Corruzione nella magistratura
Arrestato presidente della Corte d'appello di Catanzaro Marco Petrini
Pretendeva soldi, regali e sesso in cambio di sentenze aggiustate
Dal nostro corrispondente della provincia di Reggio Calabria e della Calabria
È di otto arresti e sei indagati il bilancio dell’operazione Genesi avviata nel 2018 dalla Dda di Catanzaro, proseguita dalla procura di Salerno e portata a termine il 15 gennaio scorso dal nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza. Le accuse, gravissime, sono: corruzione in atti giudiziari e finalità di tipo mafioso.
Al vertice di questa losca e perversa attività corruttiva che ancora una volta scoperchia il marciume di cui è pregna l’intera società capitalistica borghese, il magistrato della terza sezione della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro nonché presidente della commissione provinciale tributaria, il 56enne Marco Petrini. Tra i nomi degli arrestati da segnalare quelli dell’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato detto “Pino” condannato nel 2004 a sei anni di reclusione e interdetto dai pubblici uffici e Francesco Saraco avvocato del foro di Locri fratello di Antonio Saraco affiliato alla cosca Gallelli-Gallace-Saraco operante nel basso ionio catanzarese. Tra gli indagati invece non passano inosservati la madre dell’ex sindaco di Cosenza Eva Catizone, Virginia Caruso, e il fratello Lorenzo Catizone 53enne avvocato, tirapiedi del filomafioso Mario Oliverio “palla-palla” da lui assunto come collaboratore esterno quando era presidente della Provincia di Cosenza. Colui che faceva da tramite sotto cospicuo compenso, procacciava nuove occasioni di corruzione e stipendiava mensilmente Petrini, era da quanto emerso durante le intercettazioni audio-video, l’insospettabile medico in pensione ex direttore generale dell’Asp di Cosenza, Emilio Santoro, per gli amici Mario.
L’indagine è scattata dopo un certo interesse dimostrato da Santoro a proposito di una sentenza “dell’onorevole” Pino Tursi Prato, il quale dopo la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, aveva deciso di presentare ricorso per riappropriarsi del vitalizio perso, una somma di oltre 150.000 euro. A Marco Petrini spettava dunque il compito di aggiustare la sentenza. Ad oggi, di questa sentenza si sa poco o nulla, perché in realtà il ricorso presentato in un collegio diverso, non è mai stato gestito direttamente da Petrini ma dal presidente di un’altra sezione completamente all’oscuro dei fatti.
L’impressione è, che nonostante la fratellanza massonica che accomunava i tre, le rassicurazioni date a Santoro e a Tursi Prato - che durante l’interrogatorio davanti al Gip ha smentito ogni rapporto col magistrato - erano solo finalizzate a prendere tempo, un meschino espediente utilizzato da Pretini per spillare gamberoni, merluzzi, champagne e vacanze in alta montagna. Eh già, il magistrato in questione, che sperperava più di quanto guadagnava, non poteva di certo rinunciare alla bella vita e alle belle donne: due le avvocatesse coinvolte nell’inchiesta che “aiutava” in cambio di prestazioni sessuali. Non solo, i suoi servigi resi alla ’ndrangheta e ai vari clan verrebbero confermati anche da alcune dichiarazioni rilasciate dall’ex boss pentito Andrea Mantella che descrive Petrini come un “massone deviato”, ossessionato dal cibo e dal sesso; e continua dicendo: “ I Grande Aracri mi hanno riferito che vi erano rapporti di amicizia fra l’avvocato Staiano e il dottore Petrini e che quest’ultimo gradiva avere qualche regalo in cambio di ammazzare sentenze… per uscire all’epoca dovetti pagare tra i 65 e 70 mila euro”. Tra le tante sentenze “ammazzate” da segnalare quella emessa a favore della cosca Saraco con il dissequestro dei beni di oltre 30 milioni di euro in cambio di un appartamento da regalare ai figli.
Insomma, viene ancora una volta confermato lo strapotere in Calabria della ‘ndrangheta che oltre a corrompere i politici per la concessione degli appalti, corrompe e controlla diversi settori della magistratura (sottomessa all’esecutivo secondo i piani della P2) per ottenere sentenze favorevoli.
Purtroppo, la corruzione e la ‘ndrangheta sono connaturate a questo putrido sistema capitalista, questi mostri possono essere spazzati via solo se si spazza via il capitalismo e si instaura il socialismo.
Creiamo un fronte unito di massa nella lotta contro ‘ndrangheta!
Impugniamo alle elezioni regionali del 26 gennaio prossimo l’arma dell’astensionismo tattico marxista-leninista per delegittimare, disgregare e distruggere le corrotte istituzioni borghesi!
Costituiamo in ogni città, in ogni quartiere in ogni paese della Calabria le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo basate sulla democrazia diretta e parità di genere!
Costituiamo le Assemblee e Comitati popolari!
22 gennaio 2020