Grave provocazione dei nazisti a Mondovì
“Qui ci sono ebrei”
La scritta sulla porta di casa di una deportata
Nel “Giorno della Memoria” decine di altre provocazioni e raid nazifascisti in varie città
A ridosso del 75° anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau (Polonia), avvenuta il 27 gennaio del 1945 ad opera dell’Armata Rossa sovietica e in concomitanza con le contestuali celebrazioni del “Giorno della Memoria”, i nazi-fascisti del XXI secolo hanno compiuto in giro per l'Italia una serie di provocazioni contro luoghi e persone simbolo della Resistenza e della lotta di Liberazione contro nazi-fascismo.
A Mondovì nel cuneese sulla porta di casa dove viveva Lidia Rolfi; staffetta partigiana catturata mentre portava rifornimenti ai partigiani della XI divisione Garibaldi, XV brigata Saluzzo, deportata per undici mesi a Ravensbruck e morta nel 1996: nella notte di giovedì 23 gennaio gli emuli di Hitler e Mussolini hanno tracciato con una bomboletta spray nera una stella di David sovrastata dalla scritta “Juden hier” (casa di un ebreo) locuzione che rimanda direttamente al 9 e 10 novembre 1938, quando nella Germania nazista, Austria e Cecoslovacchia si scatenò il pogrom contro gli ebrei (la notte dei cristalli) ad opera degli ufficiali del Partito Nazista, delle SA (Sturmabteilungen) e della Gioventù hitleriana su istigazione del gerarca nazista Joseph Goebbels.
A scatenare la gravissima provocazione nazi-fascista è stato un articolo scritto dal figlio della partigiana Lidia, Aldo Rolfi, e pubblicato su un settimanale in cui denunciava il pericolo di un ritorno al fascismo.
Segno evidente che non si tratta dell'opera di “un gruppo di ritardati culturali o della rabbia ignorante di qualcuno”. Ma di un atto provocatorio studiato a tavolino e fatto apposta per colpire un luogo simbolo della Resistenza e infangare la memoria di chi non ha esitato a dare la vita per liberare l'Italia. Una provocazione che denuncia una conoscenza non certo superficiale della storia, dell'ideologia e delle pratiche nazi-fasciste.
“Me l'aspettavo. Quella scritta non è stata una sorpresa: sono tempi così, in cui l’odio viene sparato come formazione permanente dalle televisioni e non solo. Persino la scuola non riesce a resistere a questa spinta - ha commenta Rolfi - In fondo – ha aggiunto - siamo di fronte al compimento di quanto scrisse mia mamma nel 1996, in uno dei suoi ultimi articoli riflessione in cui diceva: 'La violenza non è morta l’otto maggio del 1945, non è morta all’apertura del lager, la violenza continua. E molto spesso certi tipi di violenza, vedi quello che sta avvenendo oggi in Europa e nel mondo, è molto vicina a quella violenza ideologica e fisica del lager. Quindi vuol dire che certe situazione, anche se diverse, possono comunque ripetersi. E allora è bene che la gente sappia come difendersi o ne sappia capire le prime avvisaglie'”.
Fiera, coraggiosa e immediata la reazione dei tanti monregalesi che venerdì 24 e sabato 25 gennaio sono sfilati in corteo dal Municipio fino alla casa dell'ex staffetta partigiana al canto di “Bella Ciao” per esprimere solidarietà e fraterna vicinanza alla famiglia Rolfi e rilanciare i valori dell'antifascismo e della Resistenza.
La grave provocazione di stampo nazi-fascista a Mondovì non è certo un episodio isolato. A parte gli insulti e le minacce via social all'indirizzo di ex deportate come Liliana Segre, ex partigiani e giornalisti antifascisti; un lungo filo nero la unisce al raid neonazista e alla devastazione del bar Casablanca a Rezzato in provincia di Brescia proprio in occasione del “Giorno della Memoria”. Un insulto razzista: “troia negra” sormontata da svastiche e croci celtiche sono state tracciate all'ingresso del locale gestito da una donna di origini marocchine.
La stessa notte sempre in Lombardia, a Calolziocorte, nel Lecchese, un “ignoto” ha aperto la cassetta del bookcrossing — l’iniziativa per lo scambio di libri aperta a tutti — e ha preso solo un libro, la Lettera agli ebrei di San Paolo. L’ha fatto a pezzi e lasciato lì per strada, a due passi dal monastero del Lavello: è un libro del Nuovo Testamento, ma l'odio cieco fascista avrà fatto vedere solo quella parola, "ebrei" come nemico da colpire.
Mentre a Torino sui muri del ballatoio di un palazzo di corso Casale vicino al campanello dell’alloggio di Maria Bigliani, 65 anni, pensionata, figlia di Ines Ghiron, staffetta partigiana con il Partito d’Azione, è comparsa la scritta “crepa sporca ebrea”.
“Non mi era mai successo un gesto così forte – commentato Maria - solo una volta sul lavoro un collega mi riempì di frasi ingiuriose dopo aver saputo delle mie origini e mi disse 'Sei molto fortunata a essere viva, perché tua madre doveva essere cancellata'". Per questo Maria, in segno di sfida ha deciso di "Non cancellare la scritta perché è una testimonianza di un atto incivile, ignorante e razzista".
La stessa scena si è ripetuta anche in un istituto alberghiero di Paliano, in provincia di Frosinone, dove sono state rubate varie attrezzature di laboratorio, alcune aule sono state devastate e in una di esse è stato piantato un coltello a terra e disegnata una svastica sulla lavagna.
Sempre il 27 gennaio una svastica è comparsa anche nei pressi della Fontana del Vino, in Piazza Inam a Marsala.
Una svastica e scritte antisemite sono comparse anche sui muri di una scuola al Trionfale a Roma.
Svastica e scritta antisemita sono comparse nel “Giorno della Memoria” anche nel parco giochi di Peschiera Bonromeo.
Mentre a Vicenza il 28 gennaio fuori dalla sede del Pd, non lontana da quelle di Anpi e Arci è stato appeso un foglio con la scritta: "27 gennaio giornata della memoria ricordiamoci di riaprire i forni: ebrei, rom, sinti, froci, negri, comunisti ingresso libero". Sotto una svastica e la sigla "SS VI", che sta per la milizia speciale tedesca di Verona.
Segno evidente di come gli eredi dichiarati di Mussolini, a cominciare da FdI, Forza Nuova, CasaPound, e gli altri gruppi neonazisti e neofascisti, hanno rialzato la testa, sanno benissimo ciò che fanno, agiscono sotto una regia comune e scorrazzano violenti e impuniti nelle scuole, nelle piazze e nei quartieri come le squadracce nere di una volta a cui si ispirano; mentre quelli non dichiarati, ma ancor più pericolosi perché li manovrano e li proteggono, siedono ai piani alti del palazzo e dello Stato a cominciare dall'aspirante nuovo duce d'Italia Salvini.
29 gennaio 2020