Al Direttivo provinciale della FLAI CGIL di Parma
Signifredi: “Ripartire dagli insegnamenti dell''Autunno caldo' e dall'esempio delle lotte sindacali in Francia per battere le ingiustizie sociali”
Venerdì 20 dicembre la Flai/Cgil di Parma ha organizzato l'ultimo Direttivo del 2019, presso la Camera del lavoro in via Confalonieri. All'ordine del giorno la sostituzione di alcuni membri del Direttivo e dell'Assemblea Generale, il bilancio preventivo del 2020, la relazione programmatica del 2020 e la situazione politico sindacale.
Presenti all'Assemblea oltre al segretario provinciale Antonio Gasparelli, il segretario regionale Flai dell'Emilia-Romagna Umberto Franciosi, il presidente uscente del Direttivo Tommaso Poletti e una sessantina di delegati delle varie aziende della zona.
Dopo aver espletato le sostituzioni previste e approvato il bilancio, l'Assemblea è entrata nel vivo con la relazione del segretario. Il discorso di Gasparelli è stato una sintesi della lunga relazione scritta che è stata distribuita ai partecipanti. Uno dei primi punti esposti e rivendicati è stato il successo del tesseramento provinciale, che ha visto la Flai superare i 6.000 iscritti e nel contempo la categoria ha creato un punto di contatto in un comune della provincia (Traversetolo) per favorire un probabile futuro insediamento. Tutto ciò ha confermato un aumento di credibilità del neo segretario dopo un periodo relativamente breve alla guida della categoria.
Gasparelli si è soffermato in particolare sull'attuale rinnovo contrattuale dell'industria alimentare elencando tutte le difficoltà subentrate dopo i primi confronti con Federalimentare. Il primo punto da sottolineare è il rifiuto delle controparti della richiesta di estendere alcuni diritti a tutte le ditte che operano all'interno dei siti produttivi, le cosiddette comunità di sito. Il secondo punto riguarda l'ulteriore richiesta di flessibilità nell'orario di lavoro, giornaliero e settimanale, che evidenzia la continua esigenza dei padroni di avere sempre più sotto controllo tutto il ciclo produttivo nell'attuale fase di ulteriore superliberalizzazione dei mercati nazionali e internazionali. È stata quindi denunciata l'indisponibilità del padronato alla richiesta di un aumento salariale di 205 euro nei prossimi quattro anni. Richiesta ampiamente giustificata dai notevoli profitti delle aziende del settore, tenendo conto che l'industria alimentare ha sofferto meno rispetto ad altri comparti produttivi.
Il segretario ha rimarcato inoltre la presenza di una certa conflittualità all'interno di Federalimentare dove alcuni settori padronali rivendicano esigenze particolari, mentre altri minaccerebbero addirittura di uscire dal contratto nazionale.
Altre parti della relazione hanno riguardato invece i problemi di alcune aziende del parmense, tra cui la Ferrarini, specializzata nella lavorazione delle carni di maiale, e la Columbus dedita alla produzione di conserve vegetali, entrambe con gravi problemi finanziari e organizzativi che mettono a rischio la continuità produttiva, creando sfiducia e preoccupazione fra i lavoratori interessati. Gasparelli finiva l'intervento chiamando a raccolta tutta la categoria per affrontare al meglio le difficili vertenze del 2020.
A tal punto iniziava il dibattito e nel corso di tre ore sono intervenuti in circa dodici, fra delegati e funzionari. Io avevo preparato un intervento e ho preso la parola verso la fine dell'Assemblea. Ho iniziato mettendo in rilievo la persistenza della crisi che dal 2008 non ha mai smesso di imperversare e che anche adesso continua a mettere a rischio migliaia di posti di lavoro, come testimoniano i casi Ilva, Whirlpool, Unicredit, Alitalia e i quasi 150 tavoli di crisi presenti in giro per l'Italia. Mentre il continuo sottosviluppo del Mezzogiorno non accenna a invertire la tendenza, continuando a essere un serbatoio di immigrazione sia verso il Nord Italia, che verso l'estero. E parlando appunto di crisi, ho evidenziato come Federalimentare, nonostante i profitti degli ultimi quattro anni, ha dimostrato un atteggiamento di totale chiusura verso le odierne rivendicazioni contrattuali. Evidentemente le classi padronali tendendo ad una continua ristrutturazione industriale all'insegna del liberismo, considerano ancora i lavoratori come macchine e non come persone, così come stava scritto in un volantino, distribuito all'inizio dell'Assemblea, con una citazione di Di Vittorio.
Quindi ho sottolineato la valenza generale del nostro rinnovo contrattuale, dopo che altri contratti, nel recente passato, hanno perso la capacità di redistribuire la ricchezza e consentire aumenti salariali adeguati, come quello dei metalmeccanici. E parlando di lotte e di conquiste, ho ricordato come cinquant'anni fa l'“autunno caldo” del '69, il più grande scontro di classe dell'Italia repubblicana, scosse in profondità la società italiana e rivoluzionò i rapporti di lavoro in fabbrica e i rapporti di forza fra le classi, aprendo la strada allo "Statuto dei Lavoratori". Ho detto che lo sciopero dei metalmeccanici del 28 novembre 1969 ha fatto fare un salto di qualità alla contrattazione e che a quello dovremmo ispirarci nel nostro rinnovo attuale e che a quella stagione memorabile bisogna attingere per affrontare le lotte di oggi e riparare le gravi sconfitte degli ultimi anni, che poi non sono altro che i frutti avvelenati della concertazione. E da questa parentesi storica ho poi portato l'attenzione sulle lotte sindacali che attualmente stanno scuotendo la Francia, dove alcune categorie di lavoratori non hanno esitato a scioperare a oltranza per bloccare la “riforma” delle pensioni di Macron. E, tenendo conto della loro assoluta determinazione, sicuramente riusciranno a modificare la proposta di legge in questione, dimostrando con ciò l'efficacia della lotta quando portata con forza e determinazione.
Ho con ciò fatto capire che noi abbiamo la possibilità di cambiare strada come la storia e l'attualità ci insegnano, come avremmo già dovuto fare con la legge Fornero e il Jobs Act e come d'altronde il capitalismo, oggi nella sua originale versione liberista, ci impone. Ho ricordato anche le manifestazioni sindacali unitarie di Roma del 10, 12 e 17 dicembre, iniziative condivisibili negli intenti, ma, come prevedibile, insufficienti per incidere e modificare tutti i guasti e le ingiustizie sociali che sono proliferati nella seconda Repubblica.
Ho fatto anche un'analisi della situazione politica evidenziando il trasformismo del Movimento 5 Stelle e il neofascismo di Salvini, che con la sua sciagurata politica sulla "sicurezza" e sulla questione immigrazione sta mistificando la vera natura della crisi del capitalismo, spostando l'attenzione verso il problema degli sbarchi di migranti sulle nostre coste, come se questo fosse la causa principale della crisi della società italiana. In realtà con ciò Salvini non cerca altro che rompere la possibile e necessaria unità di classe fra lavoratori italiani e lavoratori immigrati e con questo dimostra la sua continuità con il fascismo mussoliniano, nato appunto per bloccare la lotta di classe e il protagonismo delle masse influenzate dalla Rivoluzione d'Ottobre, supportato e foraggiato dalla grande borghesia e dagli agrari di allora. Ho spiegato quindi che i successi elettorali della Lega e del Movimento 5 Stelle sono dovuti alla delusione di tanti lavoratori verso il PD e la sua politica, confermando la grande confusione che regna anche fra una parte dei lavoratori che hanno fatto queste scelte. Ho inoltre affermato che solo una nuova grande stagione di lotte può in ogni caso fare chiarezza sulla centralità del problema, adesso che, a cinquant'anni dall'autunno caldo, tutta una nuova serie di contraddizioni stanno esplodendo all'interno della società e della crisi capitalistica. Crisi che però la stanno pagando esclusivamente le masse lavoratrici di tutti i continenti e di cui la Cgil con la sua "coscienza generale" sulla gravità della situazione non può parlarne solo al suo interno, bensì dovrà portare tutte le questioni, tutti i guasti provocati dal capitalismo in fabbrica e nei posti di lavoro, sia nelle aziende "sane" che in quelle in crisi, perché è lì dove si produce la ricchezza e lì dove risiedono i centri nevralgici del conflitto e delle contraddizioni. Ho chiuso quindi il mio intervento auspicando una ripresa della lotta, delle lotte, perché solo così il movimento dei lavoratori tornerà a essere protagonista diretto della soluzione dei tanti, troppi ritardi che abbiamo accumulato in questi anni di continui arretramenti.
Nel discorso di chiusura dell'Assemblea il segretario regionale Umberto Franciosi non ha potuto non tener conto del mio intervento, anzi ha ragionato spesso su vari temi che ho trattato, avvalorandone l'analisi generale, ma discostandosi dalle soluzioni che io ho sostenuto, auspicando innanzitutto di affrontare i problemi e gli obbiettivi, come il rinnovo del contratto nazionale, con calma e nervi saldi.
Al che, io ho pensato mentre lui parlava, ciò può essere corretto, la calma è un ingrediente importante in tante situazioni, ma adesso alla calma è necessario unire la determinazione e la lotta di classe e se non riusciamo a farci intendere dai dirigenti, bisogna continuare a parlarne e farci intendere dai lavoratori.
Alberto Signifredi, simpatizzante di Parma del PMLI
15 gennaio 2020