Mai un presidente della Repubblica e un premier italiani erano giunti a tanto. Superando persino il rinnegato Napolitano
Interventi fascisti e anticomunisti di Mattarella e Conte sulle foibe
Il trasformista liberale Conte teorizza le falsità dei fascisti. Esultano i fascisti del XXI secolo Salvini e la Meloni. La “sinistra” borghese e “il manifesto” trotzkista lasciano correre. Occorre abrogare la legge che istituisce il “Giorno del ricordo”
Sulle foibe è impossibile che ci sia una memoria condivisa tra antifascisti e fascisti
Il “Giorno del ricordo” istituito per legge nel 2004 con voto unanime dalla destra e dalla “sinistra” borghesi per ricordare le “vittime delle foibe e gli esuli giuliano-dalmati” comincia a dare i suoi frutti avvelenati. Mai come questo 10 febbraio le celebrazioni ufficiali avevano visto una partecipazione così massiccia, diffusa ed asfissiante delle istituzioni a tutti i livelli: dal Quirinale al parlamento nero, dalla presidenza del Consiglio alle Regioni, fino a centinaia di Comuni grandi e piccoli; spesso con i governatori e i sindaci della “sinistra” borghese a gareggiare con quelli della destra neofascista in tema di anticomunismo, di rovesciamento della storia e di esaltazione del nazionalismo patriottardo. Come dimostra il comunicato stampa dell'Organizzazione di Rufina del PMLI pubblicato sul numero scorso de “Il Bolscevico”, e come dimostrano la deposizione di una corona di fiori al monumento alle “vittime delle foibe” di via Laurentina a Roma da parte del presidente della Regione Lazio, nonché segretario PD, Zingaretti, e le dichiarazione del presidente della Toscana Enrico Rossi, sulla “tragedia nazionale delle foibe causata dai partigiani jugoslavi che, tra il '43 e il '45, massacrarono migliaia di persone”.
Mai come quest'anno CasaPound, Forza Nuova e gli altri gruppi neofascisti e neonazisti avevano potuto scorrazzare e infestare impunemente tutto il Paese coi loro lugubri manifesti e striscioni, come quelli contro l'Anpi e contro i “partigiani titini infami e assassini” affissi nella notte in diverse città italiane, e con la fiaccolata provocatoria fascista, insieme a movimenti irredentisti locali, nel paese a maggioranza slovena di Basovizza, dopo l'orgia anticomunista e patriottarda dei vari Salvini, Meloni, Gasparri, Fedriga e Di Piazza, celebrata la mattina davanti alla foiba omonima. Mentre a Scandicci (Firenze), la città delle eroiche barricate del 1921 contro le camicie nere di Mussolini, la notte del 10 febbraio i fascisti di CasaPound hanno rinominato le targhe di piazza Matteotti e piazza della Resistenza rispettivamente piazza Norma Cossetto e piazza Martiri delle foibe.
Per Mattarella gli antifascisti sono “negazionisti”
E mai come quest'anno gli antifascisti, sia militanti che associazioni, e perfino gli storici e gli studiosi non prezzolati del regime, che hanno cercato di resistere all'onda nera della narrazione fascista e patriottarda e antistorica delle foibe, erano stati così isolati e additati alla pubblica esecrazione come “revisionisti” e “negazionisti”: come è successo all'Anpi di Lecce, per aver definito “presunta vittima delle foibe” la fascista triestina Norma Cossetto, finita nel mirino del sindaco fascista di Nardò e alleato elettorale del governatore PD Emiliano, che ne ha chiesto la “chiusura immediata perché rappresenta un pericolo per la democrazia”.
Una denigrazione degli antifascisti equiparati a “negazionisti” che viene direttamente dalle più alte cariche istituzionali. A dare il la a questa sporca operazione del 10 febbraio è stato infatti il giorno precedente lo stesso capo dello Stato, Sergio Mattarella, intervenendo ad un concerto al Quirinale in onore delle “vittime delle foibe” e alla presenza di esponenti e associazioni degli “esuli istriani, fiumani e dalmati”. Per Mattarella sarebbe “una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata” quella delle “terribili sofferenze che gli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l'occupazione dei comunisti jugoslavi”. Che a suo dire si risolse in “eccidi efferati di massa” e in “vera e propria pulizia etnica”, una “sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo”.
Non una parola sulle responsabilità e le atrocità del fascismo, che per un quarto di secolo ha infierito sulle popolazioni slave, con i tribunali speciali, le occupazioni militari, l'italianizzazione forzata di quelle terre, le esecuzioni sommarie dei civili, gli incendi dei villaggi e i campi di concentramento dove, secondo un generale dell'esercito regio italiano, “non si ammazzava abbastanza”. Come se quei crimini commessi da mani italiane, che provocarono oltre 340 mila civili jugoslavi fucilati e massacrati solo tra l'invasione nazifascista dell'aprile 1941 e l'armistizio badogliano dell'8 settembre 1943, gli altri 100 mila civili deportati nei campi di concentramento italiani a morire di fame, di torture e di malattie, e i 10 mila partigiani italiani morti in combattimento a fianco dei partigiani Jugoslavi contro i boia nazi-fascisti, non contassero assolutamente nulla. Tutte cose che per Mattarella sarebbero semplicemente un pretesto “per mascherare talvolta la persecuzione contro gli italiani da rappresaglia per le angherie fasciste”.
E per Conte il 10 febbraio è “fondativo”
Per l'inquilino del Quirinale non contano nulla nemmeno i pur numerosissimi studi di autorevoli storici e ricercatori che hanno dimostrato inconfutabilmente come non esistano prove degne di questo nome sulle cifre fantasiose messe in circolo dalla propaganda neofascista di 10 mila o perfino 30 mila “infoibati”, né tanto meno che si trattò di “pulizia etnica” contro gli italiani in quanto tali, visto che il massimo accertato storicamente è di alcune centinaia di persone, e per la maggior parte fascisti e collaborazionisti, anche non italiani. Per lui quanti ancora si ostinano ad affermare la semplice verità storica, e cioè che le vittime non furono gli italiani fascisti e invasori, ma il popolo e i partigiani comunisti jugoslavi che resistevano e combattevano per cacciarli dal loro suolo, sono solo “piccole sacche di deprecabile negazionismo militante”. Una sparuta minoranza votata alla sconfitta perché ormai “il capitolo delle foibe e dell'esodo è uscito dal cono d'ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa”.
Gli ha fatto subito eco il premier trasformista e liberale Giuseppe Conte, intervenendo in Senato alla solenne celebrazione del “Giorno del ricordo” tenuta dalla presidente Elisabetta Casellati, che tanto per spararla ancora più grossa di Mattarella ha definito le vicende delle foibe e degli esuli giuliano-dalmati nientemeno che “un genocidio programmato contro gli italiani”. Anche per Conte si trattò di una “tragedia nazionale ed europea”, che però per lui riguarda solo il periodo tra l'autunno 1943 e la primavera del 1945, come se tutto quello che era successo nei 25 anni precedenti non esistesse, e le “esecuzioni sommarie, reclusioni in campi di detenzione, uomini vivi e morti gettati negli abissi delle foibe, inghiottiti – per tanti, troppi anni – dall'oblio e dal silenzio” di cui ha parlato fossero spuntate dal nulla solo in quel breve arco di tempo dopo un ventennio di pace.
Anche lui come Mattarella ha insistito sulla costruzione di una “memoria condivisa e collettiva”, ma in più ha voluto aggiungere che “oggi la comunità nazionale considera questa tragica memoria come patrimonio costitutivo della propria identità nazionale”. Siamo quindi arrivati oggi all'epilogo dell'operazione politica avviata nel 2004: la quale si proponeva non solo la riabilitazione del passato fascista della storia del nostro Paese, ma anche la rifondazione di un'identità nazionale all'altezza di un paese imperialista con ambizioni espansioniste nelle sue aree di espansione storiche. Da ottenersi con la riscrittura di intere pagine della nostra storia, come appunto quella della guerra del fascismo alla Jugoslavia, secondo cui le vittime sarebbero i fascisti italiani e i carnefici i partigiani comunisti jugoslavi e italiani, e spacciando questa versione per “memoria condivisa collettiva”. Con ciò la strada per sostituire il 10 febbraio al 25 Aprile come festa fondativa della Repubblica è aperta.
L'esultanza dei fascisti del XXI secolo
Mai nessun presidente della Repubblica e nessun premier italiano erano giunti a tanto, nemmeno il rinnegato Napolitano, che pure con le sue dichiarazioni nazionaliste e scioviniste sulle foibe e sull'esodo giuliano-dalmata causò un serio scontro diplomatico col presidente croato Stipe Mesic. Anche stavolta, comunque, le loro dichiarazioni pregne di nazionalismo patriottardo non sono passate inosservate ai confini orientali, tanto che il presidente sloveno Borut Pahor ha ricordato “l'importanza del rispetto delle verità storiche che in Italia vengono ancora ignorate”.
Non a caso i neofascisti si sono spellati le mani per il discorso di Mattarella, con Giorgia Meloni che si è detta “emozionata” per le sue parole ed ha “particolarmente apprezzato la ferma condanna di quelle 'sacche di deprecabile negazionismo militante' che ancora oggi resistono in Italia”, approfittandone per lanciare un attacco all'Anpi che il 4 febbraio aveva organizzato un convegno di storici al Senato su "Il fascismo di confine e il dramma delle foibe”. La ducetta di FdI ha presenziato alla cerimonia di Basovizza insieme a Salvini, e il duce dei fascisti del XXI secolo ha scorrazzato per tutta la mattina a farsi selfie e dirette Facebook nei luoghi delle foibe e a berciare come un ossesso sulle “migliaia di donne, uomini e bambini (quali? ndr) massacrati solo perché italiani in nome della pulizia etnica fatta dai comunisti slavi e non solo slavi”.
Ed è proprio basandosi su “ampie e letterali citazioni del presidente Mattarella”, che il fascista Gasparri, intervenuto a Basovizza come vicepresidente del Senato, ha giustificato un vergognoso comizio anticomunista, antislavo e patriottardo, al quale Luigi Zanda e Debora Serracchiani del PD non hanno trovato di meglio da rispondergli che abbandonare sdegnati la cerimonia: d'altronde, che cosa si aspettavano? Ora questi rinnegati raccolgono quello che hanno seminato in questi anni con la loro vergognosa abiura della storia del movimento operaio italiano e della Resistenza, inchinandosi al revisionismo storico borghese e fascista per lavarsi del loro “peccato originale” ed essere accettati nei governi borghesi.
La “memoria condivisa” è la versione fascista della storia
Perfino “il manifesto” trotzkista ha sostanzialmente evitato di dare battaglia sulle foibe, limitandosi ad un articolo di cronaca su Basovizza e ad un articolo di blanda critica al capo dello Stato, in cui gli si consiglia “una maggiore prudenza” e il massimo attacco che gli è rivolto è che il suo discorso “fa un grave torto alla conoscenza storica”, dimostrando così una sudditanza verso Mattarella che sfiora la complicità politica.
Neanche le Sardine, a quanto ci risulta, hanno fatto sentire la loro voce per contrastare il coro assordante dei fascisti e delle istituzioni politiche, tra cui il rieletto governatore dell'Emilia-Romagna anche con i loro voti, Bonaccini, invece sarebbe stata una buona occasione per dimostrare il loro antifascismo. Quanto all'Anpi nazionale, certo intimidita dagli attacchi della destra e dalle pressioni istituzionali, ha concesso troppo terreno ai veri revisionisti e negazionisti storici, e invece di ribattere loro colpo su colpo finisce per avallare sostanzialmente la loro narrazione sugli “orrori delle foibe”, la truffa della “memoria condivisa” e la legge istitutiva del “Giorno del ricordo”. Come ha fatto la sua presidente Carla Nespolo in un'intervista a “la Repubblica”, in cui per “giustificare” il convegno del 4 febbraio dalle critiche ricevute, si è richiamata proprio alla terza parte di quella legge.
Invece non ci può essere una “memoria condivisa” tra vittime e carnefici, tra fascisti e antifascisti, tra comunisti e anticomunisti, tra borghesia e proletariato. Quello che la destra e la “sinistra” borghesi chiamano “memoria condivisa” non è altro che la versione fascista della storia, come dimostra tutta la vicenda della costruzione a tavolino del “Giorno del ricordo”. Un disegno a lunga scadenza ordito dalla classe dominante borghese in combutta con i fascisti del XXI secolo per sradicare dalla coscienza popolare la Resistenza e l'antifascismo e trapiantarvi il nazionalismo patriottardo di stampo fascista funzionale alle sue ambizioni imperialiste ed espansioniste.
Che tutti gli antifascisti e i sinceri democratici e progressisti, sia singoli che organizzati in associazioni e partiti, si uniscano per impedire che si realizzi questo nero disegno, cominciando col chiedere con forza l'abrogazione della legge del 2004 che ha istituito il vergognoso “Giorno del ricordo”.
19 febbraio 2020