Nuovo caso di corruzione in Calabria
La prefetta di Cosenza Paola Galeone, colta in flagrante mentre intasca una bustarella con 600 euro, finisce agli arresti domiciliari
A denunciarla una imprenditrice a cui aveva chiesto di emettere una fattura falsa da 1220 euro
Dal corrispondente della provincia di Reggio Calabria e della Calabria
È iniziato nel peggiore dei modi il nuovo anno per l’ormai ex prefetta di Cosenza Paola Galeone, 58enne, dal 2 gennaio agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Taranto con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità. Com’è possibile che un alto dirigente dello Stato possa rischiare di compromettere la propria posizione e la propria credibilità intascando una mazzetta di poche centinaia di euro? A questo interrogativo occorre dare risposta concreta ma i media borghesi non aiutano di certo a fare chiarezza, confondendo continuamente le acque. Procediamo quindi con ordine e ricostruiamo le varie fasi di questa incredibile vicenda che presenta non pochi lati oscuri.
Chi è l’imprenditrice che l’ha denunciata
“Io l’ho conosciuta quando si è insediata. Poi, in occasione della giornata internazionale della violenza contro le donne mi è stato proposto, visto l’impegno nel settore con la mia associazione Animed, di collaborare alla realizzazione di un evento occupandomi di contattare le scuole e di moderare la manifestazione. Cosa che ho fatto senza compenso alcuno. Ero fiera che la Prefettura, dunque lo Stato, ci avesse coinvolti in questo incontro”. Queste le dichiarazioni rilasciate dalla 46enne Cinzia Falcone (è bene ricordare, anche lei indagata) impegnata in attività di solidarietà a tutela dei diritti delle donne in un’intervista per la Gazzetta del Sud
. Oltre ad essere Presidente dell’associazione Animed, Cinzia Falcone è titolare di una licenza del Cas di Camigliatello Silano, il noto centro di accoglienza straordinaria dedicato ai migranti gestito dalla sua stessa associazione, e chiuso nel 2017 dopo un controllo ispettivo, dall’allora prefetto Gianfranco Tomao per gravi carenze igienico sanitarie. Animed gestiva 170 persone tra cui 8 donne e 8 minori che vivevano in condizioni fatiscenti: senza letti, senza lenzuola e coperte con cui coprirsi, senza luce, senza acqua calda, e senza un servizio mensa efficiente. Insomma, si trattava di un vero e proprio lager dove chi gestiva il business dell’accoglienza lucrava sulla pelle dei poveri migranti e dove chi osava protestare veniva immediatamente trasferito. In seguito a questa breve e vergognosa esperienza, l’imprenditrice Falcone decide di passare ad altro e inizia a dedicarsi alla violenza di genere.
La proposta corruttiva e l’indagine della Squadra mobile
Il 23 dicembre del 2019 Falcone si reca in prefettura per ricevere da Paola Galeone una benemerenza, che in base alle ultime indiscrezioni, l’imprenditrice non volle ritirare una settimana prima al teatro Rendano, allorquando venne più volte invitata a salire sul palco dalla stessa prefetta. Il classico appuntamento di fine anno, dove con la scusa degli auguri, vengono consegnati premi e riconoscimenti vari al cospetto della borghesia cosentina e dei suoi giornalisti. Fu dunque subito dopo la consegna di quell’attestato, che in base alla versione fornita dalla Falcone, la prefetta Galeone la informò sul fondo delle spese di rappresentanza a disposizione della prefettura, un fondo di 1.200 euro, che invece di essere restituito al ministero dell’Interno, poteva benissimo essere spartito tra le due donne, emettendo furbescamente - per non destare sospetti - una fattura falsa ma con un importo superiore di 20 euro. Fattura che nel giro di pochi giorni avrebbe permesso alla Falcone di intascare quella somma. Ma l’imprenditrice cosentina, che è bene ricordare, aveva moderato un importante evento per le vittime dei reati di tipo mafioso e di tipo intenzionale violento sempre al teatro Rendano a cui avevano partecipato il sindaco Occhiuto, la stessa prefetta e il procuratore capo Spagniuolo, non poteva di certo accettare, dopo essere stata cresciuta nel rispetto dello Stato e della legalità (legalità guarda caso predicata ma non rispettata dalla stessa Galeone), quella inaspettata proposta corruttiva; così, dopo un tentennamento iniziale, si precipita in Questura a denunciare l’accaduto. Gli investigatori della squadra mobile di Cosenza diretti da Fabio Catalano, dopo aver concordato - con la complicità dell’imprenditrice - nei minimi dettagli data e luogo dello scambio, (avvenuto il 28 dicembre in un bar di fronte alla prefettura) registrato utilizzando telecamere e microfoni, colgono la Galeone in flagranza di reato, con la bustarella rosa contenente 600 euro false nella sua borsa.
Quello che più stupisce, in realtà, di questa vicenda è il mancato arresto dell’ex prefetta. Si fosse trattato di una persona comune si sarebbero spalancate direttamente le porte del carcere. Mentre la Galeone è stata semplicemente condotta davanti al procuratore capo per poi essere lasciata libera di andare al Viminale a impostare una linea difensiva, che non ne avrebbe comunque impedito la destituzione dall’incarico da parte del ministro Lamorgese, per poi ritornare tranquillamente a Cosenza per liberare il suo ufficio e mettersi in aspettativa prima di ricevere i domiciliari.
Martedì 7 gennaio intorno alle ore 12, l’ex prefetto assistita dai suoi due avvocati di fiducia Nicola Carratelli e Franco Sammarco, è stata ascoltata dal Gip Letizia Beningno per chiarire la sua posizione e deporre la sua versione “realistica” dei fatti. Al momento non trapela nulla se non una breve dichiarazione rilasciata da uno dei legali che parla dei rapporti con la Falcone definendoli “assolutamente cordiali e trasparenti”. Il Gip adesso dovrà decidere se confermare o meno gli arresti domiciliari compreso l’eventuale ricorso al Riesame.
Gli investigatori nel frattempo stanno effettuando ulteriori indagini: si sta cercando di capire se la spartizione del fondo è stato solo un caso isolato oppure era una pratica consolidata di fine anno; così come si sta cercando di accertare la dipendenza della Galeone al gioco d’azzardo e di chiarire ulteriormente il suo legame con l’imprenditrice Falcone, che sembra andare ben oltre una semplice mazzetta, considerando i 300mila euro di credito vantato nei confronti della prefettura sempre per l’attività di accoglienza dei migranti, e l’appalto perso da Animed.
Dopo l’ennesimo caso di corruzione che travolge le istituzioni democratico borghesi in Calabria, che vanno comunque delegittimate, disgregate e distrutte attraverso la lotta di classe, noi marxisti-leninisti teniamo a ribadire con forza che il cancro della corruzione politica non può essere estirpato se non si abbatte prima il capitalismo e la proprietà privata che la generano. A differenza degli ideologi borghesi, noi sosteniamo che la corruzione non è affatto connaturata all’essere umano. L’egoismo, l’individualismo e l’arricchimento personale vengono portati dall’esterno e sono tipici dell’ideologia borghese che nel socialismo verrà sostituita con quella del proletariato. Solo lottando per la conquista dell’Italia unita, rossa e socialista sarà possibile sradicare una volta per tutte questo grave fenomeno che affligge la società borghese nel suo complesso.
15 gennaio 2020