio manda un telegramma di saluto a Lenin, in Svizzera.
Il 12 marzo 1917 Stalin, dopo avere sopportato coraggiosamente i rigori della deportazione di Turukhansk, è di nuovo a Pietroburgo capitale rivoluzionaria della Russia. Il comitato centrale del partito gli affida la direzione della «Pravda».
Il partito bolscevico era appena uscito dalla illegalità. Molti tra i membri più noti e più attivi del partito ritornavano dalla lontana deportazione e dalle prigioni. Lenin era nell’emigrazione e il governo provvisorio borghese faceva tutto il possibile per ritardarne il ritorno. In questo grave periodo Stalin serra le file del partito nella lotta per la trasformazione della rivoluzione democratica borghese in rivoluzione socialista. Egli dirige insieme con Molotov l’attività del Comitato Centrale e del Comitato bolscevico di Pietroburgo. Negli articoli di Stalin i bolscevichi trovano le direttive di principio per il loro lavoro. Fin dal suo primo articolo «Sui Soviet dei deputati degli operai e dei soldati», Stalin definisce il compito fondamentale del partito:
«Consolidare questi Soviet, generalizzarli, collegarli tra di loro, con a capo il Soviet centrale dei deputati degli operai e dei soldati, come organo del potere rivoluzionario del popolo» (28).
Nell’articolo «Sulla guerra» Stalin mostrava che il carattere della guerra imperialista non era cambiato per il fatto che il potere era passato nelle mani del governo provvisorio, che la guerra del 1914-1917, anche sotto il governo provvisorio borghese, rimaneva una guerra di rapina, ingiusta.
Stalin, Molotov e gli altri, insieme alla maggioranza del partito, sostenevano una politica di diffidenza verso il governo provvisorio imperialista; respingevano la pretesa difesa nazionale predicata dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari e la posizione semimenscevica di appoggio condizionato al governo provvisorio sostenuta da Kamenev e da altri opportunisti.
V
Il 3 aprile 1917 Lenin, dopo un lungo esilio, rientrava in Russia. La notizia dell’arrivo del capo amato della rivoluzione fu accolta con entusiasmo dagli operai di avanguardia di Pietrogrado. A incontrarlo alla stazione di Bieloostrov si recò Stalin, alla testa di una delegazione operaia. L’accoglienza fatta a Lenin alla stazione di Finlandia, a Pietrogrado, assunse le proporzioni di una grande manifestazione rivoluzionaria. Il giorno dopo il suo arrivo Lenin presentò le celebri Tesi di aprile, che dettero al partito un piano geniale di lotta per passare dalla rivoluzione democratica borghese alla rivoluzione socialista. Le Tesi di Lenin dettero al partito un nuovo orientamento nelle nuove condizioni della lotta, dopo l’abbattimento dello zarismo. Il 24 aprile 1917 si aprì la VII Conferenza bolscevica (Conferenza d’aprile). Base dei suoi lavori furono le Tesi di Lenin. La Conferenza di aprile dette al partito l’obiettivo della lotta per la trasformazione della rivoluzione democratica borghese in rivoluzione socialista.
In questa conferenza Stalin, difendendo fermamente la linea leninista orientata verso la rivoluzione socialista, smascherò la linea opportunista, antileninista di Kamenev, Rikov e dei loro poco numerosi fautori. Inoltre, Stalin intervenne alla conferenza con un rapporto sulla questione nazionale. Sviluppando in modo conseguente la linea marxista-leninista nella questione nazionale, Stalin giustificò teoricamente la politica nazionale bolscevica, affermò il diritto delle nazioni all’autodecisione, fino a separarsi e a costituirsi in Stati indipendenti. La politica nazionale di Lenin e di Stalin assicurò al partito, nella Grande Rivoluzione socialista di Ottobre, l’appoggio delle nazionalità oppresse.
Nel maggio del 1917, dopo la conferenza, si costituisce l’Ufficio politico del Comitato centrale, e Stalin ne viene eletto membro. Da allora e fino a oggi Stalin è stato costantemente eletto membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale.
Il partito, fondandosi sulle decisioni della Conferenza d’aprile, svolse un’attività intensa per conquistare le masse, per educarle alla lotta e organizzarle.
In questo complicato periodo della rivoluzione, mentre gli avvenimenti si sviluppavano con grande rapidità, e si richiedeva dal partito una tattica abile, duttile, la lotta delle masse venne diretta da Lenin e da Stalin.
«Mi ricordo l’anno 1917 - ha detto Stalin, quando obbedendo alla volontà del partito, dopo le peregrinazioni da una prigione all’altra e da un luogo di deportazione all’altro, mi trovai a lavorare a Leningrado. Ivi, in mezzo agli operai russi, in contatto immediato col grande educatore dei proletari di tutti i paesi, col compagno Lenin, nel crogiuolo delle grandi battaglie tra il proletariato e la borghesia, nel periodo della guerri imperialista, conobbi per la prima volta cosa vuol dire essere un dirigente del grande partito della classe operaia. Ivi, in mezzo agli operai russi, liberatori dei popoli oppressi e promotori della lotta proletaria di tutti i paesi e di tutti i popoli, ricevetti il mio terzo battesimo di fuoco rivoluzionario. Ivi, in Russia, sotto la direzione di Lenin, divenni uno degli artefici della rivoluzione» (29).
Stalin si trova al centro di tutta l’azione pratica del partito. Come membro del Comitato centrale egli prende una parte attiva alla direzione del lavoro del Comitato del partito di Pietrogrado, dirige la «Pravda»; scrive articoli nella «Pravda» e nella «Soldafskaia Pravda » [«La verità del soldato»]; orienta l’attività dei bolscevichi durante la campagna per le elezioni municipali a Pietrogrado. Insieme a Lenin Stalin partecipa ai lavori della Conferenza nazionale delle organizzazioni militari del partito, dove presenta un rapporto «Sul movimento nazionale e i reggimenti nazionali». Insieme a Lenin, organizza la storica dimostrazione del 18 giugno, che si svolse sotto le parole d’ordine del partito bolscevico; redige, a nome del Comitato centrale, un appello agli operai e ai soldati rivoluzionari di Pietrogrado. Il 20 giugno il I Congresso dei Soviet di tutta la Russia elegge il compagno Stalin membro dei Comitato esecutivo centrale.
Dopo le giornate di luglio del 1917, quando Lenin, ricercato e perseguitato dal governo provvisorio controrivoluzionario, dovette stare nascosto, Stalin ebbe la direzione immediata del Comitato centrale e dell’Organo centrale del partito, che in questo periodo appariva sotto vari titoli («L’operaio e il soldato», «Il proletario», «L’operaio», «Il cammino operaio»). Allora Stalin salvò per il partito, per il nostro popolo, per l’umanità intiera la vita preziosa di Lenin, opponendosi decisamente a che Lenin si presentasse al tribunale del governo provvisorio controrivoluzionario come volevano i traditori Kamenev, Rikov, Trotzki, i quali proponevano di consegnare Lenin a questo tribunale.
La sconfitta delle manifestazioni di luglio produsse una svolta nello sviluppo della rivoluzione. Lenin elabora una nuova tattica del partito nelle nuove condizioni della lotta. Stalin dirige, insieme a Sverdlov, i lavori del VI Congresso, tenutosi clandestinamente (luglio-agosto del 1917). A questo congresso Stalin presenta il rapporto sulla attività del Comitato centrale e il rapporto sulla situazione politica. In questi rapporti formula nettamente i compiti e la tattica del partito nella lotta per la rivoluzione socialista, e batte in breccia i trotzkisti che ritenevano impossibile la vittoria del socialismo in Russia.
In risposta ai tentativi dei trotzkisti che si sforzavano di far dipendere l’orientamento del partito verso la rivoluzione socialista dalla rivoluzione proletaria in Occidente, il compagno Stalin dichiarò: «Non è esclusa la possibilità che appunto la Russia sia il paese che aprirà il cammino verso il socialismo... Bisogna rigettare la concezione superata secondo cui solo l’Europa potrebbe indicarci il cammino. Esiste un marxismo dogmatico e un marxismo creatore. Io mi pongo sul terreno di quest’ultimo» (30). Le parole di Stalin furono profetiche: la Russia per la prima indicò il cammino verso il socialismo.
Il congresso si raccolse attorno a Stalin, che difese la dottrina di Lenin sulla possibilità della vittoria del socialismo nel nostro paese. Sotto la guida di Stalin, e in accordo con le direttive di Lenin, il VI Congresso del partito fu il congresso della preparazione all’insurrezione. Esso pose al partito il compito dell’insurrezione armata, della conquista della dittatura del proletariato.
Nell’agosto del 1917 scoppiò la rivolta del generale Kornilov, il quale si proponeva la restaurazione dello zarismo in Russia. I bolscevichi chiamarono le masse popolari alla lotta contro l’avventura dei generali. La disfatta della ribellione di Kornilov aprì un nuovo periodo nella storia della rivoluzione: il periodo dell’organizzazione dell’assalto.
Nei giorni in cui Lenin viveva nell’illegalità, Stalin manteneva uno stretto contatto e si trovava in corrispondenza con il suo maestro ed amico Lenin. Stalin visitò due volte Lenin a Rasliv.
Lenin e Stalin, con ardimento e sicurezza, con fermezza e prudenza, guidarono il partito e la classe operaia alla rivoluzione socialista, all’insurrezione armata. Lenin e Stalin furono gli ispiratori e gli organizzatori della vittoria della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre. Stalin fu in questa lotta il più prossimo collaboratore di Lenin. Egli diresse in modo immediato tutti i preparativi dell’insurrezione
. I suoi articoli, che servivano da guida, venivano riprodotti dai giornali regionali bolscevichi. Egli convocava i rappresentanti delle organizzazioni regionali, dava loro le necessarie istruzioni, fissava i compiti di lotta di ogni regione. Il 16 ottobre il Comitato centrale elesse un Centro del partito per dirigere l’insurrezione. Il compagno Stalin fu alla testa di questo Centro. Il Centro del partito fu un nucleo dirigente del Comitato militare rivoluzionario presso il Soviet di Pietrogrado e diresse praticamente tutta l’insurrezione.
Il 16 ottobre nel suo discorso alla riunione del C.C. del partito, respingendo le proposte disfattiste dei traditori Zinoviev e Kamenev, che si erano pronunziati contro l’insurrezione armata, Stalin dichiarava: «Ciò che propongono Kamenev e Zinoviev oggettivamente dà la possibilità alla controrivoluzione di prepararsi e organizzarsi. Noi ci ritireremmo senza fine e perderemmo la rivoluzione. Perché non assicurarci la possibilità di scegliere la data dell’insurrezione e tali condizioni da non permettere alla controrivoluzione di organizzarsi?» (31).
Il 24 ottobre, nelle prime ore del mattino, Kerenski ordinò di sopprimere l’Organo centrale del partito «Il cammino operaio», e inviò delle autoblindate alle porte della redazione e della tipografia del giornale. Ma verso le 10 dei mattino, per disposizione del compagno Stalin, le guardie rosse e i soldati rivoluzionari respinsero le autoblindate e misero un posto rinforzato nelle adiacenze della tipografia e della redazione. Alle 11 del mattino «Il cammino operaio» apparve con un editoriale di Stalin: «Cosa ci occorre?», che era un appello alle masse per abbattere il governo provvisorio borghese. Nello stesso tempo, per disposizione del Centro del partito, dei reparti di soldati rivoluzionari e di guardie rosse erano fatti venire d’urgenza a Smolnj. L’insurrezione s’iniziò il 24 ottobre. La sera del 25 ottobre si aprì il II Congresso dei Soviet che dette tutto il potere ai Soviet.
Stalin entrò nel primo Consiglio dei Commissari del popolo, che venne eletto, con Lenin alla testa, in seguito alla vittoria della Rivoluzione d’Ottobre, al II Congresso dei Soviet di tutta la Russia.
La Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre cambiò radicalmente la situazione. Essa divise il mondo intiero in due sistemi, quello del capitalismo e quello del socialismo. Il partito bolscevico si trovò di fronte a una situazione nuova; dovette risolvere nuovi, giganteschi problemi. Anche le forme di lotta della classe operaia cambiarono radicalmente.
Dai primi giorni di esistenza dei governo dei Soviet fino al 1923, Stalin fu Commissario del popolo per le questioni nazionali. Egli diresse in modo immediato tutto il lavoro del partito e del potere dei Soviet per la soluzione del problema nazionale nell’U.R.S.S. Sotto la direzione di Lenin e di Stalin gli operai e i contadini cominciarono a creare, in luogo delle colonie zariste, delle repubbliche sovietiche. Non vi è una sola repubblica sovietica alla organizzazione della quale Stalin non abbia preso una parte attiva e dirigente. Stalin dirige la lotta per la creazione della Repubblica sovietica dell’Ucraina; dirige l’organizzazione della Repubblica della Bielorussia e delle Repubbliche sovietiche nella Transcaucasia e nell’Asia centrale; aiuta le numerose nazionalità del Paese dei Soviet a edificare le loro repubbliche e regioni sovietiche autonome. Lenin e Stalin sono stati gli ispiratori e gli organizzatori della grande Unione Sovietica.
Stalin insieme con Sverdlov fu i più prossimi collaboratori di Lenin nella edificazione dello Stato sovietico. Assieme a Lenin, Stalin conduce la lotta contro Kamenev, Zinoviev, Rikov e gli altri crumiri e disertori della rivoluzione. L’organizzazione della disfatta di Kerenski e di Krasnov, lo scacco dato al sabotaggio dei funzionari e degli impiegati, la liquidazione del Quartier generale e dei generali zaristi controrivoluzionari, la soppressione della stampa borghese, la lotta contro la Rada ucraina controrivoluzionaria, lo scioglimento dell’Assemblea costituente, la elaborazione della prima Costituzione sovietica del 1918 - in tutti questi avvenimenti decisivi Stalin prende una parte attiva e di direzione.
Nel gennaio del 1918, su mandato del Comitato centrale, Stalin organizza una conferenza di rappresentanti dell’ala rivoluzionaria dei partiti socialisti di diversi paesi d’Europa e d’America, conferenza che ebbe una grande importanza nella lotta per la creazione della III Internazionale, dell'Internazionale Comunista.
Nei giorni difficili della pace di Brest-Litovsk, allorquando si decidevano le sorti della rivoluizione, Stalin, insieme a Lenin, difese con fermezza la strategia e la tattica bolscevica contro il traditore Trotzki e il suo manutengolo Bukharin, i quali in compagnia degli imperialisti anglo-francesi volevano esporre ai colpi dell’imperialismo tedesco la giovane e ancor debole Repubblica dei Soviet.
VI
I proprietari fondiari e i capitalisti della Russia, abbattuti dalla Rivoluzione socialista d’Ottobre, si misero d’accordo con i capitalisti degli altri paesi per organizzare l’intervento militare contro il paese dei Soviet. Essi si proponevano di schiacciare gli operai e i contadini, di abbattere il potere dei Soviet e di asservire nuovamente il nostro paese. Ebbero inizio la guerra civile e l’intervento armato. Il governo dei Soviet proclamò la patria socialista in pericolo e chiamò il popolo intiero alla lotta. Il partito bolscevico sollevò gli operai e i contadini alla guerra per la difesa della patria
contro l’invasione straniera e la reazione delle guardie bianche, dei capitalisti e dei proprietari fondiari.
Nella primavera del 1918 gli imperialisti anglo-francesi organizzarono la rivolta del corpo dei cecoslovacchi, formato di prigionieri dell’esercito austro-ungherese che, dopo la conclusione della pace con la Germania, rientrava in Francia passando per la Siberia.
La ribellione dei cecoslovacchi, con la quale la reazione aveva fatto coincidere le sommosse delle guardie bianche e dei socialisti-rivoluzionari in ventitré città del bacino del Volga, quella dei socialisti-rivoluzionari di sinistra a Mosca, e lo sbarco delle truppe inglesi a Murmansk, scatenarono tutte le forze della controrivoluzione. La rivolta dei cecoslovacchi era scoppiata in un momento molto critico. Il paese usciva appena dalla stretta della guerra imperialista. Il malgoverno dei capitalisti e dei proprietari fondiari aveva spinto il paese alla catastrofe. Gli operai delle due capitali non ricevevano più di 50 grammi di pane al giorno. La repubblica era tagliata dal grano dell’Ucraina e della Siberia. Non restava che una regione, il sud-est, il bacino del Volga e il Caucaso del Nord, dalla quale si poteva ricevere del grano, e la strada per arrivarvi passava per il Volga, per Zarizin. Soltanto procurandosi del grano si poteva salvare la rivoluzione. Lenin fece appello agli operai di Pietrogrado per organizzare un movimento verso le campagne, allo scopo di aiutare i contadini poveri contro gli speculatori di grano, i kulak, i vampiri. Stalin fu inviato dal Comitato centrale del partito nel Sud come delegato con poteri straordinari per dirigere tutto il lavoro degli approvvigionamenti nella Russia meridionale.
Il 6 giugno 1918 Stalin arrivò a Zarizin alla testa di un distaccamento di operai. Unendo in sé la chiaroveggenza del capo politico e il talento del grande capitano, Stalin comprese l’importanza che Zarizin avrebbe assunto come obiettivo del colpo principale della controrivoluzione. La presa di Zarizin avrebbe tagliato fuori la repubblica dalle ultime sue risorse di grano, dal petrolio di Bacu, avrebbe permesso ai bianchi di operare la congiunzione della controrivoluzione del Don con Kolciak e la controrivoluzione cecoslovacca e di marciare in un solo fronte su Mosca. Ad ogni costo bisognava mantenere Zarizin nelle mani del potere dei Soviet. Liberata con mano ferrea la città dai complotti delle guardie bianche, ottenuta e inviata alle due capitali affamate una quantità considerevole di prodotti alimentari, Stalin si consacrò interamente alla difesa di Zarizin. Spezzando implacabilmente la resistenza degli specialisti controrivoluzionari, inviati e sostenuti da Trotzki, Stalin riorganizzò con rapide e decisive misure i distaccamenti isolati e affrettò l’arrivo dal bacino del Donez delle unità comandate da Voroscilov, che dovevano formare il nucleo della X Armata di nuova formazione. La volontà ferrea e la geniale chiaroveggenza di Stalin salvarono Zarizin, impedirono ai bianchi di raggiungere Mosca.
L’eroica epopea della difesa di Zarizin coincise con la bancarotta dell’imperialismo tedesco in Ucraina. Nel novembre del 1918 scoppiò la rivoluzione in Germania e in Austria-Ungheria. Il Comitato centrale incaricò Stalin di organizzare il fronte ucraino, per recare aiuto agli operai e ai contadini dell’Ucraina. Venti militanti attivi del partito della X Armata, dotati di capacità direttive, e con a capo Voroscilov, furono messi a disposizione di Stalin. Alla fine di novembre le truppe degli insorti ucraini marciarono contro le truppe di Petliura e contro i tedeschi e liberarono Kharkov. A ovest, Minsk venne liberata. Stalin svolse un immenso lavoro per la liberazione delle regioni occidentali e per la creazione della Repubblica della Bielorussia.
Il 30 novembre 1918 venne formato il Consiglio della difesa operaia e contadina, diretto da Lenin, con lo scopo di dirigere tutto il lavoro della difesa sui fronti e nelle retrovie, mobilitare l’industria e i trasporti, mobilitare tutte le risorse del paese. Stalin, chiamato a far parte del Consiglio della difesa, come rappresentante del Comitato esecutivo centrale dei Soviet della Russia, vi esercitò di fatto la funzione di sostituto di Lenin.
Alla fine del 1918 si creò una situazione catastrofica sul fronte orientale. L’esercito di Kolciak aveva fretta di congiungersi con le truppe inglesi che avanzavano dal nord. Lenin, a nome del Consiglio della difesa, chiese che venisse ristabilita la situazione davanti a Perm. Per scongiurare la catastrofe, egli propose al Comitato centrale di inviare Stalin e Dzerginski. Stalin ristabilì rapidamente e decisivamente la situazione sotto Perm. Nel sud, davanti a Zarizin, la sua potente volontà non aveva permesso alla controrivoluzione del Don di unire le proprie forze con quelle degli Urali e del bacino del Volga. Al nord egli fece fallire il tentativo degli invasori di congiungersi con gli cecoslovacchi e con Kolciak. Le truppe rosse incominciarono a battere Kolciak, tagliato dai suoi alleati tanto dal sud che dal nord.
Di ritorno dal fronte orientale, Stalin si accinge all’organizzazione del controllo di Stato, e nel marzo 1919, su proposta di Lenin, è nominato Commissario del popolo del Controllo di Stato, riorganizzato in seguito nel Commissariato del popolo dell’Ispezione operaia e contadina. A questo posto Stalin rimase sino all’aprile 1922, e il suo lavoro contribuì potentemente a far partecipare i lavoratori al governo dello Stato.
Nel maggio 1919, allo scopo di distogliere le truppe rosse da Kolciak, il generale Judenic, appoggiato dalle truppe bianche della Finlandia e dell’Estonia, si lancia verso Pietrogrado. L’offensiva di Judenic è appoggiata dalla squadra inglese. Alle spalle dell’Esercito Rosso la reazione fomenta la rivolta dei forti Krasnaia Gorka e Seraia Losciad. Il fronte rosso vacilla, e il nemico è alle porte di Pietrogrado.
Per organizzare la resistenza ai bianchi il Comitato centrale invia Stalin. Vanno al fronte i comunisti. Stalin pone rapidamente argine al disorientamento, annienta senza pietà i nemici e i traditori. Con un attacco combinato della fanteria da terra, e delle navi dal mare, i forti ribelli vengono presi e le truppe bianche respinte. La minaccia su Pietrogrado è liquidata. I piani dell’Intesa per impadronirsi di questa città sono sventati. L’esercito di Judenic è sbaragliato. I resti di esso fuggono in Estonia.
Nell’estate del 1919 Stalin lavora ad organizzare sul fronte occidentale, a Smolensk, la resistenza all’offensiva polacca.
L’Intesa, che era stata battuta nella sua prima campagna, incominciava nell’autunno del 1919, schiacciati i Soviet in Baviera, Ungheria, Estonia, Lettonia, una seconda campagna facendovi partecipare, oltre alle truppe bianche ed a unità proprie le armate dei piccoli Stati limitrofi della Russia. Il ministro della guerra inglese, Churchill, chiamò pomposamente questa campagna «la campagna dei 14 Stati».
Mentre l’Esercito Rosso batteva Kolciak ad est, Denikin si impadroniva del bacino del Donez e invadeva, su un vasto fronte, l’Ucraina. Trotzki, da traditore, aveva disorganizzato il lavoro sul fronte del sud. Le truppe rosse subivano delle sconfitte. I polacchi bianchi, accorsi in aiuto di Denikin, occupavano Minsk. Judenic riprendeva l’offensiva su Pietrogrado, e Kolciak tentava di mantenersi sul fiume Tobol. Il nemico non era mai stato tanto vicino alla capitale sovietica. I capitalisti del Donez avevano persino annunciato una ricompensa di un milione per quel reggimento bianco che primo fosse entrato a Mosca.
Davanti all’offensiva dei bianchi, Lenin, a nome del Comitato centrale, lanciò un appello vibrante alle organizzazioni del partito: «Tutti alla lotta contro Denikin!».
Il fronte sud aveva ricevuto numerosi rinforzi di uomini, munizioni, materiale bellico; ma occorreva un capo che sapesse tener stretti centinaia di migliaia di combattenti, cementarne le file, con unanime volontà e lanciarsi contro il nemico. Il Comitato centrale del partito invia Stalin a organizzare la vittoria sul fronte sud.
Confusione, disorientamento, assenza di un piano strategico: ecco ciò che trovò sul fronte il capitano della rivoluzione, Stalin. Cacciati dagli Stati maggiori i falliti agenti di Trotzki, e chiesto che a costui fosse fatto divieto di immischiarsi negli affari del fronte, Stalin respinse il vecchio piano delittuoso di spezzare il fronte di Denikin dal Volga (Zarizin) in direzione di Novorossiisk, e vi sostituì il suo piano di lotta, che risolveva il compito in modo geniale. Egli propose di dare all’attacco principale contro Denikin dalla zona di Voronez, la direzione di Kharkov-bacino del Donez-Rostov, per tagliare in due parti l’esercito della controrivoluzione. Questo piano assicurava la rapida avanzata dell’Esercito Rosso in una zona ricca di centri proletari, dove la popolazione lo aspettava con aperta simpatia e dove vi era una vasta rete di ferrovie, il che permetteva di rifornire le truppe di tutto il necessario. Questo piano nello stesso tempo permetteva di liberare il bacino del Donez, grande base carbonifera, che assicurava al paese il combustibile, e gli forniva forze rivoluzionarie.
Il Comitato centrale fece suo il piano di Stalin.
Stalin fece uno sforzo titanico per organizzare la vittoria. Egli seguiva lo svolgimento delle operazioni, correggeva nel corso di esse gli errori, sceglieva i comandanti e i dirigenti politici, li animava alla lotta. Sotto la direzione di Stalin, sul fronte sud fu elaborata una istruzione ad uso dei commissari di reggimento nella quale la missione di questi era formulata in termini incisivi:
«Il commissario del reggimento è la guida politica e morale della sua unità, il primo difensore dei suoi interessi materiali e morali. Se il comandante è il capo del reggimento, il commissario ne deve essere il padre e l’anima» (32).
L’attuazione del piano di Stalin portò alla disfatta totale di Denikin. Su iniziativa del compagno Stalin fu creata la I Armata di cavalleria con alla testa Budionnj, Voroscilov, Stciadenko. La leggendaria Armata di cavalleria, appoggiata dalle armate del fronte sud, annientò gli eserciti di Denikin.
Durante la breve tregua che assicura al Paese dei Soviet la disfatta di Denikin Stalin, per incarico di Lenin, dirige l’opera di ricostruzione dell’economia ucraina distrutta dalla guerra. Nel febbraio-marzo 1920, egli si mette alla testa del Consiglio dell’Esercito ucraino del lavoro e mobilita i lavoratori nella lotta per il carbone. Rivolgendosi all’esercito del lavoro, nel marzo del 1920, Stalin rileva che in quel momento «il carbone è altrettanto necessario per la Russia quanto la vittoria su Denikin» (33). Sotto la direzione di Stalin i bolscevichi ucraini ottengono seri successi assicurando il combustibile al paese e facendo funzionare i trasporti.
Nel maggio 1920 il Comitato centrale invia Stalin sul fronte sud-ovest contro i nobili polacchi che avevano iniziato la terza campagna dell’Intesa contro la Repubblica sovietica. Ivi Stalin partecipa direttamente, come dirigente, alla rottura del fronte polacco, alla liberazione di Kiev e alla marcia delle nostre truppe sino alle porte di Leopoli. Nello stesso anno 1920 lavora alla difesa dell’Ucraina meridionale contro l’offensiva scatenata da Vranghel, fissa l’annientamento di quest’ultimo. Il piano di operazioni di Frunze, che permise di battere Vranghel, aveva per base le direttive di Stalin.
Durante tutti gli anni della guerra civile una stretta collaborazione veniva mantenuta fra Lenin e Stalin. Essi fianco a fianco costruiscono e rafforzano l’Esercito Rosso. Lenin si consiglia con Stalin sui più importanti problemi della politica dello Stato sovietico, sui problemi della strategia e della tattica militare. Quando Stalin si trovava ad un’altra estremità del paese sovietico, eseguendo importantissimi incarichi politici e militari ricevuti da Lenin, fra di loro non cessava mai la corrispondenza costituita da lettere, telegrammi e biglietti. Stalin informava regolarmente Lenin sullo stato delle cose sui fronti. Nelle sue lettere e telegrammi Stalin tracciava un’analisi magistrale della situazione militare. Egli si rivolgeva continuamente a Lenin per riceverne aiuto ed appoggio, quando la situazione sul fronte diventava particolarmente grave. Lenin prestava una straordinaria attenzione alle richieste di Stalin. Lenin lo teneva continuamente al corrente degli avvenimenti e lo informava sulle novità politiche. Stalin era il sostegno principale di Lenin nell’opera di organizzazione e direzione della difesa del Paese sovietico.
Negli anni della guerra civile, il Comitato centrale del partito e Lenin personalmente inviarono Stalin sui fronti più pericolosi e decisivi per la rivoluzione. Il compagno Stalin era membro del Consiglio militare rivoluzionario della Repubblica e dei Consigli militari rivoluzionari dei fronti ovest, sud, e sud-ovest. Là dove per ogni sorta di ragioni si creava per l’Esercito Rosso un pericolo mortale, dove l’avanzata degli eserciti della controrivoluzione e dell’intervento straniero minacciavano l’esistenza stessa del potere dei Soviet, ivi si mandava Stalin. Là, «dove la confusione e il panico potevano in qualsiasi momento portare alla paralisi, alla catastrofe, - ivi appariva il compagno Stalin»(34).
Stalin organizzava le masse dei militanti del partito e degli operai, prendeva nelle sue mani ferme la direzione, appoggiandosi alle masse spezzava implacabilmente il sabotaggio; con mano ferrea reprimeva i complotti dei traditori e delle spie sui fronti e nelle retrovie. Dando personalmente l’esempio dell’abnegazione nel lavoro e di una chiara prospettiva rivoluzionaria, egli stimolava lo spirito combattivo e l’entusiasmo rivoluzionario degli operai e dei contadini, dei soldati rossi. In brevissimo tempo egli determinava svolte decisive nel corso della guerra e assicurava la vittoria dell’Esercito Rosso.
Egli indovinava e faceva fallire i piani strategici più astuti e perfidi del nemico, batteva in pieno la loro «scienza» militare, la loro «arte» e la loro esperienza della guerra.
I servizi resi da Stalin sui fronti della guerra civile sono stati, per iniziativa di Lenin, ricordati in una decisione del Comitato esecutivo centrale dei Soviet della Russia in data 27 novembre 1919 in base alla quale egli veniva decorato coll’ordine della Bandiera Rossa.
Creatore dell’Esercito Rosso, - primo Esercito Rosso del mondo, esercito degli operai e dei contadini liberi, esercito della fraternità fra i popoli del nostro paese, esercito educato nello spirito dell’internazionalismo, - fu il partito dei bolscevichi diretto da Lenin e da Stalin. Lenin e Stalin assieme ai migliori militanti del partito bolscevico, diressero la difesa del paese.
Ispiratore e organizzatore diretto delle più grandi vittorie dell’Esercito Rosso fu Stalin.
Dappertutto dove sui fronti si decidevano le sorti della rivoluzione, il partito mandava Stalin. Stalin concepiva i piani strategici più importanti. Stalin dirigeva le operazioni militari decisive. Davanti a Zarizin e a Perm, davanti a Pietrogrado e contro Denikin, a ovest contro la Polonia aristocratica e nel sud contro Vranghel, dappertutto la volontà ferrea e il genio strategico di Stalin assicurarono la vittoria della rivoluzione. Stalin fu l’educatore e la guida dei commissari militari, senza i quali, come ha detto Lenin, l’Esercito Rosso non sarebbe esistito.
Le più gloriose vittorie del nostro Esercito Rosso sono legate al nome di Stalin.
VII
Terminata vittoriosamente la guerra contro l’intervento straniero, il potere dei Soviet si mise sulla via dell’edificazione economica dei tempi di pace. Il paese era rovinato da quattro anni di guerra imperialista e tre anni di guerra civile. Terminata la guerra civile i contadini manifestarono il loro malcontento per il sistema del prelevamento di tutte le eccedenze dei loro prodotti e chiesero di essere forniti di una sufficiente quantità di merci. La carestia e la stanchezza provocavano del malcontento anche tra una parte degli operai. Il nemico di classe cercava di sfruttare la grave situazione economica del paese.
Davanti al partito si poneva il problema di elaborare una nuova linea nei riguardi di tutti i problemi della vita economica del paese. Il Comitato centrale del partito si rendeva conto chiaramente che il sistema del comunismo di guerra, dopo la liquidazione della guerra e il passaggio all’opera pacifica di edificazione economica, era superato. La necessità dei prelevamenti non si imponeva più; bisognava permettere ai contadini di disporre della maggior parte delle eccedenze dei loro prodotti. Ciò avrebbe consentito di rianimare l’agricoltura e gli scambi, di risollevare l’industria, di migliorare l’approvvigionamento delle città, di dare una nuova base economica all’alleanza degli operai e dei contadini.
Ma i gruppi ostili al partito tentarono d’impedire al partito di elaborare le sue nuove posizioni. Alla fine del 1920 essi imposero al partito la cosiddetta discussione sui sindacati; in realtà, questa discussione superava di molto il quadro della questione sindacale. In sostanza, la lotta si svolse attorno al problema delle relazioni coi contadini, delle relazioni del partito con la massa degli operai senza partito, e in generale attorno al modo come il partito doveva andare alle masse nella nuova situazione. I trotzkisti proponevano di «stringere ancora la vite» del comunismo di guerra. Colla loro politica proditoria di coercizione e di comando brutale verso le masse, essi cercavano di sollevare le masse degli operai senza partito contro il partito, di creare una minaccia per l’esistenza del potere dei Soviet. Al seguito dei trotzkisti entrarono in scena anche altri piccoli aggruppamenti ostili al partito: l’«opposizione operaia», i «centralisti democratici», i «comunisti di sinistra».
Insieme con Lenin, Stalin applicò e difese in modo conseguente la linea del partito, batté tutti questi nemici del partito. Egli organizzò e diresse la lotta contro i gruppi antileninisti durante la discussione sui sindacati, tenne raccolto il partito intorno alla piattaforma di Lenin. Stalin era il centro al quale convergevano tutte le informazioni dalla base sullo sviluppo della lotta per la linea del partito. In quei giorni egli comunicava alla «Pravda» i risultati della discussione nelle organizzazioni locali, risultati che mostravano la vittoria del partito e la disfatta dei gruppi antileninisti.
Un’importanza considerevole per la vittoria della linea del partito e per la consolidazione del partito stesso intorno a Lenin, intorno alla maggioranza leninista del Comitato centrale, ebbe l’articolo di Stalin «Le nostre divergenze», pubblicato nella «Pravda» il 19 gennaio 1921. Insieme con Lenin, Stalin difese l’unità del partito contro tutti gli attacchi delle frazioni e dei gruppi ostili al partito stesso.
Unito e compatto sulle posizioni di Lenin, il partito arrivò al suo X Congresso, nel quale si dovevano risolvere i problemi fondamentali dell’ulteriore vittoriosa avanzata della rivoluzione. Il X Congresso (marzo-aprile 1921) fece il bilancio della discussione sui sindacati e approvò con una maggioranza schiacciante la piattaforma di Lenin. Esso approvò una risoluzione di importanza eccezionale sul passaggio dal sistema dei prelevamenti all’imposta in natura, sul passaggio alla nuova politica economica, di cui Lenin fu il creatore e l’ispiratore. La decisione del X Congresso sul passaggio alla nuova politica economica assicurava una salda alleanza tra la classe operaia e i contadini per l’edificazione del socialismo.
Allo stesso obiettivo fondamentale mirava anche la decisione del congresso relativa alla questione nazionale. Il rapporto sui «Compiti attuali del partito nella questione nazionale» venne fatto al congresso da Stalin.
Nel rapporto di Stalin e nella risoluzione del congresso si formulava in modo netto e preciso il compito essenziale pratico nel campo dei problemi nazionali. Abbiamo soppresso l’oppressione nazionale - diceva Stalin - ma ciò non è sufficiente, bisogna liquidare la pesante eredità del passato, il ritardo economico, politico e culturale dei popoli prima oppressi: bisogna aiutarli a mettersi al livello della Russia centrale. Egli chiamava il partito a lottare contro lo sciovinismo grande-russo da grande potenza, considerandolo come il pericolo principale, e contro il nazionalismo locale.
Passò il primo anno della Nep (nuova politica economica). Il partito nel suo XI Congresso (Marzo-aprile 1922) fece il bilancio del primo anno di applicazione della nuova politica economica. Questo bilancio permise a Lenin di dichiarare:
«Abbiamo indietreggiato per un anno. Ora dobbiamo dire in nome del partito: basta! Lo scopo a cui mirava la ritirata è stato raggiunto. Questo periodo volge al suo termine, oppure è già terminato. Ora si impone un altro obiettivo: creare un nuovo raggruppamento di forze!» (35).
I compiti storici posti da Lenin al congresso dovevano essere tradotti in atto. Il 3 aprile 1922 l’assemblea plenaria del Comitato centrale del partito, su proposta di Lenin, elegge segretario generale del Comitato centrale Stalin, il migliore e più fedele discepolo e compagno di lotta di Lenin. Da allora Stalin occupa permanentemente questo posto.
La ferita ricevuta da Lenin nell’attentato di cui fu vittima nel 1918, e l’incessante, intenso lavoro, avevano minato la sua salute. A partire dalla fine del 1921 egli deve interrompere il suo lavoro sempre più spesso. Toccava allora a Stalin svolgere il lavoro fondamentale di direzione del partito.
Sono gli anni in cui Stalin compì un immenso lavoro per la fondazione delle repubbliche sovietiche nazionali, e quindi per riunire tutte queste repubbliche sovietiche nazionali in un solo Stato federale: - l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Il 30 dicembre 1922, al I Congresso dei Soviet dell’U.R.S.S., su proposta di Lenin e di Stalin venne presa la storica decisione di creare l’unione volontaria dei popoli sovietici in un solo Stato: l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (U.R.S.S). Parlando al Congresso, Stalin disse:
«Questa giornata segna una svolta nella storia del potere sovietico. Essa pone una pietra miliare tra il periodo precedente, già superato, quando le repubbliche sovietiche, pure agendo concordi, marciavano ciascuna per conto suo, preoccupate soprattutto del problema della loro esistenza, e il periodo nuovo, in cui è stato posto termine all’esistenza delle repubbliche sovietiche ognuna per conto proprio; in cui le repubbliche si riuniscono in un solo Stato federale per combattere con successo la rovina economica; in cui il potere sovietico non pensa più soltanto alla sua esistenza, ma pensa anche a svilupparsi come seria forza internazionale, capace di esercitare la sua influenza sulla situazione internazionale, capace di modificarla nell’interesse dei lavoratori» (36).
La creazione dell’U.R.S.S. fu una grande vittoria della politica nazionale leninista-staliniana. L’Unione Sovietica veniva creata sulla base incrollabile della fiducia dei popoli, prima oppressi dallo zarismo, verso il grande popolo russo, sulla solida base dell’amicizia dei popoli del Paese dei Soviet.
Nell’aprile del 1923 si riunì il XII Congresso del partito. Esso fu il primo congresso, dopo la vittoria della Rivoluzione socialista d’Ottobre, al quale Lenin, malato, non poté partecipare. Nelle sue decisioni il congresso tenne conto di tutte le indicazioni date da Lenin nei suoi ultimi articoli e nelle sue ultime lettere. Il congresso respinse in modo deciso l’opinione di tutti coloro che tentavano di presentare la Nep come un abbandono delle posizioni socialiste, che proponevano di lasciarsi asservire dal capitalismo. Il congresso condannò le proposte degne di traditori e di capitolardi, fatte dai trotzkisti e dai bukhariniani.
A questo congresso Stalin presentò il rapporto sui problemi d’organizzazione nell’attività del Comitato centrale e un rapporto sui «Fattori nazionali nella costruzione del partito e dello Stato». Nel rapporto d’attività, Stalin dette un ampio quadro del lavoro svolto dal partito, del suo sviluppo, del rafforzamento delle cinghie di trasmissione che uniscono il partito alle masse (sindacati, Gioventù comunista, Soviet, ecc.), fece il bilancio di due anni della Nep, indicò i compiti da assolvere per continuare l’avanzata. «Il nostro partito - così Stalin terminava il suo rapporto - è rimasto saldo, compatto, ha saputo operare la svolta più grandiosa e va avanti a bandiere largamente spiegate» (37).
Il Congresso dedicò grande attenzione alla questione nazionale. Nel suo rapporto sulla questione nazionale Stalin sottolineò l’immenso valore internazionale della nostra politica nazionale; egli mostrò che i popoli oppressi dell’Oriente e dell’Occidente vedono nell’Unione Sovietica un modello di soluzione della questione nazionale. Egli affermò la necessità di lavorare energicamente per far sparire l’ineguaglianza economica e culturale fra i popoli dell’Unione Sovietica; chiamò tutto il partito a lottare risolutamente contro lo sciovinismo grande-russo e contro il nazionalismo locale, rafforzati dalla ripresa parziale del capitalismo; smascherò i fautori della deviazione nazionalista georgiana sostenuti dai trotzkisti.
Era appena terminato il XII Congresso che un grave pericolo per la Repubblica dei Soviet si presentò all’orizzonte. Gli elementi più reazionari della borghesia e più decisi all’intervento, erano andati al potere in Inghilterra, in Francia e tentavano di organizzare una nuova campagna contro l’Unione Sovietica. Il partito guidato da Stalin, uscì con onore da questa situazione acuta, e conseguì una grande vittoria sul fronte diplomatico. Invece delle minacce e degli ultimatum, sopravvenne nel 1924 il riconoscimento dell’U.R.S.S. da parte di tutti i principali Stati capitalisti d’Europa. «II fatto che noi allora uscimmo dalle difficoltà senza pregiudizio per la nostra causa- disse Stalin - prova all’evidenza che i discepoli del compagno Lenin hanno già imparato qualche cosa dal loro maestro» (38).
Nel gennaio del 1924 ebbe luogo la XIII Conferenza del partito. In un suo rapporto Stalin tirò le conclusioni sulla discussione. La conferenza condannò risolutamente i trotzkisti. Le decisioni della conferenza furono approvate dal XIII Congresso del partito (maggio 1924) e dal V Congresso del Komintern (estate 1924).
Il 21 gennaio 1924, a Gorkj, presso Mosca, morì Lenin, fondatore e capo del partito bolscevico, capo dei lavoratori del mondo intiero. La bandiera di Lenin, la bandiera del partito venne tenuta alta e portata avanti da Stalin, grande discepolo di Lenin, il figlio migliore del partito bolscevico, degno successore e grande continuatore dell’opera di Lenin.
Il 26 gennaio si apriva la seduta commemorativa del II Congresso dei Soviet dell’U.R.S.S. Stalin vi tenne un discorso e a nome del partito pronunciò questo solenne giuramento:
«Noi comunisti, siamo gente di una tempra particolare. Siamo fatti di una materia speciale. Siamo coloro che formano l’esercito del grande stratega del proletariato, l’esercito del compagno Lenin. Nulla è più alto dell’onore di appartenere a questo esercito. Nulla è più alto dell’appellativo di membro del partito, che è stato fondato e diretto dal compagno Lenin...
«Lasciandoci, il compagno Lenin ci ha comandato di tener alto e serbar puro grande appellativo di membro del partito. Ti giuriamo, compagno Lenin, che adempiremo con onore il tuo comandamento!...
«Lasciandoci, il compagno Lenin, ci ha comandato di salvaguardare, come la pupilla dei nostri occhi, l’unità del nostro partito. Ti giuriamo, compagno Lenin, che adempiremo con onore anche questo tuo comandamento!...
«Lasciandoci, il compagno Lenin, ci ha comandato di salvaguardare e rafforzare la dittatura del proletariato. Ti giuriamo, compagno Lenin, che non risparmieremo le nostre forze per adempiere con onore anche questo tuo comandamento!...
«Lasciandoci, il compagno Lenin, ci ha comandato di rinsaldare con tutte le forze l’alleanza degli operai e dei contadini. Ti giuriamo, compagno Lenin, che adempiremo con onore anche questo tuo comandamento!...
«Il compagno Lenin ci parlava instancabilmente della necessità dell’unione volontaria dei popoli del nostro paese, della necessità di una loro fraterna collaborazione nel quadro dell’Unione delle Repubbliche.
«Lasciandoci, il compagno Lenin, ci ha comandato di rafforzare e di estendere l’unione delle Repubbliche. Ti giuriamo, compagno Lenin, che adempiremo con Onore anche questo tuo comandamento!...
«Più di una volta Lenin ci ha detto che il rafforzamento dell’Esercito Rosso e il suo perfezionamento sono uno dei compiti essenziali del nostro partito... Giuriamo, dunque, compagni, che non risparmieremo le nostre forze per rafforzare il nostro Esercito Rosso e la nostra Flotta Rossa!...
«Lasciandoci, il compagno Lenin ci ha comandato di essere fedeli ai principi dell’Internazionale Comunista. Ti giuriamo, compagno Lenin, che non risparmieremo la nostra vita pur di rafforzare e di estendere l’unione dei lavoratori di tutto il mondo, l’Internazionale Comunista!»
(39).
Questo fu il giuramento prestato dal partito bolscevico a Lenin, suo maestro e capo, che vivrà nei secoli. Guidato da Stalin il partito ha adempiuto e adempie con onore questo giuramento.
Nei giorno del primo anniversario della morte di Lenin, in una lettera alla redazione della «Rabociaia Gasieta» [«Il giornale operaio»] Stalin scriveva:
«Ricordate, amate, studiate llic, nostro educatore, nostro capo.
Lottate e vincete i nemici interni ed esterni, come insegnava llic.
Edificate una vita nuova, nuove condizioni di esistenza, una cultura nuova, come insegnava Ilic.
Non trascurate le piccolezze nel lavoro, perché dalle piccole cose nascono le grandi: questo è uno dei comandamenti essenziali di Ilic» (40).
Il popolo sovietico seguiva incrollabilmente e continua a seguire queste parole di Stalin.
I nemici del socialismo, approfittando prima della malattia e poi della morte di Lenin, tentarono di far deviare il partito dalla via di Lenin, per preparare così le condizioni al ristabilimento del capitalismo nel nostro paese. Gli attacchi al partito furono particolarmente violenti da parte del nemico mortale del leninismo: Trotzki e i suoi accoliti. I trotzkisti imposero al partito una nuova discussione. La lotta assunse un carattere violento. Stalin denunciò il fondo politico dell’azione dei trotzkisti; mostrò che si trattava di problemi di vita o di morte per il partito, mantenne uniti e compatti i quadri del partito e organizzò la disfatta del trotzkismo.
Nel suo discorso «Trotzkismo o leninismo?» pronunziato alla riunione plenaria della frazione bolscevica del Consiglio Centrale dei Sindacati dell’U.R.S.S. nel novembre del 1924, Stalin indicò che nella lotta contro il trotskismo in questo periodo «il compito del partito consiste nel seppellire il trotskismo in quanto corrente ideologica
». Egli mostrò al partito che nelle condizioni di allora il trotzkismo costituiva il pericolo principale.
«Nel momento presente - disse Stalin - dopo la vittoria d’Ottobre, nelle condizioni attuali della Nep, il trotzkismo deve essere considerato come il pericolo più grave, poiché esso cerca di inoculare la sfiducia nelle forze della nostra rivoluzione, la sfiducia nell’alleanza degli operai e dei contadini, la sfiducia nella causa della trasformazione della Russia della Nep in Russia socialista» (41).
Stalin dimostrò che la disfatta ideologica del trotskismo era condizione necessaria per assicurare la ulteriore marcia vittoriosa verso il socialismo. Egli disse:
«Senza aver battuto il trotzkismo è impossibile raggiungere la vittoria nelle condizioni della Nep, è impossibile ottenere la trasformazione della Russia d’oggi in Russia socialista» (42).
Nella lotta contro il trotzkismo Stalin tenne stretto il partito intorno al Comitato centrale e lo mobilitò alla ulteriore lotta per la vittoria del socialismo nel nostro paese.
Una eccezionale importanza per la disfatta ideologica del trotzkismo e per la difesa, la giustificazione teorica e lo sviluppo del leninismo, ebbe l’opera teorica di Stalin «Dei principi del leninismo», uscita nel 1924. Quest’opera è una esposizione magistrale e una profonda giustificazione teorica del leninismo. Essa fornì allora e continua a fornire oggi ai bolscevichi di tutto il mondo l’arma tagliente della dottrina marxista-leninista.
In questo scritto si espongono i principi del leninismo, ossia quello che Lenin ha apportato di nuovo e di particolare allo sviluppo della dottrina marxista e che è legato al suo nome. Il solo fatto di dare una tale generalizzazione dei problemi del leninismo, di raccogliere e considerare alla luce del nuovo periodo storico tutto il contenuto ideologico dell’eredità lasciata da Lenin, era un gigantesco passo in avanti nello sviluppo della scienza del marxismo-leninismo. Tutti i problemi della dottrina di Lenin sono elevati in questa opera a una grande altezza di principio. Stalin vi dà una definizione classica del leninismo. Egli dimostra come Lenin ha dato al marxismo un nuovo sviluppo, nelle condizioni dell’epoca nuova, dell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie.
Il lavoro per il ristabilimento dell’economia nazionale si avvicinava alla fine. La situazione internazionale e interna dell’Unione Sovietica era cambiata. Nei paesi capitalistici si assisteva a un momentaneo riflusso della rivoluzione, si aveva la stabilizzazione temporanea, parziale, del capitalismo. L’Unione Sovietica aveva raggiunto il livello economico d’anteguerra. Bisognava andare avanti. Il problema delle prospettive della nostra costruzione, il problema dei destini del socialismo nell’Unione Sovietica si poneva in tutta la sua acutezza.
Stalin definì allora con geniale chiaroveggenza la prospettiva e le vie concrete di sviluppo ulteriore della rivoluzione.
«Auguro agli operai dell’officina “Dinamo” - egli scrisse nel 1924 - come auguro agli operai di tutta la Russia, che l’industria si sviluppi; che il numero dei proletari in Russia si elevi nel prossimo periodo fino a 20 o 30 milioni; che nelle campagne l’economia collettiva si estenda e sottometta alla sua influenza l’economia privata; che l’industria progredita e l’economia collettiva nelle campagne riuniscano definitivamente i proletari delle fabbriche e i lavoratori della terra in un solo esercito socialista, che la vittoria in Russia sia coronata dalla vittoria in tutto il mondo» (43).
Generalizzando teoricamente l’esperienza della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre, l’esperienza dei primi anni della costruzione socialista perdurando l’accerchiamento capitalistico, Stalin difese e sviluppò la dottrina di Lenin sulla vittoria del socialismo in un solo paese.
Nel dicembre 1924 apparve il noto scritto di Stalin: «La Rivoluzione d’Ottobre e la tattica dei comunisti russi». In questa opera Stalin dava una dimostrazione teorica della tesi di Lenin sulla vittoria del socialismo in un solo paese, e dimostrava che bisogna distinguere due aspetti di questa questione: l’aspetto interno e l’aspetto internazionale. L’aspetto interno è il problema dei rapporti tra le classi nell’interno del paese che edifica il socialismo; l’aspetto internazionale è il problema dei rapporti tra l’U.R.S.S., solo paese socialista per il momento, e i paesi capitalisti che la circondano. Le difficoltà interne, gli operai e i contadini dell’U.R.S.S. possono perfettamente superarle colle loro sole forze; essi possono benissimo vincere economicamente la loro borghesia e costruire una società socialista integrale. Ma fino a che dura l’accerchiamento capitalistico, esiste il pericolo di un intervento capitalista contro l’U.R.S.S. e di una restaurazione del capitalismo. Per allontanare questo pericolo bisogna sopprimere l’accerchiamento capitalistico, ma sopprimere l’accerchiamento capitalistico non si può se non in seguito a una rivoluzione proletaria vittoriosa almeno in alcuni paesi. Allora soltanto la vittoria del socialismo nell’U.R.S.S. potrà essere considerata una vittoria completa, definitiva.
Queste tesi di Stalin furono prese come base della storica risoluzione della XIV Conferenza del partito (aprile 1925). La conferenza approvò l’orientamento leninista-staliniano verso la vittoria del socialismo nell’U.R.S.S. come legge del partito, obbligatoria per tutti i suoi membri.
Nel rapporto agli attivisti della organizzazione del partito di Mosca «Sui risultati dei lavori della XIV Conferenza del P.C.(b)R.» Stalin dedicò attenzione particolare al problema di attirare i contadini medi all’opera di edificazione del socialismo. Stalin diceva:
«La cosa principale ora consiste nel riunire i contadini medi attorno al proletariato, di riconquistarli.
La cosa principale consiste ora nel saldarci con la massa fondamentale dei contadini, nel elevarne il livello materiale e culturale e spingerci avanti assieme a questa massa fondamentale verso il socialismo. La cosa principale consiste nell’edificare il socialismo assieme ai contadini, obbligatoriamente assieme ai contadini e obbligatoriamente sotto la direzione della classe operaia, giacché la direzione della classe operaia è la garanzia principale che questa edificazione seguirà la via che conduce al socialismo» (44).
Nel dicembre 1925 si aprì il XIV Congresso del partito. Nel rapporto politico da lui fatto a nome del Comitato centrale, Stalin tracciò un quadro imponente dello sviluppo della potenza politica ed economica dell’U.R.S.S. Tuttavia - disse Stalin - noi non possiamo appagarci di questi successi, poiché il nostro paese continua a restare un paese arretrato, agricolo. Per assicurare l’indipendenza economica del nostro paese e rinforzare la sua capacità di difesa; per creare la base economica necessaria alla vittoria del socialismo, bisogna trasformare il nostro paese da paese agricolo in paese industriale.
Dalla tribuna del XIV Congresso il capo del partito disse:
«Trasformare il nostro paese da paese agricolo in paese industriale capace di produrre colle proprie forze l’attrezzamento necessario, ecco la sostanza, la base della nostra linea generale» (45).
Al piano staliniano di industrializzazione socialista i capitolardi Zinoviev e Kamenev tentarono di opporre il loro «piano» secondo il quale l’U.R.S.S. doveva rimanere un paese agricolo. Esso era un piano da traditori, che mirava ad asservire l’U.R.S.S. e a consegnarla mani e piedi legati ai predoni imperialisti.
Stalin strappò la maschera a questi spregevoli capitolardi e denunciò la loro natura trotzkista-menscevica.
Al XIV Congresso egli sottolineò che il compito più importante del partito consisteva nell’assicurare una salda alleanza della classe operaia con i contadini medi nell’opera di edificazione del socialismo.
Il XIV Congresso approvò come compito essenziale del partito quello di realizzare l’industrializzazione socialista, di lottare per il trionfo del socialismo nell’U.R.S.S.
Dopo il congresso, all’inizio del 1926, apparve l’opera di Stalin «Questioni del leninismo». In questa opera storica Stalin demolisce ideologicamente la «filosofia» liquidatrice e capitolatrice dei partigiani di Zinoviev e dà una base teorica alla linea del XIV Congresso del partito, linea orientata verso l’industrializzazione socialista del paese e l’edificazione della società socialista.
Così Stalin infuse nel partito e nella classe operaia una fede incrollabile nella vittoria dell’edificazione socialista.
Il partito bolscevico, accumulate forze e risorse, respinti i capitolardi e gli scettici, condusse il paese a una nuova tappa storica, alla tappa dell’industrializzazione socialista.
In questa lotta contro gli increduli e i capitolardi, i trotzkisti e zinovievisti, contro i Bukharin e i Kamenev si era formato definitivamente, dopo che Lenin si era ammalato, quel nucleo dirigente del nostro partito, composto di Stalin, Molotov, Kalinin, Voroscilov, Kuibiscev, Frunze, Dzerginski, Kaganovic, Orgionikidze, Kirov, Iaroslavski, Mikoian, Andreiev, Scvernik, Zdanov, Skiriatov ed altri che salvaguardarono la grande bandiera di Lenin, che strinsero il partito attorno agli insegnamenti di Lenin e avviarono il popolo sovietico sulla via maestra della industrializzazione del paese e della collettivizzazione dell’agricoltura. Dirigente di questo nucleo e forza conduttrice del partito e dello Stato era il compagno Stalin.
Pur assolvendo magistralmente i compiti spettanti al capo del partito e del popolo, e godendo il completo appoggio di tutto il popolo sovietico, Stalin non ammetteva nella sua attività nemmeno un’ombra di presunzione, di superbia e di vanagloria. Nella sua intervista con lo scrittore tedesco Ludwig, in cui egli rileva la grande funzione del geniale Lenin nell’opera di trasformazione della nostra Patria, Stalin dichiara di sè semplicemente: «Per quel che mi riguarda io non sono altro che un discepolo di Lenin e il mio scopo consiste nell’esserne un degno discepolo» (46).
VIII
L’industrializzazione nel più breve termine storico di un paese così immenso e nello stesso tempo economicamente arretrato, come era l’Unione Sovietica in quel periodo, presentava difficoltà gigantesche. Occorreva creare di sana pianta una serie di industrie sconosciute alla vecchia Russia zarista. Occorreva creare una nuova industria della difesa, che sino ad allora in Russia non era esistita. Occorreva costruire fabbriche di macchine agricole moderne, sconosciute alla campagna di una volta. A questo scopo si esigevano somme colossali. Gli Stati capitalisti se le erano procurate con uno sfruttamento implacabile del popolo, con guerre di conquista, colla spogliazione sanguinosa delle colonie e dei paesi dipendenti, coi prestiti esteri. Ma il paese dei Soviet non poteva ricorrere a questi mezzi sordidi, e la via dei prestiti esteri gli era preclusa dai capitalisti. Non restava altro che trovare le risorse necessarie all’interno del paese dei Soviet.
Forte delle direttive di Lenin, Stalin elaborò la tesi sull’industrializzazione socialista
del nostro paese. Egli dimostrò:
1) che la sostanza dell’industrializzazione non consiste solo nell’accrescimento dell’industria, ma nello sviluppo dell’industria pesante e soprattutto del cuore di essa, l’industria delle costruzioni meccaniche. Soltanto creando un’industria pesante, infatti, e una nostra industria di costruzioni meccaniche, possiamo assicurare la base materiale del socialismo e rendere il paese del socialismo indipendente dal mondo capitalista;
2) che l’espropriazione dei proprietari fondiari e dei capitalisti nel nostro paese in seguito alla Rivoluzione socialista d’Ottobre, la soppressione della proprietà privata del suolo, delle fabbriche, delle officine, delle banche, ecc., e il loro passaggio in proprietà di tutto il popolo avevano creato una potente sorgente d’accumulazione socialista per lo sviluppo dell’industria;
3) che l’industrializzazione socialista si distingue radicalmente dalla industrializzazione capitalista. Quest’ultima si compie a mezzo di conquiste e saccheggi delle colonie, di avventure militari, di prestiti onerosi, e dello sfruttamento implacabile delle masse operaie e dei popoli coloniali. Invece l’industrializzazione socialista si fonda sulla proprietà sociale dei mezzi di produzione, sull’accumulazione e sul risparmio delle ricchezze create dal lavoro degli operai e dei contadini; l’industrializzazione socialista è indissolubilmente legata a un miglioramento costante della situazione materiale delle masse lavoratrici;
4) che perciò i compiti fondamentali nella lotta per la industrializzazione sono l’aumento della produttività del lavoro, la riduzione del costo di produzione, la lotta per la disciplina del lavoro, un regime di economia, ecc.;
5) che le condizioni dell’edificazione del socialismo nell’U.R.S.S., l’entusiasmo lavorativo della classe operaia, rendono possibile la realizzazione dei ritmi elevati necessari all’industrializzazione;
6) che la via la quale conduce alla trasformazione socialista dell’agricoltura passa per l’industrializzazione del paese, poiché quest'ultima deve creare la base tecnica per questa trasformazione.
Armati di questo programma chiaro e preciso, i lavoratori dell’Unione Sovietica si accinsero alla industrializzazione socialista del paese.
Spaventati dal successo della costruzione socialista, gli imperialisti tentarono di rovinare o almeno di frenare l’industrializzazione del paese rompendo le relazioni diplomatiche e commerciali coll’U.R.S.S. (Inghilterra), assassinando gli ambasciatori sovietici (Polonia), intensificando lo spionaggio e gli atti di sabotaggio. Nell’interno del paese, i trotzkisti, gli zinovievisti, gli avanzi dei gruppi ostili al partito, già precedentemente battuti, si uniscono in un blocco di traditori che lancia contro il partito un attacco violentissimo. «Si crea qualcosa di simile a un fronte unico che va da Chamberlain a Trotzki» - rilevò allora il compagno Stalin. Era impossibile far trionfare l’industrializzazione socialista senza aver sconfitto sul terreno ideologico e organizzativo il blocco trotzkista-zinovievista. Sotto la direzione del compagno Stalin, il partito sconfisse questo blocco. Il rapporto di Stalin alla XV Conferenza del partito: «A proposito della deviazione socialdemocratica nel nostro partito» (novembre 1926) e il suo rapporto alla VII assemblea plenaria allargata del Comitato esecutivo dell’Internazionale Comunista, «Ancora una volta a proposito della deviazione socialdemocratica nel nostro partito» (dicembre 1926), armarono ideologicamente il Partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S. e l’Internazionale Comunista, e assicurarono l’unità e la coesione delle file del partito.
L’Assemblea plenaria allargata del Comitato esecutivo dell’Internazionale Comunista nelle sue decisioni bollò i partigiani del blocco trotzkista-zinovievista come scissionisti precipitati verso le posizioni del menscevismo.
Battuti e respinti questi capitolardi e difensori del capitalismo, i bolscevichi proseguirono l’opera della industrializzazione socialista del nostro paese.
Nessun settore, nessun problema dell’industrializzazione sfuggì allo sguardo di Stalin. Egli fu l’iniziatore della creazione di nuove industrie, dello sviluppo e della ricostruzione di rami prima arretrati. Egli fu l’ispiratore della creazione di una seconda base carbonifera e metallurgica nel nostro paese, la costruzione del bacino di Kusnietsk. Egli fu l’organizzatore e il dirigente delle grandi costruzioni socialiste. Le officine di trattrici di Stalingrado, il Dnieprostroi, il Magnitostroi, l’Uralmastroi, l’officina di macchine agricole di Rostov, il Kusnietskstroi, la Turksib, l’officina di mieto-trebbiatrici di Saratov, le officine di automobili di Mosca e di Gorkj e numerose altre costruzioni sono associate al nome di Stalin.
Il quadro grandioso dell’imponente edificio del socialismo in costruzione nell’U.R.S.S. esercitava un’influenza irresistibile sugli operai dei paesi capitalisti. Allora incominciò un vero pellegrinaggio verso l’U.R.S.S. Arrivarono decine e centinaia di delegazioni operaie, e con immenso interesse e profonda emozione presero conoscenza del modo come gli operai stessi, cacciati i loro sfruttatori, edificavano una nuova società, una società socialista. Tutto li interessava, tutto essi volevano conoscere. Il 5 novembre 1927 ebbe luogo una lunga conversazione di Stalin con delegazioni operaie della Germania, della Francia, dell’Austria, della Cecoslovacchia, della Cina, del Belgio e di altri paesi.
Già verso la fine del 1927 la politica dell’industrializzazione socialista registrava successi decisivi. Il primo bilancio fu fatto al XV Congresso del partito, riunitosi nel dicembre 1927. Nel suo rapporto sull’attività del Comitato centrale Stalin fece un quadro imponente dei successi dell’industrializzazione socialista e sottolineò la necessità di continuare ad estendere e a consolidare i posti di comando socialisti tanto nella città quanto nella campagna, orientandosi verso la liquidazione degli elementi capitalisti nell’economia del paese.
Al XV Congresso Stalin notò il ritardo dell’agricoltura rispetto all’industria e additò la via di uscita da questa situazione, che metteva in pericolo l’insieme dell’economia.
«La via d’uscita - disse il compagno Stalin - sta nel passare dalle piccole aziende contadine disperse al loro raggruppamento in grandi aziende, basate sulla coltivazione in comune della terra; sta nel passare alla coltivazione collettiva della terra, sulla base di una tecnica nuova, superiore. La via d’uscita sta nel raggruppare le piccole e piccolissime aziende contadine, gradualmente, ma costantemente, non esercitando affatto pressioni, ma coll’insegnamento dei fatti e la persuasione in grandi aziende basate sulla coltivazione in comune della terra per mezzo di associazioni, di collettività, valendosi delle macchine agricole e delle trattrici, valendosi dei procedimenti scientifici della coltura intensiva. Non esiste altra via d’uscita» (47).
Perché il nostro paese si è messo sulla via della organizzazione dei colcos?
Già nel periodo del XV Congresso del partito il ritardo dell’agricoltura, e soprattutto quello della coltura dei cereali, diventava sempre più evidente. La produzione globale dei cereali si avvicinava al livello d’anteguerra, ma la produzione di grano destinato all’approvvigionamento delle città e dell’esercito, superava di poco un terzo (37 per cento) del livello d’anteguerra. Nelle campagne si contavano circa 25 milioni di piccole e piccolissime aziende contadine e le piccole aziende contadine erano per la loro natura stessa delle economie seminaturali, appena capaci di fornire un minimo di grano per la vendita e incapaci di aumentare la produzione, di impiegare trattrici e macchine, di elevare il rendimento. Il frazionamento delle aziende contadine e la riduzione del carattere mercantile della produzione dei cereali continuava.
«Era indubbio che, se la cerealicoltura permaneva in tali condizioni, l’esercito e le città dell’U.R.S.S. si sarebbero trovati di fronte a una carestia cronica» (48).
Al paese si presentavano due possibilità per passare nell’economia agricola alla grande produzione, capace di utilizzare le trattrici e le macchine agricole e suscettibile di elevare di molto la produzione mercantile dei cereali. Prima possibilità: passare alla grande produzione capitalista
nella campagna, ciò che avrebbe significato: la rovina delle masse contadine, la disoccupazione in massa nella città, la rottura dell’alleanza tra la classe operaia e i contadini, il rafforzamento dei kulak e la disfatta del socialismo. I traditori e i capitolardi di destra spingevano insistentemente il partito su questa via disastrosa.
Seconda possibilità: procedere al raggruppamento delle piccole aziende contadine in grandi aziende socialiste
, in colcos, capaci di utilizzare ampiamente le trattrici e altre macchine moderne per dare un forte impulso alla coltura cerealicola e alla sua produzione mercantile. È evidente che il partito bolscevico e lo Stato sovietico potevano seguire soltanto la seconda via, quella dello sviluppo colcosiano dell’agricoltura.
Il partito bolscevico si ispirò alle sagge direttive di Lenin sulla necessità di passare dalle piccole aziende contadine alla grande azienda agricola collettiva, all’agricoltura meccanizzata, che solo poteva trarre dalla secolare indigenza decine di milioni di economie contadine.
«Con la piccola azienda non ci si libererà dalla miseria» - aveva detto Lenin (49).
La necessità economica impellente, la miseria del popolo esigeva che ci si mettesse sulla via della collettivizzazione. Il partito bolscevico, guidato da Stalin, si rese esattamente conto di questa impellente necessità economica e seppe orientare milioni di contadini verso la collettivizzazione.
Il XV Congresso decise di sviluppare in tutti i modi possibili la collettivizzazione dell’agricoltura. In pari tempo il congresso dette la direttiva di elaborare il primo piano quinquennale dell’economia del paese. Così, nel momento in cui la creazione di un’industria socialista era in pieno corso, Stalin indicava un nuovo compito grandioso: la collettivizzazione dell’agricoltura. L’adempimento di questo compito storico richiedeva la preparazione più accurata, una preparazione che per la sua profondità e per la sua vastità può senza esitazione esser messa alla pari dei preparativi della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre. Lo stratega geniale della rivoluzione proletaria conduceva avanti il partito con ardire e con inflessibilità, con attenzione e con prudenza, superando tutti gli ostacoli che intralciavano il cammino prestabilito, seguendo vigile le manovre del nemico di classe e prevedendo brillantemente la sua azione nel prossimo avvenire, raggruppando con arte le forze nel corso stesso dell’offensiva, fortificando le posizioni conquistate, utilizzando le riserve per sviluppare il successo.
Il partito preparò tutte le condizioni materiali necessarie per la entrata in massa dei contadini nei colcos. Venne creata una base industriale per fornire alla campagna le macchine e le trattrici, una base per dare all’agricoltura un nuovo attrezzamento tecnico. Vennero accumulate risorse sufficienti per finanziare l’organizzazione dei colcos e dei sovcos, e a questo lavoro venne inviato il fiore del partito e della classe operaia; vennero consolidati i primi colcos, i quali fornirono ai contadini individuali modelli di gestione dell’agricoltura collettiva. Si crearono stazioni di macchine agricole e di trattrici e sovcos, per aiutare i contadini a migliorare le loro aziende.
I kulak, sentendo prossima la loro fine, come classe sfruttatrice tentarono di opporre resistenza; organizzarono «lo sciopero del grano», credendo così di obbligare il partito, se non a capitolare, almeno a indietreggiare. Lo stesso anno 1928 fu scoperta una importante organizzazione di sabotatori tra gli specialisti borghesi della zona di Sciakhti, nel bacino del Donez, e poi anche in altre zone. I sabotatori avevano legami con gli Stati imperialistici.
Guidato da Stalin, il partito applicò delle misure eccezionali contro i kulak e spezzò la loro resistenza. I sabotatori furono puniti severamente. Il compagno Stalin chiamò il partito a trarre gli insegnamenti dal processo di Sciakhti, incitando, prima di tutto, i bolscevichi dirigenti d’azienda a diventare essi stessi padroni della tecnica, specialisti e ad affrettare la formazione di nuovi quadri tecnici tra gli operai.
Quando il partito passò all’offensiva contro i kulak, nel 1928-1929, in luogo dei trotzkisti e degli zinovievisti, già debellati dal partito, si fecero avanti Bukharin, Rikov, Tomski e tutto il loro gruppo, ostile al partito, di capitolardi di destra e di restauratori del capitalismo. Nello stesso tempo, gli imperialisti, appoggiandosi sull’azione capitolatrice dei destri, fecero un nuovo tentativo per trascinare l’U.R.S.S. in una guerra. Gli Stati Maggiori generali (Inghilterra e Francia) elaborarono i piani di un nuovo intervento contro l’U.R.S.S., previsto per il 1929-1930.
Allo stesso modo che la vittoria della Grande Rivoluzione socialista sarebbe stata impossibile nell’ottobre del 1917 se i capitolardi e i traditori, menscevichi e socialisti-rivoluzionari non fossero stati schiacciati, così pure la vittoria del socialismo nelle campagne sarebbe stata impossibile senza lo schiacciamento dei capitolardi di destra nel 1928-1929. Un’importanza particolare per la vittoria del partito sul gruppo ostile al partito di Bukharin e Rikov ebbero il discorso di Stalin: «Sul pericolo di destra nel partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S.» (tenuto nell’Assemblea plenaria del Comitato di Mosca e della Commissione di controllo di Mosca nell’Ottobre del 1928) e il discorso «Sulla deviazione di destra nel Partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S.» (tenuto all’Assemblea plenaria del Comitato centrale del Partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S. nell’aprile del 1929).
In questi discorsi di Stalin venivano smascherati completamente i destri come nemici del leninismo; si dimostrava che essi erano gli agenti dei kulak nel partito. Nella lotta contro i destri Stalin raccolse e unì tutto il partito e lo condusse all’assalto dell’ultimo baluardo dello sfruttamento capitalista nel nostro paese. Il genio di Stalin, la sua volontà incrollabile, la sua sagacia e chiaroveggenza, permisero alla rivoluzione di salire su di un nuovo, più alto gradino. Nel suo storico articolo «Anno di grande svolta», scritto nel 1929 per il dodicesimo anniversario dell’Ottobre, Stalin scrisse:
«L’anno trascorso è stato un anno di grande svolta su tutti i fronti dell’edificazione socialista. Questa svolta si è compiuta e continua a compiersi sotto l’insegna d’una offensiva
decisa del socialismo contro gli elementi capitalistici della città e della campagna. La particolarità caratteristica di questa offensiva consiste nel fatto che essa ci ha già procurato una serie di successi
decisivi nei campi principali della trasformazione (ricostruzione) socialista della nostra economia nazionale» (50).
Il partito seppe ottenere una svolta decisiva nel campo della produttività del lavoro. Uno dei compiti più difficili dell’industrializzazione socialista, l’accumulazione dei mezzi per la costruzione dell’industria pesante, venne essenzialmente assolto. Il partito seppe ottenere una svolta radicale nello sviluppo dell’agricoltura, nello sviluppo dei contadini stessi. Il movimento colcosiano incominciò a prendere uno slancio vigoroso, superando per i ritmi del suo sviluppo persino la grande industria. Questo fu l’inizio del movimento colcosiano di massa.
«Il nuovo e il decisivo nell’attuale movimento colcosiano - disse Stalin - è che i contadini entrano nei colcos non a gruppi isolati, come avveniva prima, ma a villaggi, distretti e perfino a mandamenti intieri. Che significa ciò? Significa che il contadino medio ha preso la strada del colcos
. In ciò sta la base di quella svolta radicale nell’evoluzione dell’agricoltura, che costituisce la più importante realizzazione del potere sovietico...» (51).
Così sotto la direzione di Stalin fu preparata la svolta storica dalla politica di limitazione e di eliminazione degli elementi kulak alla politica di liquidazione dei kulak come classe, sulla base della collettivizzazione integrale.
Un grande merito di Stalin deve essere considerato il fatto che in questo periodo, nel periodo del primo balzo dell’industrializzazione e della collettivizzazione, quando bisognava mobilitare tutte le forze lavoratrici del popolo per risolvere compiti grandiosi, egli ha prospettato in tutta la sua ampiezza la questione femminile, la questione della situazione delle donne, del lavoro femminile, della funzione importantissima delle donne, operaie e contadine, nella vita economica, politica e sociale della società e, dopo averla elevata al livello dovuto, le ha dato la giusta soluzione.
«Nessun grandioso movimento di oppressi, nella storia dell’umanità - diceva Stalin - poté fare a meno della partecipazione delle donne lavoratrici. Le donne lavoratrici, le più oppresse fra tutti gli oppressi, non sono mai rimaste e non potevano rimanere lontane dalla via maestra del movimento di emancipazione. Il movimento di emancipazione degli schiavi fece uscire dal suo seno, come è noto, centinaia e migliaia di grandi martiri ed eroine. Nelle file dei combattenti per l’emancipazione dei servi della gleba si trovavano decine di migliaia di donne lavoratrici. Non c’è da meravigliarsi che il movimento rivoluzionario della classe operaia, il più potente di tutti i movimenti di emancipazione delle masse oppresse, abbia attratto sotto le sue bandiere milioni di donne lavoratrici» (52).
«Le donne lavoratrici - dice più oltre Stalin - operaie e contadine costituiscono una grandissima riserva della classe operaia. Questa riserva rappresenta una buona metà della popolazione. La sorte del movimento proletario, la vittoria o la sconfitta della rivoluzione proletaria, la vittoria o la sconfitta del potere proletario dipenderanno dall’atteggiamento favorevole o sfavorevole che la riserva femminile prenderà verso la classe operaia. Perciò il primo compito del proletariato e del suo reparto d’avanguardia, il partito comunista, consiste nel condurre una lotta risoluta per emancipare le donne, le operaie e le contadine dall’influenza della borghesia; per l’educazione politica, per l’organizzazione delle operaie e delle contadine sotto la bandiera del proletariato» (53).
«Ma le donne lavoratrici, - continua Stalin, - non sono solo una riserva. Esse possono e devono diventare - se la politica della classe operaia sarà giusta - un vero esercito della classe operaia, operante contro la borghesia. Forgiare dalla riserva di lavoro femminile un esercito di operaie e di contadine operante fianco a fianco con la grande armata del proletariato - in ciò consiste il secondo e decisivo compito della classe operaia» (54).
Per quel che riguarda la funzione ed il significato delle donne nei colcos - ecco che cosa ne dice Stalin nel suo discorso al Primo congresso dei colcosiani-udarnichi.
«La questione delle donne nei colcos - ha detto Stalin - è una grande questione, compagni. So che molti di voi sottovalutano le donne e le prendono perfino in giro. Ma è un errore, compagni, è un errore grave. Qui non si tratta solo del fatto che le donne costituiscono la metà della popolazione. Si tratta prima di tutto, del fatto che il movimento colcosiano ha portato a posti di direzione un buon numero di donne brave e capaci. Guardate al congresso, alla sua composizione, e vedrete che già da molto tempo le donne, da arretrate che erano, sono ormai passate all’avanguardia. Le donne nei colcos sono una grande forza. Mantenere inutilizzata questa forza significa commettere un delitto. Il nostro dovere è di portare avanti le donne nei colcos e di mettere questa forza all’opera» (55).
«Quanto alle colcosiane - continua Stalin - esse devono ricordare quale è la forza e l’importanza dei colcos per le donne, devono ricordare che solo nei colcos esse possono essere su un piede d’eguaglianza con gli uomini. Fuori dei colcos v’è ineguaglianza, nei colcos eguaglianza di diritti. Si ricordino di questo le compagne colcosiane e abbiano cura del regime colcosiano, come della pupilla dei loro occhi» (56).
Attirare all’opera di edificazione del socialismo le masse più vaste del popolo del nostro paese, fra cui i lavoratori delle nazioni prima oppresse e arretrate, costituì una grandiosa vittoria della ideologia sovietica, che vede nelle masse il vero creatore della storia, sulla ideologia borghese che diffonde sciocchezze di ogni genere sulla incapacità delle masse di compiere un proprio lavoro creativo in tutti i campi dell’attività umana.
Il compagno Stalin smascherò l’essenza reazionaria della «teoria» secondo cui gli sfruttati non potrebbero fare a meno degli sfruttatori. «Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d’Ottobre - scriveva il compagno Stalin - è che essa ha inferto un colpo mortale a questa “teoria” menzognera» (57).
Il compagno Stalin smascherò anche la leggenda reazionaria secondo cui i popoli si dividerebbero in razze superiori e inferiori.
«Nel passato “era d’uso” pensare che il mondo da tempi immemorabili fosse diviso in razze inferiori e razze superiori, in negri e bianchi, i primi refrattari alla civiltà e condannati a essere oggetto di sfruttamento e i secondi soli depositari della civiltà, chiamati a sfruttare i primi. Oggi questa leggenda dev’essere considerata come sfatata e respinta. Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d’Ottobre è che essa ha inferto un colpo mortale a questa leggenda, dimostrando coi fatti che i popoli non europei, liberati e trascinati nella corrente dello sviluppo sovietico, sono atti per nulla meno dei popoli europei a contribuire allo sviluppo di una cultura veramente
progredita e di una civiltà veramente avanzata» (58).
IX
Il 27 dicembre 1929 Stalin fece un discorso alla conferenza dei marxisti specialisti della questione agraria. Nel suo discorso egli denunciò la teoria borghese del cosiddetto «equilibrio» dei diversi settori dell’economia nazionale, batté in breccia la teoria antimarxista della «spontaneità» nell’edificazione socialista e la teoria antimarxista della «stabilità» della piccola azienda contadina. Dopo aver battuto tutte queste teorie borghesi e antimarxiste, opportuniste di destra, il compagno Stalin fece un’analisi profonda della natura dei colcos come forma socialista dell’economia e giustificò teoricamente il passaggio alla politica della collettivizzazione integrale dell’agricoltura e della liquidazione, su detta base, dei kulak come classe.
Già nell’XI Congresso del partito Lenin aveva parlato dell’ultimo e decisivo combattimento da impegnare contro il capitalismo russo, che sorge dalla piccola economia contadina. In quell’epoca, però, non era ancora possibile fissare esattamente l’ora di questo combattimento. Il compagno Stalin, con la sagacia geniale che gli è propria, dimostrò scientificamente che l’ora
di questo ultimo e decisivo combattimento contro il capitalismo all’interno era già arrivata. Come grande dialettico egli dimostrò che la liquidazione dei kulak come classe non era il prolungamento della vecchia politica di limitazione e di eliminazione dei kulak, ma segnava una brusca svolta
nella politica del partito.
«Se la confisca delle terre dei proprietari fondiari è stata il primo
passo della Rivoluzione d’Ottobre nella campagna, - dicono le risoluzioni del XVI Congresso del partito - il passaggio ai colcos è il secondo
passo, e inoltre il passo decisivo che segna una tappa importantissima nell’opera di edificazione delle basi della società socialista nell’URSS» (59).
Le campagne vennero all’economia socialista perché la necessità economica esigeva che si passasse alla grande azienda cooperativa, all’agricoltura collettiva, meccanizzata. Il partito bolscevico e lo Stato sovietico avevano creato nella campagna, per degli anni, nuove forze produttive; avevano introdotto una nuova tecnica, - trattrici, mieto-trebbiatrici, ecc., - avevano preparato i quadri dell’agricoltura socialista, milioni di uomini che avevano assimilato la tecnica nuova.
Nel suo storico messaggio di saluto agli operai dell’officina di trattrici di Stalingrado, il giorno della sua inaugurazione (17 giugno 1930), il compagno Stalin scriveva:
«Saluti e felicitazioni per la loro vittoria agli operai e al personale dirigente della prima officina gigante sovietica per la produzione di trattrici, decorate dell’ordine della Bandiera rossa. Le 50 mila trattrici che voi dovete dare ogni anno al paese, sono 50 mila proiettili che fanno saltare il vecchio mondo borghese ed aprono la via al nuovo regime socialista nella campagna. Vi auguro di riuscire nell’adempimento del vostro programma» (60).
Le nuove forze produttrici create nella campagna produssero necessariamente dei rapporti nuovi, socialisti
tra gli uomini.
Stalin, dopo avere concretato in ogni senso la teoria marxista-leninista sul socialismo, mostrò che era possibile passare alla collettivizzazione non con una semplice e pacifica adesione dei contadini ai colcos, ma solo attraverso una lotta di massa dei contadini contro i kulak. Si trattava di battere i kulak in campo aperto, sotto gli occhi di tutti i contadini, affinché le masse dei contadini si convincessero della debolezza degli elementi capitalistici. Perciò il passaggio alla collettivizzazione integrale era legato indissolubilmente alla liquidazione dei kulak come classe.
Le indicazioni del compagno Stalin sulla necessità di operare una svolta nella politica del partito, passando dalla limitazione delle tendenze sfruttatrici dei kulak alla liquidazione dei kulak come classe, furono messe a base della decisione del Comitato centrale in data 5 gennaio 1930 «Sul ritmo della collettivizzazione e sulle misure dello Stato per aiutare la edificazione dei colcos».
I nemici del partito tentarono in tutti i modi di far fallire l’orientamento preso dal partito verso la collettivizzazione dell’agricoltura. Questi tentativi ostili non si espressero soltanto in aperte dichiarazioni dei capitolardi di destra contro la collettivizzazione, ma anche con deformazioni «sinistroidi» della linea del partito, colla violazione dei ritmi della collettivizzazione stabiliti dal partito, colla violazione del principio leninista-staliniano della volontarietà nell’opera di edificazione dei colcos, con il balordo tentativo di saltare la tappa dell’artel per giungere alla comune, collettivizzando per forza le abitazioni, il bestiame minuto, il pollame, ecc.
I nemici interni ed esterni, i fomentatori dell’intervento straniero ed i loro agenti speravano che questa pratica «sinistroide», e qualche volta coscientemente provocatrice, avrebbe messo i contadini in contrasto col potere dei Soviet. Negli Stati Maggiori dei paesi imperialisti già si fissavano le date per un nuovo intervento. Ma il capo del partito vide a tempo il nuovo pericolo.
Il 2 marzo 1930, per decisione del Comitato centrale, fu pubblicato l’articolo di Stalin «Vertigine dei successi», in cui l’autore condannava le esagerazioni «sinistroidi» che minacciavano di rovinare il movimento colcosiano. «Nell’articolo era posto in rilievo con il massimo vigore il principio del libero consenso nell’edificazione colcosiana e si indicava la necessità di tener conto delle differenti condizioni nelle diverse regioni dell’U.R.S.S. nel fissare i ritmi e i metodi di collettivizzazione. L’anello principale del movimento colcosiano, ricordava il compagno Stalin, è l’artel agricolo... L’articolo del compagno Stalin ebbe un’importanza politica immensa. Questo articolo aiutò le organizzazioni del partito a correggere i loro errori e assestò un fortissimo colpo ai nemici del potere sovietico, che speravano di poter approfittare delle esagerazioni commesse per sollevare i contadini contro il potere sovietico» (61).
Mentre assestava un colpo schiacciante alle storture «sinistroidi» e faceva disperdere al vento le speranze dei fautori dell’intervento straniero, il compagno Stalin, educatore di milioni di uomini, spiegava ai quadri del partito e ai senza partito in che cosa consiste l’arte di dirigere.
«L’arte di dirigere è cosa seria- scrisse Stalin -. Non si deve restar indietro al movimento, perché restar indietro vuol dire staccarsi dalle masse. Ma non si può nemmeno correre troppo in fretta, perché correre troppo in fretta vuol dire perdere il contatto con le masse. Chi vuole dirigere il movimento e in pari tempo tenersi legato a masse di milioni di uomini, deve condurre la lotta su due fronti, sia contro chi resta indietro, sia contro chi corre troppo in fretta» (62).
In un articolo dal titolo «Risposta ai compagni colcosiani», pubblicato dopo questi fatti il 3 aprile 1930, e rivolto a milioni di colcosiani, Stalin, dopo aver indicate le radici degli errori commessi nella questione contadina e i principali errori del movimento colcosiano, spiegò con forza eccezionale quali sono le leggi che regolano l’offensiva sul fronte della lotta di classe. È impossibile condurre un’offensiva senza consolidare le posizioni conquistate - diceva il compagno Stalin - senza operare il raggruppamento delle forze, senza assicurare al fronte le riserve, senza mantenere salde le retrovie. Gli opportunisti non comprendono la natura di classe dell’offensiva: offensiva contro quale classe, in alleanza con quale classe? Quello che ci occorre, diceva Stalin, non è una offensiva qualunque, ma l’offensiva contro i kulak, in alleanza con i contadini medi.
Grazie alla direzione di Stalin, in seguito alla correzione delle deviazioni, fu creata una base solida per un nuovo potente sviluppo del movimento colcosiano. Il partito, col compagno Stalin alla testa, aveva risolto il problema più difficile della rivoluzione proletaria, dopo quello della conquista del potere, il problema di porre le piccole aziende contadine sulla via del socialismo, di liquidare i kulak come la classe più numerosa di sfruttatori.
«Fu quella una trasformazione rivoluzionaria delle più profonde, un salto dal vecchio stato qualitativo della società al nuovo stato qualitativo, equivalente per le sue conseguenze alla Rivoluzione dell’Ottobre 1917.
«L’originalità di questa rivoluzione consisteva nel fatto che era stata compiuta dall’alto
, per iniziativa del potere statale, col diretto aiuto dal basso
di milioni di contadini, che lottavano contro il giogo dei kulak, per la libera vita colcosiana» (63).
Forte delle direttive di Lenin sulla necessità di passare nell’agricoltura dalle piccole aziende contadine alla grande azienda, basata sull’artel, collettivizzata; forte del piano cooperativo di Lenin, Stalin elaborò e realizzò in pratica la teoria della collettivizzazione dell’agricoltura
. Quello che vi è di nuovo in Stalin in questo campo consiste nel fatto che egli:
1) elaborò sotto tutti gli aspetti il problema della forma colcosiana di economia socialista nella campagna;
2) dimostrò che la forma essenziale e principale della edificazione dei colcos nella tappa attuale è l’artel agricolo, perché è la più giusta e più comprensibile per i contadini, permettendo di legare gli interessi personali dei colcosiani ai loro interessi sociali, e di adattare i primi ai secondi;
3) giustificò teoricamente il passaggio dalla politica di limitazione e di eliminazione dei kulak alla politica di liquidazione dei kulak come classe, sulla base della collettivizzazione integrale;
4) rivelò l’importanza delle stazioni di macchine e trattrici come punti d’appoggio per la riorganizzazione socialista dell’agricoltura e come aiuto prestato all’agricoltura e ai contadini da parte dello Stato socialista.
Nel febbraio 1930, su domanda di numerose organizzazioni, di assemblee generali di operai, contadini e soldati rossi, il Comitato esecutivo centrale dei Soviet dell’U.R.S.S. decise di decorare G. V. Stalin con un secondo ordine della Bandiera Rossa per i suoi grandi meriti sul fronte dell’edificazione socialista.
Il XVI Congresso del partito (26 giugno -13 luglio 1930) passò alla storia come il congresso della vasta offensiva socialista su tutto il fronte. Dopo aver mostrato la sostanza di quest’ampia offensiva del socialismo su tutto il fronte contro gli elementi capitalistici, Stalin nel suo rapporto stabilì che il nostro paese già era entrato nel periodo del socialismo
.
Nel riferire al congresso circa i successi dell’industrializzazione del paese e della collettivizzazione dell’economia agricola, nello stesso tempo Stalin indicò i compiti che ci si ponevano nel nuovo periodo di sviluppo. Mentre per i ritmi
dello sviluppo avevamo già raggiunto e superato i paesi capitalistici più avanzati, per il livello
della produzione industriale eravamo ancora molto in ritardo su questi paesi. Da ciò la necessità di intensificare ancora i ritmi, di raggiungere e sorpassare i paesi capitalistici anche per il livello della produzione industriale. Stalin nel suo rapporto indicò i compiti che si ponevano al partito per realizzare il primo piano quinquennale in quattro anni.
I lavoratori di tutto il paese si misero all’opera con entusiasmo per assolvere i compiti giganteschi posti dal congresso. L’emulazione socialista e il movimento degli udarnichi presero un grande sviluppo. Alla data del XVI Congresso l’emulazione socialista abbracciava non meno di due milioni di operai; le squadre degli udarnichi contavano più di un milione di operai.
«Quello che vi è di più notevole nell’emulazione, - disse Stalin al XVI Congresso - è che essa produce un rivolgimento radicale nel modo in cui gli uomini considerano il lavoro; poiché fa del lavoro non più un peso opprimente e vergognoso, come lo si considerava prima, ma un punto d’onore
, una questione di gloria
, una questione di valore
e di eroismo
. Non vi è e non vi può essere nulla di simile nei paesi capitalistici» (64).
La realizzazione del primo piano quinquennale richiedeva la ricostruzione di tutti i settori dell’economia del paese, sulla base di una tecnica nuova, moderna. La tecnica assumeva un’importanza decisiva. In relazione a ciò il capo del partito, il 4 febbraio 1931 nel suo discorso «Sui compiti dei dirigenti dell’industria» alla I Conferenza dei dirigenti dell’industria socialista dell’Unione Sovietica, formulava una nuova parola d’ordine: «I bolscevichi devono conquistare la tecnica», «Nel periodo di ricostruzione la tecnica decide di tutto».
Nel periodo di intenso lavoro del partito per edificare il socialismo acquistava un’importanza sempre maggiore l’educazione marxista-leninista dei membri e dei candidati del partito stesso, lo studio dell’esperienza storica del partito bolscevico, la lotta contro i falsificatori della sua storia.
Nel novembre 1931 Stalin pubblicò la celebre lettera alla redazione della rivista «La rivoluzione proletaria», lettera che ebbe una funzione eccezionale per consolidare e serrare ancora di più le file del partito nel campo ideologico. In questa lettera Stalin, smascherando i falsificatori trotzkisti della storia del bolscevismo, dimostrò che il leninismo è nato, si è sviluppato e rafforzato in una lotta implacabile contro l’opportunismo di tutte le tinte; che i bolscevichi furono la sola organizzazione rivoluzionaria del mondo la quale battesse a fondo gli opportunisti e i centristi e li cacciasse dal partito. In questa lettera Stalin dimostrò con grande forza che il trotzkismo è un distaccamento avanzato della borghesia controrivoluzionaria, distaccamento che conduce la lotta contro il comunismo, contro il potere dei Soviet, contro l’edificazione del socialismo nell’U.R.S.S.
All’inizio del 1933 il primo piano quinquennale venne compiuto prima del termine. Nel gennaio 1933, Stalin presentò all’Assemblea plenaria dei Comitato centrale e della Commissione centrale di controllo un rapporto sul «Bilancio del primo piano quinquennale». Il nostro paese, egli disse, si è trasformato da paese agricolo in paese industriale, da paese di piccola agricoltura nel paese dell’agricoltura più grande, più progredita, dell’agricoltura socialista. Le classi sfruttatrici sono state cacciate dalle posizioni che occupavano nella produzione. I loro residui, dispersi in tutto il paese, avevano impegnato in sordina la lotta contro il potere dei Soviet. Bisognava dunque accrescere la vigilanza, combattere per la protezione della proprietà socialista, base del regime sovietico, rafforzare sotto tutti gli aspetti la dittatura del proletariato.
In un altro discorso «Del lavoro nelle campagne», tenuto a una Assemblea plenaria del Comitato centrale, Stalin dette una profonda analisi delle deficienze del lavoro del partito nelle campagne, e abbozzò tutto un programma di lavori per rafforzare il sistema colcosiano.
Un nuovo compito si poneva al partito: la lotta per rafforzare i colcos, per organizzare il lavoro nei colcos, per rendere i colcos bolscevichi, per epurare i colcos degli elementi kulak, ostili e sabotatori. A questo scopo il compagno Stalin propose di creare delle sezioni politiche nelle S.M.T. [Stazioni di macchine e trattrici] e nei sovcos. Le sezioni i politiche delle S.M.T. in due anni (1933-1934) riuscirono a fare un immenso lavoro per rafforzare i colcos.
Al primo congresso dei colcosiani-udarnichi dell’U.R.S.S. tenutosi il 19 febbraio 1933, il compagno Stalin formulò e giustificò teoricamente la parola d’ordine: rendere i colcos bolscevichi e i colcosiani agiati.
«Per diventare colcosiani agiati - disse Stalin - adesso occorre una cosa sola, occorre lavorare onestamente nel colcos, utilizzare razionalmente le trattrici e le macchine, utilizzare razionalmente il bestiame da lavoro, lavorare razionalmente la terra, aver cura della proprietà del colcos» (65).
Il discorso di Stalin penetrò nella coscienza di milioni di colcosiani e diventò il programma pratico, il programma di combattimento dei colcos.
Analizzando l’esperienza della edificazione del socialismo, il compagno Stalin trattò la questione del commercio sovietico come forma di distribuzione e di scambio dei prodotti del lavoro nelle condizioni del socialismo.
Il compagno Stalin diceva: «Il commercio sovietico è un commercio senza capitalisti, né piccoli né grandi, un commercio senza speculatori, né piccoli né grandi. È un commercio di un genere particolare, finora sconosciuto alla storia e che solo noi bolscevichi pratichiamo, nelle condizioni che si creano nello sviluppo del regime sovietico» (66).
«Affinché la vita economica del paese possa scorrere come un fiume e l’industria e l’agricoltura siano stimolate ad allargare ulteriormente la propria produzione - diceva più oltre il compagno Stalin - un’altra condizione è necessaria e precisamente un’intensa circolazione delle merci
fra la città e la campagna, tra le varie zone e le varie regioni del paese, tra i vari rami dell’economia nazionale» (67).
Il compagno Stalin criticava acerbamente coloro che sottovalutavano il commercio sovietico o avevano un atteggiamento sprezzante verso di esso. «Nelle file d’una parte dei comunisti - diceva il compagno Stalin - domina ancora un atteggiamento altezzoso e sprezzante verso il commercio in generale e verso il commercio sovietico in particolare. Questi comunisti, se così si possono chiamare, considerano il commercio sovietico come una cosa secondaria, di poco valore, e i lavoratori del commercio come gente finita... Costoro non capiscono che il commercio sovietico è una cosa nostra, creata da noi, bolscevica, e che i lavoratori del commercio, compresi i commessi di bottega, sono, purché lavorino onestamente, realizzatori della nostra opera rivoluzionaria bolscevica» (68).
Queste indicazioni del compagno Stalin ebbero una grande importanza per il rafforzamento del commercio sovietico e per l’intensificazione della circolazione delle merci nel paese.
Nel suo rapporto sui lavori del Comitato centrale del Partito bolscevico dell’U.R.S.S. pronunciato a Leningrado alla vigilia del XVII Congresso del partito, S.M. Kirov, tribuno ardente della rivoluzione e figlio amato del partito, tratteggiò nel modo seguente la figura del grande organizzatore delle vittorie socialiste della classe operaia.
«Compagni, parlando dei meriti del nostro partito, dei successi del nostro partito, non si può non parlare del grande organizzatore delle gigantesche vittorie che noi registriamo, voglio dire del compagno Stalin.
«Vi devo dire che egli è il continuatore e un seguace veramente compiuto e perfetto di ciò che ci ha lasciato il grande fondatore del nostro partito, che abbiamo perduto or sono dieci anni.
«È difficile immaginare un gigante come il compagno Stalin. In questi ultimi anni, da quando lavoriamo senza Lenin, non conosciamo una svolta nel nostro lavoro, non un’iniziativa di qualche importanza, non una parola d’ordine, non un orientamento della nostra politica, il cui autore non sia stato il compagno Stalin e non altri che lui. Tutto il lavoro fondamentale, - il partito deve saperlo - si svolge secondo le direttive, per iniziativa e sotto la guida del compagno Stalin.
I più grandi problemi della politica internazionale vengono risolti seguendo le sue indicazioni, e non lo interessano solo questi grandi problemi, ma anche quelli che sembrerebbero di terzo e persino di decimo ordine, se riguardano gli operai, i contadini e tutti i lavoratori del nostro paese.
«Devo dire che questo è vero non solo per la costruzione del socialismo nel suo complesso, ma anche per i problemi singoli del nostro lavoro. Per esempio, se si prendono le questioni della difesa del nostro paese, si deve sottolineare con tutta la forza che di tutti i nostri successi, di cui ho parlato, siamo debitori interamente e senza riserve a Stalin.
«La volontà potente, il genio organizzativo prodigioso di quest’uomo assicurano al partito la realizzazione in tempo dovuto delle grandi svolte storiche, richieste dalla vittoriosa costruzione del socialismo.
«Considerate le parole d’ordine del compagno Stalin: “Rendere agiati i colcosiani”, “Rendere i colcos bolscevichi”, “Conquistare la tecnica”, le sei storiche condizioni del compagno Stalin, tutto quello che orienta la costruzione del socialismo nello stadio attuale del nostro lavoro emana da quest’uomo; e tutto quello che abbiamo conquistato nel corso del primo piano quinquennale lo è stato in base alle Sue direttive» (69).
All’inizio del 1934 Stalin diresse i lavori del XVII Congresso del partito, congresso che è passato alla storia come il congresso dei vincitori.
Nel suo rapporto al congresso sull’attività del Comitato centrale del P.C.(b)dell’U.R.S.S., il compagno Stalin fece il bilancio delle storiche vittorie conseguite dal partito, delle vittorie del socialismo nell’U.R.S.S.
La politica di industrializzazione del paese, di collettivizzazione integrale dell’agricoltura, di liquidazione dei kulak come classe, aveva vinto. La teoria della possibilità di edificare il socialismo in un solo paese aveva riportato la vittoria. Il sistema socialista era diventato la forza assolutamente dominante nel complesso dell’economia nazionale; tutti gli altri sistemi erano andati a picco. I colcos avevano vinto definitivamente e per sempre.
Ma Stalin avvertì che la lotta era lontana dall’esser terminata. Sebbene, i nemici fossero battuti, residui della loro ideologia sopravvivevano ancora e spesso si facevano sentire. L’accerchiamento capitalista rimaneva. Esso rianimava e utilizzava le sopravvivenze del capitalismo nella coscienza degli uomini.
Il compagno Stalin dimostrò che le sopravvivenze del capitalismo nella coscienza degli uomini sono molto più vivaci nel campo della questione nazionale che in qualsiasi altro campo. Rispondendo a chi domandava quale deviazione costituisca il pericolo principale, - se la deviazione verso il nazionalismo grande-russo o la deviazione verso il nazionalismo locale - egli disse che nelle condizioni attuali «il pericolo principale è rappresentato da quella deviazione contro la quale si è cessato di lottare e alla quale si è così offerta la possibilità di crescere fino a diventare un pericolo per lo Stato» (70).
Bisognava fare un lavoro sistematico per vincere le sopravvivenze del capitalismo nella coscienza degli uomini; bisognava criticare sistematicamente l’ideologia di tutte le correnti ostili al leninismo; era necessaria una propaganda instancabile del leninismo; era necessario elevare il livello ideologico dei membri del partito, educare i lavoratori nello spirito internazionalista. Stalin sottolineò con forza particolare la necessità di intensificare la vigilanza del partito:
«Non si deve cantare la ninna nanna al partito, ma sviluppare in esso la vigilanza; non addormentarlo, ma tenerlo preparato al combattimento; non disarmarlo, ma armarlo; non smobilitarlo, ma tenerlo mobilitato per la realizzazione del secondo piano quinquennale» (71).
Nel rapporto di Stalin venne svolto un programma concreto del lavoro ulteriore del partito nell’industria, nell’agricoltura, nel commercio, nei trasporti, un programma del lavoro di organizzazione (quadri, verifica e controllo dell’esecuzione); venne posto il compito di «portare la direzione organizzativa al livello della direzione politica». Nel rapporto di Stalin venne dato un programma del lavoro da compiersi nel campo della cultura, della scienza, dell’istruzione pubblica, della lotta ideologica.
Nel suo rapporto, parlando della politica estera dell’U.R.S.S., il compagno Stalin disse che nel mondo capitalista infierisce la crisi economica ed avviene una preparazione febbrile alla guerra in tutta una serie di paesi, particolarmente in Germania, in relazione con l’avvento al potere dei fascisti. Fra le convulsioni economiche e le catastrofi politico-militari l’U.R.S.S. continua a mantenersi fermamente e incrollabilmente sulle sue posizioni pacifiche, lottando contro la minaccia di una guerra e praticando insistentemente una politica di pace.
«La nostra politica estera è chiara - diceva il compagno Stalin -. È la politica del mantenimento della pace e del rafforzamento dei rapporti commerciali con tutti i paesi. L’U.R.S.S. non pensa a minacciare e tanto meno ad attaccare chicchessia. Siamo per la pace e difendiamo la causa della pace. Ma non temiamo le minacce e siamo pronti a rispondere colpo per colpo ai fautori di guerra... Ma chi cercasse di attaccare il nostro paese, riceverà un tal colpo mortale, che gli passerà la voglia per il futuro di ficcare il suo grugno porcino nel nostro orto sovietico» (72).
Su proposta di Kirov il XVII Congresso del partito fece proprio il rapporto di Stalin, come una decisione del congresso, come una legge del partito, come il programma di lavoro del partito per il prossimo futuro. Il congresso approvò in pari tempo il secondo piano quinquennale di sviluppo dell’economia del paese.
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In seguito al successo della linea generale del partito, l’industria e l’agricoltura continuarono ininterrottamente la loro ascesa. Il secondo piano quinquennale staliniano per l’industria venne compiuto nell’aprile 1937, prima del termine prestabilito, in quattro anni e tre mesi. Il compimento della ricostruzione della industria e dell’agricoltura ebbe come risultato che la nostra economia nazionale si trovò attrezzata con i mezzi tecnici più progrediti del mondo. La nostra industria ricevette una quantità enorme di macchine, di macchine-utensili e di altri istrumenti di produzione. La nostra agricoltura ricevette magnifiche trattrici, mieto-trebbiatrici e altre macchine agricole complesse di produzione sovietica. I trasporti ricevettero automobili, locomotive, piroscafi, aeroplani di prima qualità. L’Esercito Rosso ricevette un nuovo e magnifico equipaggiamento tecnico, - artiglieria, carri armati, aeroplani, navi da guerra.
Tutto questo immenso lavoro per il riattrezzamento tecnico della nostra economia nazionale si svolse sotto la direzione immediata del compagno Stalin. Le macchine di nuovo tipo, le grandi innovazioni o invenzioni tecniche sono state e vengono introdotte per diretta indicazione del compagno Stalin. Egli si interessa personalmente di tutti i particolari della ricostruzione tecnica industriale e agricola; egli infonde entusiasmo e ardire agli operai e agli ingegneri, ai dirigenti di officina e dei diversi rami dell’industria, agli inventori e ai costruttori. Egli dedica un’attenzione e una sollecitudine particolari all’attrezzamento tecnico del nostro Esercito Rosso, dell’aviazione e della Marina da Guerra. In questo modo l’Esercito Rosso è diventato una forza poderosa, che incute paura ai nemici del socialismo. Una delle questioni principali dell’edificazione del socialismo, che il partito dovette affrontare, fu l’educazione da parte della società sovietica dei propri quadri, la formazione da parte del popolo sovietico e anzitutto da parte della classe operaia dei suoi intellettuali. Partendo dalle indicazioni di Lenin, secondo cui la rivoluzione socialista è una necessità fondamentale per una potente ascesa della cultura delle masse popolari, il compagno Stalin giudicava la questione della formazione di uomini di cultura nel seno della classe operaia come una delle questioni decisive dell’edificazione socialista. Il compagno Stalin diceva:
«Di tutte le classi dominanti che sono esistite finora, la classe operaia come classe dominante, occupa nella storia una posizione particolare e non completamente favorevole. Tutte le classi che hanno dominato finora - schiavisti, proprietari fondiari, capitalisti - erano nello stesso tempo classi ricche. Esse avevano la possibilità di insegnare ai propri figli le nozioni e le capacità indispensabili per governare. La classe operaia si distingue da esse fra l’altro per il fatto di essere una classe non ricca, che non ha avuto prima la possibilità di insegnare ai propri figli le nozioni e le capacita necessarie per governare e ha ricevuto tale possibilità solamente ora, dopo essere andata al potere. In ciò fra l’altro consiste appunto la gravità del problema della nostra rivoluzione culturale» (73).
La questione dei propri quadri ha assunto per i lavoratori un significato speciale nel momento in cui nel nostro paese, già abbondantemente fornito di una nuova tecnica, sorse una acuta necessità di persone che si impadronissero della tecnica e fossero pienamente capaci di utilizzarla in pro della nostra Patria.
La nuova potente tecnica richiedeva nomini capaci di padroneggiarla, di ricavarne tutto ciò che essa può dare. Bisognava orientare energicamente l’attenzione dei nostri quadri verso l’assimilazione della tecnica nuova, verso un’intensificazione estrema del lavoro per formare numerosi quadri capaci di ricavare da questa tecnica il massimo dei risultati. Sotto questo aspetto, ebbe una eccezionale importanza il discorso di Stalin in occasione della promozione degli allievi dell’Accademia dell’Esercito Rosso nel maggio 1935.
«Per mettere in movimento i mezzi tecnici e utilizzarli a fondo - disse il compagno Stalin - occorrono degli uomini che si siano impadroniti della tecnica, occorrono dei quadri capaci di assimilare e di utilizzare questa tecnica secondo tutte le regole dell’arte. La tecnica, senza uomini che se ne siano impadroniti, è cosa morta. La tecnica, guidata da uomini che ne siano padroni, può e deve fare miracoli. Se nelle nostre fabbriche e officine di prim’ordine, nei nostri sovcos e colcos, nei trasporti, nel nostro Esercito Rosso avessimo una quantità sufficiente di quadri capaci di dominare questa tecnica, il nostro paese otterrebbe dei risultati tre o quattro volte maggiori di quelli che ottiene attualmente... Bisogna capire una buona volta che di tutti i capitali preziosi che esistono al mondo, il capitale più prezioso e decisivo sono gli uomini, i quadri. Bisogna comprendere che nelle nostre condizioni attuali “i quadri decidono di tutto”. Se avremo dei quadri buoni e numerosi nell’industria, nell’agricoltura, nei trasporti, nell’esercito il nostro paese sarà invincibile. Se non avremo questi quadri zoppicheremo da ambedue le gambe» (74).
Questo discorso del compagno Stalin diede un impulso potente alla soluzione di uno dei problemi fondamentali della costruzione socialista, il problema dei quadri. La forza di questa direttiva del capo del partito consistette non solo nel fatto che essa attirò l’attenzione di tutte le organizzazioni del partito e sovietiche sul problema dei quadri, ma anche nel fatto che essa ebbe una larga ripercussione tra le masse, suscitò una nuova ondata di entusiasmo nel lavoro.
Per iniziativa degli operai più avanzati, sorse dal basso con forza prodigiosa il
movimento stakhanovista
. Esso ebbe inizio nel bacino del Donez, nell’industria carbonifera e si estese con rapidità incredibile al paese intiero, a tutti i rami dell’economia nazionale. Decine e centinaia di migliaia di meravigliosi eroi del lavoro fornirono esempi perfetti di assimilazione della tecnica e di produttività socialista del lavoro nell’industria, nei trasporti, nell’agricoltura.
Il compagno Stalin illustrò davanti al partito e a tutto il paese il grandioso valore storico di questo nuovo movimento. Nel novembre 1935, parlando alla prima Conferenza degli stakhanovisti dell’U.R.S.S., egli disse che il movimento stakhanovista «segna un nuovo slancio dell’emulazione socialista, una tappa nuova, più alta, dell’emulazione socialista... L’importanza del movimento stakhanovista sta nel fatto che esso è un movimento il quale sconvolge le vecchie norme tecniche, come insufficienti, sorpassa, in casi molto numerosi, la produttività del lavoro dei paesi capitalistici progrediti, e in questo modo rende praticamente possibile l’ulteriore consolidamento del socialismo nel nostro paese, rende possibile la trasformazione del nostro paese nel più agiato dei paesi» (75).
Il compagno Stalin dimostrò che il movimento stakhanovista apre la via al comunismo, che esso racchiude il germe della futura ascesa culturale e tecnica della classe operaia, la quale conduce alla soppressione del contrasto tra il lavoro intellettuale e il lavoro manuale.
Parlando delle premesse del movimento stakhanovista il compagno Stalin mostrò in che cosa sta la grande forza e l’invincibilità della nostra rivoluzione:
«La nostra rivoluzione è l’unica che non soltanto ha distrutto le catene del capitalismo e ha dato la libertà al popolo, ma è anche riuscita a dare al popolo le condizioni materiali per una vita agiata. In questo sta la forza, l’invincibilità della nostra rivoluzione» (76).
Stalin diresse personalmente i lavori della conferenza degli stakhanovisti dell’U.R.S.S., e di altre conferenze di lavoratori d’avanguardia dell’industria, dei trasporti e dell’agricoltura che si tennero al Kremlino. Insieme agli stakhanovisti dell’industria e dei trasporti, insieme ai conducenti di mietotrebbiatrici e di trattrici, insieme alle allevatrici di bestiame e alle eroine della coltura delle barbabietole da zucchero, egli studiò minuziosamente i problemi della tecnica e della produzione di tutti i rami dell’economia del paese.
Nel Kremlino Stalin, insieme ai membri del Comitato centrale e del governo, ricevette numerose delegazioni delle repubbliche socialiste sorelle. Fu data così una manifestazione luminosa della grande amicizia tra i popoli dell’Unione Sovietica, raggiunta grazie alla applicazione della politica nazionale leninista-staliniana. Insieme agli operai e ai colcosiani d’avanguardia, Stalin e i suoi compagni di lotta elaboravano importantissime decisioni su tutti i grandi problemi della costruzione socialista.
«Lenin ha insegnato che possono essere veri dirigenti bolscevichi soltanto quei dirigenti che sanno non soltanto insegnare agli operai e ai contadini, ma anche imparare da loro», - così disse il compagno Stalin nel suo discorso alla Conferenza degli stakhanovisti. Ed egli stesso ha dato fin dall’inizio della sua attività rivoluzionaria l’esempio migliore di un tale legame colle masse.
La ricostruzione socialista del complesso dell’economia del paese aveva cambiato radicalmente i rapporti di classe nel paese stesso. Ciò imponeva che fossero introdotti dei cambiamenti nella Costituzione approvata nel 1924. Su iniziativa del compagno Stalin il Comitato centrale del partito propose al VII Congresso dei Soviet dell’U.R.S.S. di modificare la Costituzione.
Una commissione per la Costituzione, presieduta, da Stalin, elaborò il progetto di una nuova Costituzione. Questo progetto fu sottoposto all’esame del popolo intiero, che poté discuterlo per cinque mesi e mezzo. Non vi fu un angolo del nostro paese dove i lavoratori non studiassero e non discutessero questo magnifico documento, senza precedenti nella storia dell’umanità. Tutto il popolo sovietico, animato da gioia e fierezza immense, salutò e approvò il progetto di Costituzione.
Nel suo rapporto all’VIII Congresso straordinario dei Soviet dell’U.R.S.S, sul progetto della nuova Costituzione, il 25 novembre del 1936 il compagno Stalin espose le profonde basi teoriche di questo progetto di Costituzione, mettendo in luce i considerevoli cambiamenti verificatisi nel nostro paese dopo l’approvazione della Costituzione del 1924. La vittoria del socialismo permetteva di realizzare una ulteriore democratizzazione del sistema elettorale, di introdurre il suffragio universale, eguale e diretto, a scrutinio segreto.
Nella Costituzione dell’U.R.S.S. sono state consacrate tutte le grandi vittorie conseguite dal socialismo. Secondo questa Costituzione la società sovietica si compone di due classi amiche tra di loro: gli operai e i contadini. La base politica dell’U.R.S.S. è costituita dai Soviet dei deputati dei lavoratori. La sua base economica è la proprietà socialista dei mezzi di produzione. A tutti i cittadini dell’U.R.S.S. sono garantiti il diritto al lavoro, al riposo, all’istruzione, il diritto ai mezzi di sussistenza nella vecchiaia, in caso di malattia e di invalidità. L’uguaglianza di diritti tra i cittadini, senza distinzione di nazionalità, di razza e di sesso, è una legge assoluta. La Costituzione, allo scopo di rafforzare la società socialista, garantisce la libertà della parola, della stampa, delle riunioni e dei comizi, il diritto di costituire associazioni e organizzazioni pubbliche, l’inviolabilità della persona, l’inviolabilità del domicilio e il segreto della corrispondenza, il diritto d’asilo ai cittadini stranieri perseguitati per aver difeso gli interessi dei lavoratori, o per la loro attività scientifica, o per aver lottato per la liberazione nazionale. Questi diritti e libertà dei lavoratori, senza precedenti nella storia, sono garantiti materialmente, economicamente, da tutto il sistema dell’economia socialista che non conosce né crisi, né anarchia, né disoccupazione.
La Costituzione dell’U.R.S.S. impone nello stesso tempo dei seri doveri a tutti i cittadini: osservare le leggi, osservare la disciplina del lavoro, adempiere onestamente il dovere sociale, rispettare le regole della convivenza socialista, custodire e rafforzare la proprietà socialista, difendere la patria socialista.
Quello che avevano sognato per secoli gli spiriti migliori, più avanzati dell’umanità, è stato reso legge assoluta dalla Costituzione dell’U.R.S.S., Costituzione del socialismo vittorioso e della più ampia democrazia socialista.
Questa Costituzione è stata approvata e sancita dall’VIII Congresso dei Soviet il 5 dicembre 1936. I popoli dell’Unione Sovietica, unanimi, hanno chiamato la nuova Costituzione dell’U.R.S.S. Costituzione staliniana, in onore del suo creatore. Per i lavoratori dell’U.R.S.S. essa è un bilancio di lotte e di vittorie; per i lavoratori di tutti i paesi capitalistici un grandioso programma di lotta. Essa ha consacrato questo fatto capitale per la storia, - che l’U.R.S.S. è entrata in una nuova fase di sviluppo, la fase del compimento della costruzione della società socialista e del passaggio graduale al comunismo. Essa ha dato ai lavoratori di tutto il mondo un’arma morale e politica per la lotta contro la reazione borghese. Essa mostra che quello che è stato realizzato nell’U.R.S.S. può essere realizzato anche negli altri paesi.
Definendo il significato internazionale della Costituzione dell’U.R.S.S., Stalin diceva:
«Attualmente, mentre la torbida ondata del fascismo cerca d’insozzare il movimento socialista della classe operaia e copre di fango le aspirazioni democratiche dei migliori uomini del mondo civile, la nuova Costituzione dell’U.R.S.S. sarà un atto di accusa contro il fascismo, un atto il quale dirà che il socialismo e la democrazia sono invincibili. La nuova Costituzione dell’URSS. sarà un aiuto morale e un sostegno reale per tutti coloro che attualmente lottano contro la barbarie fascista» (77).
Le vittorie del socialismo, conseguite dal partito, suscitarono una rabbia ancora più grande tra i nemici del popolo. Nel 1937 vennero scoperti nuovi dati sulle canaglie della banda bukhariniana e trotzkista di spie, sabotatori, assassini al servizio delle agenzie di spionaggio degli Stati capitalistici. Venne dimostrato in giudizio che questi rifiuti umani, fin dai primi giorni della Rivoluzione di Ottobre avevano complottato contro Lenin che avevano intenzione di arrestare, avevano complottato contro il partito, contro lo Stato sovietico. Eseguendo la volontà dei loro padroni imperialisti, essi si proponevano di scompaginare il partito e lo Stato sovietico, di rovinare la difesa del paese, di facilitare l’intervento straniero, di preparare la disfatta dell’Esercito Rosso, di smembrare l’U.R.S.S., di trasformarla in una colonia dell’imperialismo, di ristabilire nell’U.R.S.S. la schiavitù capitalista. Il partito e il potere dei Soviet distrussero i nidi di vipere dei nemici del popolo. Nel suo rapporto all’Assemblea plenaria del Comitato centrale nel marzo 1937, circa «Le deficienze del lavoro del partito», Stalin dette un programma preciso di consolidamento degli organismi di partito e sovietici, un programma di misure per intensificare la vigilanza politica lanciando la parola d’ordine: «Assimilare il bolscevismo». Così Stalin armava il partito per la lotta contro i nemici del popolo, gli insegnava a strappar loro la maschera.
Il tribunale sovietico scopri i loro misfatti e condannò le canaglie trotzkiste e bukhariniane alla fucilazione. Il popolo sovietico approvò lo schiacciamento della banda trotzkista-bukbariniana, e passò alla soluzione dei problemi del giorno, a preparare le elezioni del Soviet Supremo dell’U.R.S.S.
Sotto la direzione del Comitato centrale e del compagno Stalin il partito svolse un ampio lavoro preparatorio delle elezioni. L’introduzione della nuova Costituzione segnò una svolta nella vita politica del paese, una nuova democratizzazione di essa. Il nuovo sistema elettorale portò a rafforzare l’attività politica delle masse, il loro controllo sugli organi del potere dei Soviet, ad accrescere la responsabilità di questi organismi davanti al popolo. Sotto la direzione del Comitato centrale, sotto la direzione di Stalin, il partito riorganizzò le forme del suo lavoro conformemente ai nuovi compiti, allargando la democrazia interna di partito, rendendo più solidi i principi del centralismo democratico, sviluppando la critica e l’autocritica, estendendo la responsabilità degli organi del partito davanti alla massa degli iscritti. Al primo piano della campagna elettorale, il partito pose l’idea avanzata da Stalin, del blocco dei comunisti e dei senza partito.
L’11 dicembre 1937, alla vigilia delle elezioni, Stalin tenne un discorso nella circoscrizione elettorale che porta il suo nome. In questo discorso egli mostrò la differenza radicale che passa tra le elezioni nell’U.R.S.S. veramente libere, veramente democratiche, e le elezioni nei paesi capitalistici, dove gravano sul popolo le classi sfruttatrici. Da noi, nel l’U.R.S.S., le classi sfruttatrici sono state liquidate, il socialismo è entrato nel costume, e su questa base hanno luogo le elezioni. Egli definì inoltre quali uomini politici dovrebbero essere gli eletti del popolo, i deputati del Soviet Supremo. Il popolo doveva esigere che essi fossero uomini politici di tipo leninista, altrettanto cristallini, integri, intrepidi nella lotta, esenti da ogni ombra di panico, implacabili verso i nemici del popolo, saggi e lontani da ogni precipitazione nel risolvere i problemi politici complessi, che occorre esaminare sotto tutti gli aspetti, altrettanto veritieri e devoti al loro popolo, come fu Lenin.
Tutto il paese ascoltò questo discorso del suo capo saggio e geniale. Le sue parole penetrarono profondamente nella coscienza dei lavoratori. Il discorso di Stalin definì i principi dell’attività degli eletti dal popolo, esso animò il popolo, rese ancora più compatto il blocco dei comunisti e dei senza partito.
Il 12 dicembre ebbero luogo le elezioni al Soviet Supremo dell’U.R.S.S. Esse furono una festa, un trionfo di tutto il popolo sovietico. Su 94 milioni di elettori, più di 91 milioni (96,8 per cento) parteciparono alle elezioni; 90 milioni di persone, dando il loro voto unanime ai candidati del blocco dei comunisti e dei senza partito, confermarono la vittoria del socialismo. Fu una grande vittoria del blocco staliniano dei comunisti e dei senza partito, un trionfo del partito di Lenin e di Stalin, un trionfo della direzione leninista-staliniana del partito.
L’unità politica e morale del popolo sovietico ricevette in questo modo una brillante conferma. Stalin fu il primo eletto dal popolo, il primo deputato al Soviet Supremo dell’U.R.S.S.
L’attività prodigiosamente accresciuta delle masse e i grandiosi compiti dell’ulteriore edificazione socialista, ponevano in modo nuovo il problema della formazione ideologica e politica dei nostri quadri.
Il compagno Stalin, in vari suoi discorsi, pose davanti ai quadri del partito in tutta la sua acutezza il problema dell’assimilazione del bolscevismo. Egli mostrò che noi disponiamo di tutti i mezzi e di tutte le possibilità necessarie per preparare i nostri quadri ideologicamente, per temprarli politicamente, e che da questo dipendeva, per nove decimi, la soluzione di tutti i nostri compiti pratici.
Nel 1938 fu pubblicato il libro «Storia del Partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S. Breve corso», scritto dal compagno Stalin e approvato dalla Commissione del C.C. del P.C.(b) dell’U.R.S.S.
La pubblicazione di questo libro fu un grande avvenimento nella vita ideologica del partito bolscevico. Il partito ricevette una nuova e potente arma ideologica del bolscevismo, una vera enciclopedia delle cognizioni fondamentali nel campo del marxismo-leninismo. Con una precisione e una profondità veramente staliniane, quest’opera espone e generalizza la gigantesca esperienza storica del partito comunista, esperienza che nessun altro partito al mondo ha mai posseduta né possiede. La «Storia del Partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S. Breve corso» espone gli ulteriori sviluppi del marxismo nelle nuove condizioni della lotta di classe del proletariato, del marxismo dell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie, del marxismo dell’epoca della vittoria del socialismo su una sesta parte del globo. Questo libro si diffuse in brevissimo tempo in grandissimo numero di copie. «Bisogna dire apertamente - affermò A.A. Zdanov al XVIII Congresso del partito - che da quando il marxismo esiste questo è il primo libro marxista che abbia avuto una diffusione così larga».
Nel capitolo «Del materialismo dialettico e del materialismo storico» del «Breve corso di Storia del P.C.(b) dell’U.R.S.S.» viene data in una forma estremamente chiara e concisa una esposizione geniale dei principi del materialismo dialettico e del materialismo storico. Esso contiene una generalizzazione di tutto quello che Marx, Engels e Lenin hanno apportato alla dottrina del metodo dialettico e della teoria materialista e dà un nuovo sviluppo alla dottrina del materialismo dialettico e del materialismo storico, basandosi sulle conquiste più recenti della scienza e dell’azione pratica rivoluzionaria.
Il compagno Stalin sviluppa il materialismo dialettico come base teorica del comunismo, come concezione del mondo del partito marxista-leninista, concezione che arma ideologicamente la classe operaia nella sua lotta per la conquista della dittatura del proletariato e la costruzione del comunismo. Il suo scritto mostra con vigore particolare il legame intimo che esiste tra la filosofia del marxismo-leninismo e l’attività rivoluzionaria pratica del partito bolscevico. Per non ingannarsi in politica, insegna Stalin, bisogna ispirarsi ai principi del metodo dialettico marxista, bisogna conoscere le leggi dello sviluppo storico.
Il lavoro di G.V. Stalin, «Del materialismo dialettico e del materialismo storico», che è scritto da un maestro incomparabile del metodo dialettico marxista e generalizza la gigantesca esperienza pratica e teorica del bolscevismo, eleva a un livello nuovo, superiore, il materialismo dialettico, raggiunge le sommità del pensiero filosofico marxista-leninista.
Nel marzo 1939 Stalin diresse i lavori del XVIII Congresso del partito. Il congresso fu una manifestazione prodigiosa della unità e della coesione monolitica senza precedenti del partito, della sua compattezza intorno al Comitato centrale leninista-staliniano.
Nel rapporto sull’attività del Comitato centrale, Stalin fece un’analisi profonda della situazione internazionale dell’Unione Sovietica e smascherò i piani dei fomentatori della guerra e dell’intervento contro l’U.R.S.S. Sono passati cinque anni dal XVII Congresso del partito. Questo periodo è stato per i paesi capitalistici un periodo di gravissime perturbazioni, tanto nel campo economico quanto in quello politico. Alla crisi economica del 1929-1932 e alla depressione di carattere particolare, fece seguito, a partire dalla seconda metà del 1937, una nuova crisi economica che si estese agli Stati Uniti, all’Inghilterra, alla Francia e a diversi altri paesi capitalistici. La situazione internazionale si è aggravata sino all’estremo; il sistema dei trattati di pace del dopoguerra è crollato; è cominciata una nuova, seconda guerra mondiale.
La nuova guerra è stata scatenata dai due principali Stati imperialisti aggressori – la Germania e il Giappone. Questa guerra, indicava il compagno Stalin, ha coinvolto nella sua orbita oltre 500 milioni di uomini, e si è estesa in un territorio immenso che da Tientsin, Shanghai e Canton attraverso l’Abissinia raggiunge Gibilterra. La guerra colpiva sempre più gli interessi degli Stati non aggressori, anzitutto dell’Inghilterra, della Francia e degli Stati Uniti d’America. Però i governi di questi Stati non prestarono la dovuta resistenza agli aggressori. Essi rinunziarono alla politica della sicurezza collettiva e passarono alla posizione della «neutralità», alla posizione del non intervento. La politica del non intervento significava connivenza con l’aggressione, lo scatenamento della guerra. Gli ispiratori del famigerato «accordo di Monaco» - governanti dell’Inghilterra e della Francia - Chamberlain e Daladier volevano orientare l’aggressione del fascismo tedesco verso l’Oriente contro l’Unione Sovietica.
Il compagno Stalin smascherò le macchinazioni dei fomentatori della guerra contro l’U.R.S.S., che dichiaravano che le concessioni di Monaco agli aggressori e l’accordo di Monaco sul non intervento avrebbero segnato l’inizio di una nuova era di «pacificazione». Il compagno Stalin ammoniva che «il grande e pericoloso giuoco politico iniziato dai fautori della politica del non intervento può terminare con un loro grave fallimento» (78).
Con straordinaria profondità il compagno Stalin spiegò al partito e al popolo sovietico tutta la complessità e il pericolo che erano sopravvenuti allora nella situazione internazionale e definì i principi della politica estera sovietica. Egli disse:
«Compiti del partito nel campo della politica estera:
«1. Continuare ad applicare la politica di pace e di rafforzamento di rapporti d’affari con tutti i paesi;
«2. Essere prudenti e non lasciar trascinare il nostro paese in conflitti dai provocatori di guerra abituati a far cavare le castagne dal fuoco dagli altri;
«3. Rafforzare in tutti i modi la potenza combattiva del nostro Esercito Rosso e della nostra Marina Militare Rossa;
«4. Rafforzare i rapporti internazionali di amicizia coi lavoratori di tutto il mondo, interessati a conservare la pace e l’amicizia fra i popoli» (79).
Dopo aver definito le realizzazioni e le conquiste del socialismo, lo sviluppo dell’economia socialista, l’elevamento del livello materiale e culturale del popolo, il consolidamento continuo del regime sovietico, il compagno Stalin pose davanti al partito e al popolo sovietico un nuovo, un grande compito storico nei prossimi dieci o quindici anni: raggiungere e sorpassare i principali paesi capitalistici nel campo economico, ossia riguardo al volume della produzione per abitante.
«Abbiamo superato - disse il compagno Stalin - i principali paesi capitalistici per la tecnica della produzione e pei ritmi di sviluppo dell’industria. Ciò è molto bene. Ma non basta. Dobbiamo superarli anche economicamente. Lo possiamo e lo dobbiamo fare. Soltanto se supereremo economicamente i principali paesi capitalistici, potremo contare che il nostro paese sarà saturo di articoli di consumo, che avremo abbondanza di prodotti e saremo in grado di passare dalla prima fase del comunismo alla sua seconda fase» (80).
Come uno dei compiti centrali del partito il compagno Stalin nel suo rapporto indicò un intiero programma d’azione bolscevico, scientificamente fondato, per formare, educare, scegliere, promuovere e controllare i quadri.
Caratterizzando il cammino percorso dal partito nel periodo tra il XVII e il XVIII Congresso, il compagno Stalin disse:
«Il risultato principale è che la classe operaia del nostro paese, dopo aver soppresso lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo e instaurato il regime socialista, ha mostrato a tutto il mondo la giustezza della sua causa. In questo risiede il risultato principale, perché esso rafforza la fiducia nelle forze della classe operaia e nell’ineluttabilità della sua vittoria definitiva» (81).
Il rapporto di Stalin al XVIII Congresso del Partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S. è un documento programmatico del comunismo, un passo avanti nello sviluppo della teoria marxista-leninista. In esso Stalin ha sviluppato la teoria di Lenin della rivoluzione socialista; ha confermato con fatti concreti la teoria sulla possibilità di costruire il socialismo in un solo paese giungendo alla conclusione che è possibile costruire il comunismo nel nostro paese anche se continuerà a esistere l’accerchiamento capitalistico
. Questa conclusione del compagno Stalin arricchisce il leninismo, fornisce alla classe operaia una nuova arma ideologica, apre al partito una grande prospettiva di lotta per la vittoria del comunismo, fa progredire la teoria marxista-leninista.
Lenin scrisse il suo celebre libro «Stato e rivoluzione» nell’agosto 1917, cioè alcuni mesi prima della Rivoluzione d’Ottobre e della fondazione dello Stato sovietico. In questo libro Lenin difese la dottrina di Marx e di Engels sullo Stato dalle deformazioni e dalle volgarità degli opportunisti. Egli aveva intenzione di scrivere una seconda parte di «Stato e rivoluzione», dove si proponeva di ricavare gli insegnamenti principali dall’esperienza delle rivoluzioni russe del 1905 e del 1917. La morte glielo impedì. Ma ciò che nelle questioni della teoria dello Stato non aveva tempo di fare Lenin lo fece Stalin.
Il compagno Stalin, forte dell’esperienza gigantesca di oltre venti anni di esistenza dello Stato socialista sovietico nelle condizioni dell’accerchiamento capitalistico, ha creato una dottrina coerente e completa dello Stato socialista
. Egli ha fatto un’ampia analisi delle tappe di sviluppo dello Stato socialista, della modificazione delle sue funzioni in rapporto col modificarsi della situazione; ha riassunto tutta l’esperienza della costruzione dello Stato sovietico ed è giunto alla conclusione della necessità di mantenere lo Stato sotto il comunismo nel caso in cui l’accerchiamento capitalista continuasse ad esistere.
Stalin sottolineò energicamente la grandissima importanza e il significato dell’opera di propaganda del partito e di educazione marxista-leninista dei militanti dell’apparato del partito, dei militanti delle organizzazioni giovanili comuniste, delle organizzazioni sindacali, cooperative e commerciali e delle organizzazioni economiche, sovietiche, educative, militari e di altre. Egli diceva:
«Se incomincia ad affievolirsi l’opera di educazione marxista-leninista dei nostri quadri, se il nostro lavoro per elevare il livello politico e teorico di questi quadri si indebolisce e i quadri stessi cessano per conseguenza di interessarsi delle prospettive della nostra marcia in avanti, cessano di comprendere la giustezza della nostra causa e si trasformano in volgari uomini pratici privi di prospettive, che applicano ciecamente e meccanicamente le direttive ricevute dall’alto - in questo caso tutto il nostro lavoro statale e di partito dovrà di necessità indebolirsi. Bisogna riconoscere, come un assioma, che quanto più sono alti il livello politico e la coscienza marxista-leninista dei militanti di qualsiasi ramo del lavoro dello Stato e del partito, tanto migliore e più fecondo è il lavoro stesso, tanto più efficaci sono i risultati del lavoro, e al contrario, quanto più bassi sono il livello politico e la coscienza marxista-leninista dei militanti, tanto più probabili sono le lacune e gli insuccessi nel lavoro, tanto più probabili la decadenza e la degenerazione dei militanti stessi in gretti praticoni, tanto più probabile è la loro degenerazione completa. Si può dire con certezza, che se riuscissimo a preparare ideologicamente i nostri quadri di tutti i rami del lavoro e temprarli politicamente in modo tale che potessero orientarsi a loro agio nella situazione interna e internazionale, se riuscissimo a far di loro dei marxisti-leninisti completamente maturi, capaci di risolvere senza errori seri i problemi della direzione del paese, avremmo tutte le ragioni di considerare già risolti i nove decimi di tutti i nostri problemi. E risolvere questo compito lo possiamo certamente, perché abbiamo tutti i mezzi e le possibilità necessarie per risolverlo» (82).
Stalin diceva più oltre: « Vi è un ramo della scienza la cui conoscenza deve essere obbligatoria per i bolscevichi di tutti i rami della scienza: - è la scienza marxista-leninista della società, delle leggi dello sviluppo della società, delle leggi dello sviluppo della rivoluzione proletaria, delle leggi dello sviluppo dell’edificazione socialista, della vittoria del comunismo; perché non si può considerare come un vero leninista colui che si dice leninista, ma si confina nella sua specialità, si confina, per esempio, nella matematica, nella botanica, nella chimica, e non vede nulla al di là della sua specialità. Un leninista non può essere soltanto uno specialista del ramo scientifico da lui preferito, deve essere nello stesso tempo un uomo politico che svolge una funzione civica, che si interessa vivamente della sorte del proprio paese, che conosce le leggi dello sviluppo sociale, che sa trarre profitto da queste leggi e si sforza di partecipare in modo attivo alla direzione politica del paese. Questo sarà, evidentemente, un supplemento di lavoro per gli specialisti bolscevichi. Ma sarà un lavoro i cui risultati compenseranno largamente lo sforzo compiuto.
Il compito della propaganda del partito, il compito dell’educazione marxista-leninista dei quadri consiste nell’aiutare i nostri quadri, di tutti i rami del lavoro, ad assimilare la scienza marxista-leninista delle leggi dello sviluppo della società» (83).
Il rapporto del compagno Stalin al XVIII Congresso del Partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S è il programma del compimento della costruzione della società socialista senza classi e del passaggio graduale dal socialismo al comunismo. Il congresso dei bolscevichi approvò all’unanimità il rapporto sull’attività del Comitato centrale presentato dal suo capo e lo ratificò come direttiva, come legge che deve presiedere a tutta l’attività del partito.
Il rapporto del compagno Stalin al XVIII Congresso del Partito comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S. è un esempio brillante di previsione scientifica marxista-leninista nel campo delle relazioni internazionali. Le sagge direttive di Stalin sui compiti della nostra politica estera, l’arte staliniana di dirigere hanno assicurato grandi vittorie alla politica estera dell’Unione Sovietica, hanno ancora accresciuto l’importanza dell’U.R.S.S. come forza internazionale seria, capace di influire sulla situazione internazionale e di modificarla nell’interesse dei lavoratori. Ispirandosi alle direttive del compagno Stalin, il governo dell’Unione Sovietica ha sventato i perfidi piani dei fomentatori della guerra, che preferiscono far cavare le castagne dal fuoco dagli altri; ha assicurato il lavoro pacifico dei popoli dell’U.R.S.S. firmando i trattati di assistenza reciproca con gli Stati baltici, l’Unione Sovietica ha rafforzato considerevolmente le sue posizioni per la difesa del paese del socialismo, ha consolidato la sua situazione internazionale.
Il governo sovietico tendeva a scongiurare un’ulteriore estensione della guerra e lottava per realizzare la politica della sicurezza collettiva. Però questa politica non fu appoggiata dai circoli dirigenti d’Inghilterra e della Francia. La politica del non intervento di Monaco costò cara ai popoli dei paesi non aggressori. Già nel marzo 1939 la Germania hitleriana con la connivenza della diplomazia anglo-francese s’impadronì della Cecoslovacchia. Poco dopo si iniziò l’offensiva degli aggressori germanici contro i paesi dell’Europa Orientale. Divenne attivo anche il Giappone imperialista - alleato della Germania nell’Estremo Oriente. Nel maggio 1939 esso intraprese una serie di azioni provocatrici alla frontiera della Repubblica Popolare Mongola, ma nel settore di Khalkhin-Goll le truppe giapponesi-manciuriane furono sbaragliate dai reparti dell’Esercito Rosso.
Nello stesso periodo la diplomazia anglo-francese faceva una politica disonesta nei riguardi dell’U.R.S.S., faceva di tutto per mandare per le lunghe le trattative con l’Unione Sovietica circa l’organizzazione di una resistenza collettiva contro un eventuale aggressore, proponendo all’Unione Sovietica condizioni del tutto inaccettabili che rendevano impossibile un accordo.
Comprendendo che i governi dell’Inghilterra e della Francia non intendevano collaborare con l’Unione Sovietica nella lotta per la pace, il governo dell’U.R.S.S. dovette preoccuparsi di garantire la sicurezza del nostro paese.
Nell’agosto 1939 il governo dell’U.R.S.S. concluse con la Germania un patto di non aggressione. Questo patto, come precisò in seguito il compagno Stalin, non menomava né direttamente né indirettamente l’integrità territoriale, l’indipendenza e l’onore del nostro Stato; assicurava invece al paese sovietico la pace nell’immediato futuro e dava la possibilità di preparare la resistenza nel caso in cui l’Unione Sovietica fosse aggredita.
Seguendo le direttive del compagno Stalin sulla necessità di mantenere il paese pronto per la mobilitazione in caso di un’aggressione armata dall’esterno, il partito bolscevico durante un lungo periodo di tempo, svolgeva conseguentemente e decisamente una preparazione intensa dell’Unione Sovietica per una difesa attiva. Grazie alle realizzazioni dei piani quinquennali staliniani di industrializzazione del paese e di collettivizzazione dell’agricoltura venne costituita una potente base economica, che poteva essere utilizzata per una difesa attiva dello Stato sovietico.
Questa politica del partito dette la possibilità al paese di produrre una quantità sufficiente di metallo per fabbricare le armi e attrezzare le aziende, di produrre il combustibile necessario per assicurare il funzionamento delle officine e dei trasporti, il cotone per confezionare i corredi, il grano per approvvigionare l’esercito.
Grazie alla politica di industrializzazione del paese e alla collettivizzazione dell’agricoltura, durante il 1940 furono prodotti: 15 milioni di tonnellate di ghisa, cioè quasi 4 volte più che nel 1913 nella Russia zarista; 18 milioni e 300 mila tonnellate di acciaio, cioè quattro volte e mezzo più che nel 1913; 166 milioni di tonnellate di carbone, cioè cinque volte e mezzo più che nel 1913; 31 milioni di tonnellate di nafta, cioè 3 volte e mezzo più che nel 1913; 38 milioni e 300 mila tonnellate di cereali per la vendita, cioè 17 milioni di tonnellate più che nel 1913; 2 milioni e 700 mila tonnellate di cotone grezzo, cioè 3 volte e mezzo più che nel 1913.
«Questo aumento senza precedenti della produzione - diceva il compagno Stalin - non può essere considerato come lo sviluppo semplice e ordinario di un paese che passa da uno stato di arretratezza ad uno di progresso. Fu un balzo in avanti mediante il quale la nostra Patria si è trasformata da un paese arretrato in un paese d’avanguardia, da un paese agricolo in un paese industriale» (84).
Nell’autunno del 1939 dietro iniziativa del compagno Stalin furono liberati dal giogo dei proprietari fondiari polacchi i nostri fratelli - i popoli dell’Ucraina occidentale e della Bielorussia occidentale. Questi popoli si sono associati alla famiglia dei popoli liberi dell’U.R.S.S. Più tardi furono ricongiunte all’U.R.S.S. le repubbliche sovietiche baltiche - la Lituania, la Lettonia e l’Estonia.
Il 20 dicembre 1939, per decreto del Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S. a G.V. Stalin venne conferito, in occasione del suo 60° anniversario, il titolo di Eroe del Lavoro Socialista per i suoi meriti eccezionali nell’opera di organizzazione del partito bolscevico, per la formazione dello Stato sovietico, l’edificazione della società socialista nell’U.R.S.S. e il rafforzamento dell’amicizia fra i popoli dell’Unione Sovietica.
Il 22 dicembre 1939 il compagno Stalin venne eletto membro onorario dell’Accademia delle scienze dell’U.R.S.S.
Il 15-20 febbraio del 1941 ebbe luogo la XVIII Conferenza del P.C.(b) dell’U.R.S.S. La Conferenza esaminò i compiti delle organizzazioni di partito nel campo dell’industria e dei trasporti, i risultati economici del 1940 e il piano di sviluppo dell’economia nazionale dell’U.R.S.S. per il 1941, come pure i problemi di organizzazione.
Dietro indicazioni del compagno Stalin, la conferenza si svolse inspirata dal compito di un ulteriore rafforzamento della potenza difensiva del Paese sovietico.
Per iniziativa del compagno Stalin il Comitato centrale del P.C.(b) dell’U.R.S.S. e il governo sovietico, conformemente alle decisioni del XVIII Congresso del P.C.(b) dell’U.R.S.S., affidarono alla Commissione del Piano di Stato dell’U.R.S.S. [Gosplan] il compito di elaborare il piano generale dell’economia sovietica per quindici anni. Questo piano aveva lo scopo di risolvere il compito di superare economicamente i principali paesi capitalistici, cioè nella produzione, calcolata per abitante, della ghisa, dell’acciaio, del combustibile, dell’energia elettrica, delle macchine e degli altri mezzi di produzione e dei generi di consumo.
Il 6 maggio 1941 G.V. Stalin per decreto del Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S. fu nominato Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo dell’U.R.S.S.
Il popolo sovietico condotto dal grande Stalin avanzava verso nuove vittorie, verso il comunismo. Ma nel giugno 1941 il pacifico lavoro creativo del popolo sovietico fu interrotto dalla guerra scatenata dall’aggressione della Germania contro l’U.R.S.S.
XI
Il 22 giugno 1941 la Germania hitleriana imperialista violò infamemente il patto di non aggressione e sferrò un attacco improvviso e proditorio contro l’Unione Sovietica. La guerra segnò una svolta nello sviluppo del Paese dei Soviet. Il periodo di costruzione pacifica terminò. Si iniziò il periodo della guerra liberatrice del popolo sovietico per la difesa della Patria contro gli invasori tedeschi.
Allo scopo di mobilitare rapidamente tutte le forze dei popoli dell’U.R.S.S. per far fronte al nemico il Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S., il Comitato centrale del P.C. (b) dell’U.R.S.S., e il Consiglio dei Commissari del popolo dell’U.R.S.S. presero il 30 giugno 1941 la decisione di creare il Comitato di Difesa dello Stato, nelle mani del quale venivano concentrati tutti i poteri statali. Giuseppe Vissarionovic Stalin fu nominato Presidente del Comitato di Difesa dello Stato.
Il capo e maestro dei lavoratori, compagno Stalin, si mise alla testa delle forze armate dell’U.R.S.S. e diresse la lotta del popolo sovietico contro l’acerrimo e perfido nemico - il fascismo tedesco.
La Germania hitleriana iniziò la guerra di rapina e di conquista contro l’U.R.S.S. in condizioni vantaggiose. L’esercito hitleriano era già completamente mobilitato e aveva l’esperienza della guerra nell’Europa Occidentale. 170 divisioni tedesche, armate di migliaia di carri armati e di aeroplani, furono spostate verso le frontiere delI’U.R.S.S e lanciate improvvisamente contro il Paese dei Soviet. Le forze armate dell’Unione Sovietica, paese pacifico, all’inizio della guerra vennero a trovarsi in condizioni svantaggiose. Sotto la pressione delle forze e del materiale bellico di gran lunga superiori del nemico, che inoltre traeva profitto dall’improvvisa aggressione, l’Esercito Sovietico fu costretto a ritirarsi combattendo verso l’interno del paese.
Le truppe hitleriane riuscivano durante i primi 10 giorni della guerra ad impadronirsi della Lituania, di una notevole parte della Lettonia, della parte occidentale della Bielorussia e di una parte dell’Ucraina occidentale. Sull’Unione Sovietica incombeva un gravissimo pericolo.
Il 3 luglio 1941 il compagno Stalin parlò alla radio al popolo sovietico, ai combattenti dell’Esercito Rosso e della Marina da Guerra. In questo storico discorso il compagno Stalin fece un’analisi profonda degli avvenimenti in corso e definì i compiti dell’esercito e del popolo per la difesa della Patria socialista. Il compagno Stalin non nascose la dura verità sulla situazione militare, ed invitò i cittadini sovietici a comprendere tutta la gravità del pericolo che minacciava la Patria ed a por fine allo stato d’animo proprio del periodo dell’edificazione pacifica.
Il compagno Stalin ammonì che nella lotta condotta dagli uomini sovietici non vi doveva essere posto per la faciloneria, la noncuranza e la paura, che non doveva esserci posto per i piagnucoloni, gli allarmisti e i disertori.
Il compagno Stalin mise in luce gli scopi della guerra ingaggiata dalla Germania hitleriana contro l’Unione Sovietica: «Il nemico è feroce e implacabile. Esso si pone lo scopo di conquistare le terre bagnate dal nostro sudore, di impossessarsi del nostro grano e del nostro petrolio, frutti del nostro lavoro. Esso si pone lo scopo di restaurare il potere dei proprietari fondiari, di restaurare lo zarismo, di distruggere la cultura nazionale e l’organizzazione statale nazionale dei russi, degli ucraini, dei bielorussi, dei lituani, dei lettoni, degli estoni, degli usbechi, dei tartari, dei moldavi, dei georgiani, degli armeni, degli aserbaigiani e degli altri liberi popoli dell’Unione Sovietica, di germanizzarli, di renderli schiavi dei principi e dei baroni tedeschi. Si tratta, dunque, della vita o della morte dello Stato sovietico, della vita e della morte dei popoli dell’U.R.S.S., si tratta per i popoli dell’Unione Sovietica di essere liberi o di cadere nella servitù»(85).
Definendo gli scopi della guerra dell’Unione Sovietica contro la Germania fascista, il compagno Stalin indicava che questa guerra era una grande guerra di tutto il popolo sovietico contro le truppe fasciste tedesche. Lo scopo di questa guerra di tutto il popolo per la difesa della Patria non era soltanto quello di eliminare il pericolo, che sovrastava la nostra terra, ma anche quello di aiutare tutti i popoli dell’Europa che gemevano sotto il giogo del fascismo tedesco.
Il compagno Stalin perspicacemente prediceva che in questa guerra di liberazione l’Unione Sovietica non sarebbe rimasta sola. «La guerra per la libertà della nostra Patria si fonderà con la lotta dei popoli dell’Europa e dell’America per la loro indipendenza, per le libertà democratiche. Si formerà un fronte unico dei popoli che sono per la libertà, contro l’asservimento e la minaccia d’asservimento da parte degli eserciti fascisti di Hitler»(86).
Gli avvenimenti confermarono la previsione del compagno Stalin. Il 12 luglio 1941 l’Inghilterra concluse con l’U.R.S.S. «il Patto sulle azioni comuni nella guerra contro la Germania». Più tardi (nel giugno 1942) gli Stati Uniti d’America firmarono con l’U.R.S.S. un «Patto sui principi da applicare all’aiuto reciproco nella condotta della guerra contro l’aggressione». Si costituì la coalizione anglo-sovietico-americana, che si prefisse lo scopo di debellare la coalizione italo-germanica.
Il compagno Stalin esortò il popolo sovietico a riorganizzare tutto il lavoro sul piede di guerra, subordinando tutto agli interessi del fronte e al compito di organizzare la disfatta del nemico. L’Esercito Rosso, la Flotta e tutti i cittadini sovietici dovevano difendere ogni palmo della terra sovietica, battersi fino all’ultima goccia di sangue per ogni città e villaggio. Il compagno Stalin indicava la necessità di organizzare il massimo aiuto all’Esercito Rosso, di rafforzarne le retrovie, di rifornire l’esercito di armamenti, di munizioni e di viveri.
Il compagno Stalin ordinò che durante la ritirata forzata delle unità dell’Esercito Rosso non si abbandonasse al nemico né una locomotiva, né un vagone, né un chilo di pane, né un litro di carburante. Il compagno Stalin invitò ad organizzare reparti di partigiani, a combinare la guerra dei partigiani nelle retrovie del nemico con le operazioni militari dell’Esercito Rosso.
«Tutte le forze del popolo per schiacciare il nemico!
Avanti, per la nostra vittoria!» - diceva il compagno Stalin.
All’appello del partito tutti i popoli dell’Unione Sovietica si levarono in difesa della Patria.
Rapidamente e risolutamente fu messa sul piede di guerra per soddisfare le esigenze del fronte tutta l’economia nazionale, il lavoro di tutte le organizzazioni del partito, dello Stato e di massa. Il fronte e le retrovie si trasformarono in un unico, compatto campo di combattimento. Più che mai il popolo sovietico si strinse compatto attorno al partito bolscevico e al governo.
In breve tempo tutta l’industria cominciò a produrre quanto era necessario alla difesa nazionale. Migliaia di aziende industriali furono evacuate dalle regioni minacciate dal nemico nelle retrovie dove continuarono il loro lavoro. Nelle regioni orientali, del paese si svolse con successo la costruzione di nuove aziende industriali belliche. Nell’Esercito Rosso furono incorporali nuovi contingenti. Nelle città e nelle regioni vicino al fronte fu costituita la milizia popolare. Nei territori sovietici temporaneamente invasi dal nemico fin dai primi giorni della guerra cominciarono ad agire i vendicatori del popolo - gli intrepidi partigiani sovietici.
Il 19 luglio 1941 il Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S. nominò G.V. Stalin Commissario del Popolo della Difesa dell’U.R.S.S. Il compagno Stalin compì un enorme lavoro per consolidare le forze armate sovietiche. Sotto la direzione del compagno Stalin l’Esercito Sovietico applicò la tattica della difesa attiva che mirava ad esaurire il nemico, a sterminarne al massimo gli effettivi e i mezzi tecnici e a preparare le condizioni per passare all’offensiva.
Il comando hitleriano, calcolando di potere infliggere una disfatta fulminea all’U.R.S.S. e di poter rapidamente impadronirsi di Mosca e di Leningrado, senza tener conto delle enormi perdite dell’esercito tedesco in effettivi e mezzi tecnici, lanciava sul fronte sovietico-germanico le proprie riserve. Nell’ottobre, al prezzo di perdite colossali, i tedeschi riuscivano a infiltrarsi nella regione di Mosca.
Si determinò la situazione più pericolosa di tutta la campagna del 1941. Una minaccia terribile sovrastava su Mosca. Il 19 ottobre 1941 venne pubblicata una decisione, firmata dal Presidente del Comitato di Difesa dello Stato, compagno Stalin, proclamante lo stato d’assedio a Mosca. Il compagno Stalin elaborò e applicò brillantemente un piano per la difesa della capitale, per la disfatta delle truppe tedesche sotto Mosca.
Il nemico si trovava alle porte di Mosca. Nonostante ciò il 6 novembre 1941 a Mosca ebbe luogo la tradizionale seduta solenne del Soviet dei deputati dei lavoratori di Mosca con la partecipazione delle organizzazioni di partito e di massa della città, per celebrare il XXIV anniversario della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre. Il compagno Stalin tenne un rapporto.
Nel suo rapporto il compagno Stalin fece il bilancio dei primi quattro mesi di guerra. Con dura sincerità il capo dell’Esercito e del popolo disse che il serio pericolo sospeso sul paese non era diminuito, anzi, si era ancora aggravato. Contemporaneamente il compagno Stalin previde con meravigliosa chiaroveggenza che la disfatta degli imperialisti tedeschi e dei loro eserciti era inevitabile.
Il piano degli invasori fascisti-tedeschi «di farla finita» con l’Unione Sovietica in un mese e mezzo - due mesi mediante «la guerra lampo» era definitivamente fallito. Non si avverarono i calcoli degli strateghi tedeschi fascisti di poter fare una coalizione generale contro l’U.R.S.S. e di isolarla, i calcoli sulla fragilità del regime sovietico, sulla debolezza delle retrovie sovietiche, dell’Esercito Rosso e della Marina Rossa.
Il compagno Stalin dimostrò che una delle cause degli insuccessi temporanei dell’Esercito Rosso era l’assenza di un secondo fronte in Europa. Un’altra causa consisteva nell’insufficienza di carri armati e anche, in parte, di aeroplani di cui soffriva l’Esercito Rosso, nonostante che per la loro qualità gli uni e gli altri fossero superiori a quelli tedeschi.
Il compagno Stalin pose il compito di liquidare la superiorità numerica dei tedeschi in carri armati e aeroplani per potere così migliorare radicalmente la situazione del nostro esercito.
Questa direttiva del capo ebbe una grandissima importanza per le sorti della guerra: mettendola in pratica l’industria sovietica aumentò di mese in mese la produzione di aeroplani, di carri armati, delle armi antiaeree e anticarro, e liquidò nel corso della guerra la superiorità del nemico nella quantità di mezzi tecnici.
Il compagno Stalin strappò la maschera del «nazional-socialismo» agli hitleriani, li smascherò al cospetto di tutto il mondo come il partito degli imperialisti più rapaci, dei nemici delle libertà democratiche, come un partito della reazione medioevale e dei pogrom tipo cento neri, come un partito di assassini, che non avevano più nulla di umano e erano caduti al livello delle belve feroci.
«E questa gente - diceva il compagno Stalin - priva di coscienza e di onore, gente con una morale animalesca, ha la sfacciataggine di mirare all’annientamento della grande nazione russa, la nazione di Plekhanov e Lenin, di Belinski e Cerniscevski, di Pusckin e Tolstoi, di Glinka e Ciaikovski, di Gorki e Cekhov, di Siecenov e Pavlov, di Repin e Surikov, di Suvorov e Kutusov!...»(87).
Il compagno Stalin esortò tutto il popolo sovietico a rafforzare ancor più l’appoggio all’esercito e alla marina, a lavorare con abnegazione per aiutare il fronte e pose il compito di sterminare gli invasori fascisti tedeschi. «Gli invasori tedeschi vogliono una guerra di sterminio contro i popoli dell’Unione Sovietica. Ebbene, se i tedeschi vogliono una guerra di sterminio, l’avranno» (88), - diceva il compagno Stalin.
Le parole del compagno Stalin «La nostra causa è giusta, la vittoria sarà nostra!» (89) espressero le idee, i desideri e la profonda convinzione di tutti gli uomini sovietici che la disfatta del nemico sarebbe stata inevitabile.
Il 7 novembre 1941 ebbe luogo sulla Piazza Rossa di Mosca la rivista delle truppe dell’Esercito Rosso. Dalla tribuna del Mausoleo di Lenin il compagno Stalin parlò sulla grande missione liberatrice dell’Esercito Rosso e incitò i combattenti, i partigiani e le partigiane sovietici: «Che le figure ardimentose dei nostri grandi antenati - Alessandro Nevski, Demetrio Donskoi, Cosimo Minin, Demetrio Pogiarski, Alessandro Suvorov, Michele Kutusov vi ispirino in questa guerra! Che la vittoriosa bandiera del grande Lenin sia il segno che vi guidi!»(90).
L’Esercito Rosso rispose al discorso del proprio capo rafforzando la propria fermezza e capacità di resistenza, intensificando i colpi contro il nemico.
Il compagno Stalin dirigeva personalmente la difesa di Mosca, guidava direttamente le operazioni dell’Esercito Rosso, rianimava i combattenti e i comandanti, sorvegliava la costruzione delle fortificazioni a difesa della capitale sovietica.
Nel dicembre, per ordine del compagno Stalin, varie armate sovietiche, concentrate nella zona di Mosca, si scaraventarono d’improvviso contro gli eserciti tedeschi. Dopo accanite battaglie i tedeschi, non potendo resistere all’attacco, ripiegarono in disordine. Le truppe sovietiche inseguirono le disfatte unità tedesche e nel corso dell’inverno avanzarono in alcuni punti per più di 400 chilometri verso occidente. Il piano hitleriano di circondare e conquistare Mosca era fallito.
La disfatta delle truppe fasciste tedesche sotto Mosca fu l’avvenimento militare decisivo del primo anno di guerra e la prima grande sconfitta dei tedeschi nella seconda guerra mondiale. Questa sconfitta sfatò per sempre il mito hitleriano della invincibilità dell’esercito tedesco.
La disfatta dei tedeschi sotto Mosca dimostrò la superiorità del piano strategico di operazioni offensive, elaborato dal compagno Stalin, sulla strategia dei tedeschi.
Nell’ordine del giorno N. 55 del 23 febbraio 1942 G.V. Stalin rilevò che il risultato principale degli otto mesi di guerra trascorsi era la perdita da parte dei tedeschi del vantaggio militare che essi possedevano in seguito all’aggressione a tradimento e di sorpresa contro l’U.R.S.S.
«L’elemento sorpresa ed il carattere improvviso dell’aggressione, quali riserve delle truppe fasciste tedesche, si sono completamente esauriti. Con ciò stata eliminata l’ineguaglianza nelle condizioni della guerra, creata dalla sorpresa dell’aggressione fascista tedesca. Ora le sorti della guerra saranno decise non da un elemento accessorio quale la sorpresa, ma da fattori permanenti: la solidità delle retrovie, il morale dell’esercito, il numero e la qualità delle divisioni, l’armamento dell’esercito, la capacità d’organizzazione dei comandanti dell’esercito»(91).
La tesi staliniana sull’importanza dei fattori permanenti della guerra, come i fattori decisivi, era un ulteriore sviluppo geniale della scienza marxista-leninista sulla guerra, sul diretto legame organico fra l’andamento e l’esito della guerra ed il grado e carattere dello sviluppo economico e politico dello Stato, la sua ideologia, il grado di preparazione e maturità dei suoi quadri.
La tesi staliniana sulla funzione dei fattori permanenti della guerra ha un’enorme importanza teorica e pratica. La giusta valutazione e utilizzazione di questi fattori permettono nel lavoro militare ed organizzativo di concentrare l’attenzione soprattutto sulla soluzione dei compiti fondamentali, da cui dipendono le sorti della guerra.
Il compagno Stalin attribuisce un’importanza speciale all’assimilazione dell’arte militare da parte dei comandanti e combattenti. Nell’ordine del giorno del 1° Maggio 1942 il compagno Stalin rilevò che l’Esercito Rosso aveva tutto il necessario per sbaragliare il nemico e per scacciarlo dal Paese dei Soviet. «Gli manca una sola cosa: la capacità di utilizzare completamente contro i nemici i mezzi tecnici di prim’ordine, che gli fornisce la nostra Patria. Perciò il compito dell’Esercito Rosso, dei suoi combattenti, dei suoi mitraglieri, dei suoi artiglieri, dei suoi mortaisti, dei suoi carristi, dei suoi aviatori e cavalleggeri, consiste nello studiare l’arte militare, nello studiare tenacemente, studiare alla perfezione la propria arma, diventare maestri nel proprio campo ed imparare in tal modo a battere il nemico a colpo sicuro. Soltanto così si può apprendere l’arte di vincere il nemico»(92).
E anche in seguito, nel corso di tutta la guerra il compagno Stalin indicava continuamente la necessità di perfezionare l’istruzione militare, di aumentare le proprie conoscenze e le proprie capacità nell’utilizzare i mezzi tecnici militari e di assimilare l’arte di condurre le truppe, l’arte di vincere il nemico secondo tutte le regole della scienza militare moderna. Applicando queste direttive con tenacia e perseveranza, l’Esercito Rosso apprese l’arte di infliggere durissimi colpi al nemico.
Nell’estate del 1942, approfittando della mancanza del secondo fronte in Europa, i tedeschi gettarono tutte le loro riserve e anche le truppe dei loro alleati, sul fronte sovietico-tedesco, e concentrarono nella direzione sud-occidentale una grande quantità di truppe.
Il compagno Stalin aveva previsto il piano del comando germanico, che tentava di creare l’impressione che lo scopo principale dell’offensiva estiva tedesca fosse l’occupazione delle zone petrolifere di Grosni e di Bacu. Ma in realtà lo scopo principale consisteva, come indicava Stalin, nell’aggirare Mosca dall’est, tagliarla dalle retrovie del Volga e degli Urali e poi colpire Mosca e terminare così la guerra nel 1942.
Per ordine del Comandante Supremo Stalin, le truppe sovietiche sbarrarono la marcia del nemico verso Nord, alle spalle di Mosca. Verso la metà del luglio 1942 i tedeschi iniziarono l’offensiva su Stalingrado, calcolando di impadronirsi della città d’un colpo, di sfondare il fronte sovietico e di continuare l’avanzata lungo il Volga verso Nord, avvolgendo ad arco Mosca. Il compagno Stalin ordinò di difendere Stalingrado ad ogni costo. Il 5 ottobre del 1942 il compagno Stalin dette ordine al comandante del fronte di Stalingrado: «Esigo che voi prendiate tutte le misure per difendere Stalingrado. Stalingrado non deve essere abbandonata al nemico»(93).
Si iniziò la più grandiosa battaglia che conosca la storia, la battaglia per Stalingrado. L’Esercito Rosso difendeva eroicamente la famosa città sul Volga che portava il nome di Stalin. Le tradizioni combattive dell’epopea di Zarizin del 1918 risorsero durante i combattimenti per Stalingrado. Nel colmo della lotta i combattenti, comandanti e i dirigenti politici del fronte Stalingrado, inviarono una lettera al compagno Stalin. Ogni parola sembrava un giuramento: «Al cospetto delle nostre bandiere, al cospetto di tutto il Paese dei Soviet, noi giuriamo che non macchieremo la gloria delle armi russe, che lotteremo fino all’ultimo sangue. Sotto la vostra direzione i nostri padri vinsero la battaglia di Zarizin, sotto la vostra direzione noi vinceremo anche oggi la grande battaglia di Stalingrado!»(94).
Nei giorni in cui il nemico riusciva ad infiltrarsi in Stalingrado e nei contrafforti del Caucaso, il Paese dei Soviet celebrò il XXV anniversario della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre. Il 6 novembre 1942 alla seduta solenne del Soviet di Mosca Stalin tenne un rapporto.
Il compagno Stalin illustrò dettagliatamente l’attività degli organi dello Stato e del partito durante l’anno trascorso nel campo dell’edificazione pacifica e dell’organizzazione di solide retrovie per il fronte e nel campo dello svolgimento delle operazioni difensive e offensive dell’Esercito Rosso.
Facendo il bilancio del lavoro organizzativo nelle retrovie, il compagno Stalin rilevò che durante la guerra era stato compiuto un lavoro organizzativo difficilissimo e complicatissimo consistente nel trasferire le basi dell’industria bellica e civile nelle zone orientali del paese, nella trasformazione e nel miglioramento radicale dell’attività delle aziende rifornenti il fronte. «Bisogna riconoscere - diceva il compagno Stalin - che il nostro paese non ha mai avuto retrovie così solide e così ben organizzate»(95).
Spiegando il fatto che nell’estate del 1942 i tedeschi avevano ottenuto dei seri successi tattici, il compagno Stalin notò che l’assenza del secondo fronte in Europa aveva dato ai tedeschi la possibilità di ammassare la maggior parte delle loro forze nel settore sud-occidentale.
Esaminando la questione del secondo fronte in Europa nel suo aspetto storico, il compagno Stalin citò le seguenti cifre caratteristiche: nella prima guerra mondiale la Germania che combatteva su due fronti, aveva gettato in tutto contro il fronte russo 127 divisioni tedesche e sue alleate. Nella guerra attuale la Germania, combattendo su un solo fronte, ha lanciato sul fronte sovietico-germanico 240 divisioni, cioè quasi due volte di più che nella prima guerra mondiale.
Solamente l’eroismo dell’Esercito Sovietico e dei partigiani, l’abnegazione dei patrioti sovietici nelle retrovie e le giuste direttive del Comandante Supremo, dirigente del partito e dello Stato sovietico, compagno Stalin, riuscirono a superare le gigantesche difficoltà di far fronte alla invasione delle orde hitleriane. Il compagno Stalin, pieno di fierezza per il Paesi dei Soviet, per il popolo sovietico ed il suo esercito diceva:
«Penso che nessun altro paese e nessun altro esercito potrebbe sostenere una simile pressione delle imbestialite bande dei briganti fascisti tedeschi e dei loro alleati. Soltanto il nostro paese sovietico e soltanto il nostro Esercito Rosso sono capaci di sostenere tale pressione. E non solo di sostenerla, ma di vincerla»(96).
Il compagno Stalin assegnò all’Esercito Rosso il compito di non lasciare più avanzare il nemico e di prepararsi tenacemente ad infliggergli un colpo decisivo.
L’Esercito Rosso e tutto il popolo sovietico accolsero con grande entusiasmo le parole del loro capo e capitano. Milioni di operai e colcosiani aumentarono ancora la produzione di armi e di viveri per l’esercito. Per iniziativa dei colcosiani e delle colcosiane della regione di Tambov si svolse nel paese un grandioso movimento di raccolta di fondi a beneficio dell’Esercito Rosso.
L’ordine del giorno del Commissario del Popolo della Difesa, G.V. Stalin per il 7 novembre 1942 riempì il cuore dei popoli sovietici di una fiducia incrollabile nella vittoria. «Il nemico ha già sperimentato una volta la forza dei colpi dell’Esercito Rosso sotto Rostov, sotto Mosca, sotto Tikhvin. Non è lontano il giorno in cui il nemico proverà la forza di nuovi colpi dell’Esercito Rosso. La nostra ora verrà!» (97).
Una conferma brillante di queste parole del compagno Stalin fu la disfatta dei tedeschi sotto Stalingrado.
Il saggio condottiero, col cui nome sulle labbra i guerrieri sovietici si lanciavano nel combattimento, aveva previsto lo sviluppo degli avvenimenti e aveva sottoposto alla sua volontà d’acciaio il corso della gigantesca battaglia.
Il 19 novembre 1942 per ordine di Stalin le truppe sovietiche passarono all’offensiva alle porte di Stalingrado. Il colpo fu assestato ai fianchi e quindi alle retrovie delle truppe tedesche. Il piano strategico, elaborato e compiuto sotto la direzione del compagno Stalin, consistente nell’assestare dei colpi ai fianchi assicurò una nuova brillante vittoria all’Esercito Rosso. In poco tempo le truppe sovietiche accerchiarono nella regione di Stalingrado un esercito di 300 mila tedeschi, annientandone una parte e catturandone un’altra.
Questa fu la più grande vittoria nella storia delle grandi guerre. La battaglia per Stalingrado è stata un capolavoro di arte militare. Essa ha costituito una nuova prova della perfezione raggiunta dalla scienza militare sovietica d’avanguardia. La vittoria di Stalingrado rappresenta un brillante trionfo della strategia e della tattica staliniane, il trionfo del piano geniale e della saggia previsione del grande condottiero, che aveva compreso con perspicacia le intenzioni del nemico e aveva saputo trar vantaggio dai lati deboli della sua strategia avventuriera.
Secondo il giudizio di Stalin «Stalingrado è stato il tramonto dell’esercito fascista tedesco. Dopo la strage di Stalingrado i tedeschi, come è noto, non hanno più potuto riprendersi»(98).
L’Esercito Sovietico, dopo essersi impadronito nei giorni della battaglia di Stalingrado dell’iniziativa, continuava le sue operazioni offensive. Si iniziò la cacciata in massa del nemico dal Paese dei Soviet.
Nell’ordine del giorno del 23 febbraio 1943 il compagno Stalin, giudicando i successi delle nostre truppe e l’eroismo degli uomini sovietici, rilevava: «Il nostro popolo serberà memoria perenne della eroica difesa di Sebastopoli e di Odessa, dei tenaci combattimenti davanti a Mosca e sui contrafforti del Caucaso, nella zona di Rsgev e davanti a Leningrado, e della più grande battaglia che conosca la storia delle guerre: la battaglia alle porte di Stalingrado. I nostri valorosi combattenti, comandanti e dirigenti politici, in queste grandi battaglie hanno coperte di gloria indelebile le agguerrite bandiere dell’Esercito Rosso e hanno gettato salde basi per la vittoria sulle armate fasciste tedesche»(99).
Nel frattempo il Comandante Supremo raccomandava ai combattenti e ai comandanti dell’Esercito Sovietico di non lasciarsi trascinare a illusioni pericolose dai successi ottenuti. Il compagno Stalin raccomandò di ricordarsi bene degli insegnamenti del grande Lenin: «La prima cosa è di non lasciarsi trascinare dalla vittoria e di non pavoneggiarsi, la seconda è di consolidare la vittoria, la terza di dare il colpo di grazia al nemico»(100).
In conseguenza della campagna offensiva invernale del 1942-43 le truppe sovietiche non solamente annullarono i successi tattici che aveva ottenuto il nemico durante l’estate del 1942, ma cominciarono a liberare le regioni conquistate dai tedeschi fin dall’inizio della guerra.
Lo Stato sovietico apprezzò altamente i meriti eccezionali del Comandante Supremo delle forze armate dell’U.R.S.S., compagno Stalin. Il 6 marzo 1943 il Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S. conferì a Giuseppe Vissarionovic Stalin il grado di Maresciallo dell’Unione Sovietica.
Nonostante le sconfitte e le enormi perdite, nell’estate del 1943 i tedeschi intrapresero una nuova offensiva. Il compagno Stalin previde il piano del nemico che calcolava di potere, con un colpo assestato da due parti, cioè dalla regione di Oriol e da quella di Bielgorod, accerchiare ed annientare le truppe sovietiche concentrate nel saliente di Kursk, per intraprendere in seguito l’offensiva su Mosca.
Il 2 luglio il compagno Stalin avverti il comando delle truppe del settore Oriol-Kursk della possibilità di un’offensiva tedesca fra il 3 e 6 luglio. E quando il 5 luglio le truppe fasciste tedesche passarono con forze ingenti all’offensiva nei settori di Oriol-Kursk e Bielgorod, esse urtarono contro la resistenza accanita delle truppe sovietiche. Il piano dell’offensiva tedesca crollò - la difesa sovietica risultò esser più forte.
In seguito alla famosa battaglia di Kursk, le truppe sovietiche dopo aver logorato e dissanguato le divisioni scelte fasciste sfondarono il fronte nemico e passarono alla loro volta all’offensiva.
Il 24 luglio il Comandante Supremo, Maresciallo dell’Unione Sovietica G.V. Stalin, emanò un ordine del giorno sulla liquidazione definitiva dell’offensiva tedesca di luglio. In quest’ordine del giorno era detto che il piano tedesco di offensiva estiva era completamente fallito e «in questo modo è stata sfatata la leggenda che d’estate le offensive tedesche ottengono sempre successo, e le truppe sovietiche sono costrette a battere in ritirata»(101).
L’offensiva dell’Esercito Sovietico continuava con esito. Il 5 agosto 1943 le truppe sovietiche s’impadronirono delle città di Oriol e di Bielgorod. Il Comandante Supremo, Maresciallo dell’Unione Sovietica G.V. Stalin, in un ordine del giorno speciale rilevò l’importanza di questa nuova grande vittoria delle truppe sovietiche. Nella capitale della nostra Patria, Mosca, furono sparate salve di artiglieria in onore delle valorose truppe che avevano liberato Oriol e Bielgorod. D’allora in poi le salve di Mosca diventarono da noi una tradizione del tempo di guerra.
La disfatta delle truppe tedesche sotto Kursk ebbe un’importanza decisiva per l’ulteriore corso della guerra. «Se la battaglia sotto Stalingrado - dice Stalin - preannunciò il tramonto dell’esercito fascista tedesco, la battaglia sotto Kursk lo ha posto davanti alla catastrofe»(102).
Colla battaglia di Kursk e la liquidazione della piazzaforte tedesca di Oriol, s’iniziò una nuova potente offensiva dell’Esercito Sovietico. Verso novembre del 1943 le nostre truppe avevano liberato circa i due terzi della terra sovietica, temporaneamente occupata dal nemico.
Il Presidium dei Soviet Supremo dell’U.R.S.S. decorò il 6 novembre 1943 il compagno Stalin dell’ordine di Suvorov di I classe per la giusta direzione delle operazioni dell’Esereito Rosso nella guerra per la difesa della Patria e per i successi ottenuti.
I partigiani prestarono un grande aiuto alle truppe sovietiche nell’offensiva del 1943. Gli appelli del compagno Stalin di «far divampare la fiamma del movimento partigiano di tutto il popolo nelle retrovie del nemico, annientare le retrovie nemiche, sterminare i ribaldi fascisti tedeschi»(103), suscitarono un potente movimento partigiano. I partigiani agivano attivamente nelle retrovie dei tedeschi, distruggendone le comunicazioni, sterminando i soldati e gli ufficiali fascisti. Stalin dirigeva il movimento partigiano, convocava a Mosca riunioni dei comandanti dei reparti partigiani.
Nel suo rapporto alla seduta solenne del Soviet di Mosca, il 6 novembre 1943, il compagno Stalin, tracciò il quadro grandioso delle storiche vittorie riportate dal popolo sovietico e dal suo esercito.
Il 1943 è stato «un anno di svolta nella guerra per la difesa della Patria»(104),- disse il compagno Stalin.
«I risultati e le conseguenze delle vittorie dell’Esercito Rosso si son fatti sentire molto al di là del fronte sovietico-tedesco, hanno cambiato tutto il corso ulteriore della guerra mondiale e hanno acquistato una grande importanza internazionale»(105)
Le vittorie delle truppe sovietiche rafforzarono ancor più la situazione internazionale dell’U.R.S.S. Il 1943 fu un anno di svolta non soltanto nella guerra dell’Unione Sovietica per la difesa della Patria, ma anche in tutta la guerra mondiale. L’offensiva dell’Esercito Rosso nel 1943 fu sostenuta dalle operazioni delle truppe alleate nell’Africa del Nord ed in Italia, e anche dal bombardamento da parte della aviazione alleata dei centri militari industriali della Germania. L’alleato principale della Germania, l’Itala fascista, subì poco dopo una bancarotta militare e politica e nel settembre del 1943 capitolò senza condizioni. Ci fu un colpo serio per la coalizione hitleriana.
In conseguenza della sagace politica estera staliniana fallirono i tentativi del nemico di seminare la discordia fra le grandi potenze, associatesi per debellare la Germania hitleriana. Alla conferenza dei dirigenti delle tre potenze alleate che ebbe luogo nel novembre 1943 a Teheran dove il compagno Stalin s’incontrò col Presidente degli Stati Uniti d’America e col Primo ministro della Gran Bretagna, fu approvata una Dichiarazione sulle azioni comuni nella guerra contro la Germania e sulla collaborazione fra le tre potenze nel dopoguerra.
Il 1943 fu un anno di svolta anche nel lavoro delle retrovie sovietiche. Un’economia bellica ben organizzata e in rapido sviluppo, creata grazie agli sforzi del nostro popolo, assicurò la superiorità quantitativa e qualitativa dei mezzi tecnici di guerra dell’Esercito Sovietico su quelli tedeschi. Secondo le indicazioni dirette del compagno Stalin gli ingegneri costruttori sovietici svolgevano un proficuo lavoro per perfezionare gli armamenti e per creare nuovi tipi di armi.
Negli anni di guerra il Paese sovietico combatteva e continuava a costruire. Non un solo giorno fu interrotto il lavoro per la costruzione di nuove aziende industriali, miniere, alti forni, centrali elettriche. Nuove officine metallurgiche furono messe in attività a Celiabinsk, nell’Usbekistan, nuovi alti forni a Taghil, Magnitogorsk, ecc. Una nuova officina per la lavorazione dell’alluminio cominciò a lavorare a Stalinsk. Cominciarono a funzionare le centrali elettriche di Celiabinsk, di Stalinsk e molte altre.
Il compagno Stalin incitava le maestranze delle aziende a accellerare ancor di più i ritmi nei lavori di costruzione e a familiarizzarsi con i nuovi impianti tecnici. Nel dicembre 1943 il compagno Stalin si congratulò con i costruttori e i metallurgici del complesso industriale di Magnitogorsk che in un brevissimo periodo di tempo, nelle difficili condizioni del tempo di guerra, avevano costruito un potentissimo alto forno. Il compagno Stalin sottolineò anche i successi dei lavoratori della officina metallurgica di Enakievo. Congratulandosi con gli operai di Enakievo, Giuseppe Vissarionovic rilevò che il loro lavoro dimostrava che «il difficile compito della ricostruzione dell’industria e della liquidazione delle conseguenze della barbara amministrazione tedesca poteva essere assolto in breve tempo»(106).
Il compagno Stalin dedicava un’attenzione eccezionale al lavoro per la ricostruzione dell’economia nazionale nelle zone che venivano liberate dall’Esercito Sovietico. Per iniziativa del compagno Stalin nell’agosto del 1943 il Consiglio dei Commissari del Popolo dell’U.R.S.S. e il C.C. del P.C.(b) dell’U.R.S.S. adottarono la risoluzione «Sulle misure urgenti per ricostruire l’economia nelle zone liberate dall’invasione tedesca».
Il popolo sovietico appoggiava eroicamente le operazioni militari delle sue forze armate. Il lavoro pieno di abnegazione dei cittadini sovietici nelle retrovie, i meriti degli operai, dei colcosiani e degli intellettuali sovietici negli anni di guerra furono giudicati dal compagno Stalin come un’impresa senza precedenti in difesa della Patria.
Nel corso della guerra per la difesa della Patria si temprava sempre più l’amicizia fra i popoli dell’Unione Sovietica. Tutti i popoli del Paese sovietico erano sorti unanimemente in difesa della propria Patria.
All’inizio del 1944, per iniziativa del compagno Stalin, il Soviet Supremo dell’U.R.S.S. prese la decisione di trasformare il Commissariato del Popolo della Difesa e il Commissariato del Popolo degli affari esteri da commissariati del popolo federali in commissariati del popolo federali-repubblicani e di costituire nelle repubbliche federate commissariati del popolo della difesa e degli affari esteri.
L’adozione di tali decisioni segnò un nuovo passo verso la soluzione della questione nazionale nell’U.R.S.S. e contribuì all’ulteriore sviluppo della politica nazionale leninista-staliniana che assicura il successo allo sviluppo dell’organizzazione statale nazionale di tutti i popoli dell’Unione Sovietica.
Il 1944 fu un anno di vittorie decisive dell’Esercito Sovietico. Eseguendo il geniale piano strategico del compagno Stalin, l’Esercito Sovietico assestò dieci potenti colpi consecutivi alle truppe tedesche. Il compagno Stalin fece una relazione particolareggiata di queste azioni militari nel XXVII anniversario della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre. In seguito a questi colpi furono completamente liberate le zone dell’Unione Sovietica temporaneamente occupate dagli invasori nazisti e il nemico fu cacciato al di là dei confini sovietici. Le operazioni militari dell’Esercito Sovietico furono trasferite sul territorio della Germania e dei suoi complici.
Il 20 giugno 1944 il Presidente del Comitato esecutivo del Soviet dei deputati dei lavoratori della città di Mosca, a nome del Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S., conferì nel Kremlino la prima medaglia «Per la difesa di Mosca» al Presidente del Comitato di Difesa dello Stato, Comandante Supremo e Maresciallo dell’Unione Sovietica, G.V. Stalin, per aver assicurata la difesa eroica di Mosca e Organizzati la disfatta delle truppe tedesche sotto Mosca.
Per i suoi meriti eccezionali nell’organizzazione e nell’esecuzione delle operazioni offensive dell’Esercito Rosso, che avevano portato alla schiacciante disfatta dell’esercito tedesco e al cambiamento radicale della situazione sul fronte di combattimento contro gli invasori fascisti tedeschi a vantaggio dell’Esercito Rosso, il Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S. decorò il 29 luglio 1944 Giuseppe Vissarionovic Stalin dell’ordine della «Vittoria».
Il felice compimento del piano strategico staliniano nel 1944 portò a grandi risultati militari e politici. Sotto i colpi delle truppe sovietiche gli ex alleati della Germania hitleriana: la Romania, la Finlandia, la Bulgaria capitolarono e volsero le armi contro la Germania. L’Ungheria era alla vigilia della capitolazione. In tal modo fu attuato l’isolamento quasi completo della Germania. La situazione militare che si era determinata significava che l’Unione Sovietica era in condizioni, anche senza l’aiuto degli alleati, di occupare con le proprie forze tutta la Germania e procedere alla liberazione della Francia. Questa circostanza costrinse l’ex-primo ministro dell’Inghilterra Churchill, che fino allora si era opposto all’apertura del secondo fronte in Europa, ad iniziare l’invasione dell’Europa occidentale. Nel giugno del 1944 gli alleati riuscirono felicemente a sbarcare con grandi forze nella Francia del Nord.
La Germania hitleriana, come l’aveva appunto previsto il compagno Stalin, venne a trovarsi nella morsa dei due fronti.
Nel suo rapporto per il XXVII anniversario della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre, il 6 novembre 1944, il compagno Stalin espresse la certezza che l’Esercito Rosso, compiuto il dovere patriottico di liberare la Patria dal nemico, avrebbe assolto completamente la missione storica, di dare il colpo di grazia alla belva fascista nella sua stessa tana ed innalzare su Berlino la bandiera della vittoria.
Il popolo sovietico al fronte e nelle retrovie accolse con grande entusiasmo il giudizio di Stalin sul cammino percorso dal paese e dall’esercito e l’appello di Stalin: a Berlino!
Si iniziò l’offensiva decisiva delle truppe sovietiche contro la tana della belva fascista. L’esercito Sovietico in breve tempo liberò dai tedeschi la capitale della Polonia, Varsavia, e s’inoltrò nel cuore della Prussia orientale. L’offensiva delle truppe sovietiche si estese a tutto il fronte.
All’inizio del febbraio 1945 in Crimea ebbe luogo la Conferenza dei capi delle tre potenze alleate - l’U.R.S.S., gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna.
Alla Conferenza furono prese importantissime decisioni militari e politiche su problemi concernenti la disfatta della Germania e la sua situazione nel dopoguerra, come pure decisioni sui problemi politici ed economici fondamentali dell’Europa liberata. Furono concordati e elaborati dettagliatamente i piani per l’epoca, le proporzioni e il coordinamento dei nuovi potenti colpi che gli eserciti alleati avrebbero inferto contro la Germania dall’oriente, dall’occidente, dal nord e dal sud. In questa stessa Conferenza fu definito l’intervento dell'U.R.S.S. nella guerra contro il Giappone.
Il Paese dei Soviet celebrò il XXVII anniversario della fondazione dell’Esercito Rosso in un periodo di vittorie storiche senza precedenti. In un’offensiva di 40 giorni nel gennaio-febbraio del 1945 le truppe sovietiche, con impetuose ed abili azioni, ricacciarono il nemico lontano ad occidente, liberarono completamente la Polonia e considerevole parte della Cecoslovacchia, e occuparono gran parte della Prussia orientale e della Slesia tedesca. Sotto la pressione delle truppe sovietiche l’Ungheria, ultimo alleato della Germania in Europa, uscì dalla guerra.
I successi dell’offensiva invernale dell’Esercito Rosso furono celebrati dal compagno Stalin nel suo ordine del giorno del 23 febbraio 1945: «La completa vittoria sui tedeschi è ormai vicina»(107), - diceva Stalin.
Il compagno Stalin affermò che l’Esercito Rosso aveva imparato a sbaragliare ed annientare il nemico secondo tutte le regole della scienza militare moderna. «I generali e gli ufficiali dell’Esercito Rosso associano in modo magistrale i colpi schiaccianti di potenti mezzi tecnici all’abile ed impetuosa manovra»(108).
Attuando il piano strategico staliniano, l’Esercito Rosso strappò importantissime piazzaforti alle truppe fasciste tedesche nel sud, si impadronì della capitale dell’Austria, Vienna, sbaragliò i contingenti tedeschi, isolati nella Prussia orientale, s’impadronì della regione industriale della Slesia, d’importanza vitale per la Germania, e giunse alle porte di Berlino. Con ciò furono create le condizioni per sferrare l’ultimo assalto decisivo contro la Germania hitleriana.
La parola d’ordine del compagno Stalin «Innalzare su Berlino la bandiera della vittoria» (109) spronò gli uomini sovietici a compiere nuove gesta nel loro lavoro e sui campi di battaglia.
Alla vigilia dell’assalto di Berlino G.V. Stalin, per incarico del governo dell’Unione Sovietica firmò il Trattato di amicizia, di mutua assistenza e di collaborazione nel dopoguerra fra l’Unione Sovietica e la Repubblica Polacca. Nel discorso pronunziato il 21 aprile 1945 in occasione della firma del Trattato, il compagno Stalin disse:
«Le nazioni, amanti della libertà e soprattutto le nazioni slave, attendono con impazienza la conclusione di questo Trattato, giacché esse comprendono che il significato di questo Trattato è il rafforzamento del fronte unico delle Nazioni Unite contro il nemico comune in Europa»(110).
Il 2 maggio 1945 la radio diffuse in tutto il mondo le parole d’ordine del giorno del Comandante Supremo alle truppe dell’Esercito Rosso e della Marina Rossa: le truppe sovietiche «hanno condotto a termine l’annientamento delle truppe tedesche accentrate a Berlino ed oggi, 2 maggio, si sono completamente impadronite della capitale della Germania, Berlino, centro dell’imperialismo tedesco e focolaio dell’aggressione tedesca»(111). L’Esercito Rosso aveva realizzato la parola d’ordine di Stalin: la bandiera della vittoria sventolava su Berlino!
La sorte della Germania hitleriana era ormai decisa. L’8 maggio 1945 i rappresentanti del comando supremo tedesco firmarono a Berlino la capitolazione incondizionata delle forze armate tedesche. Per celebrare la fine vittoriosa della Grande guerra del popolo sovietico per la difesa della Patria che era stata coronata dalla completa disfatta della Germania hitleriana, il 9 maggio fu dichiarato giorno di trionfo popolare, festa della vittoria.
In questa giornata storica Giuseppe Vissarionovic Stalin diresse per radio un messaggio al popolo.
«Compagni, compatrioti e compatriote!
Il grande giorno della vittoria sulla Germania è giunto. La Germania fascista, messa in ginocchio dall’Esercito Rosso e dalle truppe dei nostri alleati, si è riconosciuta vinta ed ha dichiarata la capitolazione incondizionata...
...Possiamo ora dichiarare con piena ragione che il giorno storico della disfatta definitiva della Germania è giunto, è giunto il giorno della grande vittoria del nostro popolo sull’imperialismo tedesco...
... Mi congratulo con voi per la vittoria, miei cari compatrioti e compatriote!»(112).
Il popolo sovietico cantava vittoria. Tutti i pensieri, tutti i sentimenti dei cittadini sovietici erano rivolti a colui, che aveva guidato il nostro paese attraverso le difficoltà e le prove della guerra, che aveva salvato il paese dalla rovina e il cui genio aveva indicato il cammino verso la vittoria, la cui volontà aveva portato il paese alla vittoria, - al grande Stalin.
Uno dei grandi meriti del compagno Stalin di fronte alla Patria è il fatto di aver saputo, durante la guerra per la difesa della Patria, scegliere, formare e chiamare a cariche responsabili nuovi
quadri militari dirigenti, che hanno sostenuto sulle proprie spalle tutto il peso della guerra contro la Germania e i suoi alleati. Essi sono: Bulganin, Vassilevski, Koniev, Govorov Ziukov, Vatutin, Cerniakhovski, Antonov, Sokolovski, Merezkov, Rokossovski, Malinovski, Voronov, Tolbukhin, Iakovlev, Malinin, Galizki, Trofimenko, Gorbatov, Stemenko, Kurassov, Verscinin, Golovanov, Fedorenko, Ribalko, Bogdanov, Katukov, Lieliuscenko e molti altri.
Il 24 maggio il governo dell’Unione Sovietica diede un ricevimento al Kremlino in onore dei comandanti delle truppe dell’Esercito Rosso - condottieri della scuola staliniana.
Il compagno Stalin parlò a questo ricevimento sui meriti del popolo sovietico nella guerra per la difesa della Patria, ed anzitutto del popolo russo, preminente fra tutti i popoli che fanno parte dell’Unione Sovietica. Il popolo russo, disse il compagno Stalin, in questa guerra è stato a buon diritto riconosciuto come la forza dirigente dell’Unione Sovietica fra tutti i popoli del nostro paese. Il compagno Stalin fece un brindisi alla salute del popolo russo, che non solo è il popolo dirigente, ma anche è dotato di limpida intelligenza, di carattere fermo, cui la precipitazione è estranea, e di pazienza ragionevole. L’illimitata fiducia del popolo russo verso il governo sovietico, la fiducia nella giustezza della sua politica e il completo appoggio del popolo russo al governo sovietico e al partito bolscevico, disse il compagno Stalin, sono stati «la forza decisiva, che ha assicurato la storica vittoria sul nemico dell’umanità, - sul fascismo»(113).
Per ordine del Comandante Supremo, compagno Stalin, il 24 giugno 1945 ebbe luogo a Mosca, nella Piazza Rossa, la rivista delle truppe dell’Esercito combattente, della Marina da Guerra e della guarnigione di Mosca - la Parata della Vittoria. E proprio qui, sulla Piazza Rossa, l’Esercito Sovietico portò le bandiere delle armate e delle divisioni fasciste tedesche sconfitte ed annientate. Queste bandiere furono gettate ai piedi del popolo sovietico vincitore, sul basamento del Mausoleo di Lenin, sulla cui tribuna si trovava il Grande Condottiero Stalin.
Interpretando la volontà di tutto il popolo sovietico, il Presidium del Soviet Supremo dell’U.R.S.S., il 26 giugno 1945, decorò il Maresciallo dell’Unione Sovietica Giuseppe Vissarionovic Stalin con il secondo ordine della «Vittoria», per meriti eccezionali nell’organizzazione di tutte le forze armate dell’Unione Sovietica, e per aver saputo dirigerle magistralmente nella Grande guerra per la difesa della Patria, terminatasi con una completa vittoria sulla Germania hitleriana.
A Giuseppe Vissarionovic Stalin, Maresciallo dell’Unione Sovietica, capo dell’Esercito Rosso nei duri giorni della difesa della nostra Patria e della sua capitale Mosca e che aveva diretto con eccezionale coraggio e risolutezza la lotta contro la Germania hitleriana, furono conferiti il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica, l’ordine di Lenin e la medaglia «Stella d’Oro».
Il 27 giugno 1945 al Comandante Supremo di tutte le forze armate dell’U.R.S.S., Giuseppe Vissarionovic Stalin, fu conferito il supremo grado militare - di Generalissimo dell’Unione Sovietica.
Il 16 luglio 1945 G.V. Stalin giunse a Berlino dove dal 17 luglio al 2 agosto ebbe luogo la Conferenza delle tre potenze - U.R.S.S., Stati Uniti d’America e Gran Bretagna. La Conferenza di Berlino prese importanti decisioni dirette a consolidare la vittoria ottenuta, fra cui decisioni riguardanti la Germania, l’Austria e la Polonia.
Condotta a termine vittoriosamente la guerra contro la Germania hitleriana, il Paese dei Soviet intraprese un intenso lavoro per ricostruire l’economia distrutta dagli invasori tedeschi e per costruire nuove fabbriche e officine.
Ma il Paese dei Soviet non poteva considerare la sua sicurezza garantita fino a quando fosse esistito un secondo focolaio di guerra - il Giappone imperialista, che aveva respinta la condizione imposta dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Cina di una capitolazione incondizionata. Gli alleati si rivolsero al governo sovietico colla proposta d’intervenire nella guerra contro l’aggressore giapponese. Il governo sovietico, fedele al suo dovere di alleato, accettò questa proposta degli alleati e dichiarò la guerra al Giappone.
Il popolo sovietico approvò e appoggiò questa decisione come l’unico passo giusto capace di assicurare al nostro paese la sicurezza non solo ad Occidente, ma anche ad Oriente, di accelerare la fine della guerra e contribuire al rapido ristabilimento della pace generale.
La mattina del 9 agosto 1945 le truppe sovietiche, le navi e le unità della flotta dell’Oceano Pacifico iniziarono le operazioni belliche contro le truppe giapponesi in Estremo Oriente.
L’Esercito giapponese del Kwantung dopo accaniti ma infruttuosi contrattacchi, fu costretto a cessare la resistenza, depose le armi e si arrese alle truppe sovietiche. L’Esercito Sovietico liberò dai giapponesi la Manciuria, la parte Meridionale dell’isola Sakhalin, la Corea settentrionale e le isole Curili.
L’intervento dell’Unione Sovietica nella guerra contro il Giappone, l’impetuosa offensiva delle unità dell’Esercito Sovietico, che sbaragliarono una gran parte delle truppe giapponesi, costrinsero il Giappone a capitolare. Il 2 settembre 1945 i rappresentanti dello Stato e dell’esercito giapponese firmarono a Tokio l’atto di capitolazione incondizionata.
Nel giorno della vittoria sul Giappone il compagno Stalin parlò alla radio. Il capo comunicò al popolo sovietico una lieta notizia:
«D’ora innanzi possiamo considerare la nostra Patria liberata dalla minaccia dell’invasione tedesca in Occidente e dell’invasione giapponese in Oriente. Per i popoli del mondo intiero è giunta la pace tanto attesa»(114).
Aveva vinto il regime sociale sovietico, aveva vinto il regime statale sovietico, avevano vinto le forze armate sovietiche, aveva vinto la giusta politica del partito comunista bolscevico.
Negli anni della guerra per la difesa della Patria il popolo sovietico apprezzò ancor più profondamente la grandezza del proprio capo, maestro, condottiero ed amico, Giuseppe Vissarionovic Stalin, la sua illimitata devozione alla Patria Sovietica, la sua instancabile preoccupazione per l’ascesa e la prosperità della potenza socialista.
Stalin incitò il popolo sovietico a resistere al nemico, Stalin condusse il popolo sovietico alla vittoria.
Pur dirigendo le operazioni militari delle forze armate sovietiche, il lavoro di organizzazione e l’amministrazione dell’economia nazionale nelle retrovie, durante la guerra il compagno Stalin continuava a svolgere una vasta attività teorica, elaborava e faceva progredire la scienza marxista-leninista.
Nei discorsi e ordini del giorno del compagno Stalin raccolti nel libro «Sulla Grande guerra dell’U.R.S.S. per la difesa della Patria» sono state ulteriormente sviluppate la scienza militare sovietica, la teoria sullo Stato socialista sovietico, sulle sue funzioni e sulle cause della sua forza. Il compagno Stalin tirò le somme dell’esperienza fatta dallo Stato sovietico nelle condizioni della guerra ed indicò il cammino per l’ulteriore consolidamento della forza economica e militare della potenza sovietica.
Nel rapporto per il XXVI anniversario della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre il compagno Stalin illustrò la grande importanza del partito bolscevico, del regime sovietico, dell’amicizia fra i popoli dell’Unione Sovietica e del patriottismo degli uomini sovietici per ottenere la vittoria sugli invasori fascisti.
«Nei giorni della guerra per la difesa della Patria il partito ci è apparso come l’animatore e l’organizzatore della lotta di tutto il popolo contro gli invasori fascisti. Il lavoro organizzativo del partito ha unito in un tutto unico e ha diretto verso lo scopo comune tutti gli sforzi dei cittadini sovietici, subordinando tutte le nostre forze e i nostri mezzi alla causa della disfatta del nemico. Durante la guerra il partito si è ancor più fuso col popolo, si è legato ancor più strettamente con le grandi masse lavoratrici.
Questa è la fonte della forza del nostro Stato»(115).
Fonte della forza dell’Unione Sovietica è il regime socialista sovietico.
«Gli insegnamenti della guerra dicono che il regime sovietico non ha soltanto dimostrato di essere la migliore forma di organizzazione per l’ascesa economica e culturale del paese negli anni della edificazione pacifica, ma anche la migliore forma di mobilitazione di tutte le forze del popolo per far fronte al nemico in tempo di guerra»(116).
«Il regime socialista, generato dalla Rivoluzione d’Ottobre, ha dato al nostro popolo e al nostro esercito una forza grande e invincibile»(117).
La guerra è stata una dura prova per tutte le forze materiali e spirituali dello Stato sovietico e una prova della sua saldezza e vitalità. Lo Stato sovietico socialista ha sostenuto la prova con onore ed è uscito dalla guerra ancor più rinvigorito, forte e saldo come aveva previsto il compagno Stalin.
Nuove deduzioni e generalizzazioni furono fatte dal compagno Stalin sul significato dell’economia dello Stato sovietico. L’esperienza della guerra, diceva il compagno Stalin, ha provato che «la base economica dello Stato sovietico si è dimostrata incomparabilmente più vitale dell’economia degli Stati nemici»(118).
Durante la guerra, mentre l’economia dei paesi nemici decadeva, l’Unione Sovietica otteneva non solo la possibilità di poter fornire al fronte armamenti e munizioni in quantità sufficiente, ma di accumular delle riserve. Negli ultimi tre anni di guerra l’industria sovietica produceva annualmente una media di oltre 30 mila carri armati, cannoni semoventi e autoblindate; circa 40 mila aeroplani, circa 120 mila cannoni di tutti i calibri, circa 450 mila mitragliatrici leggere e pesanti, oltre 3 milioni di fucili e circa 2 milioni di fucili automatici e 100 mila mortai. Per la loro qualità gli armamenti sovietici non solamente non erano inferiori a quelli tedeschi, ma li superavano.
Valutando l’importanza della lotta degli uomini sovietici contro gli invasori fascisti tedeschi, il compagno Stalin ne dedusse come importantissima conclusione il grande merito storico del popolo sovietico di fronte alla storia dell’umanità: «Il popolo sovietico, con la sua lotta piena di abnegazione, ha salvato la civiltà europea dai vandali fascisti»(119).
Il compagno Stalin giudicò il popolo sovietico un popolo eroico, capace di fare prodigi e di uscire vincitore dalle prove più difficili.
Una delle principali fonti della forza dell’Unione Sovietica, disse il compagno Stalin, è l’amicizia fra i popoli del nostro paese, che ha resistito a tutte le difficoltà e prove della guerra e si è ancor più temprata nella lotta comune di tutti i cittadini sovietici, contro gli invasori fascisti. La grande e indissolubile amicizia fra i popoli del nostro paese si è forgiata sulla solida base della politica nazionale leninista-staliniana e costituisce un esempio, senza precedenti nella storia dell’umanità, di giusta soluzione della questione nazionale.
L’ideologia hitleriana del nazionalismo bestiale e dell’odio di razza è stata vinta dall’ideologia sovietica dell’eguaglianza di tutte le razze e nazioni, dall’ideologia dell’amicizia fra i popoli. Il popolo sovietico non solamente ha riportato una vittoria militare ed economica sulla Germania hitleriana, ma le ha assestato una sconfitta politica e morale.
Grandissima importanza ha la tesi svolta dal compagno Stalin sul patriottismo sovietico che ha ispirato i cittadini sovietici nelle retrovie e combattenti sovietici al fronte a compiere delle gesta nel loro lavoro e nella loro lotta. «Il patriottismo sovietico - dice il compagno Stalin - trae la sua forza non dai pregiudizi razziali o nazionalistici, ma dalla profonda fedeltà e devozione del popolo alla Patria sovietica, dalla fraterna collaborazione dei lavoratori di tutte le nazioni del nostro paese. Nel patriottismo sovietico si fondono armonicamente le tradizioni nazionali dei popoli e gli interessi vitali generali di tutti i lavoratori dell’Unione Sovietica... In pari tempo i popoli dell’U.R.S.S. rispettano i diritti e l’indipendenza dei popoli degli altri paesi e hanno sempre dimostrato di essere disposti a vivere in pace e in amicizia con gli Stati vicini. In ciò va ricercata la base dei vincoli sempre più numerosi e saldi del nostro Stato con i popoli che amano la libertà»(120).
Il compagno Stalin ha fatto progredire la scienza sovietica militare d’avanguardia. Il compagno Stalin ha elaborato la tesi sui fattori permanenti che decidono le sorti della guerra, sulla difesa attiva e le leggi della controffensiva e offensiva, sulla coordinazione delle varie armi e dei mezzi tecnici bellici nelle condizioni odierne della guerra, sulla funzione delle grandi masse di carri armati ed aeroplani nella guerra moderna, sull’artiglieria come l’arma più potente degli eserciti. Nelle varie tappe della guerra il genio di Stalin trovava delle giuste soluzioni, che tenevano pienamente conto delle particolarità di una data situazione.
L’arte militare di Stalin si manifestò sia nella difensiva che nell’offensiva. In seguito alle direttive del compagno Stalin la difesa attiva delle truppe sovietiche fu coordinata con la preparazione della controffensiva. L’offensiva fu combinata con una vigorosa difensiva. Il compagno Stalin elaborò ed applicò in modo magistrale la nuova tattica della manovra, la tattica dello sfondamento simultaneo del fronte nemico in vari punti, tattica tendente a non dare al nemico il tempo di riunire le proprie riserve per concentrarle in un reparto d’assalto, la tattica dello sfondamento del fronte nemico in vari settori e in momenti diversi quando uno sfondamento segue l’altro, tattica tendente ad obbligare il nemico a perder tempo e forze per raggruppare le proprie truppe, la tattica dello sfondamento delle ali dell’esercito nemico, per coglierlo alle spalle, dell’accerchiamento e della distruzione di grandi raggruppamenti di truppe nemiche. Con geniale perspicacia il compagno Stalin indovinava i piani del nemico, e li sconvolgeva. I combattimenti, in cui il compagno Stalin diresse le truppe sovietiche, costituiscono magnifici esempi dell’arte di condurre le operazioni belliche.
Facoltà inventive, originalità di concezione caratterizzano tutte le operazioni belliche, compiute dall’Esercito Sovietico sotto la guida del Generalissimo Stalin.
Il compagno Stalin ha fornito esempi, modello di soluzione scientifica dei problemi delle relazioni internazionali e della politica estera dell’U.R.S.S. durante la guerra e nel dopoguerra. Il compagno Stalin ha tracciato un programma concreto e pratico di attività e di politica nell’opera di organizzazione e ricostituzione della vita statale, economica e culturale dei popoli europei, dopo la vittoria sulla Germania fascista.
Ancora in piena guerra, nel 1942, il compagno Stalin formulò i principi fondamentali dell’azione comune della coalizione anti-hitleriana: distruzione della discriminazione di razza, uguaglianza dei diritti delle nazioni e inviolabilità dei loro territori, liberazione delle nazioni oppresse e ristabilimento dei loro diritti sovrani, diritto di ogni nazione a governarsi secondo il proprio desiderio, ristabilimento delle libertà democratiche.
Nel suo rapporto per il XXVII anniversario della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre il compagno Stalin disse: «Vincere la guerra contro la Germania significa compiere una grande opera storica. Ma vincere la guerra non significa ancora garantire ai popoli una pace stabile e una salda sicurezza nell’avvenire. Si tratta non soltanto di vincere la guerra, ma anche di rendere impossibile il sorgere di una nuova aggressione e di una nuova guerra, se non per sempre, almeno per un lungo periodo di tempo»(121).
Parlando della necessità di garantire la sicurezza in tutto il mondo e di creare una organizzazione internazionale, il compagno Stalin ammoniva che le misure intraprese dalle nazioni unite in questo senso «saranno efficaci se le grandi potenze, che hanno sostenuto il peso principale della guerra contro la Germania hitleriana, agiranno anche nell’avvenire in uno spirito di unanimità e di intesa. Esse non saranno efficaci, se sarà violata questa necessaria condizione»(122).
Nel suo discorso alla riunione elettorale; della circoscrizione «Stalin» di Mosca, il 9 febbraio del 1946, il compagno Stalin tracciò un quadro grandioso delle storiche vittorie riportate dall’Unione Sovietica nella guerra per la difesa della Patria e un grandioso programma per l’ulteriore sviluppo delle forze della società socialista. Il compagno Stalin parlò del nuovo, quarto piano quinquennale di sviluppo dell’economia nazionale, i cui compiti fondamentali consistono nel ristabilire e superare il livello prebellico dell’industria e dell’agricoltura e di superarlo.
II compagno Stalin parlò dei piani per il futuro, della nuova potente ascesa dell’economia nazionale sovietica, della sua scienza e della creazione di condizioni, che possano garantire la nostra Patria da ogni eventualità ed aumentarne ancor più la potenza economica e militare, assicurare una nuova ascesa della sua cultura e un maggior benessere per il popolo.
Nel febbraio del 1946 il popolo sovietico in base alla Costituzione Staliniana fu chiamato a votare nuovamente per il Soviet Supremo dell’U.R.S.S. Le elezioni furono una testimonianza eloquente e convincente della devozione del popolo sovietico al partito bolscevico, al governo sovietico, all’amato Stalin. Per i candidati del blocco dei comunisti e dei senza partito al Soviet dell’Unione votarono il 99,18 per cento, al Soviet delle Nazionalità, il 99,16 per cento degli elettori.
* * *
La vita e l’attività del compagno Stalin sono strettamente legate all’attività di V.I. Lenin, suo maestro ed educatore, e alla storia del nostro eroico partito bolscevico, alla storia del grande popolo sovietico.
La vita e l’attività del compagno Stalin sono legate inoltre con il movimento operaio internazionale e con la lotta di emancipazione nazionale dei popoli coloniali contro il giogo imperialista. Sotto la direzione dei grandi capi Lenin e Stalin crebbe e si sviluppò l’Internazionale Comunista. Come la storia della I Internazionale è indissolubilmente legata ai nomi di Marx ed Engels, così la storia della III Internazionale Comunista è legata ai nomi di Lenin e Stalin. L’Internazionale Comunista ha avuto la grande funzione di cementare l’avanguardia degli operai più progrediti in autentici partiti operai. Compiuta la sua missione storica, l’Internazionale Comunista cessò di esistere durante la seconda guerra mondiale. Nel maggio 1943 il Presidium del Comitato esecutivo dell’Internazionale Comunista fece la proposta di sciogliere il Komintern come centro dirigente del movimento operaio internazionale. Le sezioni del Komintern ratificarono questa proposta.
Milioni di operai di tutti i paesi vedono in Stalin il proprio maestro, di cui hanno studiato e studiano le opere classiche per imparare come lottare con successo contro il nemico di classe, come preparare le condizioni della vittoria finale del proletariato. L’influenza di Stalin è l’influenza del grande e glorioso partito bolscevico in cui gli operai dei paesi capitalisti vedono il partito modello della classe operaia, degno di essere imitato. Sotto la direzione di questo partito nell’U.R.S.S. non soltanto è stato abbattuto il capitalismo e instaurato il potere sovietico, potere dei lavoratori, ma è stato costruito il socialismo.
Gli operai di tutti i paesi sanno che ogni parola pronunziata da Stalin è la voce del popolo sovietico, che ognuna delle sue parole è seguita dai fatti. Le masse lavoratrici di tutto il mondo sulla base dell’esperienza della rivoluzione socialista vittoriosa, della costruzione del socialismo nell’U R.S.S. e della vittoria del popolo sovietico nella guerra per la difesa della Patria si sono convinte della profonda e vitale giustezza della causa di Lenin-Stalin. Ora tutti i popoli amanti della libertà vedono in Stalin un fedele e fermo difensore della pace, della sicurezza e delle libertà democratiche.
G.V. Stalin è il capo e l’educatore geniale del partito, il grande stratega della rivoluzione socialista, il dirigente dello Stato sovietico e il suo gran capitano. La sua intransigenza verso i nemici del socialismo; la sua profonda fedeltà ai principi; il modo come nella sua attività la chiara prospettiva rivoluzionaria, la chiara visione del fine vanno unite alla fermezza e alla perseveranza eccezionali nel perseguire questo fine, la saggezza e il carattere concreto della direzione, il legame indissolubile colle masse - ecco i tratti caratteristici dello stile di Stalin nel suo lavoro. Dopo Lenin non vi è stato mai al mondo un capo che abbia dovuto dirigere delle masse così gigantesche, di milioni di operai e di contadini, come fa G.V. Stalin. G.V. Stalin sa come nessun altro generalizzare le proficue esperienze rivoluzionarie delle masse, assecondare e sviluppare le loro iniziative, imparare dalle masse e insegnare alle masse, condurle avanti verso la vittoria.
Tutta l’attività di Stalin ci fornisce un modello di sintesi di una immensa forza teorica con una esperienza pratica di lotta rivoluzionaria, di ampiezza e volume eccezionali.
Stalin, insieme con i suoi più intimi compagni di lotta, leninisti provati, alla testa del grande partito dei bolscevichi dirige lo Stato socialista plurinazionale, lo Stato degli operai e dei contadini, che non ha precedenti nella storia. Le direttive di Stalin sono una guida per l’azione in tutti i campi della costruzione socialista. Il lavoro del compagno Stalin è eccezionalmente multiforme: la sua energia veramente sorprendente. Il campo dei problemi che attirano l’attenzione di Stalin è infinito; esso comprende le questioni più complesse della teoria marxista-leninista e i libri di testo per i bambini; i problemi della politica estera dell’Unione Sovietica e la cura costante della migliore sistematizzazione della capitale proletaria; l’apertura della Grande via marittima del nord e il prosciugamento delle paludi della Colchide; i problemi dello sviluppo della letteratura e dell’arte sovietiche e la redazione dello statuto che regola la vita dei colcos, e infine, la soluzione dei più complicati problemi della teoria e della pratica dell’arte militare.
Tutti conoscono la forza irresistibile, schiacciante della logica staliniana, la lucidità cristallina della sua mente, la sua volontà d’acciaio, la sua devozione al partito, la sua fede ardente nel popolo, il suo amore per il popolo. Tutti conoscono la modestia di Stalin, la sua semplicità, la sua sollecitudine verso gli uomini e la sua implacabilità per i nemici del popolo. Tutti conoscono che egli non tollera il fracasso inutile, i retori e i chiacchieroni, i seminatori di panico e i piagnucoloni. Stalin è saggio, gli è estranea la precipitazione nel risolvere i problemi politici complessi, nei quali bisogna tener conto di tutti gli elementi positivi e negativi. Nello stesso tempo Stalin è un grandissimo maestro di soluzioni rivoluzionarie audaci e di brusche svolte.
Stalin è il degno continuatore della opera di Lenin o come si dice da noi nel partito, Stalin è il Lenin d’oggi.
Rispondendo alle organizzazioni e ai compagni che nel 1929 lo felicitavano per il suo cinquantesimo compleanno, Stalin scrisse: «Le vostre felicitazioni e i vostri saluti li metto in conto del grande partito della classe operaia, del grande partito che mi ha creato e educato a sua immagine e somiglianza... Potete essere certi, compagni, che sono disposto anche per l’avvenire a dare alla causa della classe operaia, della rivoluzione proletaria e del comunismo mondiale tutte le mie forze, tutte le mie capacità e, se occorre, fino all’ultima goccia del mio sangue»(123).
I popoli dell’U.R.S.S. vedono in Stalin l’incarnazione del loro eroismo, del loro amore per la Patria, del loro patriottismo. «Per Stalin! Per la Patria!» - con questa parola d’ordine i combattenti del glorioso Esercito Sovietico hanno schiacciato il loro più acerrimo e perfido nemico - la Germania fascista ed inalberata su Berlino la bandiera della vittoria.
«Per Stalin! Per la Patria!» - con questa parola d’ordine i combattenti dell’Esercito Sovietico e della Marina da Guerra hanno schiacciato il Giappone imperialista e rese sicure le frontiere sovietiche in Estremo Oriente.
Col nome di Stalin sulle labbra la classe operaia dell’Unione Sovietica ha compiuto prodigi di lavoro senza precedenti durante la Grande guerra per la difesa della Patria, rifornendo l’Esercito Rosso di strumenti bellici e di munizioni di prim’ordine.
Col nome di Stalin sulle labbra i contadini colcosiani hanno lavorato con slancio i campi, rifornendo l’Esercito Rosso e le città di viveri e l’industria di materie prime.
Col nome di Stalin sulle labbra gli intellettuali sovietici hanno lavorato devotamente per la difesa del paese, hanno perfezionato l’armamento dell’Esercito Rosso, la tecnica e l’organizzazione della produzione e fatto progredire la scienza e la cultura sovietiche.
Col nome di Stalin sulle labbra tutto il popolo sovietico sta sanando le ferite inferte dalla guerra e lotta per una nuova potente ascesa dell’economia nazionale e della cultura sovietica.
Il nome di Stalin è simbolo di coraggio, è simbolo di gloria del popolo sovietico, è un appello a compiere nuove gesta eroiche per il bene della nostra grande Patria.
Il nome di Stalin vive nel cuore dei giovanetti e delle giovanette del paese del socialismo, nel cuore dei pionieri e delle pioniere. Il loro sogno più caro di essere come Lenin, come Stalin, di essere militanti politici del tipo leninista-staliniano. Seguendo l’appello del partito, del compagno Stalin la gioventù sovietica ha costruito i colossi dell’industria socialista, ha fondato nuove città nella taiga, ha costruito e continua a costruire magnifiche navi, conquista le regioni artiche, si impadronisce della nuova tecnica nell’industria e nell’agricoltura, rafforza la difesa della nostra Patria, compie un’opera feconda nelle scienze e nelle arti, ha dato prova di eroismo e di coraggio sui campi di battaglia nella guerra per la difesa della Patria, esempi di abnegazione nel lavoro nelle retrovie per la causa della vittoria dell’Esercito Sovietico. I giovani comunisti, educati da Lenin e da Stalin, sono fedeli aiutanti del partito bolscevico, il cambio sicuro della vecchia generazione di combattenti per il comunismo.
Nelle numerose loro lingue i popoli dell’Unione Sovietica compongono canti dedicati a Stalin. In questi canti trovano la loro espressione il grande amore e la fedeltà illimitata dei popoli dell’Unione Sovietica per il loro grande capo, educatore, amico e condottiero.
Nelle arti del popolo il nome di Stalin si confonde con quello di Lenin. «Noi marciamo con Stalin, come con Lenin; parliamo a Stalin, come a Lenin; egli conosce tutti i nostri sogni e pensieri, egli ha cura di noi durante tutta la sua vita». Così dice uno dei più bei racconti popolari russi.
Il nome di Stalin è il simbolo dell’unità politica e morale della società sovietica.
Tutta l’umanità progressiva, tutti i popoli democratici amanti della libertà legano al nome di Stalin le proprie speranze per una pace salda, duratura e sicura.
«È una fortuna per noi che nei difficili anni della guerra l’Esercito Rosso e il popolo sovietico siano stati diretti dal saggio e provato capo dell’Unione Sovietica - il grande Stalin. Le gloriose vittorie del nostro esercito saranno celebrate nella storia del nostra paese e nella storia mondiale legate al nome del Generalissimo Stalin. Sotto la direzione di Stalin, grande capo ed organizzatore, noi abbiamo ora intrapreso l’edificazione pacifica per il rigoglio delle forze della società socialista e per confortare le migliori speranze dei nostri amici in tutto il mondo»(124).
Note
(1) Abolizione della servitù della gleba, 1861 (N. d. T.).
(2) V.I. Lenin
, «Opere complete», Vol. III, p. 464 3ª ed. russa.
(3) G. Stalin
, «Intervista con lo scrittore tedesco Emilio Ludwig», p. 9 ed. russa, 1938.
(4) «Racconti di vecchi operai della Transcaucasia sul grande Stalin; ricordi del compagno P. Kapanadze», p. 26 ed. russa «La giovane guardia», 1937.
(5) «Pravda», N. 136, 16 giugno 1926.
(6) L. Beria
, «Contributo alla storia delle organizzazioni bolsceviche della Transcaucasia», p. 48 ed. russa, 1941.
(7) G. Stalin
, «Lenin», p. 36 ed. italiana, Mosca 1946.
(8) G.V. Stalin
, «Opere», Vol. I, p. 9 ed. russa.
(9) «Iskra» N. 25, 15 settembre 1902
(10) G. Stalin
, «Lenin», p. 35-36 ed. italiana, Mosca 1946.
(11) L. Beria, «Contributo alla storia delle organizzazioni bolsceviche della Transcaucasia», p. 48 ed. russa, 1941.
(12) G.V. Stalin
, «Opere», Vol. I, p. 58 ed. russa
(13) Ibidem, p. 105.
(14) Ibidem, pp. 102-103.
(15) Ibidem, pp. 105, 106.
(16) Ibidem, p. 67.
(17) Ibidem, p. 78.
(18) Ibidem, p. 133.
(19) Ibidem, p. 258-259.
(20) «Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'URSS. Breve corso», p, 88 ed. italiana, Mosca 1948.
(21) G.V. Stalin
, «Opere», Vol. I, p. 186 ed. russa.
(22) Ibidem, p. 240 ed. russa.
(23) V.I. Lenin
, «Opere complete», Vol. XV, p. 33, 3ª ed. russa.
(24) «Pravda» N. 136, 16 giugno 1926.
(25) «Pravda» N. 98, 5 maggio 1922.
(26) V.I. Lenin
, «Opere complete», Vol. XXIX, p. 78, 3ª ed. russa.
(27) V.I. Lenin
, «Opere complete», Vol. XVII, p. 116, 3ª ed. russa.
(28) G.V. Stalin,
«Opere», Vol. 3, p. 2 ed. russa.
(29) «Pravda» N. 136, 16 giugno 1926.
(30) G.V. Stalin,
«Opere», Vol. 3, pp. 186, 187 ed. russa.
(31) Ibidem, p. 381.
(32) «Pravda» N. 344, 14 dicembre 1939 (Articolo di fondo, «I commissari militari»).
(33) Rivista «Rivoluzione proletaria» N. 3, p. 164 ed russa, 1940.
(34) K.E. Voroscilov,
«Stalin e l'Esercito rosso», p. 6-7 ed. russa, 1940.
(35) V.I. Lenin
, «Opere complete», Vol. XXVII, p. 238, 3ª ed. russa.
(36) G. Stalin
, «Il marxismo e la questione nazionale e coloniale», p. 126 ed. russa, 1939.
(37) «Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. Breve corso», p. 286 ed. italiana, Mosca 1948.
(38) G. Stalin,
«Sull'opposizione», Articoli e discorsi, 1921-1927, p. 74 ed. russa.
(39) G. Stalin,
«Lenin», p. 36. ed, italiana, Mosca 1946.
(40) «Rabociaia Gasieta», N. 17, 21 gennaio1925.
(41) G. Stalin,
«La questione condadina», Articoli e discorsi, 1926, p. 55 ed. russa.
(42) Ibidem.
(43) G.K. Orgionikidze
. Articoli e discorsi scelti, 1911-1937, p. 450 ed. russa, 1939.
(44) G. Stalin,
«Questioni del leninismo», pp. 127-128, 9 ed. russa.
(45) «XIV Congresso del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S.» (Resoconto stenografico) p. 488 ed. russa, 1926.
(46) G. Stalin, «Conversazione con lo scrittore tedesco Emilio Ludwig», 1938, p. 3 ed. russa.
(47) «Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. Breve corso», p. 313 ed. italiana, Mosca 1948.
(48) Ibidem, p. 311.
(49) V.I. Lenin
, «Opere complete», Vol. XXIV, p. 540, 3ª ed. russa.
(50) G. Stalin,
«Questioni del leninismo», p. 328, ed. italiana, Mosca 1948.
(51) Ibidem, p. 334, ed. italiana, Mosca 1948.
(52) «Pravda», N. 56, 8 marzo 1925.
(53) «Pravda», N. 56, 8 marzo 1925.
(54) Ibidem.
(55) G. Stalin,
«Questioni del leninismo», p. 509, ed. italiana, Mosca 1948.
(56) Ibidem, p. 510.
(57) Ibidem, p. 221.
(58) Ibidem, p. 222.
(59) «Il Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. nelle risoluzioni e decisioni dei congressi, conferenze e assemblee plenarie del Comitato centrale», II Parte, p. 428, 6ª ed. russa, 1941.
(60) «Pravda» N. 166, 18 giugno 1930.
(61) «Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. Breve corso», p. 335 ed. italiana, Mosca 1948.
(62) G. Stalin,
«Questioni del leninismo», p. 372, ed. italiana, Mosca 1948
(63) «Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. Breve corso», p. 331 ed. italiana, Mosca 1948.
(64) G. Stalin,
«Questioni del leninismo», p. 393, X ed. russa.
(65) G. Stalin,
«Questioni del leninismo», p. 507, ed. italiana, Mosca 1948.
(66) Ibidem, pp. 473-474.
(67) Ibidem, p. 559.
(68) Ibidem, p. 560, .
(69) S.M. Kirov
, Articoli e discorsi scelti, 1912-1934, pp. 609-610 ed. russa, 1939.
(70) G. Stalin,
«Questioni del leninismo», p. 575, ed. italiana, Mosca 1948.
(71) Ibidem, p. 587.
(72) Ibidem, p. 532.
(73) G. Stalin
, «Sui lavori dell'assemblea plenaria del Comitato centrale e della Commissione centrale di controllo in cumune». Rapporto tenuto all'assemblea degli attivisti dell'organizzazione di Mosca del P.C.(b) dell'U.R.S.S il 13 aprile 1928, p. 15 ed. russa, 1928.
(74) G. Stalin,
«Questioni del leninismo», pp. 593-594, 595, ed. italiana, Mosca 1948.
(75) Ibidem, pp. 597, 599.
(76) Ibidem, p. 604.
(77) Ibidem, p.644.
(78) Ibidem, p. 688.
(79) Ibidem, p. 690.
(80) Ibidem, p. 696.
(81) Ibidem, p. 732.
(82) Ibidem, p. 718.
(83) Ibidem, p. 719.
(84) G. Stalin,
Discorso alla riunione elettorale della circoscrizione «Stalin» di Mosca, 9 febbraio 1946, p. 14 ed. italiana, Mosca 1946.
(85) G. Stalin,
«Sulla grande guerra dell'U.R.S.S. per la difesa della patria», p. 9 III ed. italiana, Mosca 1946.
(86) Ibidem, p. 12.
(87) Ibidem, p. 26.
(88) Ibidem, p. 26.
(89) Ibidem, p. 32.
(90) Ibidem, p. 35.
(91) Ibidem, p. 39.
(92) Ibidem, p. 52.
(93) «Pravda» N. 28, 2 febbraio 1944.
(94) «Pravda» N. 310, 6 novembre 1942.
(95) G. Stalin,
«Sulla grande guerra dell'U.R.S.S. per la difesa della patria», p. 57 III ed. italiana, Mosca 1946.
(96) Ibidem, p. 64 III ed. italiana, Mosca 1946.
(97) Ibidem, p. 75.
(98) Ibidem, 108.
(99) Ibidem, pp. 83-84.
(100) Ibidem, p. 89.
(101) «Pravda» N. 185, 25 luglio 1943.
(102) G. Stalin,
«Sulla grande guerra dell'U.R.S.S. per la difesa della patria», p. 109 III ed. italiana, Mosca 1946.
(103) Ibidem, p. 75.
(104) Ibidem, p. 105.
(105) Ibidem, p. 116.
(106) «Pravda» N. 321, 31 dicembre 1943.
(107) G. Stalin,
«Sulla grande guerra dell'U.R.S.S. per la difesa della patria», p. 171 III ed. italiana, Mosca 1946.
(108) Ibidem, p. 171.
(109) Ibidem, p. 161.
(110) Ibidem, p. 175.
(111) «Pravda» N. 106, 3 maggio 1945.
(112) G. Stalin,
«Sulla grande guerra dell'U.R.S.S. per la difesa della patria», pp. 183-184 III ed. italiana, Mosca 1946.
(113) Ibidem, p. 187 III ed. italiana, Mosca 1946.
(114) Ibidem, pp. 224-225.
(115) Ibidem, p. 114.
(116) Ibidem, p. 114.
(117) Ibidem, p. 152.
(118) Ibidem, p. 152.
(119) Ibidem, 155.
(120) Ibidem, pp. 153-154.
(121) Ibidem, p. 158.
(122) Ibidem, p. 160.
(123) «Pravda» N. 302, 22 dicembre 1929.
(124) V.M. Molotov
, «28° anniversario della grande Rivoluzione socialista d'Ottobre», 1945, p. 18-19 ed. russa.
3 gennaio 2020