Cresce il divario tra Nord e Sud
Nel Mezzogiorno prestazioni minori e meno efficienti alla sanità e all’istruzione

 
Dal nostro corrispondente della provincia di Reggio Calabria e della Calabria
Nel 1972 il Corriere della Sera pubblicava un futuristico articolo dell'economista democristiano Pasquale Saraceno. Nel suddetto articolo il professore scriveva con categorica certezza che il divario tra Nord e Sud sarebbe stato colmato nel 2020. Giunti al 2020 andiamo a verificare, dati alla mano, se questa ottimistica previsione di Saraceno sta iniziando ad avverarsi analizzando in particolare due importanti indicatori che riguardano sanità e istruzione.
Innanzitutto ci tocca tristemente constatare che l’economia del Sud è ancora in stagnazione e prossima alla recessione. Il capitalismo non ha saputo certo risolvere il problema delle disuguaglianze economiche e sociali, aggravatesi ulteriormente con l’avvento della seconda repubblica neofascista, con l’ingresso del nostro martoriato Paese nella Ue imperialista e con le scellerate manovre finanziarie adottate dai governi della “sinistra” e della destra borghesi che hanno disinvestito nel Mezzogiorno lasciandolo in balia delle Mafie.
In base all’ultimo rapporto Svimez, il Pil nelle regioni del Sud si attesta al -0,2% rispetto al +0,3% delle regioni del Centro-Nord. Squilibrio che va a riflettersi inevitabilmente nella spesa sanitaria pro capite di circa 1.600 euro al Sud e 2.000 euro al Nord con una differenza del 20%.
Ammalarsi al Sud può diventare un problema. L’analisi evidenzia che dove la richiesta è maggiore la risposta è minore: il 35,6% delle famiglie vorrebbe ricevere aiuto ma solo il 12,5% lo riceve contro il 23,5% che lo vorrebbe ricevere e il 13,5% che lo riceve al Nord.
Nel rapporto si legge inoltre che la quantità e la qualità dei servizi sociali nel Mezzogiorno risultano ancora inferiori rispetto a quelli del resto del paese. Questo spiega un più elevato tasso di emigrazione ospedaliera verso le regioni del Centro-Nord riferito ai casi di ricovero per interventi chirurgici acuti. Nel Mezzogiorno circa il 10% del totale dei residenti ricoverati per tali patologie si sposta verso altre regioni contro il 5% e 6% del Centro-Nord. Scelta questa dovuta anche alla mancanza di posti letto nelle strutture ospedaliere 791 complessivi per ogni 100.000 abitanti del Centro-Nord contro i 363 del Sud.
Anche per quanto riguarda la speranza di vita, in base all’ultimo rapporto Bes pubblicato, il Nord è in vantaggio rispetto al Sud 83,2% contro l’82%. Vantaggio ancora più ampio in termini di speranza di vita in buona salute alla nascita pari a 3,4 anni (61% al Nord e 57,2% al Sud)
Per quanto riguarda invece l’istruzione il divario tra Nord e Sud risulta essere ancora più ampio: i giovani di età compresa tra i 18-24 anni con al più la licenza media che hanno abbandonato sia lo studio che la formazione professionalizzante sono in percentuale del 18,8% nel Mezzogiorno contro l’11,7% del Centro-Nord. Mentre la percentuale di chi è riuscito a conseguire un titolo di studio universitario tra i 30 e i 34 anni oggi al Nord è pari al 34% contro il 21,6% del Sud, considerando che la maggior parte di essi poi sarà costretta a emigrare in cerca di un lavoro stabile. E se a tutto ciò si aggiunge la differenza di 24 punti percentuali sul tasso occupazionale in aumento negli ultimi dieci anni, il desolante quadro è presto completato.
Insomma, questi dati preoccupanti dimostrano che il divario tra Nord e Sud, a differenza di quanto affermava Saraceno, non solo non è stato colmato nel 2020 ma è addirittura peggiorato.
La secolare Questione meridionale come da sempre sostiene il PMLI è la vera questione nazionale e potrà essere risolta definitivamente solo con la conquista del potere politico da parte del proletariato e col socialismo. E intanto si tratta di respingere con forza ogni ipotesi di separatismo, federalismo e di “autonomia differenziata”, che andrebbero ad accentuare inevitabilmente questo divario.
 

22 gennaio 2020