Alle elezioni regionali in Emilia-Romagna del 26 gennaio 2020
L'astensionismo è ancora il primo “partito”. Oltre il 32% dell'elettorato non vota alcun partito del regime neofascista
Le Sardine riportano alle urne gran parte degli astensionisti e rilanciano il PD. Rieletto il piddino, già renziano, Bonaccini che ha goduto del voto di pentastellati e di elettori di Altra Emilia-Romagna (PRC) e del sostegno dei media come “Repubblica” e persino del “Manifesto” trotzkista. Salvini, aspirante duce d'Italia, perde la sfida con la “sinistra” borghese. Crollo verticale del M5S. Briciole ai partiti a sinistra del PD che spargono illusioni parlamentari e governative e legittimano le istituzioni borghesi
Unire tutte le forze anticapitaliste e per il socialismo. Fare acquisire alle masse la linea e la cultura rivoluzionarie
Dal nostro corrispondente dell'Emilia-Romagna
Le elezioni regionali in Emilia-Romagna hanno visto la riconferma del presidente della Regione uscente, il piddino già renziano Stefano Bonaccini, sostenuto dal “centro-sinistra”, che ha battuto la candidata del “centro-destra” la fascio-leghista Lucia Borgonzoni. Grazie anche alle Sardine che hanno riportato alle urne gran parte dell'elettorato astenutosi alle precedenti regionali e rilanciato il PD, al voto disgiunto di pentastellati e di elettori di Altra Emilia-Romagna (PRC) e al sostegno dei media come “Repubblica” e persino del “Manifesto” trotzkista. Bonaccini ha telefonato personalmente al rappresentante delle “Sardine” Mattia Sartori per ringraziarlo.
Dopo una campagna elettorale dove il distacco tra i due sembrava esiguo in realtà il margine di differenza è stato abbastanza ampio, con Bonaccini che ha raccolto il 51,6% sui voti validi mentre la Borgonzoni il 43,7% sempre sui voti validi.
Da una parte la candidata del “centro-destra” ha beneficiato del sostegno quotidiano del caporione fascio-leghista Salvini che ha imperversato per settimane in lungo e in largo per la Regione oscurando la sua stessa candidata che spesso nemmeno l'accompagnava, e che ha sciorinato il consueto repertorio mussoliniano, anticomunista e razzista per raccogliere quanti più voti possibili (come il parlare di “liberare l'Emilia-Romagna” o andare a citofonare a casa di immigrati additati come spacciatori), dall'altra parte Bonaccini ha puntato su una campagna elettorale molto personalistica, nascondendo il più possibile il suo partito, il PD, sempre più screditato agli occhi delle masse e parlando di concezioni diverse tra i candidati mentre in realtà entrambi sono rappresentanti della borghesia regionale. L'aspirante duce d'Italia, Salvini, ha comunque perso la battaglia contro la “sinistra” borghese.
Completamente oscurati gli altri candidati alla presidenza della Regione che hanno raccolto le briciole: Simone Benini del M5Sm, appena il 3,5% sui voti validi, paga le conseguenze delle giravolte a livello nazionale con l'appoggio ai governi Conte prima con la Lega e poi col PD. Lo 0,5% è andato a Domenico Battaglia del Movimento 3V (vaccini vogliamo verità), Laura Bergamini del Partito comunista di Rizzo ha preso lo 0,4%, Marta Collot di Potere al Popolo lo 0,3% e Stefano Lugli de l'Altra Emilia-Romagna lo 0,2%. Insomma il voto “utile” contro Salvini ha fagocitato anche le altre forze di “sinistra” e ha finito col dimezzare l'astensionismo rispetto alle regionali del 2014, quando toccò la storica inaspettata vetta del 63,7% degli elettori mentre si è fermato al 33,7% in questa tornata. Tuttavia, risulta in forte crescita (+7%) rispetto alle elezioni politiche di 2 anni fa.
Per Salvini quindi un nuovo boomerang, dopo la sfiducia al governo Conte che è tornato subito in sella con sostegno di PD, M5S, LEU e IV ora “l'avviso di sfratto” (come lui l'aveva annunciato) al governo che però non è arrivato e finisce per rafforzarlo, nonostante il tracollo del M5S che di fatto ridà fiato e forza a un PD fino a ieri alla canna del gas e che guadagna il 5,9% sui voti validi rispetto alle precedenti regionali.
Non ha retto nemmeno l'ennesimo imbroglio elettorale costituito dalle liste di “sinistra” e sedicenti “comuniste” ridotte al lumicino in una battaglia persa in partenza e che non fa altro che spargere illusioni parlamentari e governative e persino legittimare la nuova giunta e il presidente della Regione ma anche la sfidante Borgonzoni che guadagna il 13% sugli elettori e assieme ai fascisti di Fratelli d'Italia fagocita Forza Italia, che dimezza i propri voti passando dal 2,9% all'1,6% sugli elettori.
Da parte nostra rileviamo certamente la battuta d'arresto dell'astensionismo che appunto ha compiuto un grosso passo indietro rispetto a cinque anni fa quando raggiunse il suo picco massimo, ma rileviamo anche che rimane comunque il primo “partito” con ben 1.182.682 elettori che l'hanno scelto in una regione dalla fortissima tradizione partecipazionista, quasi sempre al vertice nazionale.
È positivo che a muovere le masse siano stati il rigetto per il fascismo e il razzismo propugnati a piene mani dalla Lega e da Salvini in prima persona, con lo svilupparsi anche del movimento di piazza delle Sardine; c'è da dire però che la vittoria di Bonaccini non rappresenta la sconfitta di Salvini, e in ogni caso ad esempio le politiche razziste antimigranti sono portate avanti da tempo anche dallo stesso PD.
Occorre quindi che le masse lavoratrici e popolari dell'Emilia-Romagna prendano coscienza che il voto al “centro-sinistra” non risolverà certo i loro problemi, che dopo 5 anni di governo Bonaccini rimangono immutati né potrà sbarrare la strada al razzismo e ai fascisti del XXI secolo, e che occorre battersi al di fuori e contro le istituzioni borghesi, nazionali come regionali e locali, per strappare alla borghesia quanto più possibile nell'ottica di conquistare l'Italia unita, rossa e socialista, dove le istituzioni saranno realmente governate dal popolo e al servizio del popolo.
Il che comporta la pratica dell'astensionismo elettorale tattico, la creazione delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, l'unità di tutte le forze anticapitaliste e antifasciste, come sta cercando di fare il Coordinamento delle sinistre di opposizione, lo sviluppo della lotta di classe con al centro la lotta ai governi centrale, regionali e comunali, la difesa degli interessi immediati delle masse, in primo luogo il lavoro, la pensione, la sanità, la casa, la lotta per lo sviluppo del Mezzogiorno e contro l'autonomia differenziata, la lotta contro le diseguaglianze sociali e di genere, contro il taglio dei parlamentari e contro il sistema elettorale maggioritario. Infine, ma è la questione ideologica e politica che sta a monte di tutto, lavorare sodo, con perseveranza e lungimiranza per fare acquisire alle masse la linea e la cultura rivoluzionarie.
29 gennaio 2020